TAR Venezia, sez. I, sentenza 2020-12-07, n. 202001182

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2020-12-07, n. 202001182
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202001182
Data del deposito : 7 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2020

N. 01182/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00228/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 228 del 2020, proposto da
AcegasApsAmga s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati F I, B G M, F S, A P C e V V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F B, T M e C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Venezia, Fondamenta S. Lucia - Cannaregio 23;

nei confronti

Acquevenete s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Riccardo Farnetani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Firenze via dei Conti 3;
Veneto Acque s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Emilio Caucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi V.E.R.I.T.A.S. s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Pellicani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Venezia-Mestre, via Bembo, 40;
Energia Territorio Risorse Ambientali - Etra S.p.A., Consiglio di Bacino Bacchiglione non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta della Regione Veneto n. 1946/DGR del 23 dicembre 2019 pubblicata sul BUR n. 4 del 7 gennaio 2020 e comunicata ad AcegasApsAmga s.p.a. in data 23 gennaio 2020, di approvazione dell’atto di aggiornamento della convenzione del 12 settembre 1990 tra la Regione del Veneto e la società Veneto Acque s.p.a., per l’affidamento della concessione relativa alla progettazione e realizzazione di un programma di interventi concernenti opere di produzione e distribuzione primaria di acqua potabile costituenti il Modello Strutturale degli Acquedotti del Veneto (MOSAV), di cui fa parte lo Schema Acquedottistico del Veneto Centrale (SAVEC) e alla relativa gestione;

- di ogni altro atto connesso, consequenziale e presupposto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto, di Acquevenete s.p.a., di Veneto Acque a.p.a. e di Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi V.E.R.I.T.A.S. s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2020 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società ricorrente AcegasApsAmga s.p.a. (d’ora in poi Acegas), è un soggetto privato gestore del servizio idrico integrato in 12 Comuni (Abano Terme, Arzergrande, Brugine, Codevigo, Cona, Correzzola, Legnaro, Padova, Piove di Sacco, Polverara, Pontelongo e Sant’Angelo di Piove di Sacco) compresi nell’Ambito territoriale ottimale Bacchiglione, composto da 136 Comuni.

Rispetto alla disciplina del servizio idrico integrato Acegas è pertanto un gestore di un sub ambito, definito come “salvaguardato” in quanto, pur essendo un soggetto privato, ha beneficiato in passato di affidamenti senza gara, il suo rapporto non rientra tra quelli cessati ex lege , e ai sensi dell'art. 172, commi 2 e 3, del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, allo scadere delle gestioni che avverrà entro un decennio, dovrà trasferire tutte le opere, i contratti e i rapporti in essere al gestore del servizio idrico integrato al fine di garantire il rispetto del principio di unicità di gestione dell’ambito territoriale ottimale.

La controversia in esame ha ad oggetto la pretesa di Acegas di ottenere, in condizione di parità rispetto agli altri gestori del servizio costituiti da società in house a capitale interamente pubblico, il sub affidamento delle infrastrutture dello Schema acquedottistico del Veneto centrale (Savec), che attraversano i territorio di propria competenza.

2. Il Savec consiste in una grande condotta di interconnessione tra i diversi acquedotti che percorre un’area molto vasta interna alle Provincie di Venezia, Padova, Rovigo e Vicenza, realizzata e gestita in concessione da Veneto Acque s.p.a. (d’ora in poi Veneto Acque), Società in house della Regione Veneto.

Al fine di poter recuperare i costi di realizzazione delle opere del Savec, la Regione con deliberazione della Giunta n. 1946 del 23 dicembre 2019, ha modificato la convezione che disciplina i rapporti con la concessionaria Veneto Acque prevedendo che, alla gestione e all’esercizio delle opere del Savec provvedano, mediante un trasferimento patrimoniale ed un sub affidamento, i gestori del servizio idrico integrato costituiti da Società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento comunitario per la gestione in house , partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale interessato.

3. Con il ricorso in epigrafe tale provvedimento è impugnato con tre motivi.

Con il primo motivo Acegas lamenta la violazione degli articoli 141, 147, 150, 151 153, 154, 157, 149 bis del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, perché la disciplina vigente impone in modo inderogabile il principio di unicità della gestione, in base al quale per ciascun ambito territoriale ottimale vi è il divieto di separazioni di tipo verticale (per tipologie di attività) od orizzontale (tra diversi operatori) della gestione del servizio, ed è obbligatoria la concessione d’uso gratuita al gestore di tutte le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali per tutta la durata della gestione, salvo la loro restituzione al concedente al termine dell’affidamento.

Secondo la ricorrente le opere del Savec devono essere qualificate come un bene strumentale e complementare alle altre infrastrutture del servizio idrico integrato, e come tali devono essere considerate parti integranti e necessarie al sistema acquedottistico dalla stessa gestito.

La ricorrente ritiene pertanto che la deliberazione impugnata debba essere annullata nella parte in cui ha previsto il trasferimento patrimoniale di tali opere solamente in favore delle Società pubbliche in house , perché l’esclusione del trasferimento a proprio favore viola il principio di unicità della gestione dell’ambito territoriale ottimale.

Nel medesimo motivo la ricorrente lamenta altresì l’illegittimità della deliberazione perché viene in tal modo violato il criterio, di carattere territoriale, in base al quale tutte le opere complementari e necessarie all’erogazione del servizio idrico come quelle del Savec, devono essere necessariamente affidate al gestore del servizio idrico integrato nel cui territorio insistono, indipendentemente dalla natura giuridica pubblica o privata del gestore stesso.

In tal senso la ricorrente sottolinea che la demanialità delle opere non osta al loro affidamento in concessione, e non è corretta la motivazione posta a fondamento del mancato trasferimento che si riferisce ad una presunta maggiore efficienza delle Società pubbliche in ragione della loro maggiore adeguatezza (sotto il profilo territoriale e patrimoniale) e della maggiore disponibilità di mezzi e personale. Si tratta infatti di caratteristiche che sono presenti in eguale misura anche in Acegas.

3.1 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 149 bis del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di efficienza ed economicità, perché il citato art. 149 prevede un periodo transitorio in cui è ammessa la prosecuzione ex lege fino alla naturale scadenza delle gestioni ritenute compatibili con la disciplina sopravvenuta, ma a regime ha introdotto limiti stringenti per l’affidamento diretto che viene ora consentito solamente a fronte della contemporanea presenza di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti dell’ in house , e di società partecipate dagli enti locali dell’ambito territoriale ottimale di riferimento.

In realtà neppure gli attuali due gestori pubblici del servizio dell’Ambito Bacchiglione in cui opera la ricorrente, ovvero Acquevenete s.p.a. (d’ora in poi Acquevenete), e Viacqua s.p.a. (d’ora in poi Viacqua), le cui concessioni scadono nel 2036, posseggono tali requisiti dato che, ad esempio, non compare tra le rispettive compagini societarie il Comune di Padova, che è uno dei Comuni presenti nell’Ambito territoriale ottimale.

Non vi sono pertanto motivi per giustificare l’affidamento delle opere del Savec ad Acquevenete e a Viacqua, escludendo Acegas, dato che tutte e tre le Società operano in un sub ambito, in regime transitorio, e non posseggono i requisiti necessari ad un eventuale affidamento diretto del servizio quando diverrà efficace la disciplina a regime.

3.2 Con il terzo motivo, formulato in via subordinata al mancato accoglimento dei primi due motivi, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per difetto di motivazione, l’arbitrarietà, l’illogicità, l’ingiustizia manifesta, nonché la violazione dei principi di efficienza ed economicità perché gli elementi posti come ostativi al trasferimento in suo favore dei beni che compongono il Savec sono inconsistenti.

In primo luogo perché attualmente le forme di gestione dei servizi pubblici non trovano una compiuta e puntuale disciplina nella normativa nazionale e devono ritenersi regolate dalla normativa comunitaria che non pone limiti o condizioni alla possibilità che il servizio venga svolto da un soggetto privato, come è la ricorrente.

In secondo luogo perché tali opere non possono essere qualificate come beni del demanio accidentale, dato che non appartengono direttamente ad enti locali, sono state realizzate da Veneto Acque che ne è l’effettiva titolare (come si evince dalle disposizioni della convenzione che prevedono l’obbligo, al termine della concessione, di restituzione dei beni al concedente e, in caso di riscatto anticipato, la corresponsione dell’indennizzo), e con la deliberazione impugnata vengono cedute a soggetti terzi.

4. Si sono costituiti in giudizio la Regione Veneto e, quali controinteressati, la concessionaria della Regione Veneto Acque, e le società pubbliche che hanno sottoscritto la convenzione ovvero Veneziana energia risorse idriche territorio ambiente servizi - Veritas s.p.a. (d’ora in poi Veritas), e Acquevenete, replicando alle censure proposte e chiedendo la reiezione del ricorso.

4.1 Acquevenete eccepisce anche l’inammissibilità del primo e del secondo motivo, perché la lesività dell’operazione di cui si lamenta la ricorrente era già conosciuta dalla stessa almeno dalla data in cui, nel 2018, era stato sottoscritto il protocollo di intenti dai rispettivi Consigli di bacino. In quella sede era già chiaramente prefigurato il ruolo differenziato dell’odierna ricorrente Acegas rispetto al trasferimento patrimoniale dei beni.

