TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2021-01-04, n. 202100031

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2021-01-04, n. 202100031
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202100031
Data del deposito : 4 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2021

N. 00031/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01095/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1095 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da G R e G R, rappresentati e difesi dall’avv. G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Capodrise, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso introduttivo:

“del provvedimento del predetto Comune di Capodrise prot. n. 2017/15402 del 13.12.2017, notificato in data 09.01.2018, col quale è stato disposto il diniego della domanda di condono edilizio presentata ai sensi della L. 326/2003 e L.R. Campania n. 10/2004 dai prefati Raucci Giovanni e Raucci Giuseppe, unitamente alla compianta loro genitrice D F R (nata a Maddaloni il 9.3.1929 e deceduta il 13.11.2014, c.f. DFLRFL29C49E719B) in data 22 marzo 2004, assunta al prot. n° 3425/2004, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi dei ricorrenti, ivi compreso il verbale ivi richiamato del 20.10.2017 della commissione condono.”

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 14 febbraio 2020:

“1) della Determinazione n. 7 del 23/10/2019, Registro Generale delle Determine n. 478 del 29/10/2019, pubblicata al n° 13 dell’Albo pretorio comunale dal 13 al 28/12/2019;

2) della “Dichiarazione prot. N. 12041 del 13.8.2019” in essa menzionata, mai notificata, con la quale il Comune di Capodrise avrebbe “ preso atto dell’avvenuto trasferimento ope legis dell’immobile ubicato in via Greco, costituito da un manufatto con struttura in ferro di dimensioni pari a mt. 17,00 x mt. 8,00 e n. 2 campetti di calcio, in catasto fabbricati al foglio 2 particella 5896 subalterno 1 categoria D/6, e dell’area di sedime corrispondente all’attuale superficie dell’intero lotto di terreno, distinto in catasto terreni al foglio 2, particelle 5896 ”, assumendo poi che “tale atto dichiarativo costituisce lo strumento, contestualmente al verbale di accertata inottemperanza redatto dall’ufficio di Polizia Municipale, per procedere alla trascrizione dell’immobile presso i registri immobiliari della competente conservatoria, in favore del Comune di Capodrise”.

Si premette che di tale ultimo atto i ricorrenti ne ignorano il contenuto, formulando pertanto ogni più ampia riserva di legge, in quanto pur avendone essi richiesto copia con istanza di accesso agli atti assunta al prot. N. 181 del 7.1.2020, ad oggi non è stata fornita;

3) del “verbale di accertamento di inottemperanza” prot. N° 12897/2017;

4) di ogni ulteriore atto, predeterminato, consequenziale o comunque connesso al procedimento che ne occupa.”


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Capodrise;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 novembre 2020 la dott.ssa R G e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

G R e G R espongono in fatto che nell’anno 2002 la loro madre, D F R, aveva installato, in assenza di titolo autorizzativo, sul terreno di sua proprietà sito in Capodrise (CE) via Greco, foglio mappa n. 2, p.lla n. 686, un prefabbricato smontabile destinato a deposito ad uso stabile e duraturo, in riferimento al quale la stessa D F R in data 30 marzo 2004, aveva presentato al Comune di Capodrise la “Domanda di definizione degli illeciti edilizi - Condono Edilizio D.L. n. 269 del 30.9.2003 art. 32”, assunta al protocollo n. 3425, provvedendo al versamento dell’oblazione mediante il pagamento della somma determinata di € 11.260,00.

Riferiscono che in data 9 gennaio 2018, ovvero a distanza di ben 14 anni dalla presentazione delle predetta domanda, con nota prot. n. 2017/15402 del 13 dicembre 2017, il Comune di Capodrise aveva notificato alla loro madre (deceduta), nonché a loro, quali eredi, il provvedimento di diniego della predetta domanda di condono edilizio, qualificata come “Richiesta di Permesso di Costruire in Sanatoria”.

I ricorrenti hanno, quindi, proposto il ricorso introduttivo, ritualmente notificato il 21 febbraio 2018 e depositato il 16 marzo 2018, con il quale hanno chiesto l’annullamento del suddetto provvedimento del Comune di Capodrise prot. n. 2017/15402 del 13 dicembre 2017 di diniego della domanda di condono edilizio presentata ai sensi della L. n. 326/2003 e L.R. Campania n. 10/2004, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto lesivo dei loro interessi, ivi compreso il verbale del 20 dicembre 2017 della commissione condono richiamato nel citato provvedimento.

