TAR Palermo, sez. II, sentenza 2021-11-18, n. 202103124

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2021-11-18, n. 202103124
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202103124
Data del deposito : 18 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/11/2021

N. 03124/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00845/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 845 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla -OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F M e E T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico presso lo studio dell’avv. F M in Bologna, piazza Aldrovandi 3;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Palermo, Assessorato alle Attività Produttive della Regione Siciliana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo;
domicilio digitale: ads@mailcert.avvocaturastato.it;
domicilio fisico: Palermo, via V. Villareale n. 6;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo :

- della nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Ufficio delle Dogane di Palermo), datata -OMISSIS-e priva di numero di protocollo, trasmessa a mezzo pec ed avente ad oggetto “istanza di variazione della titolarità dell'autorizzazione alla gestione, in regime di deposito fiscale, del deposito commerciale di prodotti energetici, sito in San Cipirello (PA), -OMISSIS-”;

ove occorra e per quanto di ragione, della nota dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Ufficio delle Dogane di Palermo) prot-OMISSIS-(dichiaratamente inviata ai sensi dell'art. 10 bis l. n. 241/90);

di ogni altro atto, presupposto, connesso e/o conseguenziale,

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti :

- del provvedimento dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Palermo del -OMISSIS-, privo di numero di protocollo, trasmesso a mezzo pec, con il quale è stata rigettata l'istanza presentata della -OMISSIS- s.r.l.;

quanto al secondo ricorso per motivi aggiunti :

- del provvedimento del -OMISSIS-, dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Palermo -notificato a mezzo pec in data -OMISSIS-, con il quale è stata rigettata, in sede di riesame, l'istanza prot.-OMISSIS-, avanzata dalla società -OMISSIS- s.r.l. per la variazione della titolarità dell'autorizzazione alla gestione in regime di deposito fiscale del deposito commerciale di prodotti energetici, sito in San Cipirello (PA),-OMISSIS-, a seguito del riesame disposto con ordinanza cautelare del TAR n. -OMISSIS-


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Ufficio delle Dogane di Palermo e dell’Assessorato Regionale alle Attività Produttive della Regione Siciliana;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25, comma 2, del d.l. n. 137/2020 conv. in l. n. 176/2020;

Relatore il dott. F M nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2021, tenutasi tramite collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 9 aprile 2019 e depositato l’8 maggio successivo, la società-OMISSIS-s.r.l. ha impugnato il provvedimento del -OMISSIS-con il quale l’Agenzia delle Dogane - Ufficio delle Dogane di Palermo ha rigettato l’istanza del -OMISSIS-di rilascio dell’autorizzazione alla variazione della titolarità per l’esercizio di un deposito commerciale di oli minerali, gestito in regime di deposito fiscale, sito in San Cipirello in quanto “l’istante non può materialmente procedere alle operazioni di denaturazione e non sarebbe in grado di soddisfare le condizioni di operatività, prevista dalla lett. a) del comma 4 dell’art. 23 del d.lgs. n. 504/1995, per l’autorizzazione all’esercizio del deposito in regime di deposito fiscale” .

L’Agenzia delle Dogane ha ritenuto di non accogliere l’istanza di voltura avanzata dalla ricorrente in conseguenza del “provvedimento-OMISSIS-di revoca dell’autorizzazione -OMISSIS-, all’esecuzione da parte della ditta -OMISSIS- -OMISSIS-delle operazioni di denaturazione in serbatoio all’interno del deposito fiscale di prodotti energetici sito in -OMISSIS-” in quanto “l’impianto di denaturazione in serbatoio all’interno del deposito, …, è stato già ritenuto non rispondente alle condizioni di garanzia e di sicurezza fiscale con il richiamato provvedimento di revoca della autorizzazione alla denaturazione in serbatoio” .

Deduce censure di:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 23 D. LGS. 26

OTTOBRE

1995 n. 504 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA CIRCOLARE DELL’

AGENZIA DELLE DOGANE DEL

28

APRILE

2006 N. 16/D – ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA INSUSSISTENZA DEI PRESUPPOSTI E DEL TRAVISAMENTO DELLE CIRCOSTANZE - INGIUSTIZIA MANIFESTA.

Secondo la società ricorrente il richiamo all’articolo 23, comma 4, del Testo Unico Accise operato dall’amministrazione sarebbe erroneo come si desumerebbe dalla circolare n. 16/D del 28 aprile 2006 dell’Agenzia delle Dogane;
tale circolare al punto 2.3 chiarirebbe che l’istruttoria relativa al procedimento per la variazione della titolarità dell’autorizzazione del deposito fiscale, si sviluppa attraverso la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi in capo al subentrante elencati dal punto 2.1 e non contestati;
inoltre l’Agenzia delle Dogane avrebbe omesso di riferire che il citato provvedimento di revoca dell’autorizzazione, alla data di adozione del provvedimento impugnato, sarebbe stato oggetto di impugnazione pendente davanti a questo Tribunale.

Si sono costituite le Amministrazioni intimate che hanno depositato documenti.

Con un primo ricorso per motivi aggiunti notificato il 21/11/2018 e depositato in pari data, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento già gravato con il ricorso principale al fine di ottenerne la sospensione dell’efficacia in sede cautelare.

Con ordinanza cautelare del-OMISSIS-la Sezione ha accolto la domanda cautelare - “in disparte i profili di irricevibilità dei motivi aggiunti” - ai soli fini del riesame dell’istanza della società ricorrente in relazione alla fattispecie di “voltura dell’autorizzazione”.

Con un secondo ricorso per motivi aggiunti notificato il 12/02/2019 e depositato il 18/02/2019, la ricorrente ha impugnato il provvedimento del -OMISSIS-di rigetto in sede di riesame, dell’istanza del -OMISSIS-considerato che “la società istante -OMISSIS- S.r.l non è in grado di soddisfare la condizione di operatività prevista dalla lett. a) del comma 4 dell’art. 23 del D. Lgs. n. 504/1995 per l’autorizzazione all’esercizio del deposito in regime di deposito fiscale, tanto da aver chiesto, con nota prodotta in allegato all’istanza di voltura, anche l’autorizzazione alla denaturazione in serbatoio, attività che l’impianto oggetto della predetta voltura, per effetto della revoca della relativa autorizzazione, non è più autorizzato ad effettuare” .

La ricorrente, oltre a dedurre che il provvedimento di riesame del -OMISSIS-sarebbe elusivo dell’ordinanza cautelare del -OMISSIS-, in quanto meramente ripetitivo del provvedimento di rigetto del -OMISSIS-, ripropone i medesimi motivi di impugnazione formulati nel ricorso principale.

Con ordinanza -OMISSIS- la domanda cautelare è stata respinta.

Con memoria depositata il 7 febbraio 2020, l’Avvocatura dello Stato ha chiesto, previa estromissione della resistente amministrazione regionale, che il ricorso introduttivo e il primo dei due ricorsi per motivi aggiunti siano dichiarati improcedibili e che, comunque, tutte le doglianze di controparte siano integralmente respinte.

In vista dell’udienza di merito la società ricorrente ha depositato memorie e documenti evidenziando in particolare che il Tribunale civile di Palermo, con sentenza del -OMISSIS-avrebbe annullato il decreto -OMISSIS- con il quale è stato irrogato a -OMISSIS-a -OMISSIS- -OMISSIS-in concorso tra loro in solido con -OMISSIS- -OMISSIS- S.r.l. in liquidazione, -OMISSIS- S.r.l. e -OMISSIS-S.r.l. la sanzione amministrativa di € 180.000,00 ciascuno, per un totale di € 360.000,00, in considerazione della pretesa violazione dell’art. 49, comma 1, del d.lgs. n. 231/2001;
si tratterebbe dell’epilogo (favorevole, per la ricorrente) di una ulteriore (e diversa) vertenza giurisdizionale innescata sulla base della medesima tesi accusatoria, già irrevocabilmente respinta in sede penale (“perché il fatto non sussiste”) con sentenza-OMISSIS-del Tribunale di Palermo e posta a fondamento del provvedimento di revoca dell’autorizzazione alla denaturazione alla Ditta -OMISSIS- -OMISSIS-(giudizio R.G. n. 2723/2017 pendente innanzi alla sez. III di questo TAR), che a sua volta avrebbe condotto ai provvedimenti oggetto del presente ricorso.

Alla pubblica udienza fissata per la sua discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio rileva che, in accoglimento dell’eccezione proposta dall’Avvocatura dello Statto, va dichiarata l’estromissione dal giudizio dell’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Siciliana, del tutto estraneo alla controversia e privo, dunque, di legittimazione passiva.

Il ricorso principale deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Ed invero le ordinanze emesse “ai fini del riesame” comportano una completa riedizione del procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato, finalizzata a eliminare i vizi (sostanziali o formali) riconosciuti prima facie dal giudice cautelare come fondati, restituendo quindi all’amministrazione l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale, cosicché il nuovo atto, quando non meramente confermativo, costituendo nuova espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale, porta a una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, trasferendosi l’interesse del ricorrente all’annullamento del nuovo provvedimento” (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. II, -OMISSIS-;
T.A.R. Sicilia, Palermo sez. III, 03.05.2019, n. 1222;
id. 22/02/2021 n. 2021).

