TAR Roma, sez. IV, sentenza 2024-04-30, n. 202408570

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza 2024-04-30, n. 202408570
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202408570
Data del deposito : 30 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/04/2024

N. 08570/2024 REG.PROV.COLL.

N. 11348/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11348 del 2017, proposto da
Autostrade per l’Italia S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati M A, L F, con domicilio eletto in Roma, via Udine, 6;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali prot. n. 15420 del 31 agosto 2017, recante l’approvazione del progetto esecutivo dell’intervento denominato “ A26 - Piano Sicurezza Gallerie Fase 2 – Piano di adeguamento gallerie ai sensi del d.lgs. 264/2006. Lotto 4A ” per un importo complessivo di €. 10.294.897,39;
della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali prot. n. 15420 del 31.8.2017, con cui l’impugnato decreto è stato trasmesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2024 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società Autostrade per l’Italia S.p.A. ha impugnato e chiesto l’annullamento del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali prot. n. 15420 del 31 agosto 2017, recante l’approvazione del progetto esecutivo dell’intervento denominato “ A26 - Piano Sicurezza Gallerie Fase 2 – Piano di adeguamento gallerie ai sensi del d.lgs. 264/2006. Lotto 4A ” per un importo complessivo di €. 10.294.897,39;
della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per le Infrastrutture, i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Vigilanza sulle Concessionarie Autostradali prot. n. 15420 del 31.8.2017, con cui l’impugnato decreto è stato trasmesso.

La controversia interessa la concessione di cui è titolare la società Autostrade per l’Italia (ASPI) S.p.A.. In particolare, in data 11.10.2007 è stata sottoscritta tra Autostrade per l’Italia S.p.A. e ANAS S.p.A. la Convenzione Unica per l’affidamento in concessione di una pluralità di tratte autostradali (A1, A4, A7, A8, A9, A10, A11, A12, A13, A14, A16, A23, A26, A27 e A30), approvata mediante l’emanazione dell’art. 8 duodecies del DL 59/2008 convertito con modificazioni dalla legge 101/2008. Ai sensi dell’art. 4 della convenzione “ la scadenza della concessione è fissata al 31 dicembre 2038 ”.

Ad ANAS S.p.A., originario concedente, è poi succeduto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) a far data dall’1.10.2012, e ciò ai sensi dell’art. 11, comma 5 del DL 216/2011, convertito con modifiche dalla legge 14/2012.

La ricorrente ha delimitato il campo applicativo del decreto impugnato, relativo alla disciplina di cui al d.lgs. 264/2006, con cui “ lo Stato Italiano ha dato attuazione nel territorio nazionale alla Direttiva 2004/54/CE in materia di adeguamento degli standard di sicurezza delle gallerie ricadenti nella rete stradale trans-europea (c.d. TEN) ”, richiamando, in particolare, la finalità di “ garantire un livello minimo sufficiente di sicurezza agli utenti della strada nelle gallerie della rete stradale transeuropea mediante la progettazione e l'adozione di misure di prevenzione atte alla riduzione di situazioni critiche che possano mettere in pericolo la vita umana, l'ambiente e gli impianti della galleria, nonchè mediante misure di protezione in caso di incidente ” (art. 1, comma 1), oltre la successiva previsione secondo cui “ il presente decreto si applica a tutte le gallerie situate nel territorio italiano appartenenti alla rete stradale transeuropea, di lunghezza superiore a cinquecento metri già in esercizio, in fase di costruzione o allo stato di progetto ” (art. 1, comma 2).

