TAR Roma, sez. III, sentenza 2019-03-05, n. 201902893
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Pubblicato il 05/03/2019
N. 02893/2019 REG.PROV.COLL.
N. 12143/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12143 del 2008, proposto da:
A V ed Altri, B V e, C E e, P R E R E P e P M, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati F R e F M, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. F R in Roma, via Gian Giacomo Porro, 18;
B N, B P, B A, C I, C T I, C C, C G, C N, C R, C D, C E D, D G, D'Eramo Giuseppe, D M F, D M P, E M, F F, F G, L C, L A, Lezoche Emanuele, Manzon Licia, Marigliano Vincenzo, Mazziotti Flaminia, Musca Antonino, Nicotra Maria, Pascarella Maria Antonietta, P P, Pietropaolo Vincenzo, Procacciante Fabio, Rosa Giovanni, Santiemma Vittorio, Santoro Antonio, Signore Luciano, Silecchia Gianfranco, Troisi Giovanni non costituiti in giudizio;
B G, C K erede, Gioffre' Luigi, S M, rappresentati e difesi dagli avvocati F M, F R, con domicilio eletto presso lo studio F R in Roma, via Gian Giacomo Porro, 18;
Fabrizio Benedetti Valentini, Maria Caterina Grassi, Rita Massa, Patrizia Seminara, Pietro Serra, rappresentati e difesi dagli avvocati F M, F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F R in Roma, via Gian Giacomo Porro, 18;
Bezzi Marcello, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Lodato e Salvatore Gagliardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Salvatore Gagliardo in Roma, via G. Guattani, 15;
contro
Azienda Policlinico Umberto I^, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Capparelli e Paola Baglio, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. Antonio Capparelli in Roma, via del Policlinico, 155;
Universita' degli Studi di Roma La Sapienza, Ministero Istruzione, Universita' e Ricerca, Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la condanna
dell’Amministrazione alla riattribuzione dell'indennita' di posizione variabile nella misura stabilita dall'accordo sindacale dell'agosto 2000.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Policlinico Umberto I^ e dell’Universita' degli Studi di Roma “La Sapienza” e del Ministero dell’Istruzione, Universita' e Ricerca e del Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2018 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I ricorrenti esponevano che: erano tutti, al momento della promozione della presente causa, professori universitari dell’Università degli studi “La Sapienza” di Roma, i quali svolgevano, oltre all’attività di docenza, attività medico-assistenziale presso l’Azienda-Policlinico Universitario Umberto I di Roma; con la delibera del Direttore Generale dell’Azienda Policlinico n. 28 del 31.1.2006 era stato disposto di non corrispondere più ai medesimi, in modo separato, l’indennità di esclusività e la retribuzione di posizione variabile, precedentemente attribuite in applicazione delle delibere aziendali n. 865/869 del 2000 sulla base del CCNL della Dirigenza Medica 8 giungo 2000;il Policlinico, con la decisone menzionata, aveva invece ritenuto di ricomprendere le voci all’interno della “indennità ex art. 31 d.P.R. n. 761/1979” (quest’ultima colloquialmente nota come “indennità D M”);avverso la suddetta delibera erano stati proposti dinnanzi a questo TAR plurimi ricorsi, poi riuniti e, quindi, definiti con sentenza della Sezione III bis n. 3663 del 17.4.2008, la quale, con argomentata motivazione, perveniva alle seguenti conclusioni: “i ricorsi sono da considerarsi fondati (….) solamente con riferimento alla domanda concernente l’indennità di esclusività;pertanto per questa parte essi devono essere accolti. Va invece disattesa, allo stato, la domanda relativa all’indennità di posizione variabile aziendale. Ne consegue l’annullamento degli atti impugnati in parte qua e, limitatamente alla posizione degli odierni ricorrenti, con il riconoscimento del diritto di questi ultimi alla percezione dell’indennità di esclusività, con interessi e rivalutazione da calcolarsi ai sensi della pronuncia di cui all’Adunanza Plenaria 15 giugno 1998, n. 3”.
L’indennità di posizione variabile aziendale a cui fa riferimento la sentenza - e, ancor oggi, rivendicata dai ricorrenti che ne chiedono il calcolo cumulato senza che ne sia disposto il sostanziale azzeramento attraverso il suo assorbimento nella c.d. “indennità D M” - è quella di cui all’art. 6, lett. a) e b) del D.Lgs. n. 517 del 1999 a mente del quale: “…al personale di cui al comma 1 dell'articolo 5 (e cioè ai professori e ricercatori universitari che, come i ricorrenti, svolgono attività medico-assistenziale) si riconosce, oltre ai compensi legati alle particolari condizioni di lavoro, ove spettanti, oltre al trattamento economico erogato dall'università:
a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico;
b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell'attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all'efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca”.
