TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-01-22, n. 202000864

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-01-22, n. 202000864
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202000864
Data del deposito : 22 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2020

N. 00864/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03814/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3814 del 2010, proposto da
R R, C G, L M, C G, R F, S F, G R, M G, P A, P C, B F, S G, S S, C I, F F, M G, C V, B L, M S, S R, F M, D M L, P C, F F, P N, T A, B A, C L, P G, A R, G R, A S, A F, B F, T P, F P, P G B, G S, M F, T C, V S, S D, Subrizi Alessandro, Aniello Alberto, Zanforlini Massimo, Aversano Roberto, Caramanica Roberto, Fiorelli Luigi, Chiccarella Carlo, Bucci Alessandro, Rendina Antonella, Zannella Giuseppe M., Tulli Lino, Onofri Maurizio, Alfieri Fioravante, Bataloni Carlo, Marcello Antonio, Baddaria Paolo, Fantinel Maurizio, Valenza Antonio, Giordano Domenico, Nabissi Maria Grazia, Muscuso Francesco, Stefanelli Giovanni, Baldoni Massimiliano, Certelli Walter, Piccolo Fabio, Cappai Giuliano, De Angelis Antonio, Pittelli Antonio, Angelino Domenico, Ametrano Crescenzo, Ranieri Eligio, Ercoli Giuseppe, Sinisi Roberto, De Patre Guerrino, Zauri Danilo, Rosatelli Enrico, Carnovale Maria Rosaria, Liberati Sergio, Messina Patrizia, Braconi Gianni, Di Giampasquale Claudio, Arcieri Giuseppe, Giantomasi Mario, Sperandeo Giuseppe, rappresentati e difesi dall'avvocato Riccardo Carlone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alcide De Gasperi, 35;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti ex art. 36 Cost. all’adeguamento dell’indennità ex art. 1 l. 734/73, così come determinata ex d.P.R. n 146/75 ed in ultimo aggiornata con d.P.R. n. 310/81, alla variazione registratasi rispetto alla quota oraria della retribuzione ordinaria con decorrenza dal 1982;

e per l’accertamento

della illegittimità del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1984, n. 69, del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1990, n. 147, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 254, del decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n.140, del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002, n. 164, del decreto del Presidente della Repubblica 5 novembre 2004, n. 301, decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170 di recepimento degli accordi sindacali per le forze di Polizia ad ordinamento civile

nonché di ogni altra analoga previsione contrattuale o normativa precedente e/o successiva che si ponga in aperto contrasto con il diritto azionato in questa sede.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 9 dicembre 2019 la dott.ssa F P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe è stato chiesto l’accertamento del diritto dei ricorrenti ex art. 36 Cost. all’adeguamento dell’indennità ex art. 1 l. 734/73, così come determinata ex d.P.R. n 146/75 ed in ultimo aggiornato con d.P.R. n. 310/81, alla variazione registratasi rispetto alla quota oraria della retribuzione ordinaria con decorrenza dal 1982, previo accertamento della illegittimità dei decreti del Presidente della Repubblica di recepimento degli accordi sindacali per le forze di Polizia ad ordinamento civile.

I ricorrenti hanno esposto di appartenere tutti, con ruoli e qualifiche diverse, alla Polizia di Stato, con diritto ad un trattamento economico e normativo assimilabile al