TAR Salerno, sez. III, sentenza 2024-06-04, n. 202401200

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. III, sentenza 2024-06-04, n. 202401200
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202401200
Data del deposito : 4 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/06/2024

N. 01200/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00904/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 904 del 2022, proposto da
-OISSIS--OISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati S F, -OISSIS-Leone, C C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento,

- del diritto alla riliquidazione della propria indennità di buonuscita con riconoscimento dei sei scatti ex art 6-bis del Decreto Legge 21 settembre 1987, n. 387;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione dell’I.N.P.S.;

Visti tutti gli atti della causa;

Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2024 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


CONSIDERATO che l’amministrazione, con memoria del 22 gennaio 2024, ha evidenziato che il beneficio de quo era già stato riconosciuto al ricorrente all’atto della determina del TFS: “Diversamente da quanto affermato in ricorso, l’INPS ha regolarmente tenuto conto, tra le voci che compongono il trattamento stipendiale utile per il calcolo del TFS, del beneficio dei sei scatti ex art.6 bis D.L.n.387/87. Tale circostanza è affermata nella relazione amministrativa redatta dal funzionario

INPS

Dr. Agnese D’Orazio, nella quale si evidenzia che il ricorrente è cessato dal servizio per limiti di età (60 anni) in data 28.06.2020, per cui non si è mai posta, né si pone, nessuna problematica circa la spettanza del beneficio, che è controversa solo nei casi in cui la cessazione dal servizio avviene a domanda”
, chiedendo la condanna alle spese del giudizio.

RILEVATO che, con atto di rinuncia del 31 maggio 2024, in pari data notificato all’I.N.P.S., l’avvocato di parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso.

RITENUTO, in relazione a quanto sopra, di dover dichiarare l’estinzione del giudizio per rinuncia.

Non può non rimarcarsi, infine, che la parte ricorrente ha presentato la dichiarazione di rinuncia al ricorso soltanto dopo la costituzione dell’I.N.P.S. con la quale è stato evidenziato che il beneficio dei cd. “ sei scatti ” era stato applicato già in sede di determinazione del TFS e, quindi, ben prima della proposizione del presente ricorso. La circostanza emerge chiaramente dalla PEC inviata dall’INPS in data 23 giugno 2022 (versata in atti), nella quale si comunicava che “ facendo seguito alla sua istanza del 14.4.2022, si comunica che al sig. -OISSIS--OISSIS-, nt 28.6.1960, cessato dal servizio per limiti di età dal 28.6.2020, il beneficio dei 6 scatti oggetto della richiesta è stato regolarmente attribuito tra le voci che compongono il trattamento stipendiale utile per il calcolo della prestazione”.

Per tali motivi il Collegio ritiene che l’imputazione delle spese del giudizio debba essere posta a carico del ricorrente, nella misura in dispositivo indicata, equitativamente determinata. Difatti, il principio generale fondato sulla previsione dell’art. 26 del c.p.a. (che richiama gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 c.p.c.), è quello secondo cui la parte soccombente va condannata al pagamento delle spese processuali in favore della parte risultata vittoriosa. Esso, a mente dell’art. 92 c.p.c. può essere derogato con la diversa regola della compensazione, la cui applicazione, però, ha nel tempo visto via via erosi i margini di discrezionalità spettanti al giudice. Segnatamente, a seguito della modifica introdotta dall'art. 13, comma 1, del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, le spese possono essere compensate nei soli casi di “ soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ”. È pur vero che tale disposizione è stata dichiarata incostituzionale (sentenza n. 77 del 19 aprile 2018) nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, ma, cionondimeno, il Consiglio di Stato, nella recente sentenza n. 9218 del 2023 ha precisato che una deroga al principio generale può trovare spazio solo entro gli stretti margini di ulteriori fattispecie contraddistinte dai predicati della “ gravità ” e della “ eccezionalità ”.

Ne risulta confermato l’orientamento ormai consolidato di cui si dà conto nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 10 novembre 2022, n. 9879, in cui si legge che “il giudice di primo grado esercita ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese di lite, sia ai fini della condanna, sia ai fini della compensazione, con il solo limite dell’abnormità o della manifesta ingiustizia” (cfr. T.A.R. Bologna, I Sezione, 4 aprile 2024, n. 243).

Conclusivamente, va dato atto della rinuncia al ricorso, ponendosi le spese del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, e il contributo unificato a carico della parte ricorrente.

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