A sostegno del gravame parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: I. Violazione degli artt. 7 e 10-bis, della L. n. 241/1990, eccesso di potere, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, violazione dell’art. 32 della L. n. 326/2003;
II. Stessi motivi di cui alla censura precedente, violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione art. 6 della L. n. 241/1990, violazione del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, eccesso di potere.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Capodrise, con atto di stile, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ricorso per motivi aggiunti, ritualmente notificato il 12 febbraio 2020 e depositato in data 14 febbraio 2020, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento della Determinazione n. 7 del 23 ottobre 2019, Registro Generale delle Determine n. 478 del 29 ottobre 2019, pubblicata al n. 13 dell’Albo pretorio comunale dal 13 al 28 dicembre2019 e della “Dichiarazione prot. n. 12041 del 13.8.2019” in essa menzionata, mai notificata, con la quale il Comune di Capodrise avrebbe “ preso atto dell’avvenuto trasferimento ope legis dell’immobile ubicato in via Greco, costituito da un manufatto con struttura in ferro di dimensioni pari a mt. 17,00 x mt. 8,00 e n. 2 campetti di calcio, in catasto fabbricati al foglio 2 particella 5896 subalterno 1 categoria D/6, e dell’area di sedime corrispondente all’attuale superficie dell’intero lotto di terreno, distinto in catasto terreni al foglio 2, particelle 5896 ”, assumendo poi che “tale atto dichiarativo costituisce lo strumento, contestualmente al verbale di accertata inottemperanza redatto dall’ufficio di Polizia Municipale, per procedere alla trascrizione dell’immobile presso i registri immobiliari della competente conservatoria, in favore del Comune di Capodrise”;
i ricorrenti, in relazione a tale ultimo atto hanno rappresentato di ignorarne il contenuto e hanno formulato pertanto ogni più ampia riserva di legge, in quanto pur avendone essi richiesto copia con istanza di accesso agli atti assunta al prot. n. 181 del 7 gennaio 2020, alla data di proposizione del ricorso non era stata fornita;
hanno chiesto altresì l’annullamento del “verbale di accertamento di inottemperanza” prot. n. 12897/2017.

Avverso i suddetti atti i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure: I Violazione degli artt. 38 e 44 della L. n. 47/1985, eccesso di potere, violazione di legge e del giusto procedimento, dei principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

Il Comune resistente ha prodotto una memoria in data 4 marzo 2020 con la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata impugnazione delle plurime motivazioni del diniego di condono e, comunque, ha dedotto la sua infondatezza e ne ha chiesto, pertanto, il rigetto. Ha eccepito altresì l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti per mancanza di interesse ad agire in quanto parte ricorrente avrebbe impugnato una mera presa d’atto e quindi un atto endoprocedimentale, nonché per la mancata impugnazione dell’ordinanza di demolizione. Ha dedotto anche l’infondatezza del ricorso per motivi aggiunti e ne ha chiesto pertanto il rigetto, in quanto l’istanza di condono presentata illo tempore dalla madre dei ricorrenti sarebbe da considerarsi tam quam non esset , stante l’evidente e conclamata mancanza documentale in allegato alla succitata istanza.

Alla camera di consiglio dell’11 marzo 2020 la causa è stata rinviata a successiva camera di consiglio, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. 8 marzo 2020, n. 11 e dell’art. 1 del D.P. n. 9/2020/Sede.

L’ente locale resistente in data 20 marzo 2020 ha prodotto la “Dichiarazione di avvenuta acquisizione al patrimonio comunale di opera edilizia abusiva”, prot. n. 12041 del 13 agosto 2019, oggetto di impugnazione con il ricorso per motivi aggiunti.

Alla camera di consiglio del 25 marzo 2020 la trattazione collegiale della causa è stata rinviata alla camera di consiglio del 22 aprile 2020, ai sensi dell’art 84, commi 1 e 2, del D.L. n. 18/2020 e gli artt. 1 e 2 del D.P. n. 12/2020/Sede.

Parte ricorrente ha depositato una memoria per l'udienza camerale.

Con ordinanza n. 928 del 23 aprile 2020 questa Sezione,

CONSIDERATO che, ad un primo esame sommario proprio della fase cautelare, emergono profili che inducono a ritenere fondata la censura del ricorso per motivi aggiunti con la quale parte ricorrente lamenta la mancata adozione del provvedimento di demolizione a seguito del diniego della domanda di condono edilizio, tenuto conto in particolare che nel caso di rigetto della domanda di condono l’Amministrazione deve rideterminarsi sulla demolizione delle opere abusive e sulle eventuali successive sanzioni, mentre nel caso di specie è stata disposta l’acquisizione al patrimonio comunale sulla base di due ordinanze di demolizione adottate, peraltro, successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio;

RITENUTO, altresì, rinvenibile il presupposto del pregiudizio grave e irreparabile richiesto dall’art. 55 c.p.a. per la concessione della misura cautelare; ”,

ha accolto la domanda incidentale di sospensione e, per l’effetto, ha sospeso l’efficacia della dichiarazione di avvenuta acquisizione al patrimonio comunale del Comune di Capodrise prot. n. 12041 del 13 agosto 2019, impugnata con il ricorso per motivi aggiunti, ed ha fissato l'udienza pubblica del 18 novembre 2020 per la discussione del ricorso nel merito.

