TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2021-08-06, n. 202109328

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3B, sentenza 2021-08-06, n. 202109328
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202109328
Data del deposito : 6 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/08/2021

N. 09328/2021 REG.PROV.COLL.

N. 07339/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7339 del 2020, proposto da
A A, M R A, C A, F A, M A, M A, F B, V B, J G B, B B, A B, C B, M L C, Anna Maria Teresa Calabro', M C', G C, A C, S C, V B C, L C, C C, F C, P C, C C, B C, P C, F C, A C, G M C, M L C, Giorgia D'Amico, Angela D'Angelo, G D, A D S, S M A D F, R E, L Eposito, Valeria Fortuna Maria Esposito, Rosabel Chiara Fazio, Jessica Fermo, Lorena Fontana, Maria Bernadette Francisco, Carmela Fugazzotto, Giovanni Fuschino, Giuseppe Gallo, Armando Garofalo, Carmela Gentile, Claudia Gigante, Giuseppe Giglio, Sandra Giuliana, Valentina Grassi, Sebastiana Liberata Innao, Carmen Insarda', Serena Interdonato, Leandro Samuele La Bua, Daniela Lanciano, Melania Lanigra, Maria Grazia Leone, Marzia Lucente, Giuseppe Lugara', Barbara Maio, Claudia Malavenda, Antonella Malvica, Francesco Mariano, Mariangela Marseglia, Francesca Maria Mauro, Valeria Militello, Fiorenza Minutolo, Maria Domenica Minutolo, Veronica Montalbano, Mariaelena Morabito, Maria Irene Muzzupappa, Filomena Napolitano, Umberto Nebuloni, Federica Noto, Giovanna Nuzzo, Giovanni Passaretta, Caterina Margo Paterno', Cristina Pedalino, Rosario Giovanni Pellegrino, Titti Pellegrino, Maria Carmela Peluso, Federica Pinto, Laura Pinto, Miriam Pollakova, Daniela Previtera, Valeria Privitera, Lando Proto, Antonio Raganato, Cristian Carmelo Ranauro, Evelyn Ranieli, Fabrizio Rapisarda, Giuseppe Rocca, Chiara Rogolino, Eulalia Rondelli, Loretta Sarcina, Vanessa Cettina Squadrito, Silvia Stefanizzi, Francesca Testa, Angela Adriana Toro, Francesca Maria Ausilia Tringali, Lorenza Tumino, Carmela Urciuolo, rappresentati e difesi dall'avvocato Guido Marone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Luca Giordano, 15;

contro

Ministero dell'Istruzione, Mi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Annalisa Interlandi, Libera Michela Armillotta non costituiti in giudizio;

per l'annullamento dell’avviso all’ammissione alla prova orale del DSGA nonché della graduatoria definiva;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 luglio 2021 il dott. E R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente con il ricorso introduttivo chiedeva l’annullamento, previa sospensione incidentale, del provvedimento con cui non era stata ammessa alla prova orale del concorso, in epigrafe indicato, impugnando altresì il relativo Bando di cui al D.D.G. n. 2015 del 20 dicembre 2018.

Esponeva di aver partecipato al ridetto concorso per la regione Lombardia e di essere stata ammessa, all’esito del superamento della prova preselettiva, alla successiva prova scritta (costituita a sua volta da una prima prova scritta ai sensi comma 1, lett. a) dell’art. 13 del Bando e da una successiva prova teorico – pratica di risoluzione di un caso concreto, ai sensi della lett. b) della richiamata disposizione del Bando).

Tuttavia, parte, ricorrente non veniva ammessa a sostenere la prova orale e proponeva il presente gravame.

All’udienza pubblica del 19 luglio 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Tutte le censure proposte nel presente ricorso sono state oggetto di delibazione di questa Sezione con le sentenze n. 7220/2021;
6534/2021;
5668/2021 le cui argomentazioni vengono di seguito riportate:

Adduceva un primo motivo di ricorso specificamente volto a sostenere l’illegittimità del punteggio attribuitole dalla Commissione per la prima prova scritta. Contestava, inoltre, la legittimità dell’operato della Commissione in ragione dell’esiguo tempo che avrebbe impiegato per la correzione di ciascun compito, del numero notevolmente ridotto di vincitori a fronte dei numerosi posti messi a concorso e delle percentuali di ammissione agli orali riscontrate invece in altre sedi regionali. Infine riferiva di anomalie che avrebbero inficiato l’intera procedura concorsuale e che sarebbero state oggetto di ispezioni ministeriali e di denunce dell’Associazione Nazionale Quadri delle Pubbliche Amministrazioni, sollevando un secondo motivo di ricorso: “Sulle numerose irregolarità e anomalie della procedura e della valutazione della Commissione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del Bando di concorso. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del DM n. 863 del 18.12.2018. Violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 14, commi, 4, 5 e 6 del D.p.r. n. 487/1994. Eccesso di potere per violazione dei principi di trasparenza, anonimato e segretezza delle prove concorsuali, par condicio e imparzialità. Difetto di motivazione e istruttoria.”

In particolare, con tale secondo motivo sosteneva che: 1) non sarebbe avvenuta l’operazione ai sensi dell’art. 14, comma 6 del D.p.r. 487/1994 di abbinamento delle buste contenenti i nomi dei candidati con gli elaborati corretti, con conseguente violazione del principio dell’anonimato delle prove e di par condicio tra i concorrenti;
2) la traccia assegnata per la seconda prova scritta sarebbe stata trasmessa alla Commissione la mattina dello svolgimento della prova mediante trasmissione di un file in formato pdf nelle caselle di posta elettronica dei referenti e non con le modalità del plico telematico da decriptare mediante la “chiave Ministero” secondo le modalità disciplinate dalla nota ministeriale n. 2462 del 2.10.2019, derivandone così una violazione della segretezza della prova;
3) la seconda prova scritta, vertendo su un tema non attinente all’attività di competenza del DGSA, non sarebbe stata pertinente con le materie oggetto della procedura concorsuale;
4) la valutazione dei titoli di cui all’Allegato C del D.M. n. 863/2018 non sarebbe avvenuta ai sensi dell’art. 15, comma 3 del Bando prima della correzione delle prove scritte.

Con decreto monocratico n. 4682 del 10 luglio 2020 veniva respinta l’istanza di misure cautelari monocratiche e disposta l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami, cui adempiva parte ricorrente.

Si costituiva con atto di stile l’Avvocatura generale dello Stato per il Ministero dell’Istruzione e successivamente depositava una circostanziata relazione.

Con memoria del 9 aprile 2021 parte ricorrente insisteva per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza dell’11 maggio 2021, all’esito della discussione da remoto disposta ai sensi dell’art. 25 D.L. 137/2020, la causa veniva trattenuta in decisione.

Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di difetto di competenza sollevata dal controinteressato, avendo, con il ricorso introduttivo del giudizio, parte ricorrente impugnato anche il Bando di concorso adottato dall’Autorità centrale (il Ministero resistente), il quale ha carattere nazionale, e conseguendone pertanto la competenza territoriale inderogabile ex art 13, commi 3 e 4 bis c.p.a di questo Tribunale.

Nel merito il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la legittimità della valutazione della prima prova scritta (art. 13, co. 1, lett. a) del bando) sostenuta e in relazione alla quale ha ottenuto un punteggio complessivo inferiore alla sufficienza pari a 21/30 necessaria per superare la prova (art. 13, co. 4, del bando).

La prova consisteva in sei quesiti a risposta libera, per ognuno dei quali la commissione avrebbe potuto assegnare “un punteggio compreso tra zero e cinque che sia multiplo intero di 0,5” (art. 13, co. 4 del Bando) e che in base alla griglia di valutazione predisposta dal Ministero veniva assegnato sulla base di due “criteri”:

1) “Inquadramento normativo” con la seguente valutazione: insufficiente Punti 0;
lacunosa Punti 0,5 – 1;
adeguata Punti 1,5;
ottima Punti 2;

2) “Sintesi, esaustività e aderenza all’oggetto del quesito” con la valutazione: insufficiente Punti 0;
lacunosa Punti 0,5 – 1 – 1,5;
adeguata Punti 2;
ottima Punti 2,5 – 3.”

Più nel dettaglio, la ricorrente non ha raggiunto la sufficienza in quanto la propria prova è stata ritenuta:

- lacunosa con punti 1 con riferimento al quesito n. 3 per il criterio dell’“inquadramento normativo”;

- lacunosa con punti 1,5 con riferimento al quesito n. 4 per il criterio di “Sintesi, esaustività e aderenza all’oggetto del quesito”;

- insufficiente con punti 0 con riferimento al quesito n. 6 per l’“inquadramento

normativo”.

