TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2021-10-28, n. 202111067

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2021-10-28, n. 202111067
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202111067
Data del deposito : 28 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2021

N. 11067/2021 REG.PROV.COLL.

N. 06852/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6852 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Questura Roma, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del diniego di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato del 24 giugno 2020 emesso dal Questore di Roma.


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Questura Roma e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2021 il dott. R S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, straniero di origine tunisina, impugna il decreto in epigrafe, con il quale la Questura di Roma ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi commerciali/lavoro autonomo.

A fondamento del diniego, l’amministrazione ha rappresentato che il ricorrente è risultato recidivo nella violazione della legge sugli stupefacenti: in particolare il ricorrente è risultato destinatario di una sentenza di condanna alla pena di anni uno e mesi nove di reclusione, oltre pena pecuniaria, per la violazione dell’art. 73 comma 5 del D.P.R. nr. 309/1990 ed è stato implicato in un ulteriore procedimento penale, pendente al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato, per violazione della medesima normativa in tema di stupefacenti.

Sulla base di tali premesse, la Questura ha ritenuto di dover rifiutare i rinnovo del titolo, sulla base di quanto disposto dagli articoli 4 comma 3 e 5 comma 5 del D.Lgs. nr. 286/1998.

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento deducendo i seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione dell'art. 5, commi 5 e 6, t.u. Immigrazione e carenza di motivazione;

b) eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità dei presupposti, illogicità manifesta, ingiustizia manifesta e vizio della funzione;

c) violazione del diritto di difesa, per omesso avviso del diritto ad usufruire del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi della l. 217/90;

d) mancata traduzione del provvedimento nella lingua madre del destinatario.

Con ordinanze n. 12858/2020, n. 9944/2020, nr. 404/2021 e 1021/2021è stata accolta la domanda di tutela cautelare e sono stati chiesti documentati chiarimenti in ordine, in particolare, allo stato del secondo procedimento penale pendente (unitamente ad una descrizione dei fatti, della tipologia di reato contestata e della data di commissione) nonché dell’attuale situazione familiare dell’istante (stato di effettiva convivenza tra i coniugi e loro residenza);

Solo a seguito dei reiterati solleciti di questo Collegio, l’amministrazione ha fornito i chiarimenti richiesti, con memoria depositata in giudizio in data 13.02.2021.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Emerge dagli atti e non è contestato che il ricorrente è stato condannato alla pena di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione, oltre pena pecuniaria, per la violazione dell’art. 73 comma 5 del D.P.R. nr. 309/1990.

A tal riguardo, l’art. 4 comma 3 del D.Lgs. nr. 286/1998, citato dall’amministrazione a fondamento del diniego, dispone che non è ammesso in Italia lo straniero condannato, tra gli altri, per reati inerenti gli stupefacenti, mentre il successivo articolo 5 – anch’esso citato dalla motivazione del provvedimento impugnato – prevede che il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato.

Ebbene, nel caso di specie il ricorrente è stato condannato per una fattispecie ostativa al mantenimento e/o al rinnovo del titolo e pertanto, legittimamente l’amministrazione ha emanato il provvedimento in questa sede impugnato.

In tema di reati in tema di stupefacenti la giurisprudenza ha avuto modo di statuire che Le condanne in materia di stupefacenti sono automaticamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno all'extracomunitario, qualunque sia la pena detentiva riportata e non rilevando la concessione della sospensione condizionale, ai sensi del chiaro disposto dell'art. 4 comma 3, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286, e ciò per il grave disvalore che il legislatore attribuisce ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica (cfr.Consiglio di Stato , sez. III , 25/01/2018 , n. 533Consiglio di Stato , sez. III , 27/04/2018 , n. 2557Consiglio di Stato , sez. III , 04/05/2018 , n. 2654;
Consiglio di Stato , sez. III , 03/11/2017 , n. 5088;
Consiglio di Stato , sez. III, 01/08/2017 , n. 3869).

Peraltro, la preclusione all'ammissione e alla permanenza nel territorio nazionale del cittadino extracomunitario che sia stato condannato, anche con sentenza non definitiva, per reati in materia di sostanze stupefacenti non contrasta con alcun parametro costituzionale e trattandosi di reati concernenti sostanze stupefacenti la circostanza della pericolosità sociale non necessita di essere provata desumendosi dalla stessa tipologia dei reati. T.A.R. Bologna, (Emilia-Romagna) sez. I, 18/10/2019, n.793

Risulta pertanto infondato il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 5, commi 5 e 6, del D.lgs. nr. 286/1998, oltre alla carenza di motivazione del provvedimento impugnato.

Il ricorrente invoca infatti il disposto dell’art. 5 comma 5 bis, del D.Lgs. nr. 286/1998, evidenziando come la condanna per il reato di cui all’art. 73 comma 5, riguardante i fatti di lieve entità, non risultando ricompresa nel novero dei reati tassativamente previsti dall’art. dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale e, conseguentemente non potrebbe dare luogo ad un giudizio di pericolosità sociale.

Com’è stato già evidenziato il provvedimento si fonda sul combinato disposto degli articoli 4 comma 3 e 5 comma 5 del D.Lgs. nr. 286/1998, che prevedono tutti i reati in materia di stupefacenti quali ipotesi automaticamente ostative, senza che sia necessaria una valutazione in termini di pericolosità sociale ai sensi del successivo comma 5 bis del medesimo articolo 5.

La Corte Costituzionale ha giudicato non in contrasto con l'art. 3 Cost. la disposizione sull'automatismo del rifiuto del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, qualora lo straniero extracomunitario abbia riportato una condanna per un reato inerente agli stupefacenti, sottolineando la non manifesta irragionevolezza di tale previsione, anche perché detta ipotesi delittuosa, tra l'altro, spesso implica "contatti, a diversi livelli, con appartenenti ad organizzazioni criminali" (sentenza n. 148 del 2008).

Tale principio è stato ribadito, poi, nella pronuncia del 12 dicembre 2014, n. 277, ove la Corte analizza le ragioni di un sistema espulsivo calibrato in funzione di "tipologie" di reati.

Peraltro, la decisione non è stata emanata sulla base di un automatismo, avendo l’amministrazione valorizzato anche la circostanza che il ricorrente risulta allo stato coinvolto in altro procedimento penale pendente, sempre in tema di traffico di stupefacenti, circostanza quest’ultima non contestata in ricorso né oggetto di eventuali chiarimenti da parte dell’interessato.

Peraltro, l’amministrazione risulta aver valutato anche i legami familiari del ricorrente sul territorio dello Stato e il suo grado di inserimento sociale, rappresentando che lo stesso - pur risultando familiare di cittadino dell’Unione ed avendo ottenuto un permesso di soggiorno per lavoro autonomo valido fino al 2018 - ha ciononostante posto in essere le condotte contestate.

Sul punto deve precisarsi che, per quanto concerne la valutazione dei vincoli familiari, la valutazione di tali profili è recessiva se il reato commesso dallo straniero è particolarmente grave (cfr. infra multis Consiglio di Stato , sez. III , 04/05/2018 , n. 2654;
idem , 04/05/2018, n. 2654;
idem, 27/04/2018 , n. 2557;
idem, 25/01/2018 , n. 533;
idem, 03/11/2017, n. 5088;idem, 24/10/2017, n. 4898;
idem, 01/08/2017 , n. 3869, idem, 28/12/2016, n. 5518;
Consiglio di Stato, sez. VI , -OMISSIS-/11/2016, n. 4708;
Consiglio di Stato , sez. VI , -OMISSIS-/11/2016, n. 4708;
Consiglio di Stato sez. III , 20/10/2016, n. 4395;
idem, 09/09/2016 , n. 3841;
idem, 09/09/2016 , n. 3841, idem, 30/05/2016 , n. 2251;
idem, 08/10/2014 , n. 5013, ecc.).

Quanto al profilo motivazionale, esattamente l'Amministrazione ricorda che il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno allo straniero condannato per traffico di stupefacenti è sufficientemente motivato - ai sensi dell'art. 5, comma 5 del d.lgs. 286/99 e dell'art. 3 della legge 241/90 - quando l'amministrazione, pur dando atto dell'esistenza di vincoli familiari, sottolinea ai fini del diniego, la particolare gravità dei reati e la reiterazione di condotte criminose, che precludono oggettivamente qualsiasi concreto e serio bilanciamento con gli interessi familiari del reo, per la ricorrenza di una soglia di gravità oltre la quale il comportamento criminale diviene intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, in guisa da rendere, in concreto, vincolato il diniego di permanenza(cfr. Consiglio di Stato Sez. III, 5 aprile 2018, idem 4 maggio 2018, n. 2654).

Nel caso in cui lo straniero richiedente permesso di soggiorno abbia commesso gravi reati, anche reiterati per traffico di stupefacenti, è legittimo il diniego del permesso che pur attestando la sussistenza di vincoli familiari, si limiti a sottolineare la particolare gravità dei reati e la loro reiterazione, senza analizzare nello specifico i motivi per i quali gli interessi familiari siano stati considerati subvalenti rispetto alla tutela della sicurezza dello Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 04/05/2018, n. 2654;
idem 09/08/2018, n. 4885;
idem, 10/08/2018, n. 4908;
idem, 19/02/2019, n. 1161;
idem, 10/08/2018, n. 4908;
idem, 09/08/2018 , n. 4885).

A ciò deve aggiungersi che, a seguito dell’istruttoria svolta dall’amministrazione, è emerso che il ricorrente non risulta convivere con altre persone, circostanza quest’ultima che non risulta oggetto di specifica contestazione ed in relazione alla quale il ricorrente non ha prodotto documentazione attestante uno stato di convivenza.

Quanto alla conduzione di regolare attività lavorativa, invocata dal ricorrente, deve infine rilevarsi che, com’è già stato efficacemente statuito dalla giurisprudenza d’appello, l'esigenza di tutela della collettività non può essere subordinata allo svolgimento di attività lavorativa da parte dello straniero (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 27/04/2018, n.2557).

Privi di pregio risultano, infine, il terzo ed il quarto motivo di ricorso.

In particolare, il ricorrente ha dedotto la violazione del diritto di difesa, per omesso avviso del diritto ad usufruire del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi della l. 217/90 e la mancata traduzione del provvedimento nella lingua madre del destinatario.

In disparte la considerazione che la difesa del ricorrente non specifica quale sia la lingua madre del destinatario e che il contenuto dispositivo del provvedimento risulta comunque tradotto in lingua francese, deve rilevarsi che la mancata traduzione del provvedimento preclusivo del rilascio del permesso di soggiorno nella lingua madre dello straniero non determina l'illegittimità del provvedimento stesso, ma costituisce una mera irregolarità, che può assumere rilievo ai fini della rimessione in termini, ove abbia causato una tardiva proposizione del ricorso (ex plurimis T.A.R. , Napoli , sez. VI , 13/05/2008 , n. 4237).

Il gravame nel caso di specie è stato tempestivamente depositato ed il suo contenuto conferma che alcuna compromissione del diritto di difesa dello straniero possa essersi compiutamente e concretamente verificata.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto ed il provvedimento confermato.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio in ragione, da un lato, dell’esito del gravame e, dall’altro, del comportamento processuale dell’amministrazione che ha solo tardivamente adempiuto alle reiterate ordinanze istruttorie del Collegio.

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