TAR Latina, sez. I, sentenza 2017-07-11, n. 201700394
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Pubblicato il 11/07/2017
N. 00394/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00096/2017 REG.RIC.
N. 00099/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 96 del 2017 R.G., proposto da Itform s.r.l., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ATS costituita con Tre Esse Italia s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati A G e E S B, elettivamente domiciliata presso la segreteria della sezione;
contro
la regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato F F, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
nei confronti di
S.A.I.P. Formazione s.r.l., non costituita;
nonché sul ricorso n. 99 del 2017 R.G., proposto da DMD Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale mandataria della ATS con la Metropol servizi di sicurezza s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Cioffi, elettivamente domiciliata presso la segreteria della sezione;
contro
la regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato F F, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
nei confronti di
S.A.I.P. Formazione s.r.l., non costituita;
per ottenere
quanto al ricorso n. 96 del 2017 R.G., l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, delle determinazioni della direzione regionale lavoro n. G13453 del 15 novembre 2016 e n. G14285 del 1° dicembre 2016 e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare, della determinazione della direzione regionale lavoro n. G10908 del 27 settembre 2016 e per la condanna della regione Lazio al risarcimento dei danni;
quanto al ricorso n. 99 del 2017 R.G., l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, delle determinazioni della direzione regionale lavoro n. G13453 del 15 novembre 2016 e n. G14287 del 1° dicembre 2016 e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare, della determinazione della direzione regionale lavoro n. G10908 del 27 settembre 2016 e dell’articolo 13, ultimo capoverso, dell’avviso pubblico “Piani formativi d carattere aziendale territoriale e settoriale – formazione specialistica per soggetti occupati o in regime di ammortizzatori sociali” e per la condanna della regione Lazio al risarcimento dei danni
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il dott. D S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Le ricorrenti hanno partecipato quale soggetto attuatore in associazione temporanea di scopo all’avviso pubblico “Piani formativi di carattere aziendale territoriale e settoriale – formazione specialistica per soggetti occupati o in regime di ammortizzatori sociali” indetto dalla regione Lazio.
In particolare la Itform ha presentato in associazione con la Tre Esse Italia s.r.l. un progetto denominato “Aggiornamento professionale per la conduzione amministrativo – contabile applicata alla riscossione delle entrate degli enti locali”.
A sua volta la DMD Italia s.r.l. ha presentato in associazione con la Metropol s.r.l. un progetto denominato “Operatore della vigilanza e sicurezza a tutela di beni e persone”.
I progetti erano ammessi a finanziamento con determinazione regionale G13108 del 30 ottobre 2015 che approvava le relative graduatorie.
Costituite le previste associazioni temporanee di scopo, i progetti erano avviati nei primi mesi del 2016;il progetto della Itform era concluso e di ciò era data comunicazione alla regione Lazio il 12 aprile 2016. Per il progetto della DMD Italia era invece previsto come termine il 28 marzo 2017.
Successivamente con determinazione G10908 del 27 settembre 2016 la regione Lazio, avendo acclarato delle irregolarità in sede di controlli a campione eseguiti nei confronti di alcune associazioni di imprese ammesse a finanziamento, sospendeva l’efficacia della delibera di approvazione delle graduatorie del 30 ottobre 2015 e avviava una verifica di tutte le proposte progettuali riservandosi la compilazione di una nuova graduatoria nel termine di 45 giorni e ordinando agli interessati di sospendere ogni attività in corso.
Quindi con determinazione n. G13453 del 15 novembre 2016 la regione approvava l’elenco dei progetti per i quali la verifica eseguita aveva dato esito positivo e l’elenco di quelli per i quali l’esito della verifica era stato negativo;i progetti delle ricorrenti rientravano in quest’ultimo;con successive determinazioni G14285 e G14287 del 1° dicembre 2016, infine, la regione confermava l’esclusione dei progetti delle ricorrenti ritenendo che esse fossero incorse nella violazione del punto 13 dell’avviso (secondo cui “non saranno considerate ammissibili e pertanto saranno respinte le domande in caso di una proposta presentata da un’ATI/ATS i cui componenti si trovino, rispetto ad altro partecipante, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 c.c. o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili a un unico centro decisionale”).
Nel caso all’esame la regione riteneva che esistesse una situazione di controllo tra la ricorrente Itform s.r.l. e la DMD Italia s.r.l.;la situazione di controllo era desunta dai seguenti elementi: a) coincidenza del domicilio della legale rappresentante della ricorrente Itform Maria Antonia Di Traglia: 1) con il domicilio di Angelo D’Ovidio, consigliere della DMD Italia;2) con la sede della Deiratech s.r.l., società inattiva, di cui il citato Angelo D’Ovidio è amministratore unico e socio totalitario;b) la Deiratech è titolare del 60% del capitale della DMD Italia;c) la DMD Italia s.r.l. è stata originariamente costituita da Valeria D’Ovidio, S D T e M M (quest’ultima attuale legale rappresentante della società);d) Valeria D’Ovidio risulta aver ceduto nel 2008 la sua quota di capitale della DMD Italia alla Deiratech.
