TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2023-04-11, n. 202300575

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2023-04-11, n. 202300575
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202300575
Data del deposito : 11 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/04/2023

N. 00575/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00008/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8 del 2021, proposto da E G, rappresentata e difesa dall'avvocato G T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Monopoli di Stato - Ufficio Regionale Calabria - Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Catanzaro, domiciliataria ex lege in Catanzaro, via G. Da Fiore, 34;

per l'annullamento

del provvedimento n. 24984 del 08.10.2020 con il quale l’ufficio dei Monopoli di Cosenza ha respinto la domanda prodotta dalla ricorrente, ai sensi degli artt 10 e 11 del D.M. 21 febbraio 2013 n. 38, intesa ad ottenere la domanda di trasferimento della rivendita tabacchi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli - Monopoli di Stato - Ufficio Regionale Calabria - Cosenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La signora Grillea è titolare dal 2018 della rivendita tabacchi n. 3 situata nel Comune di Roseto Capo Spulico (CS) alla via Converti n. 34.

In data 27 febbraio 2020 ha presentato all’Agenzia delle dogane e dei monopoli istanza per il trasferimento della sede della rivendita tabacchi da via Converti n. 34 a piazza Napoli del Comune, distante circa 4.235 metri dall’attuale sede.

L’Agenzia con nota in data 9 luglio 2020, prot. n. 18438/RU, comunicava il preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990 in cui si evidenziava che non era possibile procedere al trasferimento della rivendita “in considerazione di quanto disposto dall’art. 4 della legge 3 maggio 2019, n. 34” (che ha modificato l’art. 24, comma 42, d.l. n. 98/2011, convertito con modificazioni dalla l. 15 luglio 2011, n. 111) con cui si è stabilito come “requisito essenziale per un trasferimento fuori zona, che sia rispettato il rapporto popolazione/rivendite nel Comune (una rivendita per 1500 abitanti) e nel Comune di Roseto Capo Spulico, a fronte di .939 abitanti, esistono n. 3 rivendite”.

L’istante con memoria del 17 luglio 2020 esponeva le ragioni che avrebbero reso illegittimo il provvedimento finale ed in particolare: i) che l’istanza rispettava a pieno i criteri previsti dal d.m. 38/2013 vigente al momento della presentazione della domanda;
ii) che la legge n. 37/2019 non prevede “alcuna classificazione” per i trasferimenti ossia non distingue tra trasferimenti “in zona o fuori zona” come invece fa dettagliatamente il d.m. 38/2013;
iii) che il d.m. n. 38/2013 prevede all’art. 2, comma 7, che laddove la sede della rivendita da istituire disti più di 600 metri dalla tre rivendite più vicine (come nel caso di specie) non trova applicazione comunque il parametro della redditività e quindi non trova applicazione il criterio del rapporto popolazione/rivendite che ha sostituito il precedente;
iv) che il criterio del rapporto popolazione/rivendite previsto dall’art. 4 della legge 37/2019 non potrebbe trovare immediata applicazione mancando il regolamento di attuazione;
v) che la zona da servire risulta attualmente priva di rivendite;
vi) che la sussistenza del comunicato dell’Agenzia del 27 aprile 2020 detterebbe “indicazioni solo per la predisposizione dei piani semestrali .. ma nulla dice sui trasferimenti delle rivendite”.

Tuttavia, l’Agenzia con provvedimento prot. 24984 in data 8 agosto 2020 ha respinto l’istanza di trasferimento confutando in particolare le controdeduzioni esposte nei termini seguenti: i) con riguardo all’ambito di applicazione della legge n. 37/2019, se ne rileva l’applicabilità immediata quale “fonte primaria” e quindi il “suo necessario effetto modificativo delle norme di rango inferiore potendosi prescindere dall’eventuale adozione di un regolamento attuativo laddove, come nel caso in specie, sia riconosciuto che i criteri dettati siano sufficientemente chiari e direttamente applicabili”;
ii) con riguardo ai rilievi sui piani semestrali e sui provvedimenti adottati da altri Uffici (secondo i rilievi dell’istante esposti in precedenti comunicazioni), si osserva come sia “evidente che esulino dalla competenza dello scrivente”;
iii) con riguardo alla mancata classificazione per i trasferimenti (in zona o fuori zona) da parte della legge n. 37/2019, si precisa che l’art. 24, comma 42 del DL 98/2011, come modificato dalla L. 37/2019, alla lettera d) prevede che i trasferimenti di rivendite ordinarie possano avvenire “solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di popolazione di cui alla lettera b)”;
pertanto l’art. 10 del d.m. 38 del 2013, alla luce della novella legislativa, va applicato nel senso che per i trasferimenti fuori zona “occorre valutare la concomitante sussistenza dei parametri di distanza e popolazione (e non già di redditività), a nulla rilevando ogni valutazione circa la produttività della rivendita che chiede il trasferimento”.

