TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2020-03-19, n. 202003439
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Pubblicato il 19/03/2020
N. 03439/2020 REG.PROV.COLL.
N. 04059/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4059 del 2010, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gemino Cipriani, L P, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Pisani in Roma, via Ezio,12;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento del diniego riconoscimento infermità dipendenti da cause di servizio
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2020 la dott.ssa L G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con ricorso ritualmente notificato, -OMISSIS- impugnava il provvedimento del 10.12.2010, con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione generale del personale e della formazione – Area Previdenza non aveva riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, le infermità di -OMISSIS-, da cui egli è risultato affetto, nonché il parere del Comitato di verifica per le cause di servizio del 5.8.2008.
Parte ricorrente premetteva di essere in servizio presso la Polizia Penitenziaria, attualmente con la qualifica di assistente capo, a partire dal 1983 e di essere stato in servizio, dopo il corso di formazione, presso la casa circondariale di Volterra;poi, a partire dal 1987, presso quella dell’isola di Gorgonia;in seguito, a partire dal 1990, presso quella di Roma Rebibbia;infine, a partire dal 2004, presso quella di Velletri.
Il ricorrente precisava di aver svolto servizi di sorveglianza esterna e interna, servizi di pattugliamento al muro di cinta e di traduzione detenuti, di piantonamento e di sezione, controllo e guardia alla porta carraia, nonché servizio all’interno dei reparti speciali con detenuti ad alta pericolosità sociale. Egli, in particolare, aveva svolto la sua attività lavorativa, già di per sé gravosa e disagiata, in località con condizioni climatiche che hanno contribuito al sorgere della malattia da cui è risultato affetto.
In data 12.8.2004, il ricorrente presentava pertanto istanza per ottenere il riconosciuto come dipendente da causa di servizio delle infermità di -OMISSIS- da cui è risultato affetto. La Commissione medica ospedaliera di Roma (d’ora in avanti CMO), con verbale del 14.2.2006, giudicava dette infermità ascrivibili alla tabella A, categoria 8°. Con parere del 5.8.2008, però, il Comitato di verifica per le cause di servizio (d’ora in avanti CVCS) riteneva che le infermità da cui è risultato affetto il ricorrente non dipendessero da causa di servizio. Quindi, il provvedimento ministeriale gravato rigettava la domanda del ricorrente.
A fondamento del proprio gravame, parte ricorrente lamentava eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione degli stessi, in quanto le patologie accertate erano ascrivibili al servizio svolto.
L’Autorità amministrativa, infatti, non aveva correttamente valutato le condizioni di luogo e di tempo in cui il ricorrente era stato costretto a svolgere il proprio servizio, limitandosi a valutazioni generiche e non calibrate sul caso specifico.
Inoltre, non gli sarebbe stato comunicato il preavviso di diniego di cui all’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990.
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno.
Alla pubblica udienza del 3.3.20120, la causa veniva trattenuta in decisione.
2. Oggetto di gravame sono il provvedimento del 10.12.2010, con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Direzione generale del personale e della formazione – Area Previdenza non aveva riconosciuto, come dipendente da causa di servizio, le infermità di -OMISSIS- da cui il ricorrente è risultato affetto, nonché il presupposto parere del Comitato di verifica per le cause di servizio reso il 5.8.2008.
In termini generali, ricorda il Collegio come, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza amministrativa, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all’equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del CVCS.
Ed invero, questo Comitato – che ha una composizione complessa, essendo costituito non solo da medici, ma anche da soggetti con professionalità amministrative e giuridiche – “accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l'infermità o lesione” (art. 11 del Dpr n. 461 del 2001).
Il provvedimento finale, che riconosce l’infermità o la lesione come dipendente da causa di servizio, è adottato dall’Amministrazione competente “su conforme parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001). Qualora, l’Amministrazione, “per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l'obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato”. In tal caso, “l’Amministrazione adotta il provvedimento (…) motivandolo conformemente al parere del Comitato” (art. 14 del Dpr n. 461 del 2001).
Come chiarito dalla giurisprudenza, il Dpr n. 461 del 2001 ha affidato (artt. 11 e 12) al CVCS il compito di accertare l’esistenza del nesso causale (o concausale) con il servizio delle infermità contratte dai pubblici dipendenti.