Ha dedotto: il quesito n. 3 è del seguente tenore “sistema dei controlli di regolarità amministrativa e contabile, con particolare riferimento all’esercizio delle funzioni dei revisori dei conti nelle istituzioni scolastiche”;
il criterio dell’“inquadramento normativo” per il quale la prova della ricorrente è stata ritenuta “lacunosa” con solo un punto si riferisce alla “Capacità di inquadramento delle tematiche oggetto del quesito;
conoscenza ed uso della normativa di riferimento”;
invece la ricorrente avrebbe correttamente richiamato e fatto applicazione della normativa che disciplina attualmente il sistema dei controlli di regolarità amministrativa e contabile ossia il D.lgs. 123/2011 recante, come noto, la “Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell'articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”;
dovendo necessariamente rispettare il canone della sinteticità nella risposta ai quesiti, essendo la capacità di “Sintesi” uno dei criteri di valutazione, la ricorrente nel fornire l’inquadramento normativo ha richiamato correttamente la normativa attualmente in vigore che reca la disciplina fondamentale e più compiuta della materia;
è evidente che il giudizio di lacunosità espresso al riguardo da parte della Commissione è palesemente abnorme, sproporzionato e illogico nonché contraddittorio in relazione all’ulteriore criterio della sinteticità;
pertanto è ictu oculi evidente che in riferimento a detto criterio per il quesito in parola, la ricorrente avrebbe dovuto ottenere quantomeno un giudizio di adeguatezza con un punteggio pari a 1,5.

Con riferimento invece al quesito n. 4 del seguente tenore “sanzioni disciplinari per il personale ATA”, la prova della ricorrente è stata ritenuta “lacunosa” per il criterio di “Sintesi, esaustività e aderenza all’oggetto del quesito”.

Ha dedotto la macroscopica abnormità e il travisamento operato dalla Commissione considerato che la ricorrente ha correttamente richiamato il Regolamento recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al D.p.r. 62/2013 e l’art. 12 del CCNL indicando con precisione tutte le sanzioni ivi previste nonché le ulteriori sanzioni previste dal D.lgs. 165/2001, dilungandosi a tal fine per più di una pagina di foglio protocollo;
ne consegue che per tale quesito la ricorrente avrebbe dovuto ottenere quantomeno il giudizio di adeguatezza con punti 2.

Da ultimo in relazione al quesito n. 6 “ruolo e funzioni di collegio docenti e consiglio di istituto in relazione alla predisposizione del PTOF” la prova della ricorrente è stata giudicata insufficiente per il criterio dell’“inquadramento normativo”, Sennonché anche qui la valutazione della Commissione, ad avviso della ricorrente, sarebbe frutto di un abbaglio se non proprio di una omessa valutazione poiché ella richiama e applica correttamente la normativa recante la disciplina del Piano dell’Offerta Formativa oggetto del quesito in parola ossia il D.p.r. 275/1999 ed in particolare l’art. 3 di tale Decreto;
a fronte di una siffatta prova avrebbe dovuto conseguire quantomeno il giudizio di adeguatezza con punti 2.

In definitiva, la ricorrente in merito alla prima prova avrebbe dovuto conseguire quantomeno il punteggio di 22 punti ottenuto considerato i punteggi sopra indicati relativi ai giudizi di adeguatezza che si sarebbero dovuti attribuire in luogo di quelli di lacunosità e insufficienza assegnati ai tre quesiti di cui sopra.

Il motivo è palesemente infondato, con esso parte ricorrente sostanzialmente sostituisce a quello che è un giudizio di valore effettuato dalla Commissione una propria valutazione in base alla quale si realizzerebbe una “adeguata” o “ottima” soddisfazione dei criteri sopra richiamati.

Tuttavia il giudizio di valore, su cui è chiamata ad esprimersi la Commissione, non è sindacabile nel merito, ove non manifestamente irragionevole, illogico, o erroneo in fatto (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1662/2017;
Sez. IV, n. 5016/2016;
Sez. VI, n. 871/2011;
Id. n. 5880/2010;
T.A.R. Lazio-Roma, I sez., n. 4237/2013).

Il Collegio non può scendere nel merito della valutazione e sostituirsi alla Commissione nel giudicare l’idoneità del candidato al superamento della prova scritta, trattandosi di indagine preclusa al giudice amministrativo.