Ha soggiunto che “ tutte le sopra elencate tratte autostradali gestite da ASPI (fatta eccezione per quota parte della A27) fanno parte della rete autostradale TEN ed in esse ricadono molteplici gallerie aventi lunghezza superiore ai 500 metri, come tali rientranti nel perimetro applicativo del decreto legislativo e, dunque, soggette alla obbligatoria realizzazione degli interventi di adeguamento imposti da tale normativa. In relazione a tutte tali gallerie ASPI, nella propria qualità di gestore delle infrastrutture autostradali ad essa assentite in concessione, ha tempestivamente provveduto a dare attuazione al decreto legislativo curando gli adempimenti da esso previsti ”;
ragione per cui ha elaborato “ un piano di sicurezza delle gallerie ” che è stato “ recepito tra gli interventi previsti a carico della concessionaria dall’art. 2 della medesima Convenzione unica, nonché dal relativo Piano Economico Finanziario (…) per un valore complessivo stimato di € 142.800.000,00 (il piano di fase 1) ” (cfr. pag. 5);
tale originaria pianificazione è stata, poi, integrata dal “ piano complessivo degli interventi atto alla messa in sicurezza delle gallerie in ottemperanza ai disposti del d.lgs. 5 ottobre 2006 n. 264 di attuazione della Direttiva 2004/54/CE (il piano di fase 2) ”, il tutto “ per un importo stimato di € 102,10 milioni, preannunciando la successiva redazione e trasmissione dei progetti definitivi dei singoli interventi da realizzare previsti in detto Piano di Fase 2 da ultimare entro la data prevista del 30 aprile 2019, con la definitiva quantificazione degli importi degli interventi stessi ” (cfr. pag. 6).

La disponibilità delle risorse finanziarie propedeutiche all’esecuzione degli interventi, comparate alle disponibilità del PEF della concessionaria, hanno, poi, condotto ad un “ aggiornamento della stima del costo definitivo degli stessi in un importo valutato in 162 milioni circa, peraltro suscettibile di ulteriore aggiornamento ” (cfr. pag. 7);
cosicché la ricorrente ha provveduto a riformulare il piano e a trasmetterlo al MIT, che, tuttavia, con nota prot. 16986 del 13.10.2016 ha evidenziato che “ la copertura finanziaria eccedente la previsione riportata dal vigente PEF (102,1 Mln/€) potrà essere prevista dal nuovo Piano Economico Finanziario e in caso di mancato riconoscimento a fini regolatori risulterà integralmente a carico di codesta società concessionaria, rimanendo esclusa ogni azione di rivalsa verso il concedente ” (cfr. pagg. 9 – 10).

La ricorrente ha, poi, esposto che “ tra gli interventi di messa in sicurezza delle gallerie oggetto del piano di fase 2 vi è anche quello relativo alle gallerie Gabbia, Prodonno, Monreale, Boccardo, Giovi, Campora, Bolzaneto I, Brasile, Monte Galletto e San Bartolomeo ricomprese nel Lotto 4A ubicate lungo il collegamento autostradale A7 Milano – Genova ” (cfr., ancora, pag. 10), caratterizzato da “ un importo complessivo dell’intervento di € 10.429.273,79 di cui € 8.016.283,07 per lavori (comprensivi di € 1.393.240,65 per oneri della sicurezza) ed € 2.412.990,72 per somme a disposizione ” (cfr. pag. 11): somme a fronte delle quali il MIT, con il decreto impugnato, ha approvato, con raccomandazioni e prescrizioni, il progetto esecutivo dell’intervento per un importo complessivo di €. 10.294.897,39, di cui €. 7.902.404,76 per lavori a base d’appalto (comprensivi di €. 1.337.232,40 per oneri della sicurezza) ed €. 2.392.492,63 per somme a disposizione (art. 1);
ha previsto che “ alla copertura finanziaria della predetta spesa la società concessionaria provvederà come specificato in premessa ” (art. 2), nel senso che “ il progetto esecutivo presentato per un importo complessivo lordo di € 10.429.273,79 ridotto ad € 10.294.897,39 non trova copertura nel Piano Finanziario allegato alla vigente Convenzione (voce Dp - Piano Sicurezza Gallerie) tenuto conto degli interventi già approvati e di quanto comunicato alla Concessionaria con nota n. 16986 del 13.10.2016 di questa Direzione ”;
e soggiungendosi che “ la copertura finanziaria eccedente la previsione riportata dal vigente PEF (102,1 Mln/€) potrà essere prevista dal nuovo piano economico finanziario e che in caso di mancato riconoscimento a fini regolatori, la stessa risulterà integralmente a carico della società concessionaria ”;
ed ha fissato il tempo utile contrattuale per l’esecuzione dei lavori “ in 462 giorni naturali e consecutivi ” (art. 4).

Tali previsioni – ha lamentato la ricorrente – hanno comportato una decurtazione dei fondi a disposizione (€. 10.294.897,39 contro €. 10.429.273,79), motivata “ in ragione: (i) della rimodulazione degli oneri per la sicurezza (ridotti di €. 56.008,25) in ragione dello stralcio di una serie di voci di prezzo (ii) della rimodulazione dell’importo dei lavori (ridotti nella misura di €. 57.870,06) in ragione, anche in questo caso, dello stralcio di una serie di voci di prezzo;
(iii) dello stralcio integrale della voce di spesa “attività di cui al D.P.R. 151/2011
” di importo pari ad € 80.000,00” (cfr. pag. 12).

A fondamento del ricorso ha dedotto i seguenti motivi:

1°) violazione degli artt. 2,11, 14, 15, 18 e 24 della Convenzione unica;
degli art. 93 e 143, comma 8 del d.lgs. 163/2006;
degli artt. 23 e 165, comma 6 del d.lgs. 50/2016;
degli artt. 23 e 34 del DPR 207/2010;
degli artt. 5, 10 del d.lgs. 264/2006;
eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, sviamento, falso presupposto.

La ricorrente, in prima battuta, ha contestato la valutazione dell’Amministrazione secondo cui la copertura finanziaria eccedente la previsione riportata dal vigente PEF (102,1 milioni di €) potrà essere prevista dal nuovo piano economico finanziario e che in caso di mancato riconoscimento ai fini regolatori, tale copertura dovrà essere posta a carico della concessionaria, “ rimanendo esclusa ogni azione di rivalsa verso il concedente ”;
ha, infatti, sostenuto che il sopra indicato importo non sia “ definitivo e immodificabile ” e che, perciò, tale quantificazione “ possa, dunque, essere aggiornata e/o modificata in sede di progettazione definitiva ed esecutiva degli interventi da realizzare ” (cfr. pag. 14).

In sostanza, il piano di sicurezza delle gallerie prevedrebbe la possibilità di adeguare l’importo dei costi in relazione alle risultanze delle “ fasi successive di sviluppo della progettazione degli interventi (ed in particolare alla elaborazione della progettazione definitiva ed esecutiva) ” (cfr. pag. 15).

Ha, poi, richiamato alcune previsioni della Convenzione unica (artt. 14, 15, 19, 21 e 22) che, a proprio dire, deporrebbero per la determinazione degli investimenti ammessi a fini regolatori secondo modalità predefinite di remunerazione in tariffa (mediante la cosiddetta componente “X”);
e che, pertanto, “ alla luce di tale disciplina convenzionale è dunque evidente che i costi per la progettazione e realizzazione degli interventi previsti nei piani di adeguamento delle gallerie approvati nel corso della vigenza della concessione (tra cui anche l’intervento oggetto del presente ricorso) e che il concessionario deve realizzare, devono necessariamente essere considerati quali investimenti obbligatori (ex lege) e, quindi, essere sicuramente riconosciuti a fini regolatori o, comunque, compensati dal concedente ” (cfr. pag. 17).

Ha, quindi, concluso che “ l’impossibilità che il costo dell’intervento rimanga a carico di ASPI come paventato dal MIT nel decreto impugnato consegue anche al fatto che gli interventi di adeguamento delle gallerie sono interventi che la concessionaria, quale soggetto gestore dell’infrastruttura autostradale, è obbligatoriamente tenuta ad eseguire in ottemperanza alle prescrizioni imposte dal decreto legislativo ” (cfr. pag. 18).

La ricorrente ha, inoltre, dedotto l’illegittimità del decreto impugnato “ non solo in via propria ma anche in via derivata dalla illegittimità della nota MIT prot. n. 16986 del 13.10.2016 ”, nella quale era stata preannunciata la previsione relativa all’imputazione alla concessionaria dell’eccedenza della copertura finanziaria per gli interventi di manutenzione delle gallerie.

2°) Violazione degli artt. 32, 33 e 39 del DPR 207/2010;
degli artt. 90, 91, 93, 98 e 100 del d.lgs. 81/2008;
degli artt. 11 e 14 della legge 531/1982;
del DM 1334/1992;
degli artt. 2, 3 e 24 della Convenzione unica;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, falso presupposto, difetto di motivazione, sviamento. Incompetenza assoluta.

Con tale motivo la ricorrente ha partitamente contestato la riduzione degli oneri della sicurezza, deducendo che “il decreto impugnato, pur ritenendo “ nel complesso congrui” gli oneri della sicurezza stimati nel piano della sicurezza allegato al progetto esecutivo, li ha tuttavia ridotti nella misura di € 56.008,25 per effetto dello stralcio, totale o parziale, di alcune voci, di prezzo ”;
ha, inoltre, contestato che “ nessuna competenza in ordine alla definizione del PSC ed, in particolare, in ordine alla determinazione degli oneri della sicurezza ivi stimati, è invece prevista, dalla legge di settore e dalla disciplina convenzionale, in capo al MIT ” (cfr. pag. 22).

Ha, ancora, censurato la sostituzione della voce di prezzo SERG02050 “ sorveglianza e segnalazione di lavoratori con operatore per ora di effettivo servizio ” con la voce di prezzo CE.1.05 (guardiania) desunta dall’elenco prezzi ANAS del 2016;
ed altro fronte di censura ha riguardato la voce di prezzo SERG02051, relativa alla “ maggiorazione del costo orario della manodopera per lavoro notturno ”, lamentandosi che “ il cronoprogramma di progetto prevede che l’installazione e la rimozione di alcune segnaletiche sia eseguita di notte ”, e stigmatizzandosi la circostanza che “ il progetto esecutivo così come approvato dal MIT non prevede (illegittimamente) alcuna maggiorazione del costo orario della manodopera per le lavorazioni da eseguire di notte invece pacificamente dovuta ex lege nonché sulla base di tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili all’intervento da eseguire ” (cfr. pag. 24).

Da ultimo, la ricorrente ha contestato la riduzione dell’importo dei lavori, censurando una serie di revisioni a specifiche lavorazioni (tra le quali, ad esempio, “ taglio di pavimentazioni in conglomerato bituminoso ”;
il “ trasporto della vasca rettangolare monoblocco in CAV ”;
la “ fornitura e posa in opera di calcestruzzo additivato ”;
i “ raccordi per la posa di tubature, pozzetti e gomiti ”).

La ricorrente ha, infine, contestato che il decreto impugnato “ ha disposto lo stralcio integrale dalle somme a disposizione previste nel quadro economico della voce di spesa “Attività di cui al D.P.R. 151/11 (costi per redazione (SCIA) ” per un importo di € 80.000,00 con la motivazione che si tratterebbe di un onere da considerarsi “ compreso tra le spese generali ” (cfr. pag. 26);
nonché la rideterminazione delle voci del quadro economico “ B9 Imprevisti ”, “ B10 Accordo Bonario ”, “ B11 Prove di laboratorio ” e “ B12 Spese Generali ” operata dal MIT nel decreto impugnato (cfr. pag. 27).

Si è costituito in giudizio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (19.3.2018).

In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 24 aprile 2024, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.

In particolare:

- la ricorrente, nella memoria depositata in data 20.3.2024, ha reso noto che è stato sottoscritto “ in data 21 marzo 2022 il III Atto Aggiuntivo alla Convenzione unica di concessione, successivamente divenuto efficace a seguito della sua registrazione da parte della Corte dei Conti in data 30 marzo 2022” e, pertanto, “è stato aggiornato il piano economico finanziario di concessione nonché l’Allegato K “Elenco e descrizione delle opere – Piano degli Investimenti” (…) con la previsione della integrale copertura economico – finanziaria degli interventi di adeguamento delle gallerie previsti nel piano di fase 2 e, dunque, anche dell’intervento di cui è causa ”: una sopravvenienza tale da determinare l’improcedibilità del primo motivo di ricorso;
ha, invece, insistito per l’accoglimento del secondo motivo, riguardante le lavorazioni contestate, chiedendo l’ammissione in via istruttoria di una verificazione ovvero di una consulenza tecnica d’ufficio;

- l’Amministrazione resistente ha depositato in data 22.3.2024 una memoria nella quale ha preliminarmente eccepito l'irricevibilità del ricorso in ragione della mancata, tempestiva, impugnazione della nota di trasmissione del decreto impugnato, risalente al 31.8.2017, mentre il ricorso risulta notificato in via telematica in data 7.11.2017, quindi oltre il termine di legge;
nel merito ha opposto di aver “ indicato come obbligo normativo la realizzazione degli adeguamenti previsti al punto 1.2.2. dell'allegato II del d.lgs. 264/06 mediante l’utilizzo dell’attuale disponibilità finanziaria, potendo rimandare l’adeguamento complessivo ad un periodo successivo ”;
e che ciò ha condotto a rilevare che “ l'importo dei lavori oggetto del progetto esecutivo in oggetto non trova copertura finanziaria nel piano economico finanziario allegalo alla vigente concessione, poiché l’imporlo massimo, pari a 102.1 Mln/E. è stato raggiunto tenuto conto degli interventi di adeguamento previsti dal piano di fase 2 ad oggi già approvati ” (cfr. pag. 4);
ha, inoltre, specificamente eccepito la legittimità delle correzioni alle voci che riguardano le lavorazioni contestate dalla ricorrente.

Nessuna, sostanziale, novità è stata prospettata dalle parti nelle memorie di replica (salvo le controdeduzioni di ASPI in merito all’eccepita irricevibilità del ricorso) e all’udienza pubblica del 24 aprile 2024 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Alla luce di quanto rappresentato dalla ricorrente, con richiamo alla sottoscrizione del III Atto Aggiuntivo alla Convenzione unica, il Collegio dichiara l’improcedibilità del primo motivo per sopravvenuta carenza d’interesse.

Le deduzioni oggetto del secondo motivo, invece, vanno respinte nel merito (dovendosi, preliminarmente, respingere l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso per intempestiva impugnazione di una nota di trasmissione che non ha, certamente, concretato la lesività dei profili tecnici, notevolmente complessi, oggetto del contendere).

È privo di pregio il rilievo sulla competenza dell’autorità concedente all’approvazione del PSC (piano di sicurezza e coordinamento), trattandosi di un documento che, ai sensi dell’art. 100 del d.lgs. 81/2008, è costituito da una “ relazione tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori ” (comma 1): la redazione di tale documento compete al coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera (c.d. “ coordinatore per la progettazione ”), ossia, il “ soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91 ”;
di contro, i “ datori di lavoro delle imprese esecutrici ”, legati dunque alla posizione del concessionario, “ sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel piano operativo di sicurezza ” (art. 100, comma 3) e “ mettono a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori ” (art. 100, comma 4).

Nello specifico, l’art. 2 della Convenzione prevede che “ sono affidate al concessionario le attività ed i compiti necessari per l'esercizio delle autostrade sopra indicate, nonché, ai sensi dell'art. 14 della legge 12 agosto 1982, n. 531, la progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento, richiesti da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di servizio ”;
non è, pertanto, in alcun modo prevista la competenza all’approvazione, la quale non può che essere ascritta all’autorità concedente.

Il Collegio registra, poi, che l’Amministrazione ha accolto le contestazioni della ricorrente per la voce “ taglio di pavimentazioni in conglomerato bituminoso ”, sostituita con la voce “ attrezzatura per taglio della pavimentazione e dei calcestruzzi ”, ma che, a seguito ulteriori approfondimenti, “ è risultata un semilavorato, pertanto la relativa voce di prezzo deve essere maggiorata della componente "Spese generali" (13%) e Utili d'impresa (10%), per un maggiore importo rispetto al decretato di + 407,76 € ” (cfr. pag. 10 della memoria conclusiva del MIT);
nonché per la voce afferente al trasporto di sabbia lavata di cava, la quale “ a seguito di verifica deve essere riammessa perché relativa alla stesa del materiale in cantiere (+ 5.920,71 € rispetto all'importo decretato) ” (cfr., ancora, pag. 10).

Tutte le altre lavorazioni sono state contestate in modo generico o basate su assunti tecnicamente assertivi;
alla ricorrente è stato contestato, da parte del Ministero, l’assenza di documenti giustificativi dei maggiori costi, e, in ogni caso, neppure in giudizio è stato allegato un principio di prova (ad esempio, una consulenza di parte), piuttosto chiedendosi l’ammissione di una verificazione o di una consulenza tecnica d’ufficio: una domanda che va, tuttavia, respinta in quanto, ove ammessa, si tradurrebbe nella concessione alla ricorrente della possibilità di supplire tardivamente all’onere prescritto dall’art. 2697 del codice civile.

Ed analoghe considerazioni vanno estese alla contestata rideterminazione, da parte del Ministero, delle voci del quadro economico “ B9 Imprevisti ” (quantificata nel 5%), “ B10 Accordo Bonario ” (3%), “ B11 Prove di laboratorio ” (1%) e “ B12 Spese Generali ” (9%),

Parimenti da respingere sono gli ulteriori rilievi.

Il DPR 151/2011 (“ regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi ”) non è, certo, estraneo alle infrastrutture oggetto del contendere, considerato che il punto 80 dell’allegato I a tale DPR espressamente include le “ gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m e ferroviarie superiori a 2000 m ”.

Ma l’art. 2, comma 2 del citato DPR prevede che “ nell'ambito di applicazione del presente regolamento rientrano tutte le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi riportate nell'Allegato I del presente regolamento ”, senza, però, prescrivere alcuna obbligatorietà.

Il che comporta che le predette infrastrutture possono anche non essere ricomprese nella rete stradale transeuropea (TEN) con conseguente assenza di un obbligo applicativo delle disposizioni di cui al d.lgs. 264/2006, che riguarda la “ Attuazione della direttiva 2004/54/CE in materia di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea ” e che, all’art. 4, specificamente prevede al comma 1 che “ le funzioni di autorità amministrativa previste nella direttiva 2004/54/CE per tutte le gallerie situate sulla rete transeuropea ricadente nel territorio nazionale sono esercitate dalla Commissione istituita presso l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali ” (ANSFISA), istituita dall’art. 12 del DL 109/2018, inoltre, prevedendo, al comma 3, che “ la Commissione assicura il rispetto da parte dei Gestori di tutti gli aspetti di sicurezza di una galleria, emanando, ove necessario, disposizioni volte a garantirne l’osservanza ”.

È, di conseguenza, persuasiva l’opposizione della difesa erariale secondo cui “ gli adempimenti di cui al DPR 151/11 esulano dagli oneri di progettazione di interventi di adeguamento previsti dal d.lgs. 264/2006 e costituiscono un onere a carico di tutti i gestori di infrastrutture stradali ” (pag. 13 della memoria del 22.3.2024).

In conclusione, il ricorso è, in parte, improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse e, per il resto, va respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono quantificate, ai sensi del DM 55/2014, in €. 2.500,00, oltre accessori, che la ricorrente dovrà corrispondere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

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