TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-02-15, n. 202101814

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-02-15, n. 202101814
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202101814
Data del deposito : 15 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2021

N. 01814/2021 REG.PROV.COLL.

N. 09941/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9941 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino Galletti, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, P.le Don Giovanni Minzoni, 9;



contro

Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui sono domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per l'accertamento

- dell'illegittimità del silenzio rifiuto e/o inadempimento serbato dal CSM in ordine all'istanza notificata in data 15 settembre 2020, finalizzata alla revoca della misura cautelare della sospensione obbligatoria dall'esercizio delle funzioni di Giudice di Pace, adottata con Delibera CSM del 16 gennaio 2019 e disposta con D.M. del 19 febbraio 2019, a seguito dell'avvenuta sostituzione in data 21 gennaio 2019 - e poi definitiva revoca in data 24 marzo 2019 - della misura cautelare penale recante la detenzione domiciliare per il reato ex art. 378 c.p. (favoreggiamento personale), nonché dell'obbligo del CSM di pronunciarsi sulla predetta istanza con l'emissione di un provvedimento espresso e motivato ex art. 2 e 3 L. 241/1990;

- dell’obbligo del CSM di provvedere;

con conseguente condanna

- del CSM ad avviare e/o concludere ex art. 2 L. 241/990 il procedimento per la riammissione in servizio del ricorrente ovvero per l'adozione di una misura di minore impatto afflittivo rispetto a quella adottata, con la contestuale nomina di un commissario ad acta che provveda in caso di perdurante inadempimento;

- del CSM al risarcimento dei danni da ritardo medio tempore patiti del ricorrente che saranno quantificati nel corso del giudizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del CSM con il Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice, nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2021, la dott.ssa Laura Marzano in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 4 D.L. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 L. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 D.L. 137/2020, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il dott. -OMISSIS-, Giudice di Pace già in servizio presso l’Ufficio -OMISSIS-, premesso di essere stato sottoposto alla misura cautelare penale della detenzione domiciliare per il reato ex art. 378 c.p. (favoreggiamento personale) e, a seguire, alla misura cautelare della sospensione obbligatoria dall’esercizio delle funzioni di Giudice di Pace - adottata con Delibera CSM del 16 gennaio 2019 e disposta con D.M. del 19 febbraio 2019 – una volta intervenuto il provvedimento (dapprima, in data 21 gennaio 2019, di sostituzione della detenzione domiciliare con l’obbligo di presentazione quotidiana alla Polizia Giudiziaria e, a seguire) di definitiva revoca della misura cautelare penale in data 24 marzo 2019, ha inviato al CSM, in data 15 settembre 2020, una istanza finalizzata alla revoca della sospensione dall’esercizio delle funzioni e alla riammissione in servizio chiedendo, in subordine, l’applicazione di una misura meno gravosa, quale il trasferimento ad altra sede.

Non avendo ricevuto riscontro, con il ricorso in epigrafe ex art.117 c.p.a. parte ricorrente ha chiesto l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dal CSM in ordine alla suddetta istanza di riammissione in servizio, nonché la declaratoria dell’obbligo del CSM di pronunciarsi con un provvedimento espresso.

Il ricorrente ritiene che siano venuti a mancare i presupposti giuridico - normativi sulla cui base è stata deliberata e disposta la misura cautelare della sospensione dalle funzioni, ai sensi dell’art. 18 DPR 198/2000 di cui la delibera ha fatto applicazione, essendo venuta meno la misura cautelare penale di natura personale.

Precisa il ricorrente che l’istanza proposta non sarebbe tesa a sollecitare il CSM ad adottare un provvedimento di secondo grado teso a riesaminare, ora per allora, la legittimità e l’opportunità della sospensione cautelare, bensì sarebbe finalizzata all’avvio e alla conclusione di un procedimento di primo grado teso alla sua riammissione nell’esercizio delle funzioni, alla luce della sopravvenuta cessazione degli elementi che obbligatoriamente deponevano per la sospensione personale.

Le amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio eccependo preliminarmente il difetto legittimazione passiva Ministero della Giustizia; in secondo luogo la difesa erariale eccepisce l’inammissibilità del ricorso avverso il silenzio.

Dopo aver ricostruito i fatti relativi al

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