Secondo la citata pronuncia di questo Tribunale n. 3663 del 17.4.2008 (i cui argomenti vengono ripresi nel ricorso), non vi è nulla nella disposizione in questione - e nella normativa attuativa (cfr. Allegato 1 del Protocollo d’Intesa tra l’Università “La Sapienza e la Regione Lazio” approvato con determinazione direttoriale 2 agosto 2002, n. 640) - che imponga l’attuazione rigorosamente contestuale delle due voci accessorie e, pertato, può anche ammetersi una attuazione progressiva dei predetti istutiti retributivi: in via immediata per quanto riguarda l’indennità di posizone variabile sub a) e, in via successiva, per l’indennità di risultato di cui alla lettera b) citata, la quale, dovendosi paramentrare “ai risultati ottenuti nell'attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all'efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca”, non può prescindere dall’adozione di un apposto atto aziendale, che renda espliciti e applicabili tali parametri. Sottolinea parte ricorrente che, in ogni caso, l’accordo di contrattazione decentrata dell’agosto 2000, in base al quale deve essere corrisposta la retribuzione di posizione variabile, impone l’erogazione di tale voce retributiva secondo i criteri fissati dalla contrattazione collettiva, in attesa che trovi piena attuazione l’art. 6, comma 1, cit. (lettere a) e b), mediante l’adozione dell’Atto Aziendale, che consenta la graduazione delle funzioni e la conseguente attuazione della disposizione di legge, sia per l’indennità di posizione variabile sia per l’indennità di risultato, con conseguente definitivo superamento del sistema “D M” di cui all’art. 31 d.P.R. n. 761/1979.
Alla luce della predetta ricostruzione fattuale e giuridica, la presente azione mira al riconoscimento del diritto dei ricorrenti di vedere definita, attraverso l’Atto Aziendale o altro atto idoneo allo scopo tuttora da adottare, la graduazione delle funzioni quale presupposto necessario, come sancito dalla citata sentenza n. 3663/08, per la definizione e l’attribuzione della retribuzione di posizione variabile aziendale e, in genere, per l’avvio a regime dell’intero sistema di cui all’art. 6 del D. Lgs n. 517/99.
Parte ricorrente, a tal fine, ha domandato con il ricorso all’odierno vaglio, la condanna dell’Amministrazione resistente, ai sensi dell’art. 21 bis della L. 1034/71 (rito “contra silentium”, oggi disciplinato dall’art. 117 c.p.a.), all’adozione dell’ “Atto aziendale”, previo accertamento della illegittimità del perdurante silenzio/inadempimento dalla stessa mantenuto, nonostante le indicazioni contenute nella citata sentenza di questo Tribunale sulla necessità di definizione dell’Atto Aziendale quale presupposto per l’attuazione dell’art. 6 del D. Lgs. 517/1999.
Si sono costitute per resistere al ricorso l’Azienda Policlinico Umberto I di Roma e l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” le quali eccepiscono l’inammissibilità della domanda e, comunque, l’infondatezza nel merito della pretesa azionata. L’Università, invero, eccepisce in via pregiudiziale, il proprio difetto di legittimazione passiva, chiedendo la propria estromissione dal giudizio, in quanto la controversia instaurata concernente la sfera delle competenze proprie dell’Azienda Policlinico Umberto I, chiamata a dare attuazione alla graduazione delle funzioni e a rendere, in tal modo, erogabili entrambe le indennità di cui all’art. 6, comma 1, Legge n. 517/99 in favore dei docenti svolgenti (anche) funzioni di assistenza medica presso il Policlinico.