Ai fini del riconoscimento della dipendenza di infermità da fatti di servizio, infatti, il parere del CVCS non solo è obbligatorio ma è altresì vincolante e insurrogabile, posto che l’Amministrazione ha il dovere di adottare il provvedimento in conformità al giudizio di questo organo (ex multis, Tar Campania, Salerno, n. 1735 del 2019;Tar Lazio, Roma, n. 10702 del 2019;Tar Calabria, Catanzaro, n. 778 del 2015).
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 14 Dpr n. 461 del 2001, quindi, il parere del CVCS si impone, nel suo contenuto tecnico-discrezionale, all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, deve limitarsi ad eseguire soltanto una verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non deve attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico. In altre parole, l'Amministrazione deve conformarsi al suddetto parere, al quale può senz'altro rinviare per relationem e, solo ove ritenga di non poterlo fare, certamente per ragioni non di tipo tecnico, che deve in ogni caso esplicitare, può chiedere un ulteriore parere (ex multis, Tar Lazio, Roma, n. 11462 e n. 10675 del 2019;Tar Campania, Salerno, n. 635 del 2015).
Peraltro, il CVCS esprime un giudizio conclusivo, che rappresenta il momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, quale la CMO: si tratta di un parere di carattere più complesso, sia per la composizione dell'organo (essendo presenti nel Comitato soggetti con professionalità mediche, giuridiche ed amministrative), sia per la più completa istruttoria esperita, non limitata soltanto agli aspetti medico-legali, che assorbe quindi i diversi pareri resi dagli organi intervenuti nel procedimento, sicché l'Amministrazione non è tenuta a motivare le ragioni per le quali si adegua ad esso, mentre una motivazione specifica e puntuale è dovuta nei soli casi in cui l'Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dallo stesso ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del predetto Comitato.
Ciò chiarito, bisogna poi ricordare che il CVCS perviene alle proprie conclusioni in ordine alla dipendenza da causa di servizio della patologia da cui è affetto il dipendente, assumendo a base cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il relativo parere è espressione di discrezionalità tecnica.
Di conseguenza, per costante giurisprudenza, il sindacato giurisdizionale sulle decisioni dell’Amministrazione che recepiscono il parere del CVCS sulla dipendenza di un’infermità da causa di servizio è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi l’inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione stessa, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. Stato, n. 7761 e n. 6778 del 2019, n. 5822 del 2018;n. 1454 del 2014;Tar Torino, 286 del 2016;Tar Puglia, Lecce, n. 935 del 2018 e n. 340 del 2016;Tar Abruzzo, Pescara, n. 11 del 2016, Tar Lazio, Roma, n. 242 del 2016). Il giudice amministrativo, pertanto, non può sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa, neanche in caso di difformi conclusioni raggiunte dai sanitari compulsati autonomamente dalla parte.
Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal CVCS, unico organo competente, come si è visto, ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.
3. Nel caso di specie, il provvedimento ministeriale del 10.12.2009 ha recepito il parere del CVCS del 5.8.2009, a cui si è conformato e alla cui motivazione ha rinviato integralmente.
Quest’ultimo parere, dopo aver richiamato l’accertamento medico-legale della CMO di Roma, ha escluso, per le patologie accertate di -OMISSIS- e da cui è risultato affetto il ricorrente, la dipendenza da fatti di servizio.
Il parere del 5.8.2009 del CVCS – adeguatamente motivato – esclude un’efficienza causale o concausale del servizio svolto, in quanto, con riferimento -OMISSIS-”. Di conseguenza, esso non è riconducibile al servizio prestato, anche perché esso è svolto per lo più in ambienti chiusi. È mancata cioè un’esposizione continuativa e duratura a gravi fattori provocanti raffreddamento, tale da giustificare un’efficienza concausale rispetto alla patologia accertata.
Con riferimento -OMISSIS-a destra e di tipo misto a sinistra, il CVCS ha escluso la dipendenza da fatti di servizio, in quanto detta patologia, consistente nella -OMISSIS-, la cui verificazione durante il servizio non è stata dedotta né dimostrata, ovvero dalla “involuzione naturale dovuta al progredire dell’età”.
Con riferimento, infine, alla -OMISSIS-, la dipendenza da causa di servizio è esclusa dal fatto che non risulta che il ricorrente sia stato esposto, in modo protratto, a -OMISSIS-, durante il servizio.
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, pertanto, il CVCS ha valutato specificamente il caso concreto sottoposto al suo esame e non si è limitato a considerazioni di portata generale. Esso ha, anzi, chiarito le ragioni per cui le patologie da cui il ricorrente è risultato affetto non siano ascrivibili al servizio svolto, tenendo conto delle relative condizioni come risultano dagli atti.
