TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-03-27, n. 201904041

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-03-27, n. 201904041
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201904041
Data del deposito : 27 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2019

N. 04041/2019 REG.PROV.COLL.

N. 12375/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12375 del 2018, proposto da:
R W s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti A C e C P, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via dei Prefetti, 17;

contro

Ministero dello sviluppo economico;
Ispettorato territoriale della Lombardia;

nei confronti

Radio Viva s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti P S e F M O, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via Carlo Poma, 2;

per la declaratoria di illegittimità

del silenzio serbato dal Ministero dello sviluppo economico - Ispettorato territoriale della Lombardia sulla diffida del 20.12.17 con cui la ricorrente ha chiesto di ordinare a Radio Viva “l’immediata cessazione delle interferenze ai danni del servizio pubblico RAI MF1, irradiato dall’impianto RAI WAY di Cà del Vento (RE), frequenza 92,000 Mhz”;

e per la contestuale condanna

dell’Ispettorato territoriale della Lombardia a emanare il provvedimento invocato, con nomina di commissario ad acta in caso di perdurante inerzia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della società Radio Viva;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 30 gennaio 2019 il cons. M.A. di Nezza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Rilevato :

- che con ricorso notificato a mezzo pec il 31.10.2018 (dep. il 5.11) la società in epigrafe, nel premettere di essere titolare dell’impianto di Cà del Vento (RE), operante sulla frequenza 92,100 Mhz (attivo dall’anno 1962, presente negli atti di Stoccolma del 1961 e nel Registro Internazionale delle Frequenze – IFRB, e dunque coordinato sin dal 1961, riportato nell’all. A al d.P.R. n. 367/88), interferito sin dal 1993 dal trasmettitore di Radio Viva operante da Monte Maddalena (BS) sulla frequenza 92,000 MHz, tanto da imporre plurimi interventi dell’Ispettorato territoriale della Lombardia per porre rimedio alla situazione (con provvedimenti del 4.11.1999, dell’11.6 e del 2.9.2099, del 9.7, del 1.10 e del 19.12.2013), ha impugnato il silenzio serbato da detta amministrazione sull’istanza del 20.12.2017 diretta a sollecitare l’adozione di un ordine di “immediata cessazione delle interferenze ai danni del servizio pubblico RAI MF 1” (istanza a seguito della quale l’Ispettorato avrebbe effettuato misure in contraddittorio il 21.3.2018, attestanti la perdurante sussistenza della situazione interferenziale, e chiesto alla ricorrente delucidazioni e documenti con nota del 10.4.2018), prospettando Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e degli artt. 1 e 2 l. n. 241/1990, degli artt. 97 e 211 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, dell’art. 12 l. 3 maggio 2004, n. 112, nonché degli artt. 28 e 42 d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177 : anziché concludere il procedimento l’Ispettorato sarebbe rimasto inerte, incorrendo nella violazione delle norme riportate in rubrica e degli obblighi imposti dalla normativa di settore (d.lgs. n. 177/05, d.lgs. n. 259/03 e l. 112/04);

- che la società Radio Viva, costituitasi in resistenza, ha eccepito l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio (per essere a suo dire competente il T.a.r. Lombardia), il difetto di legittimazione attiva della ricorrente e l’infondatezza del ricorso nel merito;

Considerato in rito:

- che l’eccezione di incompetenza va disattesa;

- che l’art. 135, co. 1, lett. d) , c.p.a. devolve alla competenza inderogabile del T.a.r. del Lazio “le controversie contro i provvedimenti ministeriali di cui all’articolo 133, comma 1, lettera m) , nonché i giudizi riguardanti l’assegnazione di diritti d’uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 8 al 13 dell’articolo 1, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, incluse le procedure di cui all’articolo 4 del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75” (l’art. 133, co. 1, lett. m , prevede la giurisdizione esclusiva per le controversie “aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di comunicazioni elettroniche, compresi quelli relativi all’imposizione di servitù” e i giudizi indicati nella seconda parte dell’anzidetta lett. d ;
v. anche, oggi, l’art. 1, co. 1037, l. 27 dicembre 2018, n. 205, sui “giudizi riguardanti l’assegnazione di diritti d’uso delle frequenze, la gara e le altre procedure di cui ai commi da 1026 a 1036”);