Inoltre, prosegue Acquevenete, la ricorrente non è l’effettiva affidataria della gestione del servizio idrico integrato, ma è titolare di un mero diritto di prosecuzione, fino a scadenza, della vecchia gestione affidata dai Comuni, come consentito, ai sensi dell’art. 113, comma 15 bis, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, solo perché Acegas è una Società quotata in borsa. Ne consegue che la ricorrente non ha alcun titolo per chiedere o conseguire in alcun modo la gestione di attività o di segmenti di servizio ulteriori rispetto a quelli attualmente svolti, e conseguentemente non ha interesse all’impugnazione della deliberazione della Giunta regionale n. 1946 del 23 dicembre 2019.

Infine Acquevenete eccepisce che la deliberazione impugnata non costituisce un atto autonomamente lesivo, in quanto per essere attuata necessita di ulteriori provvedimenti.

4.2 Veneto Acque eccepisce invece l’inammissibilità del primo motivo in quanto la ricorrente, non essendo il gestore unitario dell’ambito territoriale ottimale in cui opera, ma gestore “salvaguardato” che svolge la propria attività su una parte sola dello stesso, non ha interesse a lamentare la violazione del principio di unicità della gestione di un ambito di cui non è l’unica titolare.

Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2020, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle proprie difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Per meglio comprendere i termini della controversia, è opportuno precisare in cosa consiste il Savec.

Nella Regione Veneto si è posto il problema di portare acqua potabile di qualità e a basso costo dalle aree della pedemontana, in cui sono presenti le risorgive, alle popolazioni delle zone regionali svantaggiate nell’approvvigionamento idrico della Bassa Padovana e del Polesine, che altrimenti si approvvigionerebbero dalle acque superficiali di minore qualità dei fiumi interessate da fenomeni di siccità stagionale.

L’atto programmatico denominato “Modello strutturale degli acquedotti del veneto” (Mosav), che persegue la finalità di coordinare le azioni delle Autorità d’ambito, a questo fine ha previsto la realizzazione di un’infrastruttura acquedottistica sovra - ambito rispetto al servizio idrico integrato di livello locale, denominata Schema acquedottistico del Veneto centrale (Savec), consistente in una grande condotta di interconnessione tra i diversi acquedotti che percorre un’area molto vasta interna alle Provincie di Venezia, Padova, Rovigo e Vicenza.

Nel tempo lo scopo dell’infrastruttura si è arricchito della finalità di portare acqua potabile di buona qualità anche alle aree colpite da fenomeni di contaminazione della risorsa idropotabile da sostanze perfluoro alchiliche (PFAS).

2. L’opera, in parte finanziata dalla Banca Europea degli investimenti (Bei), è stata realizzata ed è gestita in concessione da Veneto Acque, Società in house della Regione Veneto, in base alla convenzione del 12 settembre 1990, aggiornata con la deliberazione della Giunta regionale n. 1031 del 23 marzo 2010, la cui scadenza è stata da ultimo fissata nel 2055.

Nei rapporti con i gestori del servizio idrico integrato Veneto Acque opera come un “grossista” che vende l’acqua percependo il pagamento di una tariffa.

3. La disciplina tariffaria del servizio idrico integrato introdotta dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (d’ora in poi Arera), disincentiva i gestori dall’avvalersi della fornitura da “grossisti” e privilegia gli investimenti finalizzati a garantire l’approvvigionamento con infrastrutture autonome. A tale impostazione consegue che viene consentito il recupero dei costi sostenuti per la realizzazione delle infrastrutture nelle tariffe applicate agli utenti finali, solo se le opere rientrano nella titolarità degli enti gestori del servizio idrico integrato, mentre viene esclusa una tale possibilità ove le opere facciano capo, come nel caso in esame, ad un soggetto terzo quale è Veneto Acque.

4. Al fine di poter recuperare i costi di realizzazione delle opere del Savec, la Regione Veneto, Veneto Acque, i Consigli di bacino ed i gestori del servizio idrico integrato, recependo le indicazioni di Arera, hanno individuato un percorso che prevede l’affitto o il trasferimento patrimoniale dell’insieme delle singole infrastrutture e dei correlati diritti del sistema Mosav - Savec da parte di Veneto Acque ai gestori del servizio idrico integrato, dietro corresponsione rateizzata del valore netto contabile delle opere e dei diritti ceduti, mediante il riconoscimento a favore di Veneto Acque del valore residuo contabile delle immobilizzazioni materiali rappresentative delle infrastrutture del SAVEC al netto dei contributi pubblici. L’iscrizione nel patrimonio dei gestori dei singoli compendi trasferiti, consente in tal modo di rendere coerente la restituzione delle rate di prestito alla Bei con la regolazione tariffaria del sistema idrico integrato, attraverso il riconoscimento del costo del capitale impiegato da Veneto Acque nelle tariffe approvate dai rispettivi Consiglio di Bacino.