In particolare, in relazione -OMISSIS-, le condizioni climatiche del territorio di Velletri e di Gorgonia, descritte come particolarmente avverse dal ricorrente, non risultano inficiare la valutazione del CVCS, secondo cui detta patologia consiste in un “-OMISSIS-”. Infatti, da un lato, si tratta, come ammesso dallo stesso ricorrente, di un clima mediterraneo, caratterizzato dalle normali escursioni termiche tra giorno e notte e tra stagioni, che non lo ha certo esposto a forti e improvvise perfrigerazioni;dall’altro, il servizio è stato spesso svolto all’interno della casa circondariale, circostanza non contraddetta dal ricorrente, che si è limitato a dedurne genericamente e in modo indimostrato le condizioni “fatiscenti”.
Ugualmente, in relazione -OMISSIS-a destra e di tipo misto a sinistra, la circostanza dedotta dal ricorrente di essersi sovente recato al poligono di tiro, oltre ad essere generica e non supportata dal alcun dato quantitativo, risulta irrilevante rispetto alla compiuta e motivata valutazione del CVCS, secondo cui detta patologia dipende dalla “involuzione naturale dovuta al progredire dell’età”. Il ricorrente, infatti, si è limitato a lamentare la generica erroneità del giudizio del Comitato, senza allegare la dimostrazione di alcun trauma acustico o cranico subito durante il servizio.
Infine, in relazione alla -OMISSIS-, l’essere stato addetto alla porta carraia non è idoneo a confutare la chiara, puntuale e approfondita valutazione del CVCS, in considerazione della mancata indicazione del tempo ivi trascorso, dell’orario dei turni, delle modalità di svolgimento del servizio.
Ritiene il Collegio che, rispetto alla chiara, approfondita e adeguata motivazione del suddetto parere, la quale risulta attendibile e immune da vizi logici, le censure sollevate dal ricorrente con il gravame – volte a riconoscere la dipendenza da causa di servizio delle patologie accertate – mirano a sostituire il giudizio tecnico-scientifico del CVCS con un altro giudizio che dovrebbe rendere questo Tribunale.
Il parere, insomma, risulta corretto quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo utilizzato. Né può ravvisarsi in essi, per quanto detto, un difetto di istruttoria o di motivazione. Dagli atti di causa non si evince quale specifica tipologia di servizio possa aver procurato le patologie, trattandosi di un servizio operativo, svolto certamente con condizioni atmosferiche, a volte, avverse, ma in ogni caso rientranti nell'attività ordinaria di un appartenente alla Polizia penitenziaria.
In conclusione, il motivo di ricorso, con cui è dedotto eccesso di potere, non è fondato, dal momento che il Comitato di verifica ha analizzato le patologie da cui il ricorrente è affetto, valutando la riconducibilità delle affezioni riscontrate alle sole condizioni soggettive e personali del ricorrente, escludendo che i luoghi di lavori possano aver inciso, anche solo in termini di peggioramento, sulle patologie.
4. Anche l’ulteriore censura, con cui il ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 è privo di fondamento.
Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, da cui questo Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, nel procedimento per la verifica della sussistenza della dipendenza dell'infermità contratta dal pubblico dipendente da causa di servizio, non ricorrono i presupposti per una comunicazione di avvio, né quelli per il preavviso di rigetto, in quanto non vi è spazio per un contraddittorio prima dell'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, tenuto anche conto della particolare disciplina speciale analiticamente prevista dal Dpr n. 461 del 2001. Del resto, la ragione risiede nella circostanza che gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio costituiscono espressione di discrezionalità tecnica riconosciuta al CVCS, con conseguente limitato sindacato giurisdizionale per illogicità, manifesta irragionevolezza, omessa considerazione delle circostanze di fatto. L'Amministrazione procedente non può che conformarsi al parere del Comitato di Verifica, salvo che non ne ravvisi i presupposti per un supplemento, ai sensi dell'art. 14, comma 1, Dpr n. 461 del 2001, con la conseguenza che l'eventuale partecipazione procedimentale dell'interessato non potrebbe produrre effetti sul contenuto dispositivo del provvedimento impugnato (ex , multis, Tar Lazio, Roma, n. 11462 del 2019;Tar Sicilia, Palermo, n. 2177 del 2019;Tar Puglia, Lecce, n. 1281 del 2018)..
5. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato.
Attesto l’oggetto del contendere, possono compensarsi tra le parti le spese di lite.