A seguito di decreto di perenzione del Presidente della Sezione, veniva avanzata istanza di revoca (successivamente accolta) da parte dei seguenti originari ricorrenti: A V, B G, eredi del Prof. C E: moglie B V e figli C K e C E, G L, eredi del Prof. P R: moglie R E P e figlio P M, P P, S M, B N, B V F, B P, C N eredi (C R, Claudio e Giulio), D’Eramo Giuseppe, Di Maio Ferdinando, Di Marco Pietrangelo, E M, F G, G M C, Lezoche Emanuele, Manzon Licia, Marigliano Vincenzo, M R, Mazziotti Flaminia, Musca Antonino, Pascarella Maria Antonietta, Pietropaoli Vincenzo, Santoro Antonio, S P, S P e Troisi Giovanni;
- nelle more, interveniva però, in data 12.7.2016, la morte dell’Avv. Mario Racco procuratore dei suddetti ricorrenti;
- con ordinanza n. 6177/2017 del 24.5.2017, questa Sezione dichiarava l’interruzione del processo, con assegnazione del termine di tre mesi dall’ordinanza, per la prosecuzione o riassunzione del giudizio;
- con apposito atto tempestivamente notificato a tutte le parti e debitamente depositato (con le relative prove in ordine alle notifiche effettuate), i signori A V, B G, gli eredi del Prof. C E (la moglie B V ed i figli C K e C E), G L, gli eredi del Prof. P R (la moglie R E P ed il figlio P M), P P e S M procedevano alla riassunzione del presente procedimento, costituendosi in giudizio con i nuovi procuratori nominati e chiedendo la fissazione dell’udienza per la prosecuzione del giudizio, ai fini dell’accoglimento delle conclusioni rassegnate in calce all’originario ricorso;
- successivamente, si costituivano in giudizio, per mezzo dei medesimi patrocinatori dei ricorrenti in riassunzione, i signori: M R, B V F, S P, S P (con atto del 13.6.2018) e G M C (con atto del 19.4.2018).
Si è altresì costituito nel giudizio riassunto il prof. M B.
Pertanto è soltanto nei confronti dei ricorrenti in riassunzione ovvero costituitisi dopo la riassunzione che la presente pronuncia deve intendersi resa.
Parte ricorrente, nelle proprie conclusioni, insiste per l’ottenimento di una pronuncia che, nello stigmatizzare ulteriormente la perdurante inerte condotta della Amministrazione, accerti e dichiari espressamente “l’obbligo dell’Azienda Policlinico Umberto I alla rimozione dei comportamenti in atto non compatibili con il diritto soggettivo dei ricorrenti e, nella specie, ordini quindi all’Amministrazione di provvedere all’adozione dell’Atto Aziendale, onde poter finalmente riconoscere ed erogare agli istanti la richiesta retribuzione di posizione variabile, loro spettante ex lege”.
Alla pubblica udienza del 17 ottobre 2018, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Va in primo luogo disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’Università “La Sapienza”, in quanto il rapporto d’impiego dei ricorrenti rimane formalmente legato all’Ente da cui essi dipendono e cioè all’Università medesima, indipendentemente dal rapporto di provvista dei fondi che può intercorrere con le strutture sanitarie locali con riferimento ad alcune voci stipendiali (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 27 settembre 2006, n. 2519);e ciò anche in presenza di specifiche deliberazioni che nella materia in questione può assumere l’Azienda sanitaria (come nel caso di specie).
Venendo al merito, per la comprensione della controversia in esame è opportuna una sintesi del quadro normativo di riferimento nel quale va ad ascriversi la vicenda per cui è causa.
L'art. 6 del D.Lgs. n. 517 del 1999, recante la disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419, rubricato "Trattamento economico del personale universitario", dispone che:
"1. Fermo restando l'obbligo di soddisfare l'impegno orario minimo di presenza nelle strutture aziendali per le relative attività istituzionali, al personale di cui al comma 1 dell'articolo 5 (ossia, professori e ricercatori universitari, che svolgono attività assistenziale presso le aziende ospedaliero-universitarie e relative le strutture, di cui all'art. 2 del medesimo decreto delegato) si riconosce, oltre ai compensi legati alle particolari condizioni di lavoro, ove spettanti, oltre al trattamento economico erogato dall'università:
a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico;
b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell'attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all'efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.
2. I trattamenti di cui al comma 1 sono erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell'articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate e sono definiti secondo criteri di congruità e proporzione rispetto a quelle previste al medesimo scopo dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all'articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni. Tali trattamenti sono adeguati in base agli incrementi previsti dai contratti collettivi nazionali per il personale sanitario del servizio sanitario nazionale. Il trattamento economico di equiparazione in godimento all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto è conservato fino all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.
3. I protocolli d'intesa prevedono le forme e le modalità di accesso dei dirigenti sanitari del S.S.N., che operano nei dipartimenti ad attività integrata, impegnati in attività didattica, ai fondi di ateneo di cui all'articolo 4, comma 2, della L. 19 ottobre 1999, n. 370.
4. Ferma restando l'abrogazione delle norme incompatibili con il presente decreto sono comunque abrogate le parti dell'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382/1980 che disciplinano l'attribuzione del trattamento economico integrativo.".
La sensibile novità introdotta da questa norma è stata quella di aver previsto, per una categoria di personale (professori e ricercatori universitari) da un punto di vista generale non contrattualizzato, una struttura della retribuzione articolata in componenti diverse e in parte variabili, analogamente a quanto (fatte le debite differenze) già operante per il personale contrattualizzato delle Amministrazioni pubbliche; “la tripartizione di tale articolazione in trattamento economico erogato dall'Università, trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico e trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell'attività assistenziale e gestionale, corrisponde invero, … a quella in trattamento economico basico, indennità di posizione e indennità di risultato tipica del personale contrattualizzato” (vedi Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2017, n. 538, nella quale si svolge un’approfondita disamina dell’argomento).
In epoca risalente, l'art. 102 (rubricato "Attività assistenziale") del d.P.R. n. 382/1980, recante il riordinamento della docenza universitaria, aveva stabilito il principio, poi rimasto fermo anche nella normazione successiva, della piena equiparazione retributiva del personale docente universitario e dei ricercatori che esplichino attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero, rispetto al personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità.
La ragione della indennità c.d. “D M” di cui all’art. 31 d.P.R. n. 761 del 1979 discende proprio dalla esigenza, meglio esplicitata nella legge del 1980 cit., di assicurare l’equiparazione economica fra sanitari ospedalieri e docenti universitari che operano nelle cliniche universitarie, nel presupposto che fra gli obblighi dei secondi rientrino pure quelli di attendere alla direzione o alla esplicazione della propria attività di collaborazione nei gabinetti, istituti, cliniche, laboratori e simili, cioè in tutte quelle istituzioni che concorrono variamente allo svolgimento delle attività proprie delle Università (in tema si veda: Cons. Stato, VI, 1.12.2009 n. 7519 e della stessa Sezione VI la sentenza n. 7538/2009). Nel precitato art. 6 (comma 2, ult. periodo) della legge di riforma del 1999 (n. 517/99) è anche previsto, come già rilevato, che "Il trattamento economico di equiparazione in godimento all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto (ossia quello arricchito dalla percezione piena dell'indennità c.d. D M) è conservato fino all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1.". Quindi è la stessa Legge a prevedere che l'indennità c.d. D M è destinata a sopravvivere rispetto alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 517 del 1999 (anche se non è chiaro fin quando questo dovere di corresponsione a carico dell’azienda ospedaliera, ove il docente presta servizio come medico, continui a perpetuarsi;sul punto vedi la già citata sent. Cons. St., VI, 7 febbraio 2017, n. 538).
Approssimandoci ora più strettamente al tema oggetto della controversia – che è quello dell’adozione, da parte del Policlinico Umberto I, dell’Atto Aziendale attraverso il quale procedere alla graduazione delle varie funzioni, adempimento prodromico al futuro riconoscimento delle indennità variabili di posizione e di risultato di cui all’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 517 del 1999 – giova rammentare che lo stesso d.lgs. prevede all’art. 3, commi 2 e 3, che “ 2. Nell'atto aziendale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, sono altresì disciplinati, sulla base dei princìpi e dei criteri stabiliti nei protocolli d'intesa tra regione e università, la costituzione, l'organizzazione e il funzionamento dei dipartimenti ad attività integrata e sono individuate le strutture complesse che li compongono, indicando quelle a direzione universitaria.
3. L'atto aziendale è adottato dal direttore generale, d'intesa con il rettore dell'università limitatamente ai dipartimenti ed alle strutture di cui al comma 2.”. L’art. 3, comma 1-bis, d.lgs. n. 502 del 1992, richiamato nel secondo comma art. 3 sopracitato, prevede che: “1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale;la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali. L'atto aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione analitica….”.
Successivamente è intervenuto il D.P.C.M. 24 maggio 2001 (linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra Regioni e Università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle seconde, nel quadro della programmazione nazionale e regionale) il quale, all’art. 5 (sui criteri generali per l'adozione dell'atto aziendale) prevede, in particolare, che “1.I protocolli d'intesa stabiliscono, anche sulla base della disciplina regionale di cui all'art. 2, comma 2-sexies, lettera b), del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni, criteri generali per l'adozione, da parte del direttore generale dell'azienda ospedaliera di riferimento, degli atti normativi interni, nonché dell'atto aziendale previsto dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 517 del 1999, avuto riguardo alla specificità delle aziende ospedaliero-universitarie, nelle quali si realizza la collaborazione tra servizio sanitario nazionale ed università.