Parte resistente ha depositato una memoria per l’udienza e note di udienza chiedendo il passaggio in decisione allo stato degli atti del giudizio. Anche parte ricorrente ha depositato note di udienza chiedendo il passaggio in decisione.

All’udienza del 18 novembre 2020 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Con il ricorso introduttivo i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento del provvedimento del Comune di Capodrise prot. n. 2017/15402 del 13 dicembre 2017 di diniego della domanda di condono edilizio presentata ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 dalla loro madre, D F R, in data 30 marzo 2004, assunta al protocollo comunale n. 3425, per l’ “ Installazione di un prefabbricato destinato ad un uso stabile e duraturo anche se smontabile ”, avente la destinazione d'uso Deposito ” (così risulta descritto l’illecito edilizio da condonare nella suddetta istanza), notificato alla loro madre (deceduta), nonché a loro, quali eredi.

Il Collegio deve innanzitutto esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per la mancata impugnazione delle diverse motivazioni idonee a sorreggere la legittimità dell’atto impugnato, sollevata dal Comune resistente con la memoria del 4 marzo 2020.

L’eccezione è infondata in quanto la questione posta a fondamento della eccezione stessa da parte del Comune non è una questione di rito investendo il merito del ricorso.

Passando al merito, il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

A sostegno del gravame i ricorrenti, con due motivi di ricorso, che si ritiene di poter affrontare unitariamente, hanno dedotto le seguenti censure:

I. Violazione degli artt. 7 e 10-bis, della L. n. 241/1990, eccesso di potere, difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, violazione dell’art. 32 della L. n. 326/2003.

I ricorrenti lamentano la mancata comunicazione del preavviso di rigetto, in violazione dell’art. 10bis della L. n. 241/1990.

Inoltre, quanto alle contestate carenze documentali, parte ricorrente richiama l’art. 39, comma 4, della legge 724/94 (come modificato dall’art 2, comma 37, della L. n. 662/1996) che, proprio in materia di integrazione documentale, espressamente prevede che la mancata presentazione dei documenti (se previsti per legge come obbligatori) entro 3 mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal Comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego del condono per carenza documentale. Ad avviso di parte ricorrente, pertanto le sopra richiamate carenze documentali, seppure idonee a comportare un’interruzione del procedimento e una richiesta di integrazione documentale, non avrebbero potuto legittimare l’Amministrazione ad adottare l’impugnato provvedimento di diniego della richiesta di condono. Ad avviso dei ricorrenti inoltre la circostanza che la terza rata dell’oblazione/ oneri concessori sarebbe stata versata fuori termine non potrebbe rappresentare un motivo di rigetto della richiesta e, di conseguenza, il diniego dovrebbe ritenersi fondato esclusivamente sull’incompletezza della documentazione.

II. Stessi motivi di cui alla censura precedente, violazione dell’art. 97 della Costituzione, violazione art. 6 della L. n. 241/1990, violazione del principio del giusto procedimento, difetto di istruttoria, eccesso di potere.

L’illegittimità del provvedimento impugnato discenderebbe anche dalla violazione dell’art. 6 della L. n. 241/1990, che espressamente attribuisce al Responsabile del procedimento il potere-dovere di richiedere, quando necessario, integrazioni documentali ai destinatari dell’attività amministrativa, in virtù dei principi di leale cooperazione e di completezza dell’istruttoria regolanti l’azione amministrativa.

