TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-08-01, n. 201700884

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-08-01, n. 201700884
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201700884
Data del deposito : 1 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/08/2017

N. 00884/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00662/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 662 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio eletto in Bari, presso lo studio dell’avv. E.Sbarra, alla via Egnatia, n.15;

contro

U.T.G. - Prefettura di Foggia e Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Bari, alla via Melo, n. 97;

per l'annullamento

-della nota prot. n. 11277/12/Area I Bis del 25.03.2015, trasmessa tramite PEC in data 31.3.2015, con cui la Prefettura-U.T.G. di Foggia, a seguito della diffida del 25.2.2015 ad eseguire la sentenza n. 327 del 20.2.2015 del T.A.R. Puglia, comunicava la conclusione del procedimento attraverso una determinazione <<
esplicita>>
di diniego di revoca del divieto di detenzioni armi, munizioni e materiale esplodenti;

-della nota prot. n. 1277/12/AREA I bis dell’8.1.2015 recante il suddetto diniego di revoca;

-di ogni altro atto e provvedimento indicati nell’epigrafe del ricorso;
nonché

per l’accertamento del danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ. da perdita di chance lavorativa e comunque da ritardo, riveniente dalla lesione dell’interesse legittimo del ricorrente che gli ha impedito di svolgere l’attività lavorativa di Guardia particolare giurata presso l’Istituto di Vigilanza Metropol che, con istanza 26.4.2012, aveva espressamente proposto apposite domande volte al rilascio del decreto di nomina a guardia particolare giurata e di porto di pistola per difesa personale preordinate alla sua assunzione;

- e per il conseguente risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale determinato sia dalla perdita della chance lavorativa sia dalla ingiusta sofferenza patita dal ricorrente a causa dell’illegittimo comportamento inerte ed antigiuridico, già stigmatizzato con la sentenza del Tar Puglia n. 327 del 20.2.2015, sia dal colpevole comportamento della Prefettura di Foggia;

e con Motivi Aggiunti depositati in data 23.12.2015, per l’annullamento:

- del provvedimento prot. n. 35405 del 22.10.2015, comunicato tramite pec in pari data, con cui il Prefetto di Foggia, negava nuovamente la revoca del provvedimento di divieto di detenzione armi, munizioni e materie esplosive ex art. 39 T.U.L.P.S.;

- di ogni altro atto precedente, seguente e comunque connesso a quello impugnato, ivi compresi tutti gli atti già gravati con ricorso introduttivo;

-di ogni altro atto presupposto, comunque connesso e consequenziale a quelli impugnati, ivi compresa la nota prefettizia prot. n. 11277/12/Area I Bis del 25.02.2015, depositata presso il T.A.R. Puglia in data 6.3.2015;

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Foggia e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Vista la memoria depositata il 12.11.2016, con la quale parte ricorrente dichiara l’intervenuta parziale cessazione della materia del contendere;

Visto l'art. 34, co. 5, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 la dott.ssa G S e uditi per le parti i difensori avv. M M e avv. dello Stato W C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti, parte ricorrente impugnava l’originario diniego di autotutela in relazione all’atto interdittivo della detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti che ha dato origine alla presente controversia;
nonché la successiva conferma del diniego stesso, adottata all’esito di provvedimento cautelare della terza Sezione del Consiglio di Stato (cfr. ordinanza n. 4521/2015).

Anche l’atto di conferma veniva sospeso in sede cautelare da questa Sezione (cfr. ordinanza n. 4/2016), inducendo la Prefettura a riconoscere la lamentata illegittimità e a revocare il provvedimento interdittivo (cfr. determinazione prefettizia n. 15472 del 5 maggio 2016).

A seguito di ciò, lo stesso ricorrente ha dichiarato l’intervenuta parziale cessazione della materia del contendere in relazione all’azione impugnatoria proposta, insistendo per l’accoglimento della richiesta risarcitoria formulata nel ricorso introduttivo.

Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Foggia risultano costituiti in giudizio, giusta atto prodotto in data 28.5.2015 dall’Avvocatura distrettuale, con richiesta di rigetto del gravame.

All’udienza del 20 aprile 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

1.- Il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse;
rispetto ai motivi aggiunti va dichiarata la cessazione della materia del contendere;
l’azione risarcitoria va invece respinta.

1.1.- Ed invero, l’atto impugnato con il ricorso introduttivo è stato sostituito dal successivo atto confermativo, adottato dalla Prefettura sulla scorta di una nuova istruttoria, all’esito della fase cautelare innanzi al giudice di appello e impugnato con i motivi aggiunti;
sicché alcuna utilità il ricorrente otterrebbe da un eventuale accoglimento delle originarie censure.

1.2.- L’atto confermativo è stato invece rimosso in autotutela dallo stesso Prefetto con il richiamato provvedimento n. 15472 del 5.5.2016, facendo venir meno l’oggetto della controversia;
è lo stesso ricorrente, invero, a chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione ai motivi aggiunti.

1.3.- Rispetto all’azione risarcitoria permane invece l’interesse;
non può tuttavia trovare accoglimento.

Va preliminarmente chiarito che, per com’è formulata, è preordinata a far valere gli effetti pregiudizievoli della condotta antigiuridica dell’Amministrazione per aver “ ingiustamente negato la revoca del provvedimento di detenzione armi ”;
restando vago e sullo sfondo il richiamo al risarcimento del danno “ comunque da ritardo ” (cfr. parte finale del ricorso introduttivo).

In ogni caso, ai fini dell’identificazione degli elementi della responsabilità, non si potrebbe prescindere dalla verifica delle coordinate di cui all’art. 2043 cod. civ., di tipo soggettivo ed oggettivo (cfr. sul punto, da ultimo, C.d.S. Sez. VI, 5.5.2016, n. 1768).

Nella fattispecie è carente sia la prova del danno ingiusto che del nesso di causalità.

Sotto il primo profilo, si invoca quale evento dannoso la mancata assunzione del ricorrente da parte di un Istituto di vigilanza;
pregiudizio che sarebbe comprovato dalla “ espressa istanza formulata dalla Metropol in data 26-4.2012 preordinata alla sua assunzione ”, tuttavia non rinvenibile agli atti di causa.

Né l’onere probatorio è stato assolto con riferimento al nesso di causalità, considerato che la presente controversia e l’intervenuto atto di autotutela concernono il diniego di revoca del divieto di detenzione delle armi precedentemente adottato dal Prefetto;
e dalla invocata revoca del divieto di detenzione delle armi non sarebbe potuto discendere –in automatico- il rilascio del porto d’armi e, tanto meno, della licenza di guardia giurata necessari ai fini della predetta assunzione.

A ben guardare, dunque, è completamente carente la dimostrazione degli elementi oggettivi della responsabilità aquiliana;
ma non può dubitarsi che il danneggiato sia tenuto –ex art. 2967 cod. civ.- a provare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della domanda risarcitoria e, in particolare –per quel che qui rileva- dei presupposti di carattere oggettivo (ossia il danno e il suo ammontare, l'ingiustizia dello stesso ed il nesso causale;
cfr. sul punto, da ultimo, C.d.S. Sez. VI, 5.5.2016, n. 1768).

Pertanto, in assenza della suddetta prova, la fattispecie risarcitoria non si perfeziona.

L’azione va quindi respinta.

2.- Considerata complessivamente la vicenda, anche processuale, le spese del presente giudizio vengono poste a carico della Prefettura intimata e liquidate in favore del ricorrente, nella misura di cui in dispositivo.

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