TAR Venezia, sez. III, sentenza 2012-08-21, n. 201201165

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2012-08-21, n. 201201165
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201201165
Data del deposito : 21 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01771/2011 REG.RIC.

N. 01165/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01771/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1771 del 2011, proposto da:
Associazione Veneziana Albergatori (A.V.A.), Antico Panada Srl, Locanda del Ghetto Sas di C C &
C. e Gardena Hotels Spa, rappresentati e difesi dall'avv. A B, con domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, Piazzale Roma, 464;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti G G, N O e F T, domiciliata in Venezia, S. Marco, 4091;

per l'annullamento

- della deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Venezia 23 – 24 giugno 2011, n. 83, pubblicata all’albo pretorio dall’1 al 16 luglio 2011 di istituzione dell’imposta di soggiorno;

- nonché, per quanto occorra, in parte qua e nei limiti di interesse dei ricorrenti delle deliberazioni di Giunta municipale 24 giungo 2011, n. 306 e 28 luglio 2011, n. 358, rispettivamente di approvazione delle aliquote dell’imposta di soggiorno e di inclusione (in via di interpretazione autentica) nelle strutture ricettive extra alberghiere delle unità abitative ammobiliate non classificate;

- nonché, per quant’occorra, della deliberazione del Consiglio comunale 26 luglio 2011 di approvazione del bilancio nella parte in cui vengono confermate l’istituzione dell’imposta di soggiorno e le correlative aliquote e la disciplina regolamentare;

- del regolamento dell’imposta di soggiorno approvato come allegato delle deliberazione 23 – 24 giugno 2011, n. 83, di cui forma pare integrante e sostanziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2012 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori A. Bianchini per la parte ricorrente e N. Ongaro per il Comune di Venezia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’art. 4 del Dlgs. 14 marzo 2011, n. 23, ha previsto che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni e i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possano istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio.

Il Comune di Venezia con deliberazione consiliare n. 83 del 23 - 24 giugno 2011, ha approvato l’istituzione dell’imposta.

Con il ricorso in epigrafe l’Associazione Veneziana Albergatori (AVA), Panada Srl, Locanda del Ghetto Sas di C C &
C e Gardena Hotels Spa, che gestiscono delle strutture ricettive nel centro storico del Comune di Venezia, impugnano la predetta deliberazione consiliare che ha istituito l’imposta, unitamente alle deliberazioni della Giunta comunale n. 306 del 24 giugno 2011, e n. 358 del 28 luglio 2011, con le quali sono state approvate le aliquote dell’imposta ed incluse, ai fini dell’imposta, nella categoria delle strutture ricettive extra alberghiere anche le unità abitative ammobiliate non classificate, alla deliberazione consiliare del 26 luglio 2011 di approvazione del bilancio nella parte in cui vengono confermate l’istituzione dell’imposta e le correlative aliquote e la disciplina regolamentare, nonché il regolamento allegato alla deliberazione consiliare n. 83 del 23 - 24 giugno 2011.

Avverso tali atti sono proposte le seguenti censure:

I) violazione dei principi generali contenuti negli artt. 23, 53 e 119 della Costituzione per la violazione del principio della riserva di legge, violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del Dlgs. 14 marzo 2011, n. 23, degli artt. 52 e 53 del Dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446, degli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600;

II) violazione degli artt. 23 e 53 della Costituzione, dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 4 della legge 14 marzo 2011, n. 23, degli artt. 52 e 53 del Dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e illogicità.

Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia concludendo per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 12 luglio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con le sei diverse censure nelle quali è articolato il primo motivo, i ricorrenti lamentano sotto molteplici e concorrenti profili l’illegittimità del regolamento comunale nella parte in cui ha demandato determinati compiti ai gestori delle attività ricettive qualificandoli come responsabili della riscossione all’art. 3, comma 2, secondo il quale “il soggetto responsabile della riscossione è il gestore della struttura ricettiva presso la quale sono ospitati coloro che sono tenuti al pagamento dell’imposta”.

In sostanza contestano a vario titolo che tale previsione viola il principio della riserva di legge prevista dagli artt. 23 e 53 della Costituzione perché non è possibile per un regolamento, in assenza di una previsione di legge, addossare ad un soggetto una responsabilità per un’imposta, individuandolo come obbligato ad una prestazione patrimoniale, come si evince dall’art. 52 del Dlgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che esplicitamente sottrae alla potestà regolamentare dei Comuni l’individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell’aliquota massima dei singoli tributi.

