TAR Lecce, sez. I, sentenza 2016-06-23, n. 201601023

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2016-06-23, n. 201601023
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201601023
Data del deposito : 23 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02927/2015 REG.RIC.

N. 01023/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02927/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2927 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G V, A R, G V, A M V, D V, rappresentati e difesi dagli avv. L Q, P Q, con domicilio eletto presso P Q in Lecce, Via Garibaldi 43;

contro

Comune di Taranto, rappresentato e difeso dall'avv. M C, con domicilio eletto presso T F in Lecce, piazzetta Montale,2;
Sindaco del Comune di Taranto Quale Ufficiale di Governo, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Lecce, Via Rubichi;

per l'annullamento

dell'ordinanza n. 58 del 13.11.2015, del Sindaco del Comune di Taranto, notificata il 19.11.2015 ai ricorrenti, in qualità di proprietari delle aree su cui insiste la discarica per rifiuti speciali non pericolosi, ubicata a Taranto in località Palombara;

di ogni altro atto e/o provvedimento connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi compreso l'avviso di avvio del procedimento;
ove occorra per il risarcimento del danno.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Taranto e di Sindaco del Comune di Taranto Quale Ufficiale di Governo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2016 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. È impugnata la nota in epigrafe, con la quale il Sindaco del Comune di Taranto ha ordinato ai ricorrenti, in qualità di proprietari delle aree su cui insiste la discarica per rifiuti pericolosi, l’avvio dei lavori di rimozione e smaltimento del percolato presente all’interno della discarica, nonché la predisposizione di un piano finalizzato ad evitarne il successivo accumulo.

A sostegno del ricorso, i ricorrenti hanno articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione dell’art. 192 d. lgs. n. 152/06;
violazione degli artt. 9 ss. d. lgs. n. 36/03 e dell’AIA n. 348/08;
eccesso di potere per sviamento;
2) violazione del principio “chi inquina paga”;
eccesso di potere per errore e difetto di istruttoria;
3) violazione degli artt. 50-54 d. lgs. n. 267/00.

Con motivi aggiunti 23.12.2015 i ricorrenti hanno articolato ulteriori motivi di gravame, così sintetizzati: violazione dell’art. 245 d. lgs. n. 152/06;
incompetenza.

Nella camera di consiglio del 13.1.2016 è stata accolta la domanda di tutela cautelare.

All’udienza del 4.5.2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Va anzitutto esaminato il terzo motivo di ricorso originario, con il quale i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 50-54 d. lgs. n. 152/06, nonché l’incompetenza del Sindaco.

Il motivo è infondato, posto che, come emerge dall’atto impugnato, l’ordine in esame è stato rivolto ai ricorrenti in base alla previsione di cui all’art. 192 d. lgs. n. 152/06 (cfr. atto impugnato, p. 4), che attribuisce il relativo potere al sindaco.

Ne consegue il rigetto del relativo motivo di gravame.

3. Vanno ora esaminati i primi due motivi di gravame, con i quali deducono i ricorrenti l’illegittimità dell’atto impugnato, per difetto dell’elemento soggettivo richiesto al fine dell’operare dell’ordine di cui all’art. 192 d. lgs. n. 152/06.

Le censure sono fondate.

3.1. L’art. 192 d. lgs. n. 152/06, dopo aver vietato il deposito, immissione e abbandono incontrollato di rifiuti (commi 1 e 2), fa obbligo a chiunque violi i suddetti divieti, di “… procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa” (comma 3).

3.2. Tale essendo il tenore della suddetta previsione normativa, rileva il Collegio che, avuto riguardo all’orientamento giurisprudenziale dominante, l'ordine di rimozione dei rifiuti presenti sul fondo può essere rivolto al proprietario solo quando ne sia dimostrata almeno la corresponsabilità con gli autori dell'illecito, per avere cioè posto in essere un comportamento, omissivo o commissivo, a titolo doloso o colposo, dovendosi pertanto escludere che la norma configuri un'ipotesi legale di responsabilità oggettiva.

Ne discende l’illegittimità degli ordini di smaltimento dei rifiuti indiscriminatamente rivolti al proprietario di un fondo in ragione della sua mera qualità, ma in mancanza di adeguata dimostrazione, da parte dell'amministrazione procedente, - e sulla base di un'istruttoria completa e di un'esauriente motivazione - dell'imputabilità soggettiva della condotta (in tal senso, cfr. C.d.S, V, 25 gennaio 2005, n. 136;
Id, V, 25 agosto 2008, n. 4061;
Id, V, 19 marzo 2009, n. 1612;
Tar Sicilia, Palermo, n. 584/10;
Tar Campania, Napoli, V, 3.3.2014, n. 1294;
TAR Veneto, III, 5.5.2014, n. 574).

In particolare, reputa il Collegio che l’idoneità delle cautele adottate dal soggetto proprietario o utilizzatore del bene va valutata in concreto, tenendo conto di una serie di circostanze obiettive.

A ciò aggiungasi poi che l'eventuale mancata recinzione del fondo non costituisce di per sé la prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando una facoltà dello stesso e non un suo specifico obbligo (C.d.S, V, 19 marzo 2009, n. 1612).

Né è esigibile la predisposizione di un servizio di vigilanza notturno e diurno sull’area in esame, atteso che trattasi di un impegno che va ben oltre i canoni della diligenza media che l’ordinamento pone alla base della nozione di colpa generica richiamata dall’art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006 (C.d.S, V, 8 marzo 2005, n. 935).

4. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, si legge nell’impugnata ordinanza che la colpa dei ricorrenti – proprietari dell’area in esame – andrebbe desunta dal difetto di vigilanza, nonché dalla “… piena contezza della situazione venutasi a determinare sulle aree di che trattasi”.

Inoltre, in relazione alla posizione del ricorrente G V, l’Amministrazione ha ipotizzato un ulteriore titolo di colpa, ravvisabile nell’essere egli “… titolare di omonima ditta individuale esercente attività estrattiva nelle immediate vicinanze della Discarica …”.

Tali osservazioni non colgono nel segno.

Rileva il Collegio che la conformazione dei luoghi – area recintata e sottoposta a sequestro penale – impediva ai ricorrenti lo svolgimento di qualunque attività ulteriore rispetto a quella di un normale quisque de populo, non avendo essi titolo di ingresso sui luoghi di causa.

Inoltre, e in relazione alla posizione del ricorrente G V, non assume alcun rilievo l’essere egli gestore di un’attività estrattiva posta nelle vicinanze, non derivando da tale circostanza alcun obbligo, né posizione di garanzia, sul fondo viciniore.

Ancora, nessun elemento può trarsi dalla percezione di odori sgradevoli, stante, da un lato, la presenza sul territorio di un “… ulteriore potenziale fonte di emissioni odorigene” (cfr. provvedimento impugnato, p. 4)”, e considerato più in generale che, come rilevato dalla stessa Amministrazione, non è stato accertato il nesso causale tra “… le molestie olfattive e le condizioni atmosferiche in atto” (cfr. atto citato, p. 4).

Da ultimo, nessun rilievo assume la revoca dell’AIA disposta nei confronti di Vergine s.r.l. Ciò per l’assorbente rilievo che tale circostanza non è stata contestata nell’atto impugnato, ma è stata dedotta dal Comune nella memoria 22.3.2016. E’ evidente, pertanto, che di tale circostanza non potrà tenersi conto, dovendo la motivazione precedere, e non seguire l’atto impugnato.

Già soltanto per tali considerazioni, l’impugnato atto sconta un evidente deficit istruttorio e motivazionale.

5. Ciò detto quanto al ricorso originario, e venendo ora ai motivi aggiunti, con essi si censura la violazione dell’art. 245 d. lgs. n. 152/06, nonché l’incompetenza dell’autorità emanante, avendo il Sindaco del Comune di Taranto imposto l’adozione di misure di bonifica e messa in sicurezza che gravano sul soggetto inquinatore, e la cui adozione compete alla Provincia.

Il motivo è fondato.

Come diffusamente chiarito dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (AP n. 21/2013), “L'amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia ancora l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica, di cui all'art. 240, comma 1, lett. m) e p), d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario "incolpevole" restano limitati a quanto espressamente previsto dall'art. 253 del medesimo d.lgs. in tema di onere reali e privilegi speciale immobiliare”.

Pertanto, conformemente al principio "chi inquina paga", l'obbligo di riparazione incombe sugli operatori solo in misura corrispondente al loro contributo al verificarsi dell'inquinamento o al rischio di inquinamento.

E poiché, nel caso di specie, non è discusso che i ricorrenti siano semplici proprietari, e non anche inquinatori, è evidente che le misure ordinate con l’atto impugnato – e sostanziantesi ne: 1) “l’avvio dei lavori di rimozione e smaltimento del percolato presente all’interno della discarica …;
2) “… predisposizione di un piano finalizzato ad eliminare la possibilità di successivi accumuli di percolato …” – non potevano in alcun modo essere imposte ai predetti proprietari-ricorrenti. Né tantomeno le stesse potevano essere imposte dal Sindaco, essendo di competenza della Provincia.

6. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è fondato.

Ne consegue l’annullamento dell’atto impugnato.

7. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

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