Peraltro la ricorrente non ha articolato specifici e concreti profili di irragionevolezza ed incongruenza da cui la valutazione risulterebbe affetta, essendosi limitata ad evidenziare che la brevità di talune risposte ai quesiti è stata determinata dalla necessità di rispettare il criterio della sinteticità e che per il resto il suo elaborato soddisfa pienamente i parametri valutativi, risultando chiaro, esaustivo e lineare nell’esporre gli istituti giuridici richiesti dalla traccia.

Invero la valutazione dell’elaborato, svolta in coerenza ed in applicazione dei parametri valutativi precedentemente determinati, non presenta vizi di evidente travisamento dei fatti, abnorme illogicità o irragionevolezza, risultando essere stata effettuata alla luce di precise e predeterminate regole di valutazione, volte ad orientare l’esercizio della discrezionalità in capo alla Commissione.

Non risulta dalla mera lettura degli atti della Commissione e dell’elaborato della ricorrente sui quesiti assegnati, che il giudizio abbia travisato i contenuti della prova ovvero che lo stesso sia, nel suo esito negativo, manifestamente illogico, irragionevole o arbitrario, nonché contraddittorio rispetto ai disposti parametri valutativi.

Sul punto con la memoria e la documentazione depositata da ultimo, parte ricorrente insiste per la manifesta illogicità del giudizio della Commissione, effettuando un raffronto con gli elaborati di altri candidati con specifico riferimento a due quesiti per i quali costoro, a fronte di argomentazioni analoghe o addirittura meno precise -secondo la prospettazione della ricorrente-, avrebbero ottenuto rispettivamente punti in più rispetto alla ricorrente.

Fermo restando l’insindacabilità di una valutazione di merito riservata alla Commissione e rilevata comunque l’inammissibilità di nuovo motivo di censura sollevato solo con memoria e relativo alla “macroscopica disparità di trattamento”, ad ogni modo la comparazione effettuata dalla ricorrente non prova in alcun modo la macroscopica illogicità dell’operato della Commissione.

Dirimente è la considerazione che le risposte ai quesiti fornite dai richiamati candidati appaiono comunque differenti e non affatto sovrapponibili a quelle della ricorrente. Inoltre la disparità lamentata è talmente esigua da non apparire neppure illogica, ma meramente frutto di un giudizio di valore che, in quanto tale, non presenta un rigido carattere oggettivo, ma inevitabilmente oscilla tra più soluzioni, la cui legittimità è indiscussa (e indiscutibile) finchè non debordi oltre i criteri dati e le soluzioni plausibili sulla base di tali criteri, situazione che non si ravvisa nel caso di specie neppure all’esito della comparazione effettuata con gli altri candidati.

Parte ricorrente contesta, inoltre, sempre con il primo motivo di ricorso, la legittimità dell’operato della Commissione in ragione dell’esiguo tempo che avrebbe impiegato per la correzione di ciascun compito.

La censura è infondata.

Come è noto, si tratta di aspetto che impinge nel merito dell’attività amministrativa e non appare manifestamente illogico, né irrazionale il tempo dedicato dalla Commissione esaminatrice alla valutazione e alla correzione degli elaborati, avuto riguardo alle specifiche competenze tecniche delle professionalità impiegate, tenuto conto della medesimezza delle questioni sottese alla soluzione delle prove e dei criteri di valutazione già prefissati, i quali rendono in un certo modo seriale e meccanico lo scrutinio dell’esposizione seguita da ciascun candidato.

Ne consegue la reiezione del primo mezzo di gravame.

Quanto al secondo motivo di ricorso, con esso parte ricorrente prospetta molteplici censure: a) talune relative in generale all’operato della Commissione, riferendo di anomalie che avrebbero inficiato l’intera procedura concorsuale e che sarebbero state oggetto di ispezioni ministeriali e di denunce dell’Associazione Nazionale Quadri delle Pubbliche Amministrazioni, b) altra sia pure molto generica volta a sostenere l’irragionevolezza della previsione contenuta nel Bando (art. 7, comma 3) per la quale la ricorrente, non avendo conseguito la valutazione minima di 21/30 sulla prima prova scritta non è stata valutata sulla seconda prova;
c) altre infine tese a censurare la legittimità della seconda prova scritta.

Ragioni di logica impongono di trattare prima la censura relativa all’art. 7, co. 3 del Bando in quanto laddove fondata consentirebbe alla ricorrente di sottoporre alla commissione la valutazione sulla seconda prova scritta (teorico-pratica) sostenuta ed eventualmente veder soddisfatto il proprio interesse ad accedere alla prova orale.

La censura tuttavia è palesemente infondata.

La disposizione richiamata prevedeva con riferimento alla prima prova scritta che all’esito della valutazione di questa, “nel caso in cui il candidato riporti un punteggio nella predetta prova inferiore a 21 punti, non si procede alla correzione della prova teorico – pratica”.

La previsione appare tutt’altro che irragionevole o illogica, risultando non solo logica nei termini in cui prevede che per il superamento della prova dovesse essere necessario conseguire una valutazione minima di sufficienza, nell’interesse generale di selezionare i candidati che avessero quantomeno delle conoscenze teoriche ad un livello ritenuto minimo, ma essendo altresì espressione della discrezionalità esercitata dal Ministero dell’Istruzione, non sindacabile in sede di legittimità e, comunque, coerente con la disposizione di cui all’7 comma 1 lettera a) del DPR n. 487 del 1994 “Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi.”, in virtù del quale “Conseguono l'ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente”.

Dalla infondatezza di quest’ultima censura consegue l’inammissibilità dei motivi di ricorso formulati dalla ricorrente avverso le modalità di svolgimento della seconda prova scritta, non avendo alcun interesse a coltivarle.

Con riferimento alla procedura concorsuale in generale parte ricorrente denuncia, molteplici profili di illegittimità.

Al di là delle considerazioni su ipotetiche anomalie prospettate in maniera generica e sul rilievo, di per sé inconferente attesa la finalità selettiva del pubblico concorso, del numero esiguo di candidati che hanno superato le prove di concorso, le censure nel dettaglio possono essere così sintetizzate e analizzate.

In primo luogo parte ricorrente sostiene che non sarebbe avvenuta “l’operazione di abbinamento delle buste contenenti i nomi dei candidati con gli elaborati corretti” che ai sensi dell’art. 14, comma 6 del D.p.r. 487/1994 “si sarebbe dovuta svolgere a conclusione dell’esame e del giudizio di tutti gli elaborati dei concorrenti” con conseguente violazione del principio dell’anonimato delle prove e di par condicio tra i concorrenti.

La norma richiamata, recante gli “Adempimenti dei concorrenti e della commissione al termine delle prove scritte”, così dispone:

1. Al candidato sono consegnate in ciascuno dei giorni di esame due buste di eguale colore: una grande munita di linguetta staccabile ed una piccola contenente un cartoncino bianco.

2. Il candidato, dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno, mette il foglio o i fogli nella busta grande. Scrive il proprio nome e cognome, la data ed il luogo di nascita nel cartoncino e lo chiude nella busta piccola. Pone, quindi, anche la busta piccola nella grande che richiude e consegna al presidente della commissione o del comitato di vigilanza od a chi ne fa le veci. Il presidente della commissione o del comitato di vigilanza, o chi ne fa le veci, appone trasversalmente sulla busta, in modo che vi resti compreso il lembo della chiusura e la restante parte della busta stessa, la propria firma e l'indicazione della data della consegna.

3. Al termine di ogni giorno di esame è assegnato alla busta contenente l'elaborato di ciascun concorrente lo stesso numero da apporsi sulla linguetta staccabile, in modo da poter riunire, esclusivamente attraverso la numerazione, le buste appartenenti allo stesso candidato.

4. Successivamente alla conclusione dell'ultima prova di esame e comunque non oltre le ventiquattro ore si procede alla riunione delle buste aventi lo stesso numero in un’unica busta, dopo aver staccata la relativa linguetta numerata. Tale operazione è effettuata dalla commissione esaminatrice o dal comitato di vigilanza con l'intervento di almeno due componenti della commissione stessa nel luogo, nel giorno e nell'ora di cui è data comunicazione orale ai candidati presenti in aula all'ultima prova di esame, con l'avvertimento che alcuni di essi, in numero non superiore alle dieci unità, potranno assistere alle anzidette operazioni.

5. I pieghi sono aperti alla presenza della commissione esaminatrice quando essa deve procedere all'esame dei lavori relativi a ciascuna prova di esame.

6. Il riconoscimento deve essere fatto a conclusione dell'esame e del giudizio di tutti gli elaborati dei concorrenti...”

