SENTENZA sede di VENEZIA, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 202400366, Verifica appello

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Sul provvedimento

Citazione :
SENTENZA sede di VENEZIA, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 202400366, Verifica appello
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202400366
Data del deposito : 28 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/02/2024

N. 00366/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00794/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 794 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Immobiliare Maserà di C E &
C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati N G, E F, R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Maserà di Padova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L'Area Metropolitana di Venezia e Le Province, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrett. Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Associazione Culturale Alhuda, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento del Comune di Maserà di Padova di data 4 maggio 2022, comunicata in pari data e recante ad oggetto “acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Maserà di Padova dei beni oggetto di demolizione di cui all'ordinanza n. 13/2021 e della quota parte di proprietà di spazi comuni di cui alla relazione prot. 5520 del 03/06/2020 – ai sensi dell'art. 31 DPR n. 380/2001 – provvedimento conclusivo”;

- nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto, collegato e connesso, in particolare della comunicazione di avvio del procedimento teso all'acquisizione del bene al patrimonio comunale, prot. n. 4224 del 30 aprile 2022, nonché, per quanto occorrer possa, del verbale di accertamento dell'ottemperanza all'ordinanza di rimessa in pristino n. 13/2021, emesso dal Comune di Maserà di Padova in data 21 marzo 2022, non trasmesso alla ricorrente e conosciuto solo in data 24 aprile 2022;
della comunicazione di avvio del procedimento del Comune di Maserà di Padova di data 7 aprile 2022 con cui è stata preannunciata l'irrogazione della sanzione di 20.000 euro ex art. 31, commi 4 e 4-bis, dpr n. 380/2001;

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Immobiliare Maserà di C E &
C. S.a.s. il 9/3/2023:

- dell'ordinanza del Comune di Maserà di Padova prot. n. 15174 del 14 dicembre 2022 di rettifica e acquisizione di beni al patrimonio disponibile ex art. 31, d.P.R. n. 380/2001 e dell'ordinanza - ingiunzione del Comune di Maserà di Padova prot. n. 276 del 9 gennaio 2023 avente ad oggetto l'irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all'art. 31, comma 4-bis, d.P.R. n. 380/2001.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Maserà di Padova e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per L'Area Metropolitana di Venezia e Le Province;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 novembre 2023 il dott. M R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 13/2021, rimasta inoppugnata, il Comune di Maserà di Padova ingiungeva alla società ricorrente (nella sua qualità di proprietaria) e all’Associazione Culturale Alhuda (nella sua qualità di conduttrice e responsabile degli abusi) di rimuovere gli abusi edilizi riscontrati in un immobile di proprietà della ricorrente, facente parte della Corte Benedettina Da Zara (immobile n. 29), ricadente in Z.T.O. “A” Centro Storico (art. 14 delle N.T.O.) e assoggettato alle vigenti disposizioni di tutela ai sensi dell’art. 10, comma 3 e art. 13 comma 1 del D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42.

Gli abusi edilizi sanzionati dal Comune consistevano nel cambio di destinazione d’uso dell’immobile (trasformato da uso commerciale a luogo di culto/moschea) e in alcuni interventi edilizi, realizzati in assenza sia del prescritto permesso di costruire sia dell’autorizzazione della competente Soprintendenza, entrambi necessari per eseguire qualsivoglia intervento sull’immobile in oggetto.

L’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, come detto, non veniva impugnato e si consolidava.

Decorsi i 90 giorni previsti dalla legge, in data 24/11/2021 e 15/12/2021 venivano compiuti dei sopralluoghi per accertare l’ottemperanza alla citata ordinanza di rispristino dello stato dei luoghi: dei sopralluoghi veniva redatto verbale (doc. 7 P.A.).

Nel corso della verifica in loco eseguita dalla Polizia locale e dal Responsabile UTC, il Sig. Muoadeb Mustapha comunicava ai pubblici Ufficiali che l’immobile in parola era ancora utilizzato come Moschea. A riprova di ciò, informava che la moschea al momento era chiusa e che alle ore 12:00 sarebbe stata aperta per lo svolgimento della preghiera e di tornare quindi a tale ora.

I pubblici Ufficiali tornavano in loco alle ore 12:00 trovando sul posto n. 4 fedeli e il Signor F M (Iman) il quale, dopo aver chiesto se dovesse essere controllata la moschea, li invitava ad accedere per verificare i lavori effettuati. In tale occasione, il Signor F M asseriva che si era già svolta la preghiera del mezzogiorno e che quindi si poteva accedere al locale.

Veniva, quindi, data agli agenti pubblici la possibilità di entrare nei locali previa stesura di teli di nylon al fine di non calpestare con le scarpe quello che era stato definito dal Signor F M il “tappeto di preghiera”. Le persone presenti all’interno della moschea erano tutte scalze così come prevede la cultura musulmana per l’accesso ai luoghi di culto.

Orbene, nel corso di detto sopralluogo, gli agenti pubblici accertavano quanto segue:

1. Immobile catastalmente censito al Fg 4 mapp. 1434 sub 29: LUOGO DI CULTO:

a) “piano terra – lati nord-est-sud”, nel quale era stato autorizzato l’uso a “negozio”, permaneva la modifica della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante operata in assenza di permesso di costruire e senza il rilascio della preventiva autorizzazione della Soprintendenza dei beni architettonici e del paesaggio;

b) la parte di immobile considerata (lati nord-est-sud) veniva ancora utilizzato, in modo continuativo e sistematico, come luogo di culto (moschea), ammissibile nelle sole ZTO F2 – “attrezzature di interesse pubblico e, in particolare, nelle zone F2/2, F2/4, F2/16 del vigente P.I. – art. 43 NTO;

c) permaneva la presenza dei cartelli appesi e indicanti l’orario di preghiera: sul punto si precisava che detti cartelli, inizialmente affissi esternamente sulla porta di uscita, erano invece affissi internamente sulla parete ovest. In pratica i cartelli rimanevano essendo stata modificata solo la loro allocazione.

Immobile catastalmente censito al Fg. 4 mapp. 1434 sub 29: SCUOLA CORANICA:

a) “piano terra – lato ovest”, nel quale era stato autorizzato l’uso a “negozio” (ZTO A – centro storico – art. 14 NTO P.I.) permaneva ancora la modifica della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante operata in assenza di permesso di costruire e senza il rilascio della preventiva autorizzazione della Soprintendenza dei beni architettonici e del paesaggio;

b) la parte di immobile considerata (lato ovest) veniva ancora utilizzata, in modo continuativo e sistematico, come scuola coranica, ammissibile nelle sole ZTO F2 – “attrezzature di interesse pubblico e, in particolare, nelle zone F2/2, F2/4, F2/16 del vigente P.I. – art. 43 NTO;

c) con specifico riguardo a detta porzione di locale è stato accertato, nel corso del sopralluogo del 24/11/2021, la parziale demolizione del cartongesso e la rimozione del solo cartellone riportante l’alfabeto arabo, poi ripristinato come verificato nel sopralluogo del 15/12/2021);

3. Immobile catastalmente censito al Fg 4 mapp. 1434 sub 29: CUCINA

a) “piano terra – lato nord” nel quale era stato autorizzato l’uso a “negozio” (ZTO A – centro storico – art. 14 NTO P.I.) permaneva ancora la modifica della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante operata in assenza di permesso di costruire e senza il rilascio della preventiva autorizzazione della Soprintendenza dei beni architettonici e del paesaggio;

b) la parte di immobile considerata (lato nord) viene ancora utilizzata, in modo continuativo e sistematico, come cucina;

4. Mancato ripristino dello status quo ante in relazione alle opere e agli interventi realizzati sino titolo,

a) si riconfermava la presenza di una porta non concessionata e di griglie di aerazione realizzate in assenza di permesso di costruire e senza il rilascio della preventiva autorizzazione della Soprintendenza dei beni architettonici e del paesaggio;

b) lungo la parete nord esterna dell’immobile era stata accertata la realizzazione di un nuovo abuso edilizio, consistente nella realizzazione di un bancone “stile bar” nella zona già abusivamente destinata a cucina. Si rilevava come il bancone fosse stato eseguito a seguito della (solo) parziale demolizione delle pareti in cartongesso così integrando, come detto, un nuovo ed ulteriore abuso (Cfr. doc. 7 e vedasi pag. 8 “Abuso 3” - del verbale 0003791 del 21/03/2022: confronto Foto 2 e 5 verbale prot. 5204/2021 e Foto 3 e 7 verbale prot.5204/2021 da cui si evince ancora la presenza delle pareti in cartongesso e la presenza del bancone bar);

c) Sulla parete est permaneva la presenza di parte del disimpegno con funzione di “bussola”, cartongesso demolito solo in parte sulla parte est destinata a “bussola di ingresso”;

d) Per quanto concerne la parte di pareti abusive non ripristinate, si precisava che trattavasi di quelle addossate sul fronte sud, con cui erano state oscurate le vetrate del muro perimetrale.

Preso atto della perdurante inottemperanza all’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 13/2021 (solo in parte attuata dai soggetti obbligati) il Comune emanava il provvedimento di acquisizione gratuita in epigrafe indicato e, con separato atto, irrogava alla ricorrente la sanzione pecuniaria di cui all'art. 31, comma 4-bis, d.P.R. n. 380/2001.

Avverso detti provvedimenti è insorta, con ricorso principale e motivi aggiunti, l’odierna ricorrente (proprietaria dell’immobile in oggetto), deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio l’Ente Civico resistente, replicando alle avverse censure e chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o infondatezza dei ricorsi.

All’udienza in epigrafe indicata la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

Secondo l’ordine logico delle questioni di cui agli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2 c.p.c. occorre previamente esaminare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune per non avere la ricorrente impugnato la presupposta ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi

L’eccezione è infondata in quanto la sanzione dell’acquisizione gratuita dell’immobile abusivo al patrimonio comunale ha presupposti ulteriori rispetto all’ordine di rimozione o demolizione, richiedendosi in particolare l’imputabilità dell’inottemperanza.

