TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-03-21, n. 202203219

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-03-21, n. 202203219
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202203219
Data del deposito : 21 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2022

N. 03219/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01944/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1944 del 2022, proposto da
Tre Monti II ” s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati V C, A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, via Oslavia 12;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Ingiunzione demolizione opere asseritamente abusive.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2022 il dott. Giuseppe Licheri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuti sussistenti i presupposti per l’adozione di un provvedimento ai sensi dell’art. 60 c.p.a.


Premesso che:

- con ricorso notificato il 14 febbraio 2022 – depositato in giudizio il successivo 23 febbraio – la società ricorrente ha impugnato la determinazione dirigenziale rep. n. CB/55/2022 del 17 gennaio 2022 (prot. n. CB/4095/2022) – notificata il 18 gennaio – con cui la Direzione tecnica del Municipio II di Roma Capitale ha ingiunto la rimozione degli interventi di ristrutturazione edilizia asseritamente realizzati in forma abusiva presso l’immobile di via Eleonora Duse, n. 5/H, Roma;

- premette la ricorrente di essere proprietaria dell’immobile in questione, per eseguire lavori di ristrutturazione sul quale (comprendenti anche un intervento di ampliamento in sopraelevazione, con recupero dei volumi accessori ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a ) della l. R. Lazio n. 21/2009) presentava all’autorità comunale, il 15 luglio 2016, una DIA alternativa al permesso di costruire cui faceva seguito, il 15 novembre 2016, una nota integrativa, trasmessa al competente municipio, con la quale la medesima faceva presente che i lavori in argomento non avevano ancora avuto inizio e che la documentazione necessaria per perfezionare il titolo abilitativo ed intraprendere legittimamente le opere era ancora carente di una serie di atti, tra i quali l’occorrente autorizzazione del genio civile;

- il 6 luglio 2017, la ricorrente presentava istanza di autorizzazione al genio civile trasmettendo al Municipio, il successivo 14 luglio, la documentazione mancante, ad eccezione della predetta autorizzazione (che sarà adottata solamente il 9 novembre 2018), e contestualmente informando dell’avvio dei lavori, con esclusione delle opere di carattere strutturale ancora in attesa di assenso da parte del genio;

- in data 31 maggio 2021 perveniva alla ricorrente una nota del Municipio II (prot. n. CB/59887) con cui quell’ufficio informava dell’intervenuta decadenza della DIA in oggetto per essere stato l’inizio dei lavori comunicato ad oltre un anno di distanza dal suo deposito, in violazione dell’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001. A tale nota faceva seguito la determinazione dirigenziale rep. n. CB/1472/2021 del 5 agosto 2021 (prot. n. CB/87671) con cui il Municipio intimava alla ricorrente l’immediata sospensione dei lavori in questione, in quanto svolti in conformità alla DIA prot. n. CB/75701 del 17 luglio 2016 dichiarata decaduta;

- all’ordine di sospensione dei lavori facevano seguito le controdeduzioni del ricorrente le quali, tuttavia, non inducevano l’amministrazione a rimeditare le conclusioni cui la stessa era pervenuta giungendo, infine, all’adozione del provvedimento gravato con il presente ricorso;

- contro il provvedimento impugnato la società ricorrente articola due motivi di ricorso:

I) violazione degli artt. 15 e 23 del d. P. R. n. 380/2001, nonché dell’art. 3, comma 1, lett. a ) della l. R. Lazio n. 21/2009.

Secondo la ricorrente, nell’intimare la demolizione delle opere eseguite Roma Capitale avrebbe violato i parametri normativi invocati avendo erroneamente ritenuto applicabili alla DIA in sostituzione del permesso di costruire – disciplinata dall’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001 – i termini di efficacia temporale - e le decadenze connesse all’inutile superamento di essi – che l’art. 15 del medesimo testo unico prevede per il permesso di costruire, di talché il mancato avvio dei lavori entro un anno dal rilascio del titolo determinerebbe, di diritto, la decadenza del titolo abilitativo per la parte non eseguita.

A giudizio del ricorrente, non è possibile pervenire a tale conclusione dal momento che la DIA (adesso SCIA) sostitutiva del permesso di costruire conosce una propria e compiuta disciplina all’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001 la quale non necessiterebbe di integrazione ricorrendo a quanto previsto dall’art. 15 posto che gli unici termini che l’art. 23 pone per l’effettuazione dei lavori sono il termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione – prima del quale non possono essere avviati i lavori – ed il termine di tre anni per l’ultimazione dei lavori;

II) ulteriori profili di violazione dell’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001, difetto di istruttoria e di motivazione.

Sostiene la ricorrente che, quand’anche fosse applicabile il termine annuale che l’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, impone per dare inizio ai lavori esso, nel caso di specie, sarebbe stato comunque rispettato.

Infatti, il termine annuale entro cui i lavori debbono essere avviati – sostiene la parte – inizierebbe a decorrere non prima che siano trascorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA/SCIA, tenuto conto che, prima di quella data, nessuna opera potrebbe essere compiuta prima.

Nel caso di specie, considerato che la DIA è stata presentata il 15 luglio 2016 e la comunicazione di inizio lavori è stata inviata il 17 luglio 2017, nessuna decadenza sarebbe intercorsa considerato che, secondo la ricorrente, il termine annuale di cui all’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, andrebbe esteso di ulteriori trenta giorni in applicazione dell’art. 23, comma 1, del medesimo testo unico;

- Roma Capitale si è costituita in giudizio attraverso l’allegazione di produzione documentale accompagnata da una relazione del Municipio II;

- all’udienza camerale del 16 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. e della presenza di questioni potenzialmente incidenti sulla risoluzione della controversia e rilevabili d’ufficio ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a.

Ritenuto che:

- il ricorso in questione è inammissibile, poiché proposto avverso un atto – l’ordinanza di demolizione e rimozione delle opere abusive, con ingiunzione alla riedizione in pristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001 – non dotato di autonoma portata lesiva allorché, come in questo caso, la sua adozione sia stata preceduta da una determinazione dell’autorità competente che abbia rilevato l’inefficacia del titolo abilitativo perfezionatosi per silentium .

In ispecie, con la nota del 31 maggio 2021 Roma Capitale aveva informato l’odierna ricorrente dell’intervenuta decadenza della DIA e, conseguentemente, della totale assenza di titolo abilitante i previsti interventi edilizi.

Contro quell’atto non risulta che sia stato proposto gravame alcuno dovendosi dedurre, pertanto, l’intervenuta acquiescenza del destinatario del provvedimento alle determinazioni per esso sfavorevoli contenute nella predetta nota, dovendosi fare applicazione anche al caso in esame di quel costante orientamento giurisprudenziale incline a ritenere incontestabile, in sede di impugnazione dell’ordine di demolizione, il provvedimento che, a vario titolo, ha determinato il venir meno del titolo abilitante l’attività edilizia che si intendeva realizzare (da ultimo, Cons. St., sez. VI, sent. n. 3563/2021: “ il soggetto che ha prestato acquiescenza al rigetto dell'istanza di sanatoria di opera da lui abusivamente realizzata decade dalla possibilità di rimettere in discussione le ragioni del diniego in sede di impugnazione dell'ordine di demolizione, atteso che quest'ultimo, in detto diniego, divenuto definitivo perché non impugnato, rinviene il suo presupposto ”);

- le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore di Roma Capitale, nella misura indicata in dispositivo.

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