2. Più in dettaglio con la prima e la seconda censura lamentano l’illegittimità dell’art. 3 perché un obbligo come quello appena tratteggiato non può fondarsi su un’imposizione unilaterale e presuppone quantomeno il consenso dei gestori, e l’attribuzione del ruolo di concessionario esattore ad un privato presuppone l’espletamento di una gara tra quanti siano iscritti nell’apposito albo istituito presso il Ministero delle Finanze, ed è inoltre illogico affidare ai gestori delle attività ricettive, compiti complessi quali l’individuazione dei soggetti tenuti al pagamento dell’imposta, tenuto conto che vi sono nove tipologie di esenzioni che implicano lo svolgimento di attività di verifica ed accertamento.

Con la terza censura lamentano la mancata comunicazione di avvio del procedimento, che avrebbe dovuto essere effettuata individualmente a ciascun gestore.

Con la quarta lamentano l’illegittimità dell’utilizzo dell’espressione “responsabile della riscossione” richiamandosi alla figura del “sostituto d’imposta” o quantomeno del “responsabile d’imposta” di cui all’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, che individuano quanti sono tenuti al pagamento dell’imposta in luogo di altri o insieme ad altri.

Con la quinta contestano che tale forma di corresponsabilità nel pagamento dell’imposta determina un’insanabile contraddizione tra la qualifica di responsabile degli obblighi tributari e di agente della riscossione, e con la sesta evidenziano che tale formulazione rende incerta ed indeterminata l’esatta individuazione degli obblighi che gravano sui gestori e conseguentemente le responsabilità che sugli stessi incombono in caso di mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente della struttura.

Con il secondo motivo lamentano invece l’illegittimità degli artt. 3, 4, 5, 6, 8, 9 e 10 del regolamento nella parte in cui addossano ai gestori delle strutture adempimenti conseguenti all’illegittima qualifica di soggetti passivi dell’imposta, sostituti di imposta, coobbligati al pagamento o di agenti di riscossione per conto del Comune, e delle sanzioni per l’ipotesi del mancato adempimento a tali obblighi.

3. Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate e devono essere respinte, salvo per la parte in cui lamentano l’illegittimo utilizzo dell’espressione “responsabile degli obblighi tributari” nella rubrica dell’articolo 3, e definiscono al comma 2 del medesimo articolo come “responsabile della riscossione” il gestore della struttura ricettiva.

3.1 L’art. 3, comma 1, del regolamento, dispone correttamente che “soggetto passivo dell’imposta è il soggetto che pernotta nelle strutture ricettive”, unico tenuto al pagamento dell’imposta, in coerenza con quanto prevede l’art. 4, comma 1, del Dlgs. 14 marzo 2011, n. 23, per il quale l’imposta è a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate nel territorio comunale.

Il regolamento, anche nelle restanti parti, non dispone in modo puntuale una sorta di responsabilità aggiuntiva e solidale dei gestori delle attività ricettive per il pagamento dell’imposta, e non contiene a livello testuale univoci elementi che giustifichino eventuali richieste nei loro confronti per quanto concerne il versamento dell’imposta di soggiorno, il cui pagamento può essere preteso solo da chi alloggia nelle strutture, eventualmente anche in via coattiva.

Ai gestori sono invece affidati solo adempimenti strumentali alla esazione del tutto distinti dall’obbligazione tributaria per la quale vale la riserva di legge, quali l’obbligo di rendere una dichiarazione periodica del numero di pernottamenti imponibili (cfr. art. 6) di rilasciare quietanza per l’avvenuto pagamento dell’imposta e, confermando che sono solo gli ospiti degli alberghi i soggetti passivi dell’imposta, di versare periodicamente le somme riscosse (e non quelle dovute) al Comune (cfr. art. 7).

Si tratta di adempimenti di carattere complementare, che non risultano illegittimi, ove si consideri che si tratta di attività per le quali non è ravvisabile la sussistenza di una riserva di legge, e che l’art. 4, comma 3, del Dlgs. 14 marzo 2011, n. 23, demanda espressamente ai regolamenti comunali “la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo” che è quanto ha previsto il Comune di Venezia, ponendo a carico dei titolari delle strutture ricettive adempimenti funzionali all’esazione dell’imposta, privi di connotati eccessivamente complessi, alla luce delle semplici modalità di calcolo dell’imposta e alla facile ed immediata identificabilità delle esenzioni e riduzioni d’imposta, non esorbitanti dal complesso di attività che il gestore deve comunque compiere per alloggiare i propri clienti.

