TAR Salerno, sez. I, sentenza 2010-10-18, n. 201011823
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N. 11823/2010 REG.SEN.
N. 00071/1998 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 71 del 1998, proposto da:
Fallimento Iato S.p.A. (Curatore Avv.S.Moscariello), rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Giuffre', con domicilio eletto presso Vincenzo Giuffre' Avv. in Salerno, via M.Incagliati,2 c/o Caliulo;
contro
Comune di Nusco, rappresentato e difeso dall'avv. C M, con domicilio eletto presso C M Avv. * . * in Salerno, via S.Robertelli N. 51 c/o Agosto;Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;
per l'annullamento
dell’ordinanza sindacale n. 94 in data 29 settembre 1997, nella parte in cui ordina anche alla Curatela fallimentare ricorrente lo smaltimento dei materiali nocivi e la bonifica del sito.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Nusco;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2010 il dott. Giovanni Grasso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
RITENUTO che – con atto notificato in data 5 gennaio 1998 e ritualmente depositato il 7 gennaio successivo – il Fallimento IATO s.p.a., nella persona del Curatore fallimentare, ha impugnato l’ordinanza sindacale, meglio distinta in epigrafe, nella parte in cui aveva indirizzato ad essa Curatela l’ordine di procedere allo smaltimento dei materiali nocivi ed alla bonifica del sito industriale inquinato, all’uopo pregiudizialmente censurando (mercé l’articolazione di plurimi motivi di doglianza) il proprio difetto di legittimazione, per carenza dei presupposti non meno di fatto che di diritto;
CONSIDERATO che il ricorso si appalesa fondato, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale ( contra solo, a quanto consti, T.A.R. Friuli Venezia Giulia Trieste, sez. I, 3 settembre 2007, n. 564, peraltro per obiter) per cui - fatta salva la eventualità, non ricorrente nel caso di specie, di univoca, autonoma e chiara responsabilità del Curatore stesso sull'abbandono dei rifiuti (T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 27 maggio 2010 , n. 3543) - la curatela fallimentare non può essere destinataria, a titolo di responsabilità di posizione, di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinanti, per effetto del precedente comportamento omissivo o commissivo dell'impresa fallita (Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2003, n. 4328;T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 17 aprile 2009, n. 663;Id., 1 agosto 2001, n. 1318), non subentrando essa curatela negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità del fallito e non sussistendo, per tal via, alcun dovere del curatore di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 10 marzo 2005, n. 398);
RITENUTO che l’orientamento in parola meriti di essere confermato, e ciò sulla plurima considerazione:
a ) che – avuto riguardo alla normativa di settore (e, segnatamente, al d. lgs. n. 22 del 1997, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti per cui è causa;in oggi, cfr. in termini non divergenti il d.lgs. n. 152 del 2006) - l'ordine di smaltimento dei rifiuti non può essere volto indiscriminatamente nei confronti del proprietario o comunque del soggetto che ha la disponibilità dell'area interessata, occorrendo l'accertamento di una responsabilità derivante da un comportamento illecito dello stesso (cfr. anche l'art. 130/R del Trattato dell'Unione Europea, introdotto dall'Atto Unico Europeo del 1986, volto a sancire il noto principio per cui “chi inquina, paga” e l'art. 18 della l. 349 del 1986, istitutiva del Ministero dell'Ambiente, in base al quale già era evincibile la regola per cui la responsabilità del danno ambientale consegue al compimento di fatti dolosi o colposi, e non già alla individuazione della mera qualità di proprietario dell'area;
b ) che, del resto, il comma 3 dell'art. 14 d. lgs. cit. reca l'espressa e puntuale indicazione dei soggetti obbligati, individuandoli negli autori della violazione dei divieti posti dai due precedenti commi;con il che, escludendosi in nuce la configurabilità di una responsabilità (di carattere oggettivo, o, più propriamente) propter rem del proprietario, risulta necessario l'accertamento della responsabilità in capo al destinatario dell'ordine stesso;
c ) che, facendo applicazione di tali consolidati principi alla posizione del curatore fallimentare - segnatamente per quanto concerne la legittimazione passiva di quest'ultimo rispetto all'impartito ordine di smaltimento – importa puntualizzare che i rifiuti prodotti dall'imprenditore fallito non costituiscano “beni” da acquisire alla procedura fallimentare (e, quindi non formino oggetto di apprensione da parte del curatore) e che in assenza dell'individuazione di una univoca, autonoma e chiara responsabilità del curatore stesso sull'abbandono dei rifiuti nessun ordine di ripristino può essere imposto dal Comune alla curatela fallimentare: il potere di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta, del resto, necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti (e, peraltro verso, il richiamo alla disciplina del fallimento e della successione nei contratti vale ad evidenziare che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito);
d ) che, allora, in assenza dell'ascrivibilità soggettiva della condotta preordinata allo scarico abusivo dei rifiuti, risulta possibile solamente, alla stregua di quanto stabilito dall'ultima parte del 3°comma dell'art. 14 cit., procedere all'esecuzione d'ufficio “ in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate ”, insinuando eventualmente il relativo credito nel passivo fallimentare in caso di comprovata responsabilità nella gestione dell'attività condotta dalla società fallita (come del resto previsto dal 5° comma dell'art. 18 del D.M. 25 ottobre 1999 n. 471, in base al quale “ nel caso in cui il sito inquinato sia oggetto […] delle procedure concorsuali di cui al R.D. 16 marzo 1942 n. 267, il Comune domanda l'ammissione al passivo ai sensi degli artt. 93 e 101 del decreto medesimo per una somma corrispondente all'onere di bonifica preventivamente determinato in via amministrativa ").
CONSIDERATO che le esposte considerazioni militano nel senso nella complessiva fondatezza delle censure proposte, con conseguente necessità di disporre l'annullamento del provvedimento impugnato nella parte in cui l'ordine degli adempimenti imposti è esteso alla curatela ricorrente;
RITENUTO che le spese di lite possano essere compensate, avuto riguardo alla particolarità della controversia ed allo svolgimento della azione amministrativa in contestazione;