TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-11-16, n. 201512979
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N. 12979/2015 REG.PROV.COLL.
N. 11941/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11941 del 2007, proposto da:
L’Albero delle Ruote S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti L C e A A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. E P in Roma, Via Pinerolo, 22;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento, previa sospensione,
- della delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato recante prot. n. PI6062/pic, spedita a mezzo posta il 14.11.2007, ricevuta il16.11.2007, con la quale, ritenendo ingannevole la pubblicità diffusa della ricorrente a mezzo volantino, se ne vieta l’ulteriore distribuzione e si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 9.100,00;
- della comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 26, comma 3 D.Lgs. 6.9.2006 n. 206 (Codice del Consumo), inviata alla ricorrente in data 6.7.2007 (prot. PI/6062);
- di ogni altro atto comunque connesso con i precedenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 436/08 del 3.1.2008;
Visto il decreto presidenziale n. 12517/14 del 26.6.2014;
Visto il ricorso in opposizione della società ricorrente,
Vista l’ordinanza collegiale di questa Sezione n. 13196/2014 del 30.12.2014;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 4 novembre 2015 il dott. I C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In seguito a segnalazione della Polizia Municipale di Rimini dopo verifica in un esercizio commerciale di quella città, l’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avviava un procedimento, ai sensi dell’art. 26, comma 3, d.lgs. n. 206/05, nei confronti della società L’Albero delle Ruote a r.l., al fine di valutare l’eventuale ingannevolezza di un messaggio pubblicitario diffuso tramite “volantini”, avente ad oggetto l’indicazione del prezzo dei beni ivi indicati (biciclette) e le condizioni del relativo acquisto tramite rateizzazione, anche in relazione ad eventuali profili omissivi.
La vicenda riguardava la diffusione di un messaggio pubblicitario ove erano identificati due specifici modelli di bicicletta indicandone un prezzo “promozionale” di vendita ben inferiore a quello di listino (euro 1.199,00 a fronte di 3.948,00), laddove invece era riscontrato il prezzo di vendita “reale” di euro 1.999,00 per un primo modello sul cui esemplare risultava apposta una targhetta riportante il prezzo “di listino” di euro 2.988,00 e quello “promozionale” di euro 2.731,00. Riscontrando analoga discordanza anche per il secondo modello – ove al prezzo “di listino” indicato in negozio di euro 2.250,00 si abbinava un prezzo finale pari a euro 1.600,00 - l’AGCM evidenziava che il messaggio sarebbe stato ingannevole anche nell’indicazione della possibile rateizzazione dell’importo, riportando la possibilità di provvedere in tal senso per ogni acquisto superiore a euro 200,00, mediante pagamenti in sei mesi a “tasso zero”, senza tuttavia specificare se era necessaria la preventiva autorizzazione di una società terza e quale fosse il T.A.E.G. praticato.
Il procedimento si svolgeva mediante richiesta di chiarimenti alla società interessata, quale operatore pubblicitario, ai sensi dell’art. 5, comma 2, lett. a), d.p.r. n. 284/03, la quale, però, non forniva alcuna memoria difensiva.
Emergevano solo dichiarazioni della venditrice rese alla Polizia Municipale di Rimini, secondo le quali la campagna pubblicitaria in questione era iniziata il 9 marzo 2007, i prodotti erano giunti già “prezzati” presso la struttura di vendita senza che fossero conosciuti i prezzi di listino né eventuali percentuali di sconto, la discordanza era dovuta ad un mero errore di stampa.
Con il provvedimento finale, quindi, l’Autorità rilevava che i prodotti in questione erano venduti a condizioni diverse da quelle pubblicizzate nei “volantini” e meno vantaggiose, anche in misura significativa, per il consumatore.
