TAR Bologna, sez. II, sentenza 2017-12-06, n. 201700813

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2017-12-06, n. 201700813
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201700813
Data del deposito : 6 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2017

N. 00813/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00674/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 674 del 2017, proposto da:
Soc. Evangelisti Gastone &
C. S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati S C, M C del Foro di Rimini (con domicilio eletto presso Cancelleria Tar in Bologna, Strada Maggiore N. 53);

contro

Comune di Cesena, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato B G, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore 53;

nei confronti di

Macro Soc. Coop. A.R.L. non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del SILENZIO RIFIUTO SU DOMANDA DI REGOLARIZZAZIONE DELL'OCCUPAZIONE SENZA TITOLO DI UN TRATTO DI STRADA COMUNALE DI PROPRIETA' DELLA RICORRENTE.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cesena;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 la dott.ssa M A R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente impugna il silenzio rifiuto sulla “regolarizzazione della occupazione senza titolo di un tratto di strada comunale denominata Via Giardino censita a catasto foglio 93, particella 172 di sua proprietà”.

In data 21.11.2017 si è costituito il Comune di Cesena che ha chiarito che non vi è alcun silenzio in quanto ha concluso il procedimento con un provvedimento espresso (di rigetto) che non è stato impugnato nei termini di legge.

Al riguardo, risulta in atti che – in data 13.3.2017 – il Comune ha risposto ad atto di diffida stragiudiziale della ricorrente (16.2.2017) relativo a richiesta di acquisizione al demanio comunale.

Il predetto atto è stato menzionato pure dalla stessa ricorrente nell’atto di ricorso.

Nella predetta nota ha specificato quanto segue :

a). il tracciato della via vicinale Giardino è stato modificato dall’Anas negli anni ’70 (all’epoca di realizzazione della E45);

b). con delibera di CC 253/1995 è stato approvato un piano programma che prevedeva la acquisizione al demanio stradale comunale di n. 24 strade vicinali (tra cui la via Giardino);

c). con delibera di CC 161/1997 è stata approvata una classificazione tecnico funzionale di alcune strade vicinali private di uso pubblico (tra cui la via Giardino);

d). nella stessa si rinviava la acquisizione formale e definitiva della proprietà delle aree al demanio comunale ad una sottoscrizione di atto di impegno di cessione da parte dei frontisti;

e). il Comune non ha poi mai proceduto ad emettere successivi atti di acquisizione delle aree interessate;
la via Giardino non è stata mai acquisita al demanio comunale;
peraltro, si tratta di strada vicinale privata di uso pubblico preesistente e nello stato di fatto in cui a tutt’oggi si trova.

L’impugnativa è dunque inammissibile per le ragioni che seguono.

Con l’art.2 della L.7 luglio 2000 n.205, il Legislatore ha previsto che i ricorsi avverso il silenzio dell’Amministrazione sono decisi in camera di consiglio, con sentenza succintamente motivata, entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso stesso.

Presupposto per l’applicazione del rito speciale è il silenzio della PA e, in particolare, l'omissione di provvedimento che acquista rilevanza come ipotesi di silenzio-rifiuto, attraverso il relativo, caratteristico procedimento, quando la medesima si sia resa inadempiente, restando inerte, ad un obbligo di provvedere.

Quest'ultimo può scaturire dalla legge, o dalla peculiarità della fattispecie, per la quale ragioni di equità impongano l'adozione di un provvedimento al fine, soprattutto, di consentire al privato (data la particolarità del processo amministrativo, che è essenzialmente un processo sull'atto) di adire la giurisdizione per fare valere le proprie ragioni.

L'obbligo di provvedere dell'Amministrazione, poi, a sua volta presuppone che l'istanza del richiedente sia rivolta ad ottenere un provvedimento cui questi abbia un diretto interesse, e che essa non appaia subito irragionevole ovvero risulti all'evidenza infondata.

Tanto premesso, nel caso di specie, manca il presupposto per l’applicazione della citata norma di cui all’art. 2 della legge n. 205 del 2000 in quanto:

a) non vi è silenzio della PA;

b) vi sono atti non censurati nei relativi termini di decadenza;

c) in particolare, – in data 13.3.2017 – il Comune ha risposto ad atto di diffida stragiudiziale della ricorrente relativo a richiesta di acquisizione al demanio comunale.

Anche il Consiglio di Stato (cfr., Sez. IV, sentenza 11 giugno 2002 n. 3256) ha affermato che l'obbligo della P.A. di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, viene meno tra l’altro nei seguenti casi:

a) in presenza di reiterate richieste aventi il medesimo contenuto, qualora sia già stata adottata una formale risoluzione amministrativa inoppugnata (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6181;
sez. V, 27 marzo 2000, n. 1765, secondo cui non sussiste alcun obbligo per l'amministrazione di riesaminare i propri atti divenuti inoppugnabili, con la conseguenza che sull'istanza di riesame presentata dal privato non si può formare il silenzio rifiuto), e non siano sopravvenuti mutamenti della situazione di fatto o di diritto (cfr. sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6181;
sez. V, 18 gennaio 1995, n. 89;
Cass. sez. un, 20 gennaio 1969, n. 128).

In conclusione, per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi