TAR Potenza, sez. I, sentenza 2019-07-18, n. 201900655
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Pubblicato il 18/07/2019
N. 00655/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00229/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 229 del 2019, proposto da
- L L, A M, V B, rappresentati e difesi dall'avv. G B, con domicilio digitale come da p.e.c. da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G P, in Potenza, al corso Garibaldi n. 32;
contro
- Regione Basilicata, non costituita in giudizio;
nei confronti
- M P, rappresentato e difeso in giudizio dagli avvocati M L, P C, Patrizio Ivo D'Andrea, D G, con domicilio digitale come da p.e.c. da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Potenza, alla via Mazzini n. 23/A;
- Roberto Cifarelli non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- in parte qua , dell'atto di proclamazione degli eletti, adottato dal Presidente dell'Ufficio centrale regionale in data 16 aprile 2019, alle cariche di Presidente della Giunta regionale e di Consigliere regionale del Consiglio regionale della Basilicata e degli atti presupposti;
- ove occorra e nel limite dell’interesse, dell’atto di convocazione dei delegati di lista del 15 aprile 2019;
- ove occorre e nel limite dell’interesse, del presupposto verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale regionale, mod. n. 283/AR, chiuso il 13 aprile 2019;
- ove occorra e nel limite dell’interesse, della deliberazione del Consiglio regionale della Basilicata n. 1 del 6 maggio 2019
- di ogni altro atto e provvedimento connesso, presupposto e conseguente, ostativo all’accoglimento del ricorso;
- e per la conseguente correzione del risultato elettorale con proclamazione del candidato A M a componente del Consiglio della Regione Basilicata.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di M P;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del giorno 17 luglio 2019, il Primo Referendario avv. B N e uditi per le parti i difensori presenti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con atto depositato il 14 maggio 2019, L L e V B, nella qualità di elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune di Potenza, e A M, quale candidato alla carica di componente del Consiglio regionale della Basilicata nelle elezioni regionali del 24 marzo 2019, nella lista circoscrizionale di Potenza denominata “Progressisti per la Basilicata” e di elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Potenza, sono insorti avverso gli atti in epigrafe, nelle parti in cui hanno determinato, all’esito delle elezioni regionali del 24 marzo 2019, l’elezione del candidato della lista circoscrizionale di Potenza denominata “Comunità democratiche partito democratico” M P, anziché quella dello stesso A M.
1.1. In diritto, parte ricorrente ha dedotto i motivi di seguito rubricati:
I. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 12, 13, 14, 17 e 20 della legge della Regione Basilicata n. 20/2018. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 48 e 97 Cost. Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche. In particolare: travisamento, irragionevolezza, istruttoria carente e/o insufficiente, sviamento;
II. Illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 5, lett. c ), della legge della Regione Basilicata 20 agosto 2018, n. 2018. Violazione degli artt. 1, 3 e 48 Cost..
2. Il controinteressato M P, costituitosi in giudizio, ha concluso per il rigetto del ricorso.
3. Alla pubblica udienza del 17 luglio 2019 i procuratori delle parti hanno precisato le rispettive posizioni e il giudizio è passato in decisione.
4. Il ricorso è infondato, alla stregua della motivazione che segue.
4.1. I deducenti hanno in primo luogo contestato l’interpretazione e l’applicazione della legge regionale 20 agosto 2018, n. 20, recante il “Sistema di elezione del Presidente della Giunta e dei Consiglieri regionali”, da parte dell’Ufficio centrale regionale e del suo Presidente, e segnatamente dell’art. 20, co. 5, lett. c ). Si è infatti sostenuto che l’esegesi di tale ultima disposizione sarebbe: «errata, posto che la stessa si è soffermata, esclusivamente, su un dato “sequenziale” (derivante dall’assegnazione alla lista circoscrizionale di Potenza “Progressisti per la Basilicata” dell’ultimo seggio spettante alla coalizione di c.d. “centro-sinistra” in applicazione della lett. b comma 5 art. 20), senza considerare, invece, l’assegnazione dei seggi disposta, secondo una graduatoria in ordine decrescente dei quozienti, a favore di ciascun gruppo della stessa coalizione sulla base della cifra elettorale regionale, in applicazione dell’art. 20, comma 3, lett. i ), della l.r. n. 20/2018». Parte ricorrente ha inteso così propugnare una lettura del quadro disciplinare di riferimento imperniata sul dato costituito dal computo su base regionale dei voti riportati dai candidati alla carica di Presidente della Giunta regionale, da cui, in tesi, dovrebbe derivare, per “un cogente principio di simmetria” che anche l’individuazione della lista alla quale imputare il seggio destinato al candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che sia risultato primo dei non eletti andrebbe svolta tenendo conto della cifra elettorale regionale di ciascun gruppo di liste circoscrizionali collegate al secondo graduato. In tale prospettiva, troverebbe applicazione quanto previsto dell’art. 20, co. 3, lett. i ) della l.r. n. 20 del 2018.
4.1.1. La censura, ancorché abilmente sviluppata ed esposta, non coglie nel segno.
In senso contrario, va osservato come il dato testuale delle disposizioni applicabili nel caso di specie determini un approdo di segno differente. In effetti, l’art. 20, co. 5, lett. c ) è netto nel disporre che il seggio di cui si discorre vada individuando tramite riserva dell'ultimo «dei seggi spettanti alle liste circoscrizionali collegate in applicazione della lettera b )», ovverosia la cifra elettorale residuale percentuale di ciascuna lista circoscrizionale. Sul punto, occorre rammentare che l’attività di attribuzione di un significato alle norme da applicare va condotta secondo i criteri fissati dall’art. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile, c.d. “preleggi”, secondo cui nell’applicazione della legge non si può a essa attribuire altro senso se non quello fatto palese «dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse», ovverosia dall’interpretazione letterale, e dalla «intenzione del legislatore», ossia dall’interpretazione teleologica. Come evidenziato da autorevole dottrina, la legge va dunque interpretata alla lettera, senza possibilità per l’interprete di attribuirle liberamente un senso, riflettendo tale criterio ermeneutico il principio della statualità del diritto. Anche il criterio di interpretazione teleologica tende a questo risultato, in quanto le parole costituiscono il mezzo mediante il quale si esprime “l’intenzione del legislatore”, e come tale vanno interpretate, risultando così preclusa una lettura che attribuisca alla norma un senso diverso da quello che, dal contesto della legge, risulta corrispondere alla finalità che la norma si propone, tradizionalmente definita anche come “ ratio legis ”, ragione giustificatrice della norma. Peraltro, in giurisprudenza è costante il rilievo del primato dell’interpretazione letterale, potendosi dare spazio all’interpretazione secondo la ratio legis solo eccezionalmente, quando la lettera della norma sia ambigua ( ex multis , Cass. civ., 26 febbraio 1983, n. 1482), il che non può certamente essere sostenuto nel caso di specie.
Invero, l’articolata procedura disegnata dal legislatore regionale prevede in sintesi che L’Ufficio centrale regionale: a) attribuisca a ogni lista circoscrizionale il numero di seggi a quoziente intero;b) moltiplichi per cento i resti di ciascuna lista circoscrizionale e li divida per il totale dei voti validi espressi a favore delle liste nella rispettiva circoscrizione, ricavando, all’esito, la cifra elettorale residuale percentuale di ciascuna lista circoscrizionale;c) rediga quindi una graduatoria regionale delle cifre elettorali residuali percentuali;d) escuta detta graduatoria regionale al fine di assegnare i seggi residui, tenendo conto, da un lato, del numero di seggi per ciascuna circoscrizione provinciale e, dall’altro, del complessivo numero di seggi spettante a ciascuna coalizione e a ciascuna lista;e) attribuisca al primo dei non eletti alla carica di Presidente della Giunta regionale l’ultimo seggio assegnato alla sua coalizione, secondo le risultanze della graduatoria di cui innanzi. Dagli atti di causa emerge, appunto, che tanto è puntualmente accaduto nel caso di specie.
4.1.2. Fermo quanto innanzi, di per sé dirimente, ritiene il Collegio di dover precisare che a speculare approdo si perviene anche prendendo l’abbrivo da un approccio improntato al criterio della ratio legis .
Invero, l’art. 1 della ripetuta legge regionale n. 20 del 2018 esprime testualmente l’intento del legislatore di conformarsi, nella definizione del sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei Consiglieri regionali alle relative previsioni dello statuto regionale. Statuto regionale che, va evidenziato, in parallelo con quanto accade a livello nazionale per la Costituzione della Repubblica, ha quale oggetto l’ordinamento dell’ente, considerato nella sua globalità, ed esprime i principi fondamentali circa la forma di governo, l’organizzazione e il funzionamento, ai quali l’ordinamento medesimo deve ispirarsi.
L’art. 25 di tale statuto, disciplinante la composizione del Consiglio regionale, reca al co.2 i criteri direttivi cui deve ispirarsi il sistema elettorale, tra cui, appunto, la rappresentanza dei territori.
In coerenza, la legge elettorale regionale si innerva sul concetto di rappresentanza dei territori, valorizzandolo in più parti, puntualmente individuate dalla difesa dell’odierno controinteressato.
In dettaglio, ed è elemento saliente, l’art. 2, co. 3, della legge regionale determina la composizione del Consiglio regionale, proprio in dichiarata applicazione dell’art. 25 dello statuto, prevedendo che i venti Consiglieri siano «eletti sulla base di liste circoscrizionali concorrenti».