E, invero, come precisato, dalla Corte costituzionale, l’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale costituisce una "sanzione in senso stretto, distinta dalla demolizione", in cui si estrinseca "la reazione dell'ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un'opera abusiva e, poi, non adempie all'obbligo di demolirla” (Corte cost. 15 luglio 1991, n. 345 e n. 140/2018).

La sanzione disposta con l’ordinanza di demolizione ha natura riparatoria ed ha per oggetto le opere abusive, per cui l’individuazione del suo destinatario comporta l’accertamento di chi sia obbligato propter rem a demolire e prescinde da qualsiasi valutazione sulla imputabilità e sullo stato soggettivo (dolo, colpa) del titolare del bene.

Invece, l’acquisizione gratuita, quale conseguenza dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e della relativa omissione, ha natura afflittiva (così come la correlata sanzione pecuniaria).

In considerazione di tale natura afflittiva, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 16 del 2023, ha affermato in materia il principio per il quale deve esservi l’imputabilità dell’illecito omissivo della mancata ottemperanza.

Pertanto, l’atto di acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non può essere emesso quando risulti la non imputabilità –ad esempio per una malattia completamente invalidante – della mancata ottemperanza da parte del destinatario dell’ordine di demolizione (salvi gli obblighi del suo eventuale rappresentante legale).

La Plenaria ha, altresì, precisato che, in base al principio della vicinanza alla fonte della prova, è specifico onere per il destinatario dell’ordine di demolizione – o, in ipotesi, del suo rappresentante legale – dedurre e comprovare la sussistenza di tale non imputabilità: l’Amministrazione, in assenza di comprovate deduzioni, deve emanare l’atto di acquisizione.

Alla luce delle suesposte considerazioni va affermata la sussistenza dell’interesse a ricorrere in capo al privato che, pur non avendo impugnato l’ordinanza ripristinatoria, contesti la sussistenza dei suddetti presupposti per le sanzioni previste in caso di sua inottemperanza colpevole.

Nel merito, tuttavia, il primo motivo di ricorso con cui l’odierna istante deduce la non imputabilità dell’inottemperanza è infondato.

La ricorrente non può essere considerata proprietaria incolpevole degli abusi edilizi stigmatizzati dal Comune (in particolare del mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da commerciale a luogo di culto) e della mancata integrale ottemperanza all’ordine di ripristino dello stato dei luoghi, risultando dagli atti che:

1) l’immobile de quo era stato locato dalla ricorrente all’Associazione Al Huda per il “solo uso di Associazioni religiose” (cfr. doc. 34 bis – pag. 2);
il contratto di locazione era stato stipulato in data 1.07.2014 e, non disdettato, si è rinnovato dopo sei anni. L’immobile presentava, tuttavia, evidenti indici di un uso illegittimo anche dai soli arredi interni o dagli avvisi esterni: come risulta dagli accertamenti compiuti dall’amministrazione ed illustrati nel verbale di sopralluogo 11457/2020, antecedente alla data di adozione dell’ordinanza di ripristino, in cui vengono riportate varie fotografie, compresa quella raffigurante l’avviso esterno degli orari di preghiera della moschea. E’ inverosimile che la ricorrente non abbia mai visitato né internamente né esternamente l’immobile nell’arco di ben sette anni (2014-2021);

2) la proprietà aveva piena contezza degli abusi, avendo la ricorrente dichiarato e provato di aver nominato un tecnico di fiducia Gugliemo Giovanni (doc. 13.2) in pendenza del termine per adempiere ed avendo inviato al Comune tramite la propria pec una nota a firma dell’Associazione Al Huda (cfr. doc. 33 nota prot. 15381 – pag. 3 ordinanza di acquisizione);

3) il tecnico della ricorrente aveva libero accesso all’immobile di causa, tanto da essere stata accertata la sua presenza in loco durante i lavori parziali da parte degli Ufficiali di Polizia Locale (doc. 14 bis);

4) il tecnico della ricorrente aveva presentato domanda di accesso agli atti, positivamente riscontrata dall’ente civico (docc. 14 quater e 14 quinquies);

5) l’immobile era a tutti gli effetti utilizzato come moschea, uso illegittimo perdurante sia dopo lo scadere del termine di ottemperanza (cfr. doc. 7verbale di P.L.), sia dopo la notifica dell’ordinanza di acquisizione (cfr. doc. 34 – verbali di P.L.)

Al fine di accertare la legittimità del provvedimento impugnato occorre valutare se il proprietario, estraneo all’abuso commesso da altri e che non abbia la diretta disponibilità dell’immobile (ad esempio, perché locata o concessa ad altro titolo a terzi), nel rispetto dei doveri di diligente amministrazione, correttezza e vigilanza nella gestione dei beni immobiliari di cui è titolare, si sia adoperato con i mezzi previsti dall’ordinamento per impedire la realizzazione degli abusi edilizi o per agevolarne la rimozione (orientamento consolidato: cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2016 n. 358 e 30 marzo 2015 n. 1650;

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