Nel cotesto complessivo del messaggio l’evidenziata convenienza dell’acquisto appariva in grado di orientare il comportamento del consumatore inducendolo a rivolgersi ai “punti-vendita” del L’Albero delle Ruote srl piuttosto che in altri negozi, con un “claim” basato su presupposti errati, anche in relazione, nell’ipotesi di rateizzazione dell’acquisto, alla circostanza per cui non risultava indicato se il praticato “tasso zero” si riferisse al T.A.N. e/o al T.A.E.G. né risultava chiarito l’eventuale necessità di previa approvazione di un soggetto terzo erogante il finanziamento, ai sensi dell’art. 123 d.lgs. n. 385/93.
L’ingannevolezza di tale messaggio risultava perciò idonea ad indurre in errore il consumatore circa l’effettiva convenienza delle condizioni prospettate, pregiudicandone il comportamento economico.
Era quindi vietata l’ulteriore diffusione dello stesso e irrogata una sanzione amministrativa di euro 9.100,00, in base ai criteri di cui all’art. 11 l. n. 689/81, come richiamati dall’art. 26, comma 12, d.lgs. n. 206/05 nella versione vigente al momento dei fatti, che individuavano una “gravità” della violazione, riferita ad una diffusione del “volantino” in ambito quantomeno regionale con possibilità di raggiungere “un certo numero di consumatori”, e una durata dal 9 marzo al 7 aprile 2007.
Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, L’Albero delle Ruote srl chiedeva l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento in questione, lamentando, in sintesi, quanto segue.
“Violazione di legge per violazione e comunque falsa ed erronea applicazione degli artt. 5 e 14 D.P.R. 11.7.2003 n. 284. Violazione di legge per violazione e comunque falsa ed erronea applicazione degli artt. 19, 20, 21 e 26 del D.Lgs. n. 6.9.2005 n. 206 (Codice del Consumo);degli artt. 121 e 123 D.Lgs 1.9.1993 n. 385 (testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – c.d T.U.B.);nonché degli artt. 3, 8 e 11 L. 24.11.1981 n. 689, come successivamente modificata ed integrata;degli artt. 3, 4, 16 e 97 Costituzione”.
Risultava non rispettato il termine per la conclusione del procedimento (entro 75 giorni dal ricevimento della segnalazione), anche se era applicabile la proroga per la richiesta di chiarimenti avanzata dall’Autorità che lo portava a 165 giorni totali. Il termine finale, infatti, in tal caso ricadeva il 23 ottobre 2007 mentre, dalla relativa pubblicazione sul Bollettino dell’AGCM, tale provvedimento, contraddistinto dal n. prot. 17521, pur se indicato come adottato in tale data, risultava contestualmente pubblicato ad altri con numero di protocollo anteriore e posteriore (nn. 17519 e 17522) che risultavano entrambi adottati però il 24 ottobre 2007.
Risultava poi violato l’art. 14 d.p.r. n. 284/03 il quale dispone che la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio debba avvenire entro venti giorni dalla sua adozione, laddove, nel caso di specie, tale pubblicazione era avvenuta nel Bollettino del 30 novembre 2007.
Per quel che riguardava “il merito” della contestazione, la società ricorrente evidenziava che la predisposizione dei “volantini” con prezzo errato era riconducibile esclusivamente a soggetto terzo e non era stata conforme alle indicazioni ricevute (che portavano invece la corretta indicazione dei prezzi).
La ricorrente si era comunque attivata subito dopo essersi accorta dell’errore di stampa, avvertendo i “punti-vendita” di apporre avvisi per la clientela mediante cartello con l’indicazione “Errata Corrige”, da apporre davanti alle casse di pagamento, e contestando nei confronti del terzo la sua inadempienza. Erano state inoltre impartite disposizioni ai responsabili di tutti i “punti-vendita” di prestare attenzione alle modalità di presentazione dei prezzi e delle promozioni, incaricando il Responsabile di Area di compiere controlli periodici.