L’art. 3, co. 1, della stessa legge regionale dispone poi che il voto per l’elezione dei Consiglieri regionali vada attribuito a «liste di candidati concorrenti su base circoscrizionale».
Lo stesso articolo, al co. 2, precisa che l'assegnazione dei seggi alle liste concorrenti su base circoscrizionale vada effettuata con criterio proporzionale «mediante riparto nelle singole circoscrizioni e recupero dei voti residui nel collegio unico regionale».
Ancora, l’art. 4 della stessa legge prescrive, tra l’altro, che «il territorio della Regione è ripartito in due circoscrizioni elettorali coincidenti con il territorio delle province di Matera e di Potenza», e che la «ripartizione dei venti seggi tra le circoscrizioni elettorali avviene in misura proporzionale alla popolazione residente, quale risulti dai dati ufficiali dell'ultimo censimento generale nazionale, dividendo il numero complessivo dei cittadini residenti nell'intero territorio regionale per i venti seggi, in base ai quozienti interi e ai più alti resti».
Il complesso delle disposizioni testé richiamate costituisce univoco indice delle finalità perseguite dalla norma, desumendosi dalla legge regionale pianamente l’intendimento del legislatore di privilegiare la rappresentanza delle comunità territoriali, non residuando spazio né per l’interpretazione estensiva né per quella adeguatrice, quanto a quest’ultima anche per le ragioni esposte in prosieguo al paragrafo 4.2.
4.2. Non sussiste la prospettata non conformità a Costituzione dell’art. 20, co. 5, lett. c ), della legge della Regione Basilicata 20 agosto 2018, n. 20, come sostituito dall’art. 9 della legge della Regione Basilicata 3 ottobre 2018, n. 27, per violazione degli artt. 1, 3 e 48 della Legge fondamentale, e ciò dispensa il Collegio della delibazione dell’eccezione di inammissibilità sollevata da parte controinteressata, peraltro fondata in punto di rilevanza, avuto riguardo alla lata discrezionalità riconosciuta in materia al legislatore regionale.
4.2.1. Si è a tal riguardo sostenuto che la disposizione in esame «ove interpretata nel senso fatto proprio dall’Ufficio centrale regionale, confliggerebbe, inesorabilmente, con gli evocati parametri costituzionali», in quanto «i voti a favore dei candidati alla Presidenza della Giunta regionale vengono espressi e computati su base regionale: è, allora, evidente, e coerente con tale dato, che la “sottrazione” ad una lista (tra quelle a sostegno del candidato alla Presidenza secondo graduato) del seggio da riservare a quest’ultimo deve avvenire, nel rispetto di un cogente principio di simmetria, tenendo conto della cifra elettorale regionale di ciascun gruppo di liste circoscrizionali collegate al candidato alla Presidenza secondo graduato».
A ben vedere, tuttavia, la chiave di lettura propugnata da parte ricorrente risulta trascurare il fatto che si controverte pur sempre di uno dei venti seggi di Consigliere regionale, per ciascuno dei quali non possono che valere uniformi regole di attribuzione. In altri termini, proprio una logica di simmetria e uniformità depone nel senso che ciascuno dei venti posti sia assegnato su base circoscrizionale, mentre il seggio attribuito al Presidente della Giunta regionale è aggiuntivo rispetto agli altri venti, e il computo su base regionale si ispira all’esigenza di rappresentanza unitaria dell’intera comunità regionale. Anche da tale angolazione, quindi, non pare condivisibile porre a confronto, per sostenerne la necessità di coerenza, posti in Consiglio attribuiti secondo meccanismi selettivi differenti e per scopi diversi.
Ancora, la scelta dell’attribuzione dei seggi di Consigliere regionale in base al parametro costituito dalla “cifra elettorale circoscrizionale” appare coerente con altre disposizioni rinvenibili nel sistema ordinamentale, segnatamente l’art. 5 della l. cost. 22 novembre 1999, n. 1, rubricato “disposizioni transitorie” che, nello stabilire la disciplina transitoria nelle more dell’approvazione dei nuovi statuti regionali previsti dall’intervento riformatore del Titolo V della Costituzione, ha previsto l’elezione quale Consigliere «del candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente», dovendosi a tal fine riservare proprio «l'ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere, nell'ipotesi prevista al numero 3) del tredicesimo comma dell'articolo 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, introdotto dal comma 2 dell'articolo 3 della legge 23 febbraio 1995, n. 43;o, altrimenti, il seggio attribuito con il resto o con la cifra elettorale minore, tra quelli delle stesse liste, in sede di collegio unico regionale per la ripartizione dei seggi circoscrizionali residui». In effetti, sebbene tale disposizione non sia pianamente applicabile nella presente questione, essa costituisce sicuro indice ermeneutico di tenuta della scelta del legislatore regionale coi principi costituzionali di riferimento.
4.2.2. Si è poi affermato che la disposizione regionale avversata colliderebbe col «principio proporzionale immanente alla l.r. n. 20/2018, che impone, evidentemente, una distribuzione/assegnazione dei seggi coerente con i voti effettivamente conseguiti da ciascun gruppo di liste» e «del principio di ragionevolezza, risultando lesiva dello stesso la scelta dell’Ufficio centrale regionale di assegnare il seggio spettante al candidato Presidente giunto secondo, individuato in base agli esiti di voto su scala regionale non in base al medesimo parametro (con relativa valorizzazione della cifra elettorale regionale di ciascun gruppo di liste), bensì attraverso l’individuazione, su base circoscrizionale, dell’ultima (in senso meramente sequenziale) lista della coalizione di centro-sinistra».
Ritiene al contrario il Collegio che la scelta del legislatore regionale, avuto riguardo al temperamento statutario costituito dall’esigenza della rappresentanza dei territori, si appalesa conforme alla volontà popolare, avendo la lista dei ricorrenti, nella circoscrizione di Potenza, conseguito 7540 voti validi a fronte dei 13.567 della lista di cui è espressione il controinteressato. E simile è il risultato se si tiene conto della “cifra elettorale residuale percentuale” determinata in attuazione della legge n. 20 del 2018, in quanto tale valore, come esattamente osservato dalla difesa del controinteressato «la misura dello scostamento dal quoziente intero che avrebbe determinato l’assegnazione diretta del seggio, sicché una cifra più alta è una cifra più prossima a tale quoziente, che - ovviamente - legittima l’attribuzione del seggio. La cifra residuale di “Comunità democratiche” è maggiore di quella dei “Progressisti”».
4.2.3. La contestata disposizione regionale va infine esente da mende anche con riguardo al rilievo secondo cui avrebbe determinato l’inaccettabile attribuzione del seggio «alla lista circoscrizionale di Potenza “Progressisti per la Basilicata”, pur avendo il gruppo di liste Progressisti per la Basilicata” ottenuto una quantità di voti “in uscita”, espressi dalla cifra elettorale regionale di 12.795, superiore rispetto a quella (11.190) utile al gruppo “Comunità Democratiche Partito Democratico” per conseguire, sia provvisoriamente, sia definitivamente, il proprio secondo seggio». Per tale versante, infatti, va considerato come l’art. 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, contenenti disposizioni di principio in attuazione dell’art. 122, co. 1, della Costituzione, in tema di legislazione elettorale regionale abbia individuato, tra gli altri, il “principio fondamentale” costituito dalla “individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale”, pur assicurando la rappresentanza delle minoranze. In tal modo, si è legittimata il temperamento del principio della rappresentanza proporzionale con quello delle esigenze di governabilità, sicché va per tale versante ritenuta né irragionevole, né lesiva del principio di rappresentanza la legge regionale in questione laddove ha previsto un premio di maggioranza, che, inevitabilmente comporta significativi scostamenti della proporzionalità del “voto in uscita”, così come va richiamato quanto chiarito in merito dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui «il principio di uguaglianza del voto […], secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, […] “esige che l’esercizio del diritto di elettorato attivo avvenga in condizioni di parità, donde il divieto del voto multiplo o plurimo”, ma non anche che il risultato concreto della manifestazione di volontà dell’elettorato debba necessariamente essere proporzionale al numero dei consensi espressi, dipendendo questo invece dal concreto atteggiarsi delle singole leggi elettorali (sentenze n. 39 del 1973, n. 6, n. 60 e n. 168 del 1963, n. 43 del 1961)» (Corte cost. n. 275 del 2014).
La riduzione del numero di seggi disponibili per le minoranze, in ragione delle esigenze di governabilità, non può non rifluire sulle regole di riparto degli stessi, precludendo una perfetta corrispondenza tra voti espressi e seggi attribuiti. Peraltro, è dato di comune esperienza che il l’attribuzione dei seggi risenta dell’effetto di ulteriori fattori, quali il numero di liste partecipanti o la dimensione delle circoscrizioni, idonei a precludere una perfetta corrispondenza tra voto popolare e conseguimento dei seggi. Del resto, il risultato elettorale, nell’ottica della rappresentanza dei territori, ha comunque premiato la lista circoscrizionale che ha ottenuto la cifra elettorale residuale percentuale maggiore.
5. Dalle considerazioni che precedono discende il rigetto del ricorso.
6. Sussistono giusti motivi, in ragione della novità e delle peculiarità della questione, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.