L’operazione prevede che l’immobilizzazione delle opere sia oggetto di ammortamento fino alla scadenza della convenzione tra il concessionario Veneto Acque e la concedente Regione Veneto, ed il mantenimento della demanialità dell’infrastruttura.

5. Per attuare tale percorso la Regione Veneto con la deliberazione della Giunta n. 1946 del 23 dicembre 2019, oggetto di impugnazione, ha provveduto a modificare la predetta convenzione prevedendo che alla gestione e all’esercizio delle opere del Savec provvedessero, mediante sub affidamento, le Società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento comunitario per la gestione in house , partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale interessato.

6. Il ricorso deve essere respinto.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni in rito sollevate dalle controinteressate, stante l’infondatezza dei motivi proposti.

Con il primo motivo la ricorrente sostiene l’illegittimità della deliberazione della Giunta regionale n. 1946 del 23 dicembre 2019, in primo luogo perché non ha previsto il trasferimento patrimoniale delle opere del Savec in suo favore in violazione delle disposizioni sul servizio idrico integrato che impongono l’unicità di gestione per ciascun ambito territoriale ottimale e prevedono pertanto che i beni e le infrastrutture strumentali alla gestione del servizio siano affidati al gestore. In secondo luogo lamenta che viene in tal modo violato il principio di territorialità in base al quale tutte le predette opere devono essere affidate al gestore del servizio idrico integrato del territorio su cui insistono, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell’affidatario.

6.1 Alla luce dell’ampia motivazione che accompagna la deliberazione impugnata e delle puntuali difese delle controparti, le censure proposte si rivelano infondate, perché si basano sul presupposto erroneo che le opere del Savec costituiscano beni strumentali allo svolgimento del servizio idrico integrato dei singoli ambiti territoriali ottimali.

Infatti, contrariamente a quanto dedotto, le predette opere non possono essere definite come strumentali e necessarie allo svolgimento dell’attività del gestore del servizio idrico integrato perché, come precisato nei paragrafi precedenti, il Savec costituisce una grande infrastruttura sovra ambito rispetto ai singoli ambiti territoriali ottimali.

Si tratta infatti di un’opera realizzata da Veneto Acque che non è né uno dei gestori del servizio idrico integrato, né uno dei soggetti di governo del servizio stesso, ma una Società interamente partecipata dalla Regione, concessionaria della costruzione e della gestione del Savec. La funzione di quest’opera non è quella propria delle reti acquedottistiche affidate ai gestori, direttamente volte a svolgere il servizio in favore degli utenti, ma consiste nell’interconnettere i singoli ambiti con una grande condotta che collega i diversi acquedotti percorrendo un’area molto vasta.

Il principio di unicità della gestione delle infrastrutture necessarie allo svolgimento del servizio idrico integrato, non può pertanto essere fondatamente invocato rispetto ad una infrastruttura che in realtà è del tutto estranea a quelle direttamente riferibili allo svolgimento del servizio nei singoli ambiti territoriali ottimali.

Del pari risulta infondato, per la stessa ragione, anche il richiamo al principio di territorialità secondo cui le predette opere dovrebbero essere necessariamente affidate al gestore del servizio del territorio su cui insistono, in quanto non si tratta delle dotazioni ascrivibili alle infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali che devono essere affidate ai gestori dell’ambito territoriale ottimale ai sensi degli articoli 143 e 153 del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Il primo motivo è pertanto infondato.

7. Con il secondo motivo la ricorrente in sostanza contesta la scelta della Regione di realizzare l’operazione di trasferimento patrimoniale solo in favore dei gestori del servizio idrico integrato che siano società in house partecipate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale interessato, quando non vi sarebbero stati ostacoli a disporre tale trasferimento anche in favore della ricorrente, nonostante sia un soggetto privato.

La doglianza deve essere disattesa.

In primo luogo va osservato che rientra certamente nella discrezionalità dell’Amministrazione decidere le modalità di gestione di un’opera pubblica ammettendo solo soggetti pubblici.

In secondo luogo va rilevato che la deliberazione impugnata, non incidendo in modo pregiudizievole sulla sfera giuridica della ricorrente (che effettivamente non chiarisce quale sia il danno che le viene procurato), non la riguarda direttamente.