Avendo la resistente Agenzia effettuato una nuova valutazione delle ragioni poste alla base degli atti impugnati con il ricorso principale (alla stregua delle indicazioni offerte dal Tribunale con l’ordinanza -OMISSIS-) e pervenendo ad una rinnovata decisione in ordine al rigetto dell’istanza della ricorrente dal carattere non meramente confermativo di quella originariamente impugnata con il ricorso introduttivo, quest’ultimo, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a., deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Analoga sorte spetta al primo ricorso per motivi aggiunti che non contiene in realtà autonome censure ma si limita chiedere la tutela cautelare in relazione al provvedimento impugnato con il ricorso principale.

Il secondo ricorso per motivi aggiunti è infondato alla stregua di quanto verrà precisato.

È infondata la censura con cui la società ricorrente ha dedotto la nullità del provvedimento di riesame del -OMISSIS- per violazione dell’art. 21-septies della L. 241/1990, e/o la sua annullabilità per eccesso di potere per elusione di giudicato e sviamento della causa tipica.

Va innanzitutto disattesa l’impostazione di parte ricorrente che ha chiesto la nullità degli atti impugnati per contrasto con pronunce cautelari ovvero con sentenze, non sospese, del G.A., vale a dire con ogni pronuncia, pur non coperta, in senso stretto, da giudicato, dovendosi intendere il concetto di “giudicato”, in senso più ampio, come comprensivo di tutte le pronunce immediatamente esecutive.

Il Collegio non ignora che tale impostazione è stata seguita, anche di recente, da una parte della giurisprudenza che ha ritenuto che l’art. 21-septies della L. n. 241 del 1990, che dispone la nullità dell’atto violativo od elusivo del giudicato, trova applicazione anche con riferimento ai provvedimenti adottati in violazione o elusione delle statuizioni contenute in un’ordinanza cautelare non più soggetta a gravame;
e ciò sia per ragioni di effettività della tutela giurisdizionale, che sulla base di una ravvisata equivalenza tra giudicato di merito e giudicato cautelare, oltre che in ossequio al principio deducibile dall’art. 114, comma 4, D.Lgs. 104/2010, il quale, alla lett. c), prevede che, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice possa pronunciare l’inefficacia degli atti (cfr. T.A.R. Lazio Roma Sez. III stralcio, 23/10/2018, n. 10264).

Il Collegio ritiene tuttavia che non può configurarsi alcun autonomo “giudicato cautelare”, in senso proprio. Ciò in quanto un provvedimento di sospensione dell’esecuzione di un provvedimento amministrativo non fa venir meno l’atto sospeso e nemmeno la sua validità, né esercita una funzione ripristinatoria della situazione precedente ma soltanto impedisce temporaneamente, e con efficacia “ex nunc”, la possibilità di portare l’atto ad ulteriore esecuzione e per questo è inevitabilmente connesso alla conclusione del giudizio.

Quanto fin qui esposto:

i) trova conferma proprio nel disposto dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990 che sanziona con la nullità solo ed esclusivamente l’atto che viola o elude il giudicato sulla sentenza e non anche sulla pronuncia del giudice che non abbia ancora il carattere della definitività come la pronuncia cautelare;

ii) non riceve smentita da quanto previsto dalla lett. c) dell’art. 114, comma 4, c. proc. amm. per cui, in caso di accoglimento del ricorso, il giudice può “pronunciare l’inefficacia degli atti emessi in violazione od elusione di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti”, essendo evidente che in tali casi si tratta di ripristinare gli effetti di una ordinanza cautelare alla luce della successiva sentenza conforme.

iii) si inserisce in maniera coerente nel sistema della nullità amministrativa che si distingue dal modello civilistico di cui all’art. 1418 c.c. in quanto risulta invertito il rapporto tra la categoria della nullità e quella dell'annullabilità: l’annullabilità per l’illegittimità dell’atto, costituisce la specie generale di invalidità, laddove, in diritto amministrativo, le nullità, con riferimento alle categorie indicate dalla legge, devono essere intese come tassative e residuali ipotesi di invalidità dell’atto (ciò in quanto, com’è noto, l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa mal si concilia con la possibilità che questa possa rischiare di essere esposta ad impugnative non assoggettate a termini certi di decadenza o prescrizione).

