TAR Brescia, sez. I, sentenza 2009-06-04, n. 200901170

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2009-06-04, n. 200901170
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 200901170
Data del deposito : 4 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00086/2007 REG.RIC.

N. 01170/2009 REG.SEN.

N. 00086/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 86 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
P G,
rappresentato e difeso dagli avv. P C, C D F,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. P C in Brescia, Spalto S.Marco, 21;

A R, B A;

contro

COMUNE DI PROVAGLIO D' ISEO,
rappresentato e difeso dall'avv. M B,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M B in Brescia, v.le Stazione, 37 (Fax=030/46565);

nei confronti di

G.F. SRL,
rappresentata e difesa dagli avv. M U B, G O,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M U B in Brescia, via Ferramola, 14 (Fax=030/3755220);

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

(con il ricorso principale) del permesso di costruire 13.10.2005 n. 65 e del permesso in sanatoria 13.9.2006 n. 130 rilasciati alla controinteressata;

(con il ricorso per motivi aggiunti) del permesso in variante n. 2/07;

Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Provaglio D' Iseo;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G.F. Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13/05/2009 il dott. Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso principale gli odierni ricorrenti impugnano il permesso di costruire n. 65/05 rilasciato dal Comune di Provaglio d’Iseo alla società controinteressata G.F. s.r.l. per la realizzazione di un complesso residenziale nel punto in cui sorgeva un capannone industriale ad un piano, demolito proprio per fare posto alla costruzione oggetto del presente giudizio.

Con lo stesso ricorso i ricorrenti impugnano anche il permesso di costruire in sanatoria n. 130/06 con cui il Comune, dopo aver rilevato in apposito sopralluogo il superamento delle altezze dei piani mansardati della costruzione rispetto a quanto concessionato, ha ritenuto di concedere la sanatoria per i predetti abusi.

I motivi di ricorso sono i seguenti:

1. sia il permesso di costruire originario che quello in sanatoria sarebbero illegittimi per violazione dell’altezza massima prevista dalle norme di piano, pari a m. 9.50,

2. sia il permesso di costruire originario che quello in sanatoria sarebbero illegittimi altresì per violazione dell’altezza massima prevista dal d.m. 1444/1968, che prescriveva per le nuove costruzioni il rispetto dell’altezza massima degli edifici circostanti,

3. il permesso di costruire originario sarebbe altresì illegittimo per violazione delle regole legali sulle distanze minime tra le costruzioni, in quanto l’edificio – che avrebbe dovuto essere posto in aderenza a quello dei ricorrenti (l’edificio dei ricorrenti è posizionato sul confine;
l’edificio preesistente era in aderenza) - era stato posto ad una distanza minima ricompresa tra i m. 2 e 3, inferiore, pertanto, alla distanza legale.

Con il ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti impugnavano anche il permesso in variante n. 2/07, con cui il Comune – proprio a fronte della contestazione dei ricorrenti sul mancato rispetto delle distanze legali - autorizzava la costruzione dell’edificio in aderenza (in particolare, consentendo di realizzare ciò che, con efficace immagine, i ricorrenti definivano un muro posto sopra una soletta sotto la quale è presente un’intercapedine).

In questo caso, a sostegno del ricorso si deduce che per costruire in aderenza, secondo l’art. 22, co. 3, n.t.a., occorreva il convenzionamento con i proprietari confinanti, che nel caso di specie faceva difetto.

Nel ricorso principale si costituiva in giudizio il Comune di Provaglio d’Iseo, che deduceva l’infondatezza dei relativi motivi (e segnatamente, l’errato calcolo delle altezze da parte dei ricorrenti;
l’impossibilità di applicare direttamente le previsioni del d.m. 1444/1968 che – con disposizione prevalente - ha rinviato ai p.r.g. l’indicazione dell’altezza massima, ed il p.r.g. di Provaglio aveva stabilito una sua disciplina derogatoria di quella generale del d.m. citato;
sull’arretramento della costruzione rispetto alla situazione di aderenza preesistente, il Comune rileva, invece, che l’impostazione del ricorso è corretta, ma la censura sarebbe tardiva in quanto conosciuta già dal maggio 2006, data in cui è stata avviata l’azione civile, ed impugnata solo a dicembre 2006;
la censura sarebbe in ogni caso superata dal permesso in variante che ha permesso la costruzione in aderenza).

La difesa del Comune non spiegava, invece, deduzioni specifiche sui motivi aggiunti, notificati direttamente al Comune anziché al difensore costituito.

Si costituiva in giudizio inoltre anche la controinteressata G.F. srl, che deduceva l’inammissibilità sia del ricorso principale (la cui impugnazione sarebbe tardiva in quanto i relativi termini dovrebbe decorrere quantomeno dalla data dell’azione civile promossa dagli stessi ricorrenti la cui comparsa di costituzione denotava la chiara conoscenza dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire e del suo contenuto) che dei motivi aggiunti (inammissibili per mancata notifica alla difesa del Comune;
inammissibili, inoltre, perché non era stato previamente impugnato il piano di recupero sulla cui base è stato rilasciato il permesso in variante). Nel merito, a giudizio della controinteressata, i motivi aggiunti sarebbero infondati in quanto non dovrebbe applicarsi alla fattispecie l’art. 22 n.t.a., ma la previsione speciale dell’art. 40 n.t.a., che disciplinerebbe specificamente i progetti posti in essere in esecuzione di piano di recupero, e che non prevede la predetta distanza minima.

Sia nel ricorso principale che in quello per motivi aggiunti era formulata altresì istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

Con ordinanza del 22. 2. 2007 il Tribunale respingeva l’istanza per difetto di periculum in mora in quanto la costruzione risultava essere già ultimata.

Con ordinanza del 14. 6. 2007 sui motivi aggiunti disponeva istruttoria, chiedendo al Comune una integrazione documentale.

Con ordinanza del 2. 8. 2007 respingeva l’istanza contenuta nei motivi aggiunti per difetto di periculum, specificando però che la deduzione dei ricorrenti era comunque fondata, in quanto la norma di piano imponeva il convenzionamento per la costruzione in aderenza, ed il ricorso, d’altronde, non era inammissibile in quanto non si riteneva necessaria la previa impugnazione del piano di recupero.

Il ricorso veniva discusso, infine, nel merito nella pubblica udienza del 13. 5. 2009, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

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