- che il Giudice della competenza ha ritenuto devolute alla cognizione di questo Tribunale anche le controversie sui “provvedimenti ministeriali” (sempre “in materia di comunicazioni elettroniche”) emessi dagli organi periferici del Ministero dello sviluppo economico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, ord. 16 agosto 2017, n. 4020;
v. anche ord. 21 luglio 2017, n. 3607, nonché ord. 23 giugno 2017, n. 3084, che individua quale ratio delle previsioni in esame “l’obiettivo di ‘centralizzare’ a fini di certezza e prevedibilità degli orientamenti giurisprudenziali il sindacato sulla regolazione in materia di comunicazioni elettroniche”);

- che tale conclusione va confermata anche per il giudizio sul silenzio (la società Radio Viva ha dedotto come l’art. 135 cit. facesse riferimento alle controversie sui “provvedimenti in materia di comunicazioni elettroniche” e non anche a quelle sui “comportamenti”, come nella specie), avuto riguardo all’indirizzo secondo cui il giudice territorialmente competente a sindacare la legittimità del silenzio e a dichiarare, se del caso, l’obbligo di provvedere, è “lo stesso che è territorialmente competente a sindacare il provvedimento una volta che esso sia stato emanato” (ord. Cons. Stato, sez. III, 21 dicembre 2012, n. 6655);

Considerato altresì, sulla legittimazione:

- che l’art. 31, co. 1, c.p.a. – “Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere” – implica l’individuazione dei soggetti aventi un “interesse” giuridicamente qualificato a instaurare l’ actio contra silentium , sicché la proposizione di un’istanza nei confronti della p.a. non comporta ex se l’insorgenza dell’obbligo di avviare e di concludere un eventuale procedimento;

- che a tale proposito, per pacifico indirizzo (Cons. Stato, sez. V, 28 luglio 2016, n. 3420):

-- “fermo rimanendo l’accertamento delle ordinarie condizioni dell’azione (interesse ad agire, titolo o legittimazione al ricorso, legitimatio ad causam ), assume importanza centrale il riscontro dell’interesse ad agire che presuppone l’inadempimento dell’obbligo di provvedere;
in linea generale, perché si radichi l’interesse è necessario che sia configurabile un obbligo di provvedere, un termine (officioso, perché individuato in via immediata dalla disciplina di settore, ovvero ritraibile dalla presenza di una istanza di parte non evasa nei termini direttamente o indirettamente divisati dall’art. 2, l. 241 del 1990) e la sua violazione”;

-- “l’obbligo di procedere a carico dell’amministrazione (e simmetricamente la legittimazione al ricorso della parte che agisce in giudizio) non si configura: I) in presenza di istanze illegali, emulative, manifestamente infondate o inammissibili (arg. adesso ex art. 2, co. 1, l. n. 241 cit.); II) a fronte di provvedimenti inoppugnabili o in relazione ai quali si solleciti l’esercizio dell’autotutela; III) in presenza di tutte le ipotesi di silenzio significativo (nelle quali l’omissione è legalmente equiparata ad un provvedimento espresso); IV) se l’ordinamento qualifica il termine entro cui deve essere adottato il provvedimento come perentorio: in tal caso, infatti, la sanzione è quella della perdita irrimediabile del potere di esercitare la funzione pubblica da parte dell’autorità rimasta inerte, circostanza questa che impedisce in radice l’esercizio dell’azione ex art. 117 c.p.a. anche per evitarne un (ab)uso strumentale ed elusivo dell’avvenuta estinzione del potere”;

- che nella fattispecie in esame il tema dell’interesse a ricorrere si pone con profili peculiari, posto che l’istanza di R W è diretta a provocare l’esercizio di poteri di controllo da parte dell’autorità vigilante (secondo lo schema della c.d. tutela del terzo;
cfr. di questa Sezione la sent. 16 marzo 2015, n. 4207, confermata da Cons. Stato, sez. IV, 18 febbraio 2016, n. 653);

- che con la propria eccezione Radio Viva contesta la sussistenza in capo a R W di un interesse diretto e attuale a sollecitare l’esercizio della citata potestà tutoria (e, in seguito, a censurarne gli eventuali esiti);

- che a tale riguardo la ricorrente ha dedotto di essere autorizzata a svolgere per conto della concessionaria pubblica le attività inerenti all’installazione e all’esercizio degli impianti (in forza di autorizzazione ministeriale del novembre 1999) e di rivestire la qualità di cessionaria del ramo d’azienda “Divisione trasmissione e diffusione”, avente competenza a gestire le frequenze nella titolarità della cedente in forza di atto del 29.2.2000, già di Rai Radiotelevisione italiana s.p.a. (in breve, Rai;
cfr. mem. 18.1.19 ric.),

- che da detta cessione del 29.2.2000 (prodotta in giudizio) risulta che Rai ha ceduto a R W “il ramo d’azienda denominato ‘Divisione Trasmissione e Diffusione’ destinato allo svolgimento della pianificazione, progettazione, installazione, realizzazione, esercizio, gestione, manutenzione, implementazione e sviluppo degli impianti, delle stazioni, dei collegamenti e complessivamente della rete di trasmissione e diffusione dei segnali voce, video e dati della medesima ‘RAI […]’, costituito da beni della Divisione predetta, comprese attività, crediti, debiti, rapporti giuridici, personale, contratti, nonché il diritto di utilizzazione e godimento della rete degli impianti di radiodiffusione e di collegamento […]”, inclusi titoli quali “concessioni, convenzioni, autorizzazioni, licenze, permessi […]”, essendo invece rimasta in capo alla cedente la “ concessione del servizio pubblico radiotelevisivo come regolata dalla convenzione di concessione […] e dal relativo contratto di servizio” (enf. agg.;
v. art. 2;
il successivo art. 11 prevede, tra l’altro, che la conferente “autorizza l’esecuzione di volture, di trasferimenti e di intestazioni a favore della ‘RAI WAY S.p.A. del ramo d’azienda conferito e di tutti i beni che lo compongono”, autorizzando al contempo tutti i soggetti pubblici interessati a “effettuare qualsiasi operazione o tramutamento relativamente a titoli pubblici o privati”;
v. all. 3, doc. 1, ric.);

- che la circostanza dell’esercizio da parte di R W delle attività inerenti all’installazione degli impianti in forza di autorizzazione del novembre 1999 (ex art. 1, co. 5, d.P.R. 28 marzo 1994, recante “approvazione della convenzione tra l’allora Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la Rai – Radiotelevisione italiana s.p.a. per la concessione in esclusiva del servizio pubblico di diffusione circolare di programmi sonori e televisivi sull’intero territorio nazionale”;
ai sensi dell’anzidetta disposizione “La società concessionaria può, previa autorizzazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni, avvalersi, per attività inerenti all’espletamento dei servizi concessi, di società da essa controllate”) è rimasta incontestata;

- che dal contratto del 2000 risulta effettivamente come R W non rivesta il ruolo di “semplice manutentore” degli impianti (come opinato dalla controinteressata), ma quello di soggetto incaricato della “gestione tecnica” dell’infrastruttura trasmissiva di Rai;

- che, nonostante questi elementi, va tuttavia esclusa la riconducibilità alla ricorrente dell’esercizio dell’attività di radiodiffusione;

- che Radio Viva ha (incontestatamente) allegato come R W non sia titolare né della concessione di servizio pubblico, né del diritto d’uso della frequenza, né del segnale interferito (prodotto e distribuito da Rai), né dell’attività di diffusione dei programmi trasmessi mediante l’impianto in esame (né, men che meno, dei programmi stessi);

- che, con specifico riferimento all’impianto di Ca’ del Vento, le deduzioni della controinteressata dimostrano la correttezza della sua impostazione, allorquando sostiene come R W sia unicamente il proprietario delle apparecchiature ( corpus mechanicum ) e cioè il soggetto incaricato, come tale, di curarne la gestione tecnica e di metterle a disposizione del titolare della frequenza (Rai) per la diffusione delle relative trasmissioni;

- che nell’ambito del rapporto R W/Rai (siccome risultante dal materiale probatorio versato in atti) il compito, ricadente sul “gestore tecnico”, di tenere l’impianto in piena efficienza per consentire la diffusione di segnali radiotelevisivi “prodotti” da altri soggetti (in possesso dei necessari titoli autorizzativi) non comporta di per sé la possibilità di assumere iniziative volte alla protezione della trasmissione dei segnali stessi da fenomeni interferenziali causati da altre emittenti;
turbative di tal genere incidono, infatti, sul pieno e libero esercizio delle facoltà derivanti dall’assegnazione di una determinata frequenza (cfr. art. 211 d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante il codice delle comunicazioni elettroniche);

- che non paiono invocabili, in senso contrario, i precedenti citati dalla ricorrente, i quali (a tacer d’altro) attengono a impianti – e correlati procedimenti – diversi da quello per cui è questione;

- che per quanto detto non si configura l’obbligo dell’amministrazione di riscontrare l’istanza di R W, la quale non ha dato conto del suo interesse, diretto e attuale, alla definizione dell’ iter ai sensi dell’art. 31 c.p.a.;

Considerato in conclusione:

- che, per quanto innanzi osservato, va rilevata l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva;

- che le spese possono essere compensate in ragione della novità della questione;

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