Deve pertanto escludersi, in ragione della evidenziata tassatività della espressione dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990, che un provvedimento amministrativo adottato in asserita violazione di un’ordinanza cautelare del G.A. possa essere dichiarato nullo, in quanto la nullità presuppone un contrasto con sentenze formalmente passate in giudicato, e non semplicemente il contrasto con una decisione cautelare priva dell’efficacia di cosa giudicata (cfr. TAR Sicilia, Palermo,-OMISSIS-).

Allo stesso modo deve escludersi che un siffatto provvedimento amministrativo possa essere annullato (“per eccesso di potere per elusione di giudicato e sviamento della causa tipica”), essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l’assetto degli interessi già definito con l’atto gravato, restituendo alla P.A. l’intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale sicché il nuovo atto costituisce espressione di una funzione amministrativa e non di mera attività esecutiva della pronuncia giurisdizionale.

Passando ad esaminare la censura di cui al primo motivo del ricorso principale e sostanzialmente riproposta nei secondi motivi aggiunti, giova premettere che la difesa erariale ha evidenziato che:

- la ditta individuale -OMISSIS- -OMISSIS-è quella alla quale la -OMISSIS- S.r.l., (odierna ricorrente) ha chiesto di subentrare nella titolarità dell’impianto in regime di deposito fiscale;

- tale ditta è gestita peraltro dalla sig.ra -OMISSIS- -OMISSIS-e dal figlio della stessa (-OMISSIS-) che, ad oggi, continuano a far parte della compagine sociale dell’odierna ricorrente -OMISSIS- S.r.l, il cui legale rappresentante, sig. -OMISSIS-, è il marito di -OMISSIS- -OMISSIS-e padre del -OMISSIS-;

- i provvedimenti di revoca adottati nei confronti della ditta -OMISSIS- -OMISSIS-, (dante causa della società ricorrente nella cessione di azienda) assumono rilievo determinante anche nel procedimento in esame, in quanto l’impianto in cui la ricorrente ha chiesto di subentrare, oggetto del primo diniego impugnato, a seguito di revoca, non solo non ha potuto più effettuare denaturazioni in serbatoio, ma, in seguito, ha anche perso la licenza che lo autorizzava a svolgere l’attività di deposito fiscale;

- per tale ragione l’impianto oggetto della chiesta voltura, non solo non può effettuare denaturazioni in serbatoio ma, proprio a seguito della revoca della licenza, non può neanche più operare come deposito fiscale anche per svolgere attività diverse dalla denaturazione.

Il Collegio ritiene che rispetto a tali rilievi e alla impossibilità di rispettare le condizioni previste dall’art. 23 comma 4 lett. a) del D.Lgs. n. 504/1995 - a fronte della summenzionata revoca disposta con provvedimento-OMISSIS-, dell’autorizzazione prot. -OMISSIS-, all’esecuzione delle operazioni di denaturazione in serbatoio all’interno del deposito fiscale in questione per carenze di ordine strutturale, oltre che per inadempienze di gestione - il provvedimento impugnato si appalesa del tutto coerente e dunque legittimamente adottato.

Il provvedimento impugnato trova infatti supporto normativo proprio nel predetto art. 23 comma 4 del TUA che impone di valutare tale requisito oggettivo al momento del rilascio dell’autorizzazione e di valutarne la permanenza anche durante il prosieguo della gestione. E, come, in maniera condivisibile rilevato dalla difesa erariale, nella fattispecie in esame, le condizioni che caratterizzavano il deposito fiscale oggetto di cessione non erano più quelle esistenti al momento del rilascio dell’autorizzazione alla ditta individuale dante causa, anche per effetto della predetta revoca che, essendo perfettamente valida ed efficace, impediva al deposito fiscale di poter denaturare in serbatoio.

Né la società ricorrente ha sostenuto che l’illegittimità dell’atto presupposto (revoca dell’autorizzazione) determinerebbero l’illegittimità di quello oggetto del presente giudizio (rigetto dell’istanza di rilascio dell’autorizzazione alla variazione della titolarità per l’esercizio di un deposito commerciale di oli minerali, gestito in regime di deposito fiscale) (cd. illegittimità derivata).

Da quanto fin qui esposto discende che del tutto irrilevanti risultano le considerazioni di parte ricorrente in ordine ai procedimenti penali, civili e amministrativi che hanno riguardato i componenti della compagine sociale e la ditta individuale -OMISSIS- -OMISSIS-.

Sulla scorta delle superiori considerazioni, il ricorso principale ed il primo ricorso per motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili, il secondo ricorso per motivi aggiunti infondato.

Le spese del giudizio, avuto riguardo al complessivo sviluppo della vicenda e alla complessità delle questioni trattate possono compensarsi.

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