Occorre rilevare che nel provvedimento impugnato il responsabile dell’Area Urbanistica, con riferimento alla suddetta richiesta di condono, ha rappresentato: “ …preso atto del procedimento istruttorio, condotto dalla commissione condono appositamente istituita per l’istruttoria delle istanze di condono presentate ai sensi della L. 326/2003 e L.R. Campania n. 10/2004, al fine di verificare l’ammissibilità e al fine di curare l’intera istruttoria finalizzata all’eventuale rilascio delle concessioni in sanatoria, concluso con verbale del 20.10.2017, dal quale risulta:

“La pratica di condono edilizio presentata è corredata dalla seguente documentazione:

- Richiesta di concessione edilizia in Sanatoria di "Installazione di un prefabbricato ad uso stabile e duraturo anche se smontabile a destinazione d'uso deposito" avente la Sc = mq 81,60

- Foto rilievo riportante n.2 foto uguali dell'involucro edilizio;

-Dichiarazione del richiedente la sanatoria di " Non esistenza a suo carico di carichi pendenti alla data del 22/03/2004;

- Prospetto del Calcolo Oblazione e dell'anticipazione Oneri da versare;

- Ricevute dei seguenti versamenti:

Oblazione

1^ Rata di € 2.448,00 versata il 30/03/2004 (nei termini previsti stabiliti entro il 31-03-2004)

2^ Rata di € 2.856,00 versata il 31/05/2005 (nei termini previsti stabiliti entro il 31-05-2005)

3^ Rata di € 2856,00 versata il 28/04/2006 (fuori termini previsti stabiliti entro il 30-09-2005)

Anticipo Oneri Concessori

1^ Rata di € 930,00 versata il 30/03/2004

2^ Rata di € 1.085,00 versata il 31/05/2005

3^ Rata di € 1.085,00 versata il 28/04/2006

Considerato che la richiesta di condono, a tutt'oggi, è carente di:

- Autocertificazione da parte del richiedente richiesta ai sensi della Legge 326/03 art. 32 comma 35 "Dichiarazione del richiedente resa ai sensi art. 47 c.1 del decreto del Presidente della Repubblica 28/12/2000 N.445 con allegata documentazione fotografica dalla quale risulta la descrizione delle opere per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo”;

- Documenti comprovanti l'effettiva ultimazione dei lavori entro la data del 31/03/2003 ai sensi dell'art. 5 L. R. 10/04, (a tal proposito si rileva che l'unica documentazione allegata è costituita da n. due fotografie prive di alcun riferimento temporale e di firma);

- Perizia giurata a firma di un tecnico abilitato sulle dimensioni e sullo stato delle opere eseguite;

- Certificazione dell'idoneità statica dell'opera abusiva eseguita;

- Grafici e relativa relazione tecnica illustrativa delle opere eseguite;

- Accatastamento.

Inoltre, le somme dovute a titolo di oblazione e quelle inerenti gli oneri concessori, risultano versate nei termini dovuti per la prima e seconda rata, mentre la terza rata è stata versata fuori termine ultimo.

Tenuto conto che le carenze sopra elencate sono elementi essenziali per l’istruttoria dell’istanza oggettivata, la commissione ritiene che la richiesta edilizia in sanatoria in oggetto, non presenta requisiti di procedibilità al Condono Edilizio ex L. 326/2003 nonché L.R. Campania n. 10/2004”, ritenuto far proprio il parere espresso dalla commissione condono, col presente atto comunica il rigetto della domanda relativa alla definizione degli illeciti edilizi di cui all’oggetto. ”.

Il Collegio, alla luce di quanto sopra, ritiene che il provvedimento impugnato, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, si fondi sui due sopra richiamati autonomi capi di motivazione, in quanto fa riferimento alle carenze elencate nel provvedimento stesso ritenute essenziali per l'istruttoria e specificatamente alla carente documentazione e al versamento fuori termine ultimo della terza rata delle somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori.

Tale secondo capo di motivazione, concernente il versamento fuori termine, in riferimento al quale i ricorrenti non hanno dedotto specifiche censure nel merito, come condivisibilmente prospettato anche dal Comune resistente con l’eccezione proposta, sopra valutata, avendo valore autonomo è, quindi, idoneo da solo a sorreggere la legittimità del provvedimento stesso, seppure devono ritenersi fondate le censure di cui al primo motivo di ricorso, con le quali i ricorrenti hanno dedotto il difetto di istruttoria e la violazione dell’art. 32 della L. n. 326/2003, in riferimento alle contestate carenze documentali che, seppure idonee a comportare un’interruzione del procedimento e una richiesta di integrazione documentale, ad avviso dei ricorrenti non avrebbero potuto legittimare l’Amministrazione ad adottare l’impugnato provvedimento di diniego della richiesta di condono.

Ricorda in proposito il Collegio che la legge n. 662-1996 (art. 2, comma 37) ha introdotto, tra le cause di improcedibilità e diniego delle domande di condono ex L. n. 724-94, il tardivo deposito dell’integrazione documentale oltre novanta giorni dalla espressa richiesta notificata dal Comune.

Infatti, “ la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal Comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione ”.