L’istante ha impugnato il provvedimento prot. 24984/2020 affidando il ricorso a tre motivi.

Con il primo motivo evidenzia la violazione dell’art. 4, comma 1, comma 1, della legge n. 37/2019, in quanto l’applicazione della previsione normativa che introduce il nuovo criterio del rapporto popolazione/rivendita sarebbe subordinata all’adozione del regolamento di attuazione richiamato dal comma 3 della medesima disposizione che non risulta essere stato adottato nel momento in cui è stato emesso il provvedimento gravato;
troverebbe pertanto ancora applicazione la disciplina dettata dal DM 38/2013.

Con il secondo motivo lamenta la contraddittorietà dell’azione amministrativa in quanto dapprima l’istanza sarebbe stata esaminata alla luce dell’art.11 del d.m. n. 38/2013 e in seguito in base all’art. 4 della legge n. 37/2019 a causa, si afferma, di un comunicato dell’Agenzia del 27 aprile 2020, pervenuto medio tempore, secondo cui “che ai fini della redazione dei piani semestrali l'Agenzia darà applicazione, nelle more dell'emanazione del regolamento, al nuovo criterio del rapporto di una rivendita ogni 1500 abitanti” che costituirebbe invero “indicazioni solo per il futuro cioè per i piani da predisporre dal II° semestre 2020 in poi, dettando quindi solo un indirizzo programmatico in previsione che le singole assegnazioni delle nuove rivendite indicate nei piani … Nulla dice sui procedimenti precedenti o in corso, compresi i trasferimenti, che continuano pacificamente ad essere disciplinati dal DM 38”.

Con il terzo motivo infine rileva un vizio di disparità di trattamento in quanto in altri casi simili a quello della ricorrente l’amministrazione “in tutti gli Uffici di Monopolio, visto la mancanza di decreti attuativi alla l. 37/2019, si continua ad applicare il DM 38/2013 ed infatti vengono presi in considerazione i requisiti di quest’ultima, produttività minima di redito e distanza non inferiore a 600 metri…”.

Nel costituirsi in giudizio l’Agenzia ha puntualmente replicato alle censure sollevate.

All’udienza del 15 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati contestualmente attesa la loro stretta connessione.

La questione centrale della controversia concerne la legittimità del provvedimento cui l’amministrazione ha rigettato l’istanza di trasferimento c.d. fuori zona della rivendita ordinaria che l’istante ha presentato nel vigore della disciplina recata dal d.m. n. 38/2013. Va precisato che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.m. n. 38/2013, il trasferimento di una rivendita ordinaria si considera “in zona” quando lo spostamento della rivendita avviene “entro 600 metri” dalla sede originaria, mentre ai sensi del comma 5 dell’art. 10 cit. il trasferimento si considera “fuori zona”, per quanto qui interessa, quando il trasferimento della rivendita avviene ad una distanza “superiore a 600 metri” rispetto alla sede originaria.

Il Collegio intende richiamare, oltre che per effetto dell’art. 74, anche ai sensi dell’art. 88, comma 1, lett. d), del c.p.a., al precedente del Consiglio di Stato, Sez. VII, 28 febbraio 2023, n. 2051, che ha esaminato la normativa applicabile ad una fattispecie sovrapponibile alla presente.

L’art. 24, comma 42, del decreto legge n. 98 del 2011, come novellato dall'art. 4, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2) della legge 3 maggio 2019, n. 37 (che ha inteso superare una contestazione mossa, nell’ambito della procedura precontenziosa avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, caso EU-Pilot 8002/15/GROW), ha espressamente stabilito l’ammissibilità dei trasferimenti di rivendite ordinarie “solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di popolazione di cui alla lettera b)” richiamando, dunque, il rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti stabilito nella predetta lett. b).

L’art. 4, comma 4, della legge 3 maggio 2019, n. 37, ha quindi dettato il regime transitorio in ordine all’applicabilità della nuova disciplina prevedendo che “In ogni caso sono fatti salvi gli effetti già prodotti dall’applicazione dell’articolo 24, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 febbraio 2013, n.38”.

Da qui una è risultata la demarcazione tra gli atti già adottati prima dell’entrata in vigore della legge n. 37 del 2019, i cui effetti sono fatti salvi, e quelli emessi successivamente, che devono invece essere rispondenti alla nuova disciplina.

La giurisprudenza ha peraltro già chiarito come il criterio del rapporto di una rivendita ogni 1500 abitanti, trova applicazione in tutti i casi in cui il d.m. 38 del 2013 (nella formulazione precedente alle modifiche introdotte nel 2021) faccia rimando a quello della redditività o comunque dia rilevanza al pregiudizio economico derivante dall’istituzione di una rivendita;
ciò in quanto, ove l’effetto della novella non trovasse immediata applicazione, verrebbero in rilievo profili di contrasto dell’ordinamento italiano rispetto a quello unionale (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. II, 19 marzo 2020, n. 3451;
Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 luglio 2022, n. 6049).

Fermo quanto sopra, nel precedente n. 2051/2023 su richiamato si è rilevato come “Il requisito della popolazione, infatti, concorre, al pari del requisito che ha sostituito e degli ulteriori requisiti anche attualmente prescritti per il trasferimento di una rivendita ordinaria “fuori sede” a scongiurare il sovradimensionamento dei punti vendita in determinate aree, che potrebbero risultare più attrattive sotto il profilo commerciale, ed il sottodimensionamento di altre zone del territorio comunale, in tal modo evitando alterazioni nella rete di vendita, in conformità agli obiettivi predeterminati dalla fonte di disciplina primaria”.

Si è poi affermato che “il rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1.500 abitanti deve essere osservato anche in caso di trasferimento fuori zona di una rivendita ordinaria che, determinando una incidenza sull’offerta dei prodotti da fumo nella zona commerciale di destinazione, diversa rispetto a quella originaria, provoca un impatto non trascurabile sia sulle privative esistenti sia sull’assetto complessivo della strutturazione della rete di vendita, integrando una fattispecie del tutto assimilabile, ai fini in esame, all’apertura di una nuova rivendita”.

Si è inoltre precisato come che le previsioni della l. n. 37 del 2019 che vengono in rilievo “trovano applicazione immediata, non richiedendo, quindi, un previo adeguamento della disciplina di secondo grado, stante anche la determinatezza dei requisiti della distanza e quello di popolazione fissati dalla fonte primaria”.

Alla luce delle coordinate ermeneutiche qui tracciate emerge come siano infondati i primi due motivi di ricorso in quanto nella fattispecie trova immediata applicazione, in base al principio del tempus regit actum, il criterio del rapporto popolazione/rivendite introdotto dall’art. 4, comma 1, della legge n. 37/2019.

Sono quindi prive di rilevanza le censure formulate con riferimento alla pretesa applicazione dell’originaria disciplina prevista dal d.m. n. 38/2013 e quanto allegato con riguardo al comunicato dell’Agenzia del 27 aprile 2020 che, peraltro, non risulta aver inciso sulla decisione amministrativa.

È altresì infondato il terzo motivo di ricorso.

Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento è configurabile in caso di identità di situazioni di fatto e di conseguente irragionevole diversità del trattamento che viene ad esse riservato.

La disparità di trattamento non può essere quindi dedotta ove la posizione giuridica che riguarda altri soggetti, invocata per ricevere il medesimo trattamento favorevole (tertium comparationis), sia stata conseguita contra legem in quanto frutto di una procedura non corretta, in quanto l’ordinamento non offre tutela a posizioni giuridiche che invocano in proprio favore rapporti sorti illegittimamente. La denunciata disparità di trattamento, nei termini qui precisati, non si risolve nell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione che ha posto in essere una condotta secudum legem, la cui azione quindi non può essere inficiata dall’eventuale illegittimità che caratterizza altri rapporti giuridici.

In altri termini, il destinatario di un provvedimento sfavorevole non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento favorevole che è stato illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trova in un’analoga situazione.

Ne consegue che, ferma la legittimità dell’operato compiuto dall’Agenzia, eventuali procedure poste in essere da altri Uffici in modo difforme da quella seguita nel caso di specie non costituisce vizio della procedura de qua che è stata legittimamente posta in essere.

In conclusione, il ricorso non è fondato e va pertanto respinto.

Tenuto conto della natura della controversia e dell’evoluzione normativa della materia, si dispone la compensazione delle spese di giudizio.

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