La ricorrente, quindi, sosteneva che la pubblicità in questione, pur se “formalmente” ingannevole, non aveva alcuna finalità fraudolenta riconducibile a suo dolo, colpa o mala fede, come dimostrato dall’immediata attivazione per correggere l’errore altrui, facendo così venire meno la stessa ipotesi di ingannevolezza, secondo orientamenti della stessa AGCM e del giudice amministrativo che richiamava.
La ricorrente aggiungeva che pendeva istanza di riesame del verbale sottoscritto dalla P.M. di Rimini e che, in definitiva, non era imputabile a lei alcuna responsabilità, anche ai sensi dell’art. 3 l. n. 689/81.
Per quel che riguardava la contestazione sulla mancata indicazione del tasso di interesse, la ricorrente precisava di aveva concordato con l’Istituto bancario finanziatore un T.A.N. e un T.A.E.G. coincidenti allo zero per cento (0,0%), per cui l’indicazione “tasso zero” ben poteva essere riferita ad entrambi i tassi e comunque all’indicazione obbligatoria del T.A.E.G. prevista dall’art. 123 T.U.B., senza alcun danno sostanziale per il consumatore.
In ordine alle rilevate gravità e durata della condotta sanzionata, la ricorrente evidenziava che la distribuzione dei “volantini” doveva avvenire solo nelle città in cui erano situati i “punti-vendita”, e non quindi in ambito regionale come rilevato dall’AGCM, e che in alcune città neanche era stato provveduto alla relativa distribuzione (Imola e Torino).
La diffusione del messaggio pubblicitario non era stata effettuata dal 9 marzo 2007 bensì dal successivo 26 marzo, come attestato da comunicazioni via e-mail della stessa ricorrente ai “punti vendita” in cui si indicava che la distribuzione sarebbe avvenuta – e quindi iniziata – solo nei giorni successivi a tale data.
L’AGCM, infine, non aveva tenuto conto che la ricorrente era stata già sanzionata dal Comune di Rimini, per cui era stata già punita per il medesimo fatto, e la sanzione come irrogata appariva quindi sproporzionata.
Si costituiva in giudizio l’Autorità intimata, affidando a separata memoria per la camera di consiglio l’illustrazione delle tesi che rilevavano l’infondatezza del ricorso.
Con la prima ordinanza indicata in epigrafe questa Sezione rigettava la domanda cautelare.
Con il decreto presidenziale pure sopra indicato era poi dichiarata l’estinzione del giudizio per perenzione.
In seguito a opposizione della società ricorrente ai sensi dell’art. 85, comma 3, c.p.a., con la seconda ordinanza in epigrafe questa Sezione, riconoscendo la sussistenza di un errore “scusabile” nel non aver dato seguito ad avviso di perenzione pur ritualmente notificato al domiciliatario della procedura, accoglieva l’opposizione in questione e fissava l’udienza di merito.
In prossimità di questa, entrambe le parti costituite depositavano memorie a sostegno delle rispettive tesi, ponendo in particolare in evidenza la ricorrente che, nelle more, il Giudice di Pace di Rimini aveva accolto il ricorso avverso ordinanze-ingiunzione emesse per lo stesso fatto dal Comune di Rimini, rilevando l’insussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o delle colpa in capo alla medesima società.
Alla pubblica udienza del 4 novembre 2015 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Per quel che riguarda le censure di ordine procedimentale, di cui alla prima parte dell’esposizione in diritto della ricorrente, il Collegio rileva che, secondo la disposizione letterale dell’art. 5 d.p.r. n. 284/2003, il termine di conclusione del procedimento decorre dalla data di ricevimento della richiesta, nel caso di specie riconducibile all’11 maggio 2007, come indicato nel provvedimento di avvio trasmesso all’interessata. Il termine, quindi - non sussistendo le ipotesi di cui agli artt. 4, commi 1 e 2, e 2, comma 1, lett. b), nn. 5), 6) e 7), richiamate nel medesimo art.