Con il primo dei ricorsi all’esame la Itform s.r.l. denuncia l’illegittimità degli atti impugnati sostenendo che: a) venendo in rilievo un atto di riesame, è stato omesso il doveroso avviso di procedimento;b) difettano i presupposti cui l’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 subordina la possibilità di disporre l’annullamento d’ufficio;in particolare viene denunciato anzitutto che il provvedimento del 15 novembre 2016 è privo di adeguata motivazione e tale vizio non è sanato dal successivo provvedimento del 1° dicembre (che reca la esplicitazione delle ragioni della esclusione da finanziamento del progetto della ricorrente);a ciò si aggiunge che difetta ogni comparazione tra interesse pubblico e privato e l’annullamento è stato pronunciato oltre il “termine ragionevole” richiesto dalla norma citata;c) gli elementi in base ai quali è stato ravvisato l’unico centro decisionale sono assolutamente inidonei a supportare tale conclusione, risolvendosi in legami tra le tre società indicate inidonei a creare una situazione di controllo formale, né è stata compiuta una indagine preordinata a verificare in concreto l’esistenza del centro decisionale unico.
Con il secondo ricorso, la DMD Italia propone sostanzialmente le medesime censure recate proposte dalla Itform.
Inoltre essa denuncia che la regione Lazio: a) non ha rispettato il termine di 45 giorni che si era data per l’esecuzione delle previste verifiche con la determinazione del 27 settembre 2016;b) ha frainteso il senso del proprio avviso pubblico in quanto la previsione dell’articolo 13, ultimo comma, si riferirebbe non agli enti di formazione mandatari della ATI/ATS attuatrici degli interventi ma alle società mandanti che sono le beneficiarie degli aiuti;a conferma di ciò si invoca la normativa comunitaria in materia che riferisce il concetto di “impresa unica” alle imprese beneficiarie degli aiuti, che nel caso di specie sono appunto le mandanti e non le mandatarie, come conferma la circostanza che la dichiarazione sui rapporti di controllo e sui cd. “de minimis” andava presentata solo da parte delle mandanti e non da parte delle mandatarie;in via subordinata, la DMD Italia impugna la previsione del bando per la sua contrarietà alla normativa comunitaria in materia di aiuti sia sotto il profilo della sua applicazione alle mandatarie che sotto quello della contrarietà della clausola alla nozione di “impresa unica” recata dall’articolo 2, comma 2, del Reg. (CE) 18/12/2013, n. 1407/2013/UE.
Infine la DMD Italia denuncia la violazione dell’articolo 22 della legge regionale 1992, n. 23 secondo cui “in caso di inosservanza degli obblighi e delle disposizioni previsti nella convenzione, previa diffida a provvedere entro congruo termine, la convenzione deve essere risolta ed effettuato l'eventuale recupero delle sovvenzioni erogate, fatte salve le spese sostenute e ritenute ammissibili. Contestualmente, debbono essere adottati provvedimenti idonei a consentire la continuità delle attività formative in atto al momento della risoluzione della convenzione” e della determinazione regionale 17 settembre 2012, n. B06163 secondo cui la conseguenza della partecipazione al progetto di destinatari privi dei requisiti previsti è la riduzione della sovvenzione con decurtazione dei costi riferiti ai destinatari privi di tali requisiti.
La regione Lazio si è costituita in giudizio e resiste al ricorso.
DIRITTO
I ricorsi vanno riuniti ai fini della decisione con unica sentenza, dato che sono chiaramente connessi.
Essi sono anche fondati.
Anzitutto sono in larga misura fondate le censure comuni ai due ricorsi e imperniate sulla violazione delle garanzie procedimentali e sui principi in materia di procedimenti di riesame fissati dall’articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990.
Nella fattispecie viene infatti in rilievo un procedimento di riesame di un procedimento di concessione, riesame occasionato – come risulta dall’atto che al riesame ha dato avvio - dal riscontro di irregolarità nelle domande di alcuni partecipanti.
