TAR Brescia, sez. II, sentenza 2010-09-23, n. 201003570

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2010-09-23, n. 201003570
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201003570
Data del deposito : 23 settembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01199/2007 REG.RIC.

N. 03570/2010 REG.SEN.

N. 01199/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1199 del 2007, proposto da:
A M, rappresentato e difeso dall'avv. A P, con domicilio eletto presso A P in Brescia, Via Cairoli, 8 (Fax=030/43993);

contro

Comune di Montichiari, rappresentato e difeso dall'avv. M B, con domicilio eletto presso M B in Brescia, Viale Stazione, 37;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

DELL’ORDINANZA DEL RESPONSABILE DELL’

UFFICIO COMMERCIO IN DATA

19/10/2007 N. 144, RECANTE LA SOSPENSIONE DELL’ATTIVITA’ DI TELEFONIA IN SEDE FISSA (PHONE CENTER).


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Montichiari;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2010 il dott. S T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente svolgeva attività di telefonia in sede fissa (phone center) nel Comune di Montichiari in Piazza Treccani n. 26. La superficie del locale destinato a tale attività era di 40 mq. e al suo interno venivano ospitate 4 postazioni telefoniche di circa 0,90 mq. ciascuna. L’attività è stata aperta nel 2001, quando mancava una specifica disciplina autorizzatoria e igienico-sanitaria per questo tipo di esercizi ed era quindi applicabile la disciplina generale del regolamento locale di igiene per i locali commerciali.

Successivamente è stata approvata la L.r. 3/3/2006 n. 6 (Norme per l'insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa), la quale ha introdotto una disciplina organica dei phone center “nel quadro delle competenze della Regione e dei comuni in materia di commercio” (art. 1). La nuova legge regionale ha regolato la “cessione al pubblico di servizi di telefonia in sede fissa in locali aperti al pubblico” (art. 2) prevedendo tra l’altro un’autorizzazione comunale per lo svolgimento e il trasferimento di tale attività (art. 3 e 4) e definendo puntualmente i requisiti igienico-sanitari e della sicurezza dei locali (art. 8). In via transitoria era previsto che i titolari dei phone center già attivi si mettessero in regola con le nuove prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica e igienico-sanitaria entro un anno dall'entrata in vigore della stessa L.r. 6/2006 (art. 12). Nel caso di mancato adeguamento entro tale termine era prevista la revoca dell’autorizzazione comunale (art. 9 comma 1 lett. c). Dopo la fine del periodo transitorio ai Comuni non veniva attribuito alcun potere di proroga dell’attività (art. 9 comma 2). Infine sotto il profilo urbanistico l’art. 7 della L.r. 6/2006, inserendo l’art. 98-bis nella L.r. 11/3/2005 n. 12 (Legge per il governo del territorio), aveva disposto che i Comuni – in sede di approvazione dei documenti del piano di governo del territorio o tramite variante semplificata agli strumenti urbanistici esistenti – individuassero le zone in cui è ammessa la localizzazione dei phone center e ne definiscano la disciplina (con particolare riferimento alla disponibilità di parcheggi, alla viabilità di accesso e alla compatibilità con le attività insediate). Fino alla modifica urbanistica non era consentita l’apertura di nuovi phone center né la rilocalizzazione di quelli preesistenti.

Per quanto riguarda i requisiti igienico-sanitari e della sicurezza dei locali l’art. 8 della L.r. 6/2006 ha stabilito tra l’altro le seguenti prescrizioni: a) due bagni, dei quali uno a uso esclusivo del personale dipendente e uno riservato al pubblico, quest’ultimo anche esterno al locale nel caso di phone center già attivi purché situato in prossimità del locale e a uso esclusivo dello stesso (per gli esercizi con superficie superiore a 60 mq è richiesto un bagno ulteriore);
b) rispetto della normativa in materia di barriere architettoniche e presenza di almeno una postazione telefonica effettivamente fruibile dai disabili;
c) cabine aventi tutte superficie minima di 1 mq;
d) un percorso di uscita libero da qualsiasi ingombro e largo almeno 120 cm;
e) uno spazio di attesa interno (provvisto di idonei sedili) con superficie pari ad almeno 9 mq fino a 4 cabine, aumentata di 2 mq per ogni cabina aggiuntiva.