Infatti la sfera di attribuzioni e i rapporti giuridici che per il D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, devono necessariamente restare in capo alla ricorrente in quanto soggetto gestore del servizio idrico integrato, non vengono in alcun modo intaccati dalla deliberazione impugnata, che non comporta lo scorporo di una parte del servizio gestito ai fini dell’affidamento ad un altro soggetto, né la sottrazione di beni strumentali alla stessa affidati: la ricorrente potrà quindi continuare a svolgere il servizio con le modalità precedenti, eventualmente approvvigionandosi della risorsa idrica portata dal Savec mediante specifici contratti di fornitura ed adduzione.

Deve pertanto ritenersi che la Regione, non dovendo svolgere una comparazione tra gli interessi pubblici perseguiti ed eventuali interessi privati contrapposti, non fosse tenuta a motivare la propria scelta di operare il trasferimento patrimoniale del Savec solo in favore di soggetti pubblici.

In ogni caso alla luce delle difese della parti controinteressate, emerge la sussistenza di elementi che, anche se non impongono, comunque giustificano la scelta effettuata dalla Regione.

Infatti l’acquisizione dei beni del Savec - opera realizzata con un importo di quasi 100 milioni di euro di contributi pubblici a fondo perduto - al patrimonio dei gestori, comporta la contabilizzazione per l’intero valore dell’immobilizzazione, mentre il corrispettivo che gli stessi devono corrispondere a Veneto Acque è riferibile solo alla parte di valore al netto del contributo pubblico. Ne consegue che può escludersi il rischio che una tale operazione dia luogo ad indebito arricchimento, o ad un aiuto di Stato, solamente se il trasferimento viene effettuato in favore di Enti locali o Società che costituiscono emanazione degli stessi Enti;
la stessa operazione risulterebbe invece di dubbia ammissibilità ove svolta in favore di un privato.

Inoltre l’operazione economica sottostante alla deliberazione impugnata, volta ad ottenere attraverso la cessione onerosa l’ammortamento della spesa sostenuta per la realizzazione dell’opera in tariffa, può trovare un’adeguata compensazione solo ad una distanza di lungo termine, che presuppone una continuità nella gestione del servizio. Una tale continuità può essere assicurata solo dalle società pubbliche, se si considera che attualmente la durata della concessione di cui è titolare Veneto Acque è stata portata fino al 2055, mentre la gestione che in regime di salvaguardia è svolta dalla ricorrente terminerà inesorabilmente entro un decennio.

Inoltre la garanzia richiesta dalla Bei richiede la sicura solvibilità di tutti i soggetti coinvolti, che può essere salvaguardata solamente ove il garante (ovvero la Regione), il concessionario (Veneto Acque, Società in house della Regione) ed i gestori (Società in house degli enti locali) siano compresi entro il perimetro dei soggetti pubblici.

Il secondo motivo è pertanto infondato.

8. Con il terzo motivo la ricorrente contesta l’affermazione, contenuta nella deliberazione impugnata, circa la difficoltà di contemperare la natura demaniale delle opere del Savec con un’eventuale patrimonializzazione delle stesse in favore di un privato, sostenendo che in realtà non si tratterebbe di beni demaniali perché sono oggetto di trasferimento in favore dei gestori.

L’assunto non è condivisibile.

La circostanza che tali beni siano oggetto di un trasferimento patrimoniale non prova che si tratti di beni non appartenenti al demanio accidentale. E’ infatti ammesso che i singoli gestori del servizio idrico integrato si dichiarino titolari delle infrastrutture idriche demaniali al fine di consentire operazioni contabili, come gli ammortamenti, e di patrimonializzazione nei bilanci, al fine del recupero dei loro costi nella tariffa applicata agli utenti: gli atti di regolazione di Arera consentono espressamente di comprendere a fini tariffari i beni in gestione che siano patrimonio di terzi.

Ne discende che il trasferimento di tali beni ai gestori del servizio idrico integrato non comporta il venir meno della natura demaniale delle infrastrutture utilizzate, come risulta dalla circostanza che le opere del Savec, oggetto di una concessione di costruzione e gestione in favore di Veneto Acque, dovranno essere comunque da questa restituite alla Regione al termine della concessione. Nello stesso senso depone inoltre la considerazione che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non viene realizzata una vera e propria cessione di beni in favore dei gestori del servizio idrico integrato, ma solo un’operazione che comporta l’iscrizione patrimoniale dei beni del Savec nei loro bilanci, al fine del recupero dei costi nelle tariffe.

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le peculiarità della controversia e la novità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi