TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-07-11, n. 202304182

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-07-11, n. 202304182
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202304182
Data del deposito : 11 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/07/2023

N. 04182/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00097/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 97 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato S V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Sedile di Porto 9;

contro

il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica;
l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, in persona del Prefetto in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

del decreto di rigetto dell'istanza di emersione n. Prot. -OMISSIS- emesso dall'Sportello Unico per l'Immigrazione di Napoli il 02/11/2022.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’ Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 aprile 2023 la dott.ssa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Parte ricorrente impugna il provvedimento indicato in epigrafe con cui è stata respinta l’istanza di emersione da lavoro irregolare presentata nel suo interesse, ai sensi dell’art. 103 del d.l. 34 del 2020.

Tale provvedimento si fonda sul rilievo che il datore di lavoro non fosse in possesso dei requisiti di reddito idonei ad assumere un lavoratore dipendente.

Dall’atto impugnato emerge che con una prima comunicazione emessa ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, la Prefettura rappresentava che di datore di lavoro aveva dichiarato che il nucleo familiare era composto da più soggetti percettori di reddito;
dagli accertamenti d'Ufficio effettuati presso l'Agenzia dell'Entrate il datore di lavoro, tuttavia, non risultava essere in possesso del reddito sufficiente per la definizione dell'istanza e veniva invitato ad integrare la documentazione ritenuta idonea a dimostrare la capacità economica mediante il reddito dei familiari.

A seguito di tale comunicazione, il datore di lavoro ha integrato il proprio reddito con quello del fratello.

La Prefettura ha richiesto nuovamente il parere all'Ispettorato Territoriale del Lavoro il quale ha espresso nuovamente il parere negativo rilevando che le dichiarazioni di redditi del datore di lavoro risultavano con dati inesistenti e, pertanto, il reddito del fratello comunque non risulta sufficiente ad integrare il requisito reddituale.

Pertanto ritenendo l'integrazione non idonea a comprovare il possesso dei requisiti reddituali, l’amministrazione ha respinto l’istanza di emersione.

2. Con una articolata censura, il ricorrente ha dedotto la illegittimità del diniego per violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 e per eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti.

Rileva il ricorrente che l'Ispettorato del Lavoro, al fine di rendere il suo parere, avrebbe dovuto tenere conto delle osservazioni rese dalla parte nel corso del procedimento e verificarne la corrispondenza con i dati in possesso dell'Agenzia dell'Entrate la quale ha certificato l’avvenuta dichiarazione dei redditi da parte del datore di lavoro per l’anno di imposta 2019 e 2020.

A sostegno delle proprie difese, il ricorrente ha depositato le dichiarazioni fiscali in parola e, relativamente alla dichiarazione dell’anno 2020, anche la dichiarazione del proprio fratello (in particolare, per un reddito di euro 13.200 del datore di lavoro e per un reddito di euro 17.243 del fratello).

3. Con l’ordinanza n. 194 del 2023 è stata accolta la domanda cautelare proprio in ragione delle emergenze documentali allegate dalla parte.

A seguito dell’accoglimento della istanza cautelare, l’amministrazione ha riesaminato la vicenda alla luce delle emergenze processuali ed ha specificato che per l’anno d’imposta 2019, anno di riferimento ai fini della procedura di emersione, la dichiarazione dei redditi presentata dal datore di lavoro è da considerarsi inesistente in quanto, sebbene presentata dall’istante, essa risulta “irregolare”.

Per tali ragioni, doveva considerarsi insufficiente il reddito IRPEF del fratello in quanto inidoneo ad integrare il requisito reddituale richiesto dalla legge.

4. Alla pubblica udienza del 26 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato.

In particolare, dalla documentazione allegata risulta che il reddito del datore di lavoro, anche per come integrato da quello del fratello, raggiunga la soglia stabilita dall’art. 9, comma 2, del d.M. 27 maggio 2020 in cui è precisato che: “ Per la dichiarazione di emersione di un lavoratore addetto al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare o all'assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorche' non conviventi, affetti da patologie o disabilita' che ne limitino l'autosufficienza, il reddito imponibile del datore di lavoro non puo' essere inferiore a 20.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare composto da un solo soggetto percettore di reddito, ovvero non inferiore a 27.000,00 euro annui in caso di nucleo familiare inteso come famiglia anagrafica composta da piu' soggetti conviventi. Il coniuge ed i parenti entro il secondo grado possono concorrere alla determinazione del reddito anche se non conviventi .”.

Il requisito reddituale che viene in rilievo viene individuato dal comma 1 del medesimo articolo 9 in cui è precisato che deve farsi riferimento al reddito risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi.

Orbene, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ha certificato (allegato 11 al ricorso) che il datore di lavoro ha conseguito un reddito, per l’anno di imposta 2019 pari ad euro 33.050,00 e per l’anno di imposta 2020 pari ad euro 13.903,00.

L’amministrazione, tuttavia, ha contestato che la dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2019 fosse irregolare, depositando a comprova di tanto una schermata della Agenzia delle Entrate da cui risulta che le imposte derivanti dal reddito dichiarato dal datore di lavoro sono state liquidate da questi tardivamente e, cioè, solo in data 14 giugno 2020 e, per l’anno di imposta 2020, che i relativi dati erano inesistenti.

Rileva il Collegio che l’Amministrazione alcun chiarimento ha fornito al rilievo del certificato, emesso dalla stessa Agenzia delle Entrate, che attesta, come si è detto. l’avvenuta dichiarazione dei redditi.

Deve dunque ritenersi che per l’amministrazione assuma portata decisiva la circostanza che i redditi dichiarati ma per i quali non siano stati assolti dal contribuente gli obblighi di versamento non possano essere positivamente valutati ai fini della dimostrazione del requisito necessario per il buon esito della procedura di emersione.

Tale posizione, tuttavia, non è condivisibile.

La riscontrata irregolarità determinata dal mancato pagamento degli oneri a carico del contribuente non può essere causa ostativa della valenza del reddito dichiarato per altri fini.

Il mancato pagamento delle imposte determina, infatti, conseguenze nel rapporto tra contribuente ed amministrazione finanziaria che non rilevano nel procedimento di emersione, dal momento che la legge non richiede che il datore di lavoro sia anche un buon contribuente ma che si dimostri soggetto idoneo ad assolvere gli obblighi di pagamento delle prestazioni lavorative rese a suo favore.

5. L’atto impugnato che si fonda sulla insufficienza del reddito del datore di lavoro, in considerazione della esistenza di una certificazione di senso contrario, è espressione di una attività amministrativa viziata da eccesso di potere per travisamento dei fatti e va annullato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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