Il 18/5/2007 il Comune e l’A.S.L. accertavano congiuntamente – redigendo relativo verbale – che i locali destinati all’attività del ricorrente erano privi dei requisiti prescritti. Dopo aver instaurato il contraddittorio l’amministrazione emetteva l’ordinanza impugnata, la quale intima la sospensione dell’attività per inottemperanza alle prescrizioni urbanistiche ed igienico-sanitarie introdotte dalla nuova normativa regionale.

Contro il provvedimento di sospensione il ricorrente ha presentato impugnazione, deducendo in diritto diversi profili di illegittimità costituzionale della L.r. 6/2006 che si riflettono sul provvedimento applicativo (invasione della competenza statale in materia di servizi di comunicazione elettronica, limitazione della concorrenza e dell’iniziativa economica, irragionevolezza dei requisiti igienico-sanitari, disparità di trattamento, retroattività della norma).

Il Comune di Montichiari si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del gravame.

In sede cautelare questo T.A.R. – con ordinanza n. 927 del 6/12/2007 – ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulle norme di legge applicate nella fattispecie controversa.

In corso di causa la Corte Costituzionale – con sentenza 24/10/2008 n. 350 – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, 4, 9, comma 1 lett. c) e comma 2, e 12 della L.r. 6/2006 nonché (ai sensi dell’art. 27 della L. 11/3/1953 n. 87) l’illegittimità costituzionale delle restanti disposizioni della medesima legge. La pronuncia della Corte, intervenuta non sulla base dell’ordinanza n. 380/2007 di questo T.A.R. ma in seguito ad alcune ordinanze di remissione del T.A.R. Milano sez. IV, ha stabilito che la L.r. 6/2006 confligge con le norme statali in tema di liberalizzazione dei servizi di comunicazione elettronica e di semplificazione dei relativi procedimenti (D. Lgs. 1/8/2003 n. 259).

Alla pubblica udienza del 15/7/2010 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. La sentenza n. 350/2008 della Corte Costituzionale ha eliminato retroattivamente il fondamento normativo su cui poggia il provvedimento impugnato, che deve quindi essere annullato per invalidità sopravvenuta. L’ordinanza 19/10/2007 è totalmente e direttamente basata sulla disciplina della L.r. 6/2006 e ne deve quindi condividere la sorte (T.A.R. Brescia, sez. I – 4/5/2009 n. 890).

2. Come evidenziato in ipotesi analoghe recentemente affrontate (T.A.R. Brescia, sez. II – 16/7/2009 n. 1494;
4/12/2009 n. 2505), si può richiamare in proposito il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui “l’effetto delle sentenze dichiarative d’illegittimità costituzionale di disposizioni di legge o di fonti primarie in genere è di far perdere efficacia alle disposizioni dichiarate incostituzionali (art. 136 della Costituzione), nel senso che, dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza, nessuna pubblica autorità può più fare applicazione delle disposizioni dichiarate incostituzionali. Di conseguenza i provvedimenti, emanati sulla base della disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima nel corso del giudizio d’impugnazione, vanno annullati;
e non ha rilievo, giuridicamente, l’affermazione che essi erano legittimi alla data in cui furono adottati. Infatti la declaratoria di incostituzionalità è efficace rispetto a situazioni pendenti (arg. ex art. 1 l. cost. - 9 febbraio 1948 n. 1), tra le quali sono da comprendere anche quella di provvedimenti, adottati sul presupposto di fonti primarie oggetto della declaratoria suindicata, ma che non siano divenuti inoppugnabili o rispetto ai quali non sia intervenuto un giudicato di reiezione di eventuali impugnazioni” (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, sez. I – 9/12/2008 n. 4630;
Consiglio di Stato, sez. V – 28/12/2006 n. 8056).

3. Nel caso di specie, inoltre, il dubbio di costituzionalità di alcune specifiche disposizioni della L.r. n. 6/2006 era stato espressamente sollevato da parte ricorrente nel proprio atto introduttivo del giudizio, ed era stato utilizzato da questo T.A.R. tra gli argomenti motivazionali addotti in funzione dell’accoglimento della domanda cautelare.

4. Il ricorso deve quindi essere accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato. Poiché la pronuncia della Corte Costituzionale è intervenuta in corso di causa è possibile disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti. Il contributo unificato deve essere posto a carico dell’amministrazione.

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