La disposizione, dunque, distingue due momenti: quello della riunione delle buste di ciascun candidato in un’unica busta, dopo aver staccato la linguetta con il codice numerato che consente la riunione dei compiti riferibili a ciascun candidato (co. 4) e quello del riconoscimento, effettuato solo al termine delle operazioni di correzione e di valutazione delle prove (co.6).

Mentre tuttavia per la prima operazione è la stessa norma a prevedere le modalità di svolgimento, disponendo in particolare che sia effettuata garantendo la partecipazione di un numero non superiore a dieci di candidati, per la procedura successiva di abbinamento dei compiti al nominativo dei candidati la norma nulla dice, per cui è da escludersi, che essa dovesse avvenire necessariamente dando avviso ai candidati del luogo dell’ora dell’abbinamento.

Nel caso di specie, come eccepito dal controinteressato, l’operazione di riunificazione delle buste risulta avvenuta in conformità con la disposizione regolamentare, dopo la conclusione delle prove scritte. Si legge difatti nel verbale n. 3 del 6 novembre 2019 che: “Alle ore 15.30, presso l'aula video, stanza 317 – 3° piano – dell'IIS “Varalli” in seduta pubblica, si procede alla riunificazione delle buste contenenti le prime e le seconde prove scritte d'esame, alla presenza di n. 3 candidati: R M, S M G C e B B [...] La procedura seguita ha garantito l'assoluto anonimato di tutti i candidati. L'operazione di riunificazione delle buste è avvenuta in modo regolare alla presenza di candidati testimoni per tutta la sua durata”.

Nei verbali depositati in atti nulla invece è detto con riferimento alla successiva operazione di abbinamento, per la quale, ad ogni modo, la disposizione non indica una modalità specifica di svolgimento.

Il Collegio rileva tuttavia che elementi per ritenere infondata la censura sulla violazione dell’anonimato possono trarsi già da quanto riportato nel verbale n. 23/B del 21 febbraio 2020 (relativo alla procedura seguita per la correzione della prova scritta della ricorrente e ripetuta per gli altri candidati). In esso è detto chiaramente che la terza busta, contenente i dati anagrafici del candidato, “rimane sigillata all’interno della busta formato A4 datata 5 novembre 2019”.

Ne consegue, fatta salva la eventuale deduzione della falsità di quanto attestato nel documento la quale non risulta proposta nelle forme di legge, che al momento della correzione delle prove le buste relative ai nomi dei candidati risultavano conservate in maniera sigillata e pertanto nessuna violazione dell’anonimato poteva dirsi non solo consumata, ma neanche paventabile sotto forma di mero pericolo (Cons. St., Ad .pl., n. 36 del 2013).

La censura pertanto è palesemente infondata.

Parimenti priva di pregio è la censura per cui l’operato della Commissione si sarebbe rivelato illegittimo poiché la valutazione dei titoli di cui all’Allegato C del D.M. n. 863/2018 non sarebbe avvenuta ai sensi dell’art. 15, comma 3 del Bando prima della correzione delle prove scritte, ma soltanto all’esito delle prove orali. In realtà dalla lettura dei verbali (in specie verbali nn. 4 e 5) appare che la Commissione si è limitata in un primo momento, ossia prima di procedere alla correzione della prova scritta, a recepire il punteggio automaticamente assegnato in base alle dichiarazioni stesse dei candidati, per poi riservarsi la facoltà di valutare successivamente eventuali errate indicazioni e conseguenti attribuzioni di punteggi. La censura appare pertanto infondata e prima ancora inammissibile, rilevata sul punto la carenza d’interesse della ricorrente, posto che non avendo superato la prima prova scritta non ha alcun interesse alla valutazione dei titoli utili ai fini dell’inserimento in graduatoria poiché in base al comma 4 dell’art. 15 del bando “Il punteggio finale dei candidati si valuta in settantesimi e si ottiene dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte, della votazione conseguita nella prova orale e del punteggio attribuito nella valutazione dei titoli.”

In conclusione il ricorso principale è in parte infondato e in parte inammissibile.

Conseguentemente infondati sono i vizi di legittimità derivata prospettati con il successivo ricorso per motivi aggiunti avverso la graduatoria definitiva di merito del 3 agosto 2020”

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto

Le spese di lite possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolare natura della controversia trattata

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