TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-11-14, n. 202214816

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-11-14, n. 202214816
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202214816
Data del deposito : 14 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2022

N. 14816/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05099/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5099 del 2019, proposto da
Comune di Stimigliano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avvocati A Q, G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. A Q sito in Roma, alla Via Leonida Bissolati n. 54;

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocato V D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la condanna

della Regione Lazio al pagamento della somma di euro 141.518,09, di cui alle convenzioni stipulate rispettivamente in data 16 novembre 2011 e 20 aprile 2012/11 maggio 2012.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2022 il dott. Francesco Elefante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso in riassunzione il Comune di Stigliano adiva l’intestato TAR allegando che con decreto ingiuntivo n. 22889/2014, pubblicato mediante deposito in cancelleria dal Tribunale civile di Roma in data 08 ottobre 2014, notificato alla Regione Lazio il 30 ottobre 2014, veniva accolto il giudizio monitorio avanzato con ingiunzione alla Regione Lazio al pagamento della somma di € 166.198,73 oltre interessi fino al saldo nonché le spese del procedimento monitorio.

A fondamento della propria domanda monitoria, il Comune di Stimigliano esponeva in punto di fatto quanto segue:

- che con convenzione stipulata in data 16 novembre 2011 la Regione Lazio e il Comune avevano firmato un accordo per la soluzione al problema occupazionale dei lavoratori socialmente utili del Comune di Stimigliano;

- che la Regione Lazio si era impegnata a garantire la copertura finanziaria totale pari alla retribuzione annua per ciascun lavoratore occupato dalla data di assunzione e per il periodo successivo di cinque anni (in base alla categoria economica di appartenenza dei lavoratori secondo CCNL - Comparto Enti locali inclusi oneri accessori);

- che il Comune assumeva n. 3 unità di personale (A C, M V, A F) con conseguente stipula in data 27 dicembre 2011 di tre contratti a tempo determinato, categoria B1, con orario part time di 30 ore articolato su sei giornate lavorative, per un importo base di € 14.370,00, rateo tredicesima € 1.197,44 e indennità di comparto e 32,27;

- che il Comune aveva corrisposto regolarmente lo stipendio mentre la Regione Lazio si era impegnata a rimborsare i costi sostenuti;

- che in data 20 aprile 2012 aveva inoltre richiesto e ottenuto, dalla Regione Lazio, un ampliamento del contributo concesso per l’assunzione a tempo part-time per 30 ore di un altro giovane disoccupato Sig. B O;

- che il contratto a tempo determinato di quest’ultimo – categoria B con posizione B3 – prevedeva uno stipendio base di € 15.191,64, rateo tredicesima € 1.265,97 e indennità di comparto € 32,76;

- che non avendo la Regione Lazio provveduto al “rimborso” di quanto versato ai lavoratori, otteneva dal Tribunale ordinario di Roma un decreto ingiuntivo per la somma di € 166.198,73 oltre interessi fino al saldo;

- che con atto di citazione in opposizione la Regione Lazio si opponeva al citato decreto ingiuntivo eccependo, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario dovendosi devolvere la controversia alla cognizione del giudice amministrativo, atteso che la pretesa creditoria fatta valere traeva origine e titolo da un accordo di diritto pubblico, poi annullato in autotutela, stipulato per sostenere l’assunzione di lavoratori socialmente utili ai sensi della legge regionale 22 luglio 2002, n. 21;
nel merito, relativamente alla prima convenzione, si eccepiva inoltre l’inesistenza ex tunc del titolo in forza del quale era stato emesso il decreto ingiuntivo considerato che con determinazione G07940, del 30 maggio 2014, si era provveduto all'annullamento in autotutela delle convenzioni assumendone l’illegittimità, tenuto conto che l'art. 7 del d.lgs. n. 81/2000 poneva quale requisito per l'incentivazione alla assunzione degli LSU la stipula di contratti a tempo indeterminato - come confermato dalla Deliberazione Giunta Regionale del 16 luglio 2004 n. 616 - mentre i contratti stipulati con i singoli lavoratori erano invece tutti a tempo determinato. In sostanza, per effetto della naturale retroattività della eliminazione in autotutela degli accordi, era stato rimosso ogni obbligo derivante dalle convenzioni sin dalla stipula.

Senza tacere, con riguardo alla convenzione del 11 maggio 2012 relativa all’assunzione del sig. B O, assunto in quanto giovane disoccupato, sia il difetto del requisito soggettivo, sia la sottoscrizione da soggetto privo di potere rappresentativo dell’ente verso l’esterno;

- che con sentenza n. 1668 del 23 gennaio 2019, il giudice ordinario adito, a definizione del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso a favore del Comune, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, dando temine di legge per riassumere dinnanzi al Giudice amministrativo;

- che persistendo l’interesse il Comune ricorrente riassumeva il giudizio dinanzi l’intestato T.A.R. al fine di ottenere il rimborso delle somme anticipate per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente, avendo proceduto, conformemente a quanto concordato nelle convenzioni, all'assunzione delle quattro unità lavorative con versato dei relativi oneri economici spettanti;

- che infatti la Regione Lazio era rimasta inadempiente non provvedendo ad erogare l’intero rimborso, ma avendo disposto solo il pagamento parziale di euro 24.680,64 a fronte dell’intero importo dovuto e ingiunto, pari ad euro 166.198,73 (residuo pari a euro 141.518,09).

Si costituiva in giudizio la Regione Lazio deducendo, ex adverso , l’infondatezza del ricorso per le ragioni già espresse dinanzi al giudice ordinario.

In sintesi, atteso che le convenzioni erano state annullate (determinazione G0790 del 30 maggio 2014) in autotutela, non esisteva più, ex tunc , il titolo giuridico in base al quale il Comune aveva fatto valere nel giudizio, prima civile e ora amministrativo, la sua pretesa creditoria;
l’annullamento in autotutela non era invero espressione del potere discrezionale amministrativo, ma rappresentava un atto dovuto, stante l’illegittimità riscontrata e accertata altresì da altri organi, tra i quali anche la Corte dei Conti, che, con la deliberazione n. 123/2013 - Sezione Giurisdizionale di Controllo per il Lazio d (giudizio di parifica del rendiconto 2011) aveva ritenuto illegittime le convenzioni che l’amministrazione regionale aveva sottoscritto con tali Enti (in ordine al finanziamento regionale quinquennale per assunzioni di lavoratori socialmente utili) per violazione delle norme imperative di finanza pubblica e sul reclutamento del personale nella P.A.

Il d. Lgs. 81/2000, “ Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, del-la legge 17 maggio 1999, n. 144 indicava infatti, all’art. 7, che gli incentivi potevano essere erogati solo per le iniziative volte a creare occupazione stabile a tempo indeterminato. In altri termini, l’ente regionale resistente non riconosceva dovuto il rimborso per il periodo di assunzione che andava dal gennaio 2014 al maggio 2014, ossia per il periodo successivo all’annullamento in autotutela, per le tre lavoratrici A C, M V ed A F. Nessun rimborso, inoltre, era dovuto per l’assunzione del sig. B in quanto non rientrante nella categoria di "Lavoratore Socialmente Utile".

Non avendo, peraltro, il Comune di Stimigliano impugnato la determinazione G07940 del 30 maggio 2014, di annullamento in autotutela, nessuna contestazione poteva essere più mossa al riguardo.

Quanto alla posizione, nello specifico, del Sig. B, la Regione evidenziava altresì che il rimborso dei costi non poteva essere riconosciuto, altresì, per due diversi motivi: perché questi non rientrava nel novero dei lavoratori socialmente utili, e perché l’accordo sottoscritto in data 11 maggio 2012 era nullo non avendo “il Dirigente” poteri di rappresentanza dell’ente all’esterno.

Con successiva memoria parte ricorrente evidenziava che l’oggetto del contendere non era l’esecuzione degli obblighi assunti con le convenzioni, ma gli effetti della già intervenuta esecuzione di questi: si trattava cioè del rimborso di somme già versate in esecuzione degli accordi sicché era evidente il limite temporale della non retroattività all’annullamento in autotutela.

Con riferimento al B il Comune replicava che non poteva essere negata l’obbligazione di rimborso, quale titolo inesistente, dacché non era intervenuta alcuna revoca in merito a questa specifica convenzione.

All’udienza del 7 ottobre 2022 la causa, come in verbale, veniva chiamata e trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto perché fondato.

A tal fine deve rilevarsi, infatti, che l’intervenuto annullamento in autotutela nel 2014 delle precedenti convenzioni, pur avendo effetto retroattivo, non può comunque interessare le prestazioni che, medio tempore , sono state già eseguite quale adempimento agli obblighi originariamente assunti, trattandosi in parte qua di rapporto c.d. esaurito.

Si vuole cioè affermare che l’annullamento in autotutela di un atto amministrativo sconta, sul piano della retrodatazione temporale degli effetti, lo stesso limite che l’ordinamento giuridico prevede - in omaggio al principio della certezza dei rapporti giuridici - per l’ipotesi di dichiarazione di incostituzionalità di una norma legislativa, ovvero l’esaurimento degli effetti per intervenuta esecuzione (c.d. rapporti esauriti).

Non è un caso, infatti, che l’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004 – che disciplina l’ipotesi più ampia di annullamento in autotutela prevista dall’ordinamento perché dettata da ragioni di finanza pubblica - comunque prevede espressamente che la caducazione possa avvenire anche se “ l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso ” e che “ l’annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall’eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall’acquisizione dell’efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante ”, lasciando intendere che ove l’obbligazione contrattuale sia stata già eseguita il provvedimento di secondo grado non può intaccare gli effetti prodotti ( rectius , neanche ove l’esecuzione sia perdurante sulla base di provvedimenti amministrativi datati oltre i tre anni).

Ciò detto, poiché gli accordi stipulati nel 2011 e nel 2012 hanno avuto piena esecuzione, atteso che i lavoratori sono stati assunti e pagati, ne consegue che il provvedimento in autotutela del 2014 non può incidere sull’obbligazione secondaria relativa al rimborso di quanto dovuto, in base al principio simul stabunt simul cadent , per cui o vengono meno entrambe le obbligazioni causalmente collegate (quella originaria avente a oggetto l’assunzione dei lavoratori con i conseguenti versamenti, e quella secondaria del rimborso da parte della Regione) o entrambe le obbligazioni restano efficaci: non essendo però più giuridicamente possibile il venir meno retroattivamente di entrambe ne consegue come anticipato, che il regime obbligatorio previsto nelle convenzioni non può dirsi azzerato dal provvedimento di secondo grado del 2014.

In ragione di quanto esposto, quindi, il ricorso deve essere accolto perché fondato, con la conseguente condanna della Regione Lazio al pagamento, in favore del Comune resistente, della somma di euro 141.518,09 ovvero di quanto ancora dovuto in esecuzione delle convenzioni stipulate rispettivamente in data 16 novembre 2011 e 20 aprile 2012/11 maggio 2012, oltre interessi legali.

Attese le concrete modalità di svolgimento della vicenda in esame si ritiene di disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.

Si dispone infine la trasmissione degli atti alla competente Procura Regionale della Corte dei Conti ai fini dell’individuazione di possibili ipotesi di danno erariale.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi