TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-08-21, n. 202415905

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-08-21, n. 202415905
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415905
Data del deposito : 21 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/08/2024

N. 15905/2024 REG.PROV.COLL.

N. 11008/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11008 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
F D P, rappresentato e difeso dall'avvocato X S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, nn. 44/46;

contro

Ministero per i beni e le attività culturali e turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di Tarquinia, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo,

- del diniego di sanatoria di opere edilizie abusive del Comune di Tarquinia prot. 23140 dell’11 agosto 2017, notificato in data 28 agosto 2017, relativo alla pratica 25/2004;

- della determinazione del Comune di Tarquinia n. 77/2016 – prot. 31965 del 29 settembre 2016, recante parere non favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica;

- della nota della Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo prot. 2339 del 27 gennaio 2016;

quanto al ricorso per motivi aggiunti,

- dell’ordinanza del responsabile di settore registro generale n. 20 del 7 marzo 2018 - di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi del Comune di Tarquinia, notificata in data 9 maggio 2018, relativo al diniego di sanatoria prot. n. 23140 dell’11 agosto 2017, pratica 25/2004.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 maggio 2024 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, il ricorrente, proprietario di una villetta sita nel comune di Tarquinia in località Marina Velca Voltone, via delle Vele s.n.c., edificata giusta concessione edilizia n. 6/98 e successive varianti, posto all’interno di un piano di lottizzazione convenzionata denominato “Voltone”, impugna il provvedimento in epigrafe con cui la con cui la Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio per le Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo - con riferimento all’istanza di condono da costui avanzata ai sensi della l. n. 326/2003 per la definizione dei “ seguenti interventi edilizi in assenza o in difformità di titolo abilitativo (Tipologia 1), al piano terra:

- chiusura di un portico sul prospetto 2 (mq lordi 9,02 e mc 27,06);

- chiusura e ampliamento di un portico sul prospetto 1 (mq lordi 31,82 e mc 91,15);

al piano primo:

- chiusura di un balcone fronte strada (mq lordi 8,00 e mc 24,00),

per un totale di 48,74 mq lordi e 142,21 mc, con conseguente conformità ai limiti dimensionali previsti dall’art. 32 comma 25 d. l. 269/2003 ” realizzati entro il 30 settembre 2002, come da dichiarazione allegata alla richiesta di sanatoria e resa ai sensi dell'art. 41 della l. n. 15/1968 - ha “ restitui (to al Comune) la pratica per improcedibilità” , “ preso atto che nella relazione tecnica Illustrativa per l'Autorizzazione Paesaggistica trasmessa da codesto Comune in cui l'intervento realizzato in regime di abuso edilizio viene dichiarato non compatibile e non ammissibile, in quanto non rientrante fra i casi previsti dall'art.32, comma 26, lettera a) della L.326/2003”.

Impugna, altresì, il ricorrente anche il successivo provvedimento con cui il Comune di Tarquinia, “ preso atto … del parere non favorevole espresso dal Comune di Tarquinia ”, ha respinto la domanda di sanatoria edilizia del ricorrente con la motivazione che “ l'intervento risulta riconducibile e dichiarato ricompreso tra le tipologie di abuso – sostanziale non ammesse a condonabilità secondo i contenuti della lett. d) comma 27 dell'art. 32 del d.l. 269/2003, convertito con 1. 326/2003, congiuntamente alla lett. a) comma 26 del medesimo art. 32 ” e che “ ad oggi la pratica risulta ancora carente dei seguenti documenti:

Parere dell'autorità idraulica competente di cui all'art. 3 comma 8 delle Norme di attuazione

del Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.);

Fotocopia denuncia ICI;

Fotocopia denuncia TARSU ”.

Parte ricorrente chiede l’annullamento di tale atto, affidando il ricorso ai seguenti motivi:

1. Eccesso di potere per difetto di istruttoria

2. Violazione degli artt. 32 e 33 della l. n. 47/1985;
Violazione del comma 27, art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, della l. 24 novembre 2003, n. 326;
Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto, in ragione dell’astratta sanabilità delle opere abusive, affermando che “ le norme di settore - la legislazione nazionale e regionale sul condono edilizio - non dispongono per una declaratoria di non sanabilità degli abusi realizzati su aree sottoposte a vincolo, limitandosi a richiedere la verifica di compatibilità dell'intervento con il regime di tutela ” e che “ In questo caso non si tratta di un vincolo di tutela specifico, che conduce all'inedificabilità del suolo (come nel caso - ad esempio - di un vincolo a tutela di un interesse storico, ex 1. 1089/1939), ma presuppone una verifica tra l'opera (realizzata o da realizzarsi) e le prescrizioni di tutela ambientale” ,

3. Violazione di Legge. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 Legge n. 241 del 7 luglio 1990. Eccesso di potere, per errore nei presupposti di fatto e di diritto e per travisamento - difetto di istruttoria, sostenendo che “ la Soprintendenza nel motivare l'impugnato parere ha fatto esclusivo rinvio e riferimento al contenuto della Relazione Tecnica Illustrativa per l'autorizzazione paesaggistica trasmessa dal comune di Tarquinia ”.

Parte ricorrente con successivo ricorso per motivi aggiunti impugna, poi, il conseguenziale provvedimento di ordine di demolizione, lamentandone l’illegittimità in via derivata per i motivi già formulati in sede di ricorso introduttivo.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e turismo si costituiva in giudizio con memoria di pura forma, mentre il Comune di Tarquinia, seppur ritualmente evocato in giudizio, nemmeno si costituiva.

Parte ricorrente con successiva memoria insisteva per l’accoglimento delle doglianze proposte.

All’udienza di smaltimento del 24 maggio 2024, la causa veniva trattata e, quindi, trattenuta in decisione.

Con il ricorso introduttivo è stato gravato il parere negativo di conformità/compatibilità paesaggistica del manufatto oggetto della domanda avanzata dall'interessato ex art. 32 della l. n. 47/1985, a corredo dell’istanza di condono presentata ai sensi della l. n. 326/2003 (di conversione del d.l. n. 269/2003) e della l.r. n. 12/2004 ed il conseguente provvedimento del Comune di Tarquinia di definitivo rigetto di tale istanza.

In particolare, sulla richiesta di parere paesaggistico si è pronunciato il Comune di Tarquinia (previo preavviso di diniego), a seguito della nota della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l'Etruria Meridionale, cui il medesimo Comune aveva trasmesso la relazione tecnica illustrativa, corredata da documentazione e da proposta di parere non favorevole all'accoglimento della domanda. Con tale nota l'organo ministeriale ha restituito gli atti all'amministrazione per “ improcedibilità ”, visto il parere negativo da essa espresso, in cui si dichiarava che “ l'intervento abusivo, oggetto di condono, rientra in quella categoria “sostanziale”, individuato in una tipologia edilizia non ammissibile, secondo quanto stabilito dall'art. 32, comma 26, lettera a) della L. 326/2003 ”.

Con successivi motivi aggiunti è stato poi impugnato, sostenendone l’invalidità derivata, il successivo ordine di demolizione delle opere abusive.

Il ricorso come integrato da successivi ricorsi per motivi aggiunti deve essere integralmente disatteso.

Emerge dalla documentazione versata in giudizio che l’area ove sorge l'immobile è gravata da vincolo paesaggistico giusto il disposto degli artt. 134, comma 1, lett. a) e 136, comma 1, lett. c) e d), del d.lgs. n. 42/2004, in quanto dichiarata di notevole interesse pubblico con d.m. del 19 gennaio 1977 (" Montalto di Castro, Tarquinia e fascia costiera ").

In particolare, il lotto è incluso nell'ambito paesaggistico del PTP 2, adottato con D.G.R. n. 2268 del 28 aprile 1987, e compreso nella classificazione di paesaggio “ C2 zone di riqualificazione e recupero ambientale ” di cui all’art. 32 delle N.T.A.

Con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 5 del 21 aprile 2021, pubblicata sul B.U.R.L. n. 56 del 10 giugno 2021, Supplemento n. 2, è stato definitivamente approvato il P.T.P.R.: per l’area in esame è stata, dunque, confermata l’esistenza del vincolo paesaggistico e la classificazione di “ paesaggio degli insediamenti urbani ” ai sensi del relativo art. 27.

Ciò posto, sulla richiesta di parere paesaggistico si è pronunciato il Comune di Tarquinia (previo preavviso di diniego), a seguito del relativo parere negativo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l'Etruria Meridionale, cui il medesimo Comune aveva trasmesso la relazione tecnica illustrativa, corredata da documentazione e da proposta di parere non favorevole all'accoglimento della domanda.

Il diniego del Comune si fonda su una motivazione piuttosto articolata e, in particolare sulle seguenti circostanze:

i) che “ l'intervento risulta riconducibile e dichiarato ricompreso tra le tipologie di abuso – sostanziale non ammesse a condonabilità secondo i contenuti della lett. d) comma 27 dell'art. 32 del d.l. 269/2003, convertito con 1. 326/2003, congiuntamente alla lett. a) comma 26 del medesimo art. 32 ”;

ii) che “ ad oggi la pratica risulta ancora carente dei seguenti documenti.

Il gravato diniego integra, dunque, un atto plurimotivato, con la conseguenza che, ai fini della sua legittimità, è sufficiente a sorreggerlo in sede giurisdizionale anche una sola delle sue motivazioni, sicché - come chiarito da un consolidato orientamento della giurisprudenza (che il Collegio condivide) – “ solo l'accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui esso risulta incentrato può comportarne l'illegittimità e il conseguente effetto annullatorio ” (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1383/2009 e n. 6732/2007;
T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VII, n. 4349/2014 e n. 5632/2013).

Ne discende che, come affermato anche dal Consiglio di Stato, nei casi in cui il provvedimento impugnato risulti - come nel caso di specie - sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, logicamente indipendenti e non contraddittorie, il giudice, ove ritenga infondate le censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell'atto controverso, idoneo, di per sé, a sostenerne ed a comprovarne la legittimità, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, indipendentemente dall'ordine con cui i motivi sono articolati nel gravame, in quanto la conservazione dell'atto implica la perdita di interesse del ricorrente all'esame delle altre doglianze (si confronti, al riguardo, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 694/2013 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Ebbene, ritiene il Collegio che, tra tutti quelli evidenziati dall’amministrazione, assuma portata decisiva e assorbente il profilo, non contestato da parte ricorrente, della riconduzione dell’intervento oggetto della domanda di condono alla riferita “ tipologia 1 ” (in tal senso, l’istanza di cui si lamenta il rigetto), in quanto tale esclusa dalla sanatoria secondo le disposizioni della l. n. 326/2003 di conversione del d.l. n. 269/2003 e, dunque, la sua configurabilità in termini di c.d. “ abuso maggiore ”, unitamente alla sua ubicazione in area gravata da vincolo paesaggistico (in tal senso, da ultimo, questo T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 5656/2024 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Rispetto a tale presupposto fattuale, il ricorso introduttivo ed i ricorsi per motivi aggiunti non contengono alcuna censura tale da scalfire la legittimità del parere sfavorevole e dei successivi atti del Comune.

Deve, infatti, essere disatteso il motivo di ricorso con cui il ricorrente censura la nota di improcedibilità della Soprintendenza, in ossequio a quanto recentemente chiarito dal Consiglio di Stato con riferimento ad un caso sovrapponibile a quello di cui si discorre, in cui si è affermato come il Comune possa accertare in autonomia l’impossibilità di concedere il condono in questione (c.d. “Terzo Condono”), in linea con la esigenza di economicità dell'azione amministrativa, essendo superflua, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un vaglio di compatibilità paesaggistica da parte della Soprintendenza (in tal senso, la sentenza del Consiglio di Stato n. 2518 del 2015).

Del tutto destituita di fondamento appare, poi, la doglianza di difetto di istruttoria, articolata sull’assunto che il vincolo gravante sull’area non sarebbe di inedificabilità assoluta, sicché avrebbe dovuto verificarsi la concreta compatibilità paesaggistica dell'intervento.

Tale doglianza deve essere disattesa, atteso che, come da granitico indirizzo giurisprudenziale sopra riferito, è esclusa dal condono ogni ipotesi di abuso consistente nella realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate (quale è quello di specie), e ciò indipendentemente sia dalla data di imposizione del vincolo sia (per quanto qui interessa) dalla natura di esso, in termini di vincolo di inedificabilità assoluta o relativa (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, Sezione II, 20 novembre 2023, n. 17253, e 3 novembre 2023, n. 16319).

Lo stesso è a dirsi, poi, per il ritenuto difetto di motivazione, sconfessato per tabulas dall’esame del contenuto dell’atto avversato e dall’ampia ed argomentata premessa della determinazione impugnata, idonea ad evidenziare le ragioni che sostanziano l’impianto logico-giuridico del provvedimento, in ciò assolvendo appieno l’onere motivazionale del provvedimento per cui è causa.

In conclusione, per tutte le considerazioni fin qui svolte, il ricorso introduttivo ed il ricorso per motivi aggiunti devono essere respinti.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la costituzione solo formale del Ministero resistente, per compensare tra le parti le spese di lite.

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