Quanto osservato comporta la reiezione delle censure con le quali i ricorrenti lamentano in entrambi i motivi la violazione del principio della riserva di legge prevista dagli artt. 23 e 53 della Costituzione, perché in realtà il regolamento non addossa, in assenza di una previsione di legge, ad un soggetto una responsabilità per un’imposta di altri, né affida ai gestori adempimenti eccessivamente gravosi, mentre l’art. 9 non viola alcuna riserva di legge nel prevedere sanzioni amministrative per le ipotesi in cui siano violati gli adempimenti affidati ai gestori, in quanto queste sono ricomprese entro i limiti previsti dall’art. 7 bis del Dlgs. 18 agosto 1990, n. 267, ed irrogate secondo la procedura della legge 25 novembre 1981, n. 689 (richiamata espressamente dall’art. 9, comma 4), la quale all’art. 11 prevede i criteri per la graduazione della sanzione in concreto applicabile.

Pertanto il regolamento, contrariamente a quanto dedotto, nel suo complesso non crea una responsabilità in capo agli albergatori in ordine al pagamento dell’imposta, che colpisce solo ed esclusivamente i soggetti che soggiornano nelle strutture, e gli importi dovuti ma non corrisposti da questi soggetti possono essere recuperati coattivamente dal Comune esclusivamente nei loro confronti, sulla base delle dichiarazioni dei gestori delle strutture ricettive.

Va inoltre sottolineato che il richiamo che i ricorrenti compiono ai requisiti ed alle procedure di individuazione degli agenti della riscossione in realtà non è pertinente, perché il gestore della struttura ricettiva, a differenza dell’agente della riscossione, non riscuote per un interesse proprio connesso ad un possibile guadagno ricavabile dall’attività di riscossione.

Parimenti infondata è la censura di violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in quanto l’art. 13 della medesima legge esclude la necessità di acquisire l’apporto procedimentale degli interessati in caso di atti normativi o a contenuto generale.

4. Sono invece fondate la quarta e la sesta censura proposta nell’ambito del primo motivo, con le quali i ricorrenti lamentano l’illegittimità dell’utilizzo delle espressioni “responsabile degli obblighi tributari” e di “responsabile della riscossione” perché si richiamano alla figura del “sostituto d’imposta” o del “responsabile d’imposta” di cui all’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, che individuano quanti sono tenuti al pagamento dell’imposta in luogo di altri o insieme ad altri, e lamentano altresì che tale formulazione rende incerta ed indeterminata l’esatta individuazione degli obblighi che gravano sui gestori e conseguentemente le responsabilità che sugli stessi incombono in caso di mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente della struttura.

Da quanto sopra esposto, risulta infatti che l’utilizzo di queste espressioni è distonico rispetto al contenuto normativo del regolamento e contrasta con l’art. 4 del Dlgs. 14 marzo 2011, n. 23, per il quale unico soggetto passivo dell’imposta è il soggetto che pernotta nelle strutture ricettive.

Va quindi confermato quanto già statuito dalla Sezione relativamente all’analogo regolamento del Comune di Padova con la sentenza 10 maggio 2012, n. 653 (cfr. il paragrafo 8), rispetto alla quale non emergono elementi per discostarsene.

Infatti, premesso che gli obblighi posti a carico dei gestori delle strutture ricettive non comportano assunzione dell’obbligo di pagamento in proprio dell’obbligazione tributaria, che l’obbligo di versamento dell’imposta cui è tenuto il gestore della struttura ricettiva sussiste nel solo caso in cui le somme gli siano corrisposte da parte dell’ospite alloggiato, che il gestore della struttura non assume dunque il ruolo di sostituto o di responsabile d’imposta ai sensi dell’art. 64 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, effettivamente, come dedotto dai ricorrenti, l’utilizzo delle espressioni “responsabile degli obblighi tributari” e di “responsabile della riscossione” è foriero di incertezze, e quindi illegittimo, perché evoca le fattispecie normative nelle quali un soggetto è chiamato in luogo di altri o insieme ad altri al pagamento di un’imposta.

Dalla parziale fondatezza delle censure consegue che deve essere annullato parzialmente l’art. 3 del regolamento impugnato e precisamente:

- la rubrica “soggetto passivo e soggetto responsabile degli obblighi tributari” limitatamente all’espressione “soggetto responsabile degli obblighi tributari”;

- il comma 2 che definisce illegittimamente “soggetto responsabile della riscossione” il gestore della struttura ricettiva.

Le restanti doglianze devono invece essere respinte e deve essere dichiarata, in relazione alle censure proposte, la legittimità degli atti impugnati e delle restanti parti del regolamento.

La reciproca soccombenza e la novità delle questioni oggetto della controversia giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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