Ciò premesso il Collegio ritiene anzitutto fondata la dedotta violazione delle garanzie procedimentali. Infatti la regione ha dato sì comunicazione ai partecipanti alla procedura con la determinazione del 27 settembre 2016 dell’avvio del riesame ma non ha preventivamente contestato a ciascuna delle interessate le risultanze di tale riesame affinchè esse potessero fornire le proprie controdeduzioni al riguardo, così impedendo ogni possibilità di apporto al procedimento;con specifico riguardo alle ricorrenti non sono state loro comunicate le risultanze dei riscontri eseguiti affinchè esse potessero fornire chiarimenti e controdeduzioni;in altri termini la regione non ha contestato alle ricorrenti di ritenere che i “legami societari” riscontrati integrassero gli estremi dell’unico centro decisionale con conseguente sussumibilità della fattispecie nella previsione dell’articolo 13 dell’avviso pubblico;né potrebbe sostenersi che un apporto a questo riguardo sarebbe risultato inutile dato che – a parte le considerazioni sull’ambito applicativo di tale previsione – le società avrebbero senz’altro potuto fornire elementi che chiarissero la concreta situazione di fatto e i rapporti tra i soggetti coinvolti.
Parimenti in larga misura fondate sono le deduzioni in ordine alla violazione dell’articolo 21-nonies della legge n. 241.
Risulta infatti del tutto carente la motivazione dell’atto in ordine al profilo della comparazione tra interesse pubblico e interesse privato al mantenimento delle provvidenze ottenute.
In realtà i provvedimenti di ritiro si dilungano soltanto sulla questione dell’unico centro decisionale, soffermandosi sugli elementi raccolti ma difetta del tutto la comparazione degli opposti interessi;si badi che in questo caso tale valutazione sarebbe stata doverosa dato che il ritiro degli atti influisce – oltre che sulla situazione delle società “formatrici” cui è imputata la violazione dell’articolo 13 - anche su quella delle società beneficiarie della formazione e sui loro dipendenti, che sono estranee a tale violazione e che di essa – anche se sussistente e rilevante – ben avrebbero potuto essere completamente all’oscuro (anzi che fossero all’oscuro è da presumere);parimenti fondato è il rilievo della violazione del “termine ragionevole”, tenuto soprattutto conto che l’annullamento è basato su documentazione di cui la regione era sin ab initio in possesso.
Va poi aggiunto che gli elementi dai quali l’amministrazione ha dedotto l’esistenza dell’unico centro decisionale non appaiono – benchè sintomatici dell’esistenza di rapporti tra le società - tali da dimostrare l’esistenza di un “unico centro decisionale”, come dedotto nei ricorsi;potrebbe obiettarsi che i ricorrenti non forniscono alcuna spiegazione per così dire alternativa;è chiaro però che sarebbe stato compito della regione dimostrare in modo persuasivo (eventualmente svolgendo accertamenti istruttori specifici) l’esistenza dell’unico centro decisionale e una interlocuzione sul punto nell’ambito del procedimento sarebbe stata sicuramente utile.
Il Collegio non ritiene invece fondate le allegazioni della (sola) DMD Italia in ordine alla violazione dell’avviso pubblico.
In particolare il Collegio non condivide il rilievo secondo cui la previsione dell’articolo 13, benchè formulata in termini generali, si riferisce alle (sole) imprese mandanti – che sono le beneficiarie dei contributi per la formazione - e non anche alle mandatarie (che nel meccanismo previsto sono i soggetti specializzati che attuano il progetto);la tesi della DMD Italia è che la clausola in questione mira ad assicurare il rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di stato “de minimis”. Ciò troverebbe conferma nel rilievo secondo cui la dichiarazione allegato 4 all’avviso (che non a caso richiama i regolamenti comunitari sugli aiuti “de minimis” e che ha ad oggetto i rapporti con altre imprese) doveva essere presentata dalle sole imprese beneficiarie dei piani formativi, cioè dalle mandanti delle ATI/ATS (quindi tale dichiarazione non era dovuta e non è stata di fatto presentata dalle ricorrenti, che erano mandatarie).
Deve in contrario osservarsi che la clausola in contestazione: a) è formulata in termini generali e amplissimi e quindi ricomprende entrambi i componenti delle ATI/ATS (o meglio entrambe le categorie di componenti, cioè soggetti proponenti-mandatari e imprese beneficiarie- mandanti);b) essa – relativamente alle mandatarie – si collega alla previsione del punto 3.4 dell’avviso pubblico secondo cui i soggetti proponenti a pena di esclusione “possono presentare un solo progetto per ogni tipologia di intervento previsto”.
Conclusivamente – e assorbite le ulteriori censure – gli atti impugnati devono essere annullati.
Quanto alla domande di risarcimento dei danni, esse vanno respinte dato che, a parte la loro genericità, il Collegio ritiene che, poiché per effetto dell’annullamento rivivono gli atti caducati dall’amministrazione, le ricorrenti riacquistano automaticamente il titolo a beneficiare delle sovvenzioni illo tempore loro riconosciute. Insomma l’annullamento degli atti impugnati appare pienamente satisfattivo, in forza dei normali effetti caducatorio e ripristinatorio, degli interessi delle due ricorrenti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.