La stessa causa di improcedibilità vige anche per le domande presentate ai sensi del condono edilizio ex L. n. 326-2003, come nel caso di specie, il quale richiama e rinvia alle stesse procedure di cui alla L. n. 47/1985 e L. n. 724/1994 tramite i commi 25, 38 e 40 dell’art. 32 D.L. n. 269/2003 convertito con modifiche in L. n. 326/2003 (cfr. Consiglio di Stato, Sezione II, 12 marzo 2020, n. 1766).

Il carattere perentorio del termine assegnato per ottemperare alla richiesta d’integrazione documentale della pratica di condono è stato più volte affermato dal Consiglio di Stato: «a fronte di una domanda di condono edilizio incompleta, ove l’Amministrazione richieda all’interessato l’integrazione di detta documentazione assegnandogli un termine per provvedere, quest’ultimo deve ritenersi tassativo (salvi i casi di impossibilità non imputabile), sicché l’inottemperanza a tale richiesta determina la legittima chiusura della pratica e costituisce legittimo motivo di diniego della concessione edilizia in sanatoria» (v. in tal senso, ex plurimis , Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2714;
id., 23 luglio 2009, n. 4671).

La disposizione di cui alla l. n. 662/1996, peraltro, ha semplicemente procedimentalizzato, fissando un termine ragionevole per ottemperare, una previsione già contenuta in termini generali nella l. n. 47/1985 (art. 35, comma 7), in forza della quale il Sindaco, «ove lo ritenga necessario» una volta esaminata la domanda, «invita» l’interessato a produrre «l’ulteriore documentazione».

Alla stregua del riferito quadro normativo e giurisprudenziale, già fatto proprio dalla Sezione e dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi (TAR Campania, Sezione VIII, 16 novembre 2020, n. 5248), deve ritenersi consolidato in giurisprudenza il condivisibile principio in forza del quale la carenza documentale di una domanda di condono edilizio può dare luogo ad una declaratoria di improcedibilità dell’istanza soltanto laddove la P.A. abbia preventivamente formulato al soggetto interessato una espressa e specifica richiesta di integrazione della documentazione necessaria, in conformità alla sopra richiamata norma di riferimento (art. 2, comma 37, della L. n. 662/96, che ha integrato e modificato il comma 4 dell’art. 39 della L. n. 724/1994).

Nella fattispecie per cui è causa non risulta per tabulas un espresso invito alla produzione della documentazione mancante, a pena di improcedibilità della domanda di condono.

Tuttavia il provvedimento impugnato, come detto, deve ritenersi legittimamente adottato sulla base dell’autonomo capo di motivazione concernente il versamento fuori termine ultimo della terza rata delle somme dovute a titolo di oblazione e di oneri concessori e, quindi, da solo idoneo a sorreggere la legittimità del provvedimento stesso.

Quanto al quadro normativo di riferimento, avendo in particolare riguardo a quanto previsto in relazione al terzo condono dal D.L. n. 269/2003, convertito in legge n. 326 del 2003, applicabile al caso di specie, si richiamano le sentenze di questo Tribunale, Sezione VII, n. 390 del 26 gennaio 2012 e n. 143 del 13 gennaio 2012, confermate da Consiglio di Stato, Sezione VI, rispettivamente con le sentenze n. 3925 del 19 luglio 2013 e n. 1514 del 9 marzo 2018, alla cui ampia motivazione e alla giurisprudenza richiamata si rinvia, ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a..

Al riguardo il Collegio ritiene che il tardivo versamento dei ratei imposti per il pagamento dell’oblazione costituisca valido motivo idoneo a sorreggere la legittimità del diniego impugnato, stante la perentorietà dei termini e delle scadenze imposte dalla legge per il pagamento degli oneri (TAR Campania, Sezione VIII, 27 giugno 2014, n. 3590, confermata da Consiglio di Stato, Sezione VI, 24 marzo 2020, n. 2067).

Tale impostazione deriva dalla piana lettura del comma 37 dell’articolo 32 del D.L. n. 269 del 2003 che recita: “ Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n.47, e all'articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ”. In questo senso, il riferimento all’integrale versamento comporta l’applicabilità del regime sanzionatorio a tutti i casi in cui il versamento dell’oblazione dovuta non corrisponda alla sua corretta quantificazione dolosa e, quindi, anche nell’ipotesi di non integrale versamento.

La posizione sostenuta è quindi del tutto corrispondente a quella della giurisprudenza (Cons. Stato, VI, 9 gennaio 2020, n.177, Cons. Stato, VI, 13 febbraio 2013 n. 894 e n. 3925 del 19 luglio 2013 cit.), che ribadisce la natura perentoria del termine. Infatti, riscontrato che il condono edilizio è uno strumento eccezionale e temporaneo, giustificato essenzialmente da straordinarie e contingenti ragioni finanziarie, e che come tale la sua disciplina è soggetta ad una rigida interpretazione, ne consegue che è possibile ottenere il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria soltanto quando ricorrono i rigorosi presupposti previsti dalla legge di disciplina del singolo condono. Pertanto, la natura perentoria del termine per il pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori è ricavabile non solo da un’espressa qualificazione normativa, ma anche dalla comminatoria di una sanzione, come appunto nel caso di specie, la prospettata applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 40 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e 48 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380.

Inoltre l’art. 32 al comma 38 prescrive che “ la misura dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, nonché le relativa modalità di versamento sono disciplinate dall’allegato 1 del presente decreto ”.

I termini per il versamento della oblazione nella sua interezza (intesa con riferimento all’importo autoliquidato), alla luce della disciplina di cui all’Allegato 1 alla legge medesima, sono fissati all’atto della presentazione della domanda per la prima rata, al 31 maggio 2005 per la seconda rata, e al 30 settembre 2005 per la terza rata (TAR Napoli, Sezione VII, n. 390 del 26 gennaio 2012 cit.).

Di conseguenza la motivazione del provvedimento, che ha ritenuto di far proprio il parere espresso dalla commissione condono relativamente al versamento fuori termine della terza rata “ 3^ Rata di € 2856,00 versata il 28/04/2006 (fuori termini previsti stabiliti entro il 30-09-2005) ” è conforme alla disciplina positiva.

Quanto alla censura relativa alla mancata comunicazione del preavviso di diniego, pure dedotta dai ricorrenti nel primo motivo di ricorso, trattandosi di un provvedimento vincolato, tale omissione non esplica, in base al principio di cui all’art. 21 octies della L. n. 241/1990, effetti vizianti, ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti aventi un contenuto diverso, come nel caso di specie (Cons. Stato, Sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2714 cit.).

Ed invero la condivisibile giurisprudenza ha precisato che, avendo il diniego di condono natura essenzialmente vincolata, è da escludere un annullamento per meri vizi procedimentali, a meno che l'interessato non adempia all'onere di dimostrare che il contraddittorio procedimentale, qualora un preavviso di rigetto fosse stato comunicato, avrebbe condotto ad un esito conclusivo diverso. È contrario ai principi di economicità, speditezza ed efficienza proclamati dalla L. n. 241/1990, la valorizzazione di irregolarità meramente formali allorché emerga che comunque il contenuto dispositivo della determinazione impugnata non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, giusta quanto previsto dall'art. 21-octies della legge n. 241/1990 (cfr., ex multis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 aprile 2019, n. 2809, Consiglio di Stato, Sez. IV, 21 febbraio 2017, n. 810;
id., VI, 9 settembre 2018 n. 5464;
id., 2 novembre 2018 n. 6219).

Conclusivamente, alla luce dei su esposti motivi, il ricorso introduttivo va rigettato.

Passando ad esaminare il ricorso per motivi aggiunti, con esso i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento della Determinazione n. 7 del 23 ottobre 2019, Registro Generale delle Determine n. 478 del 29 ottobre 2019, pubblicata al n. 13 dell’Albo pretorio comunale dal 13 al 28 dicembre 2019 e della “Dichiarazione prot. n. 12041 del 13.8.2019” in essa menzionata, mai notificata, con la quale il Comune di Capodrise avrebbe “ preso atto dell’avvenuto trasferimento ope legis dell’immobile ubicato in via Greco, costituito da un manufatto con struttura in ferro di dimensioni pari a mt. 17,00 x mt. 8,00 e n. 2 campetti di calcio, in catasto fabbricati al foglio 2 particella 5896 subalterno 1 categoria D/6, e dell’area di sedime corrispondente all’attuale superficie dell’intero lotto di terreno, distinto in catasto terreni al foglio 2, particelle 5896 ”, assumendo poi che “ tale atto dichiarativo costituisce lo strumento, contestualmente al verbale di accertata inottemperanza redatto dall’ufficio di Polizia Municipale, per procedere alla trascrizione dell’immobile presso i registri immobiliari della competente conservatoria, in favore del Comune di Capodrise ”;
i ricorrenti, in relazione a tale ultimo atto hanno rappresentato di ignorarne il contenuto e hanno formulato pertanto ogni più ampia riserva di legge, in quanto pur avendone essi richiesto copia con istanza di accesso agli atti assunta al prot. n. 181 del 7 gennaio 2020, alla data di proposizione del ricorso non era stata fornita;
hanno chiesto altresì l’annullamento del “verbale di accertamento di inottemperanza” prot. n. 12897/2017.

L’ente locale resistente in data 20 marzo 2020, come rappresentato in fatto, ha prodotto la suddetta “Dichiarazione di avvenuta acquisizione al patrimonio comunale di opera edilizia abusiva”, prot. n. 12041 del 13 agosto 2019, oggetto di impugnazione con il ricorso per motivi aggiunti.

Avverso i suddetti atti i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure:

I Violazione degli artt. 38 e 44 della L. n. 47/1985, eccesso di potere, violazione di legge e del giusto procedimento, dei principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

Parte ricorrente lamenta che l’Amministrazione non avrebbe potuto emettere alcun provvedimento sanzionatorio senza aver prima definito il procedimento scaturente dall’istanza di sanatoria, ostandovi i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono il dovere di procedere prioritariamente all’esame della domanda di condono prima di assumere iniziative pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia.

Lamenta inoltre che, a seguito del diniego della sanatoria, impugnato con il ricorso introduttivo, prima di procedere alla eventuale acquisizione il Comune avrebbe dovuto dapprima ordinare la demolizione delle opere abusive, assegnando loro un nuovo termine per adempiere alla demolizione, e solamente allo spirare del nuovo termine il Comune avrebbe quindi potuto accertare la situazione di fatto, ed in caso di inottemperanza procedere con l’acquisizione, previo verbale di accertamento dell’inottemperanza.

Nel caso di specie, invece, parte resistente a seguito del diniego del condono (13 dicembre 2017) ha posto a base dell’acquisizione oramai intrapresa, le ordinanze di demolizione del 30 aprile e del 29 settembre 2004 (successive alla domanda di condono del 30 marzo 2004), ed il verbale di accertamento dell’inottemperanza del 19 ottobre 2017 (antecedente alla definizione della domanda di condono).

Parte ricorrente lamenta infine l’insufficienza e l’inidoneità del verbale di accertamento dell’inottemperanza redatto in data 19 ottobre 2017 dalla Polizia Municipale a supportare l’acquisizione, trattandosi di atto meramente propedeutico all’adozione del provvedimento costituente titolo per l’immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari.

Il Collegio deve innanzitutto esaminare le eccezioni di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sollevate dal Comune resistente con la memoria del 4 marzo 2020, per mancanza di interesse ad agire, in quanto parte ricorrente avrebbe impugnato una mera presa d’atto e quindi un atto endoprocedimentale, nonché per la mancata impugnazione dell’ordinanza di demolizione.

Le eccezioni sono infondate.

In riferimento al primo profilo occorre evidenziare che, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune resistente e a quanto rappresentato nella determinazione n. 7 del 23 ottobre 2019, il provvedimento impugnato prot. n. 12041 del 13 agosto 2019 non costituisce una mera presa d’atto e quindi un atto endoprocedimentale, ma, come si evince dallo stesso provvedimento oggetto di impugnazione, prodotto dal Comune resistente in data 20 marzo 2020 il provvedimento è di “Dichiarazione di avvenuta acquisizione al patrimonio comunale di opera edilizia abusiva” e, in quanto tale, è lesivo per i ricorrenti ed immediatamente impugnabile.

Quanto alla eccepita inammissibilità per la mancata impugnazione dell’ordinanza di demolizione, anche tale eccezione è infondata in quanto per costante giurisprudenza, sulla base della disposizione dell'art. 44 della L. n. 47 del 1985 richiamata dall’art. 39 della L. n. 724 del 1994 e dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003 (applicabile al caso di specie), a seguito della presentazione della domanda di condono, il procedimento repressivo edilizio subisce un arresto, sorgendo l'obbligo del Comune di esaminare tale domanda prima di ogni altro provvedimento repressivo in materia edilizia, con la conseguenza della perdita di efficacia dell'eventuale provvedimento di demolizione già adottato (e della improcedibilità delle eventuali impugnazioni ad esso rivolte per sopravvenuta carenza di interesse), dovendo essere adottato un nuovo provvedimento di demolizione successivamente all'esame negativo della domanda di condono (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 28 maggio 2020, n. 2048).

Nel merito il ricorso per motivi aggiunti è fondato e va, pertanto, accolto.

