TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2018-10-05, n. 201809750
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Pubblicato il 05/10/2018
N. 09750/2018 REG.PROV.COLL.
N. 11205/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11205 del 2009, proposto da
Casa Regina Apostolorum della Pia Società Figlie di San Paolo, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato F R, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gian Giacomo Porro, 18;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato R B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Commissario ad acta per la Sanità della Regione Lazio non costituito in giudizio;
nei confronti
Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del Presidente della Regione Lazio in qualità di commissario ad acta del 24 giugno 2009, n. 43 pubblicato nel BURL Lazio del 28 settembre 2009 n. 36;
- di ogni altro atto connesso e comunque conseguente a quelli in questa sede impugnati;
- della DGR Lazio n. 1050 del 28 dicembre 2007;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 21 settembre 2018 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso spedito a notifica il 1 dicembre 2009 e depositato il successivo 23 dicembre, la Congregazione religiosa titolare dell’ospedale classificato ai sensi della legge n. 136/1968 Ospedale Regina Apostolorum, via San Francesco, 50 in Albano Laziale (Roma) ha impugnato l’attività provvedimentale con cui la Regione Lazio ha modificato la ripartizione del FSR 2018 relativa alla quota di finanziamento dell’attività di alta specializzazione e complessità organizzativa, originariamente stabilita con DGR Lazio n. 1050 del 2007.
Dopo un excursus sulle norme e sui precedenti provvedimenti (e relative vicende giudiziarie) in materia di remunerazione delle prestazioni sanitarie di assistenza ospedaliera, l’ospedale ricorrente deduce i seguenti motivi:
Violazione per falsa applicazione degli artt. 2, 4, 8 quinques e 8 sexies D.Lgs 502 del 30 dicembre 1992 e successive integrazioni e modificazioni;del DPCM 29 novembre 2001;violazione per falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990 per carenza assoluta di motivazione;violazione del'art. 7 e ss della L: n. 241 del 1990;violazione del giusto procedimento;eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, disparità di trattamento, comportamento perplesso, violazione dell'art. 97 Cost.-.
La Regione Lazio si è costituita in giudizio depositando memoria con cui eccepisce la inammissibilità e infondatezza del ricorso.
La Congregazione ricorrente, nella sua memoria conclusionale, insiste per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 21 settembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Rileva preliminarmente il Collegio che può prescindersi dall’esame della eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notifica alle altre strutture ospedaliere controinteressate, sollevata dalla difesa della Regione Lazio in quanto il ricorso è infondato nel merito.
In primo luogo appare opportuno richiamare la costante giurisprudenza di questo Tribunale (da ultimo si veda la sentenza della Sezione III quater n. 26 del 3 gennaio 2018) con la quale si evidenzia la erroneità della tesi che si fonda sulla completa equiparazione tra gli ospedali privati classificati e gli ospedali pubblici, in quanto gli ospedali religiosi non sono completamente assimilati alle strutture ospedaliere pubbliche, rilevando in contrario il fatto che restano, tra l'altro, enti di diritto privato con autonomia gestionale e sono sottratti al sistema della finanza pubblica di cui alla legge n. 468/1978.
Soprattutto perché essi, in base all’art. 79 del d.l. n. 112/2008 (convertito nella legge n. 133/2008) esercitano le attività assistenziali con oneri a carico del SSN esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502/1992 (cfr. C.d.S., Sez. III, 16 gennaio 2017, n. 109), e dunque, essendo equiparate, ma non totalmente assimilabili, alle strutture ospedaliere pubbliche, sono soggetti al rispetto del tetto di spesa predeterminato fissato dalla Regione Lazio e non si pongono in rapporto di diretta concorrenzialità con gli ospedali pubblici.
Secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 697/2013), risulta evidente che la Regione debba farsi carico degli oneri finanziari connessi alla erogazione di prestazioni sanitarie da parte delle aziende ospedaliere pubbliche e che, comunque, “non sussiste un obbligo di ripiano neppure nei confronti delle Aziende ospedaliere pubbliche, posto che nei confronti di esse la decisione della Regione di procedere al ripiano delle perdite non è configurabile come un riconoscimento di maggiori oneri rispetto a quelli programmati, bensì come ristoro del capitale netto” (Consiglio di Stato n. 697/2013 citata);la Regione, quindi, interviene per il ripianamento delle Aziende ospedaliere pubbliche in qualità di titolare dell'azienda che rientra nei beni patrimoniali pubblici.
Invece, le altre strutture sanitarie (come la ricorrente), pur equiparate, sono, comunque, soggetti di proprietà privata, al cui titolare (che ha piena autonomia di gestione) compete di provvedere alla copertura di eventuali perdite;inoltre dal quadro normativo emerge che le strutture in questione, in quanto soggetti distinti dall'Amministrazione pubblica, non hanno obblighi di rendicontazione e non sono soggette alle dirette interferenze pubbliche nelle scelte aziendali, ma solo ai vincoli della programmazione pubblica, che si estrinsecano mediante l'assegnazione di finanziamenti agli investimenti oppure la determinazione dei tetti di spesa (così ancora Consiglio di Stato n. 109/2017).
Ciò premesso deve essere respinto il profilo di censura con il quale si deduce il mancato convolgimento delle strutture ospedaliere, ai sensi dell’art. 7 e ss della legge n. 241/1990, nella individuazione dei parametri di riferimento finalizzati alla individuazione delle strutture beneficiarie del finanziamento, in quanto a causa dei ristretti limiti di spesa delle Regioni, appare evidente come nel caso di specie non residuasse oramai spazio alcuno per tale attività istruttoria o per una individuazione concordata di tali parametri.
In proposito possono essere richiamati i consolidati assunti giurisprudenziali per cui la facoltà, per le Regioni, di determinare criteri per la remunerazione delle prestazioni erogate al di sopra del tetto di spesa previsto dall'art.