Colgono nel segno le censure con le quali i ricorrenti lamentano che, a seguito del diniego della sanatoria, impugnato con il ricorso introduttivo, prima di procedere alla eventuale acquisizione il Comune avrebbe dovuto dapprima ordinare la demolizione delle opere abusive, assegnando loro un nuovo termine per adempiere alla demolizione, e solamente allo spirare del nuovo termine il Comune avrebbe quindi potuto accertare la situazione di fatto, ed in caso di inottemperanza procedere con l’acquisizione, previo verbale di accertamento dell’inottemperanza.

Ed invero, come già in parte rappresentato in sede di rigetto dell’eccezione di inammissibilità sollevata dall’ente locale resistente, per costante giurisprudenza, sulla base della disposizione dell'art. 44 della L. n. 47 del 1985 richiamata dall’art. 39 della L. n. 724 del 1994 e dall’art. 32 del D.L. n. 269 del 2003, convertito nella L. n. 326 del 2003 (applicabile al caso di specie), a seguito della presentazione della domanda di condono il procedimento repressivo edilizio subisce un arresto, sorgendo l'obbligo del Comune di esaminare tale domanda prima di ogni altro provvedimento repressivo in materia edilizia, con la conseguenza della perdita di efficacia dell'eventuale provvedimento di demolizione già adottato (e della improcedibilità delle eventuali impugnazioni ad esso rivolte per sopravvenuta carenza di interesse) dovendo essere adottato un nuovo provvedimento di demolizione successivamente all'esame negativo della domanda di condono. La sopravvenuta formazione di un nuovo provvedimento di rigetto del condono comporta, infatti, il dovere per l'Amministrazione comunale di emettere una nuova ordinanza di demolizione, con fissazione di nuovi termini per ottemperarvi (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 28 maggio 2020, n. 2048 cit., Cons. Stato Sez. II, 23 maggio 2019, n. 3364, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 maggio 2018, n. 2623).

Passando ad esaminare il caso di specie alla luce della sopra richiamata giurisprudenza, deve evidenziarsi che, come rappresentato dai ricorrenti, parte resistente a seguito del diniego del condono del 13 dicembre 2017 ha posto a fondamento del provvedimento di acquisizione prot. n. 12041 del 13 agosto 2019 le ordinanze di demolizione n. 32 del 30 aprile 2004 e n. 73 del 29 settembre 2004, nonchè il verbale di accertamento dell’inottemperanza del 19 ottobre 2017 (antecedente alla definizione della domanda di condono) e, pertanto, il suddetto provvedimento di acquisizione deve ritenersi illegittimamente adottato.

Al riguardo occorre precisare che, dalla lettura delle citate ordinanze di demolizione emerge che il manufatto della domanda di condono presentata ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003 da D F R in data 30 marzo 2004, assunta al protocollo comunale n. 3425, per l’ “ Installazione di un prefabbricato destinato ad un uso stabile e duraturo anche se smontabile ”, avente la destinazione d'uso Deposito ” (così risulta descritto l’illecito edilizio da condonare nella suddetta istanza), coincide con quello oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 32 del 30 aprile 2004 e, pertanto, le suddette conclusioni devono ritenersi riferite unicamente a tale manufatto, considerato che il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale concerne anche ulteriori manufatti riferiti all’altra ordinanza di demolizione, n. 73 del 29 settembre 2004, che, pertanto, devono ritenersi non oggetto del presente giudizio. Di conseguenza il provvedimento di acquisizione impugnato con il ricorso per motivi aggiunti deve ritenersi illegittimo in parte qua e cioè solo in riferimento alle opere oggetto di condono.

Ed invero il principio secondo il quale la presentazione della richiesta di sanatoria fa sorgere l'obbligo per il Comune di esaminarla, con conseguente necessità di assumere un nuovo provvedimento favorevole o sfavorevole cosicché l'originario provvedimento repressivo è destinato a perdere efficacia e non può più essere portato ad esecuzione, postula la sostanziale coincidenza tra il manufatto oggetto di demolizione e quello interessato dalla domanda di condono (Consiglio di Stato Sezione VI, 29 agosto 2019, n. 5939).

Conclusivamente alla luce dei suoi esposti motivi, il ricorso per motivi aggiunti va accolto, con l’assorbimento delle ulteriori censure, con conseguente illegittimità il provvedimento di “Dichiarazione di avvenuta acquisizione al patrimonio comunale di opera edilizia abusiva”, prot. n. 12041 del 13 agosto 2019 del Comune di Capodrise, limitatamente a quanto di ragione dei ricorrenti, nei sensi e limiti sopra esposti.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663 e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 maggio 2019, n. 3110). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Quanto alle spese, alla luce del principio di soccombenza reciproca, se ne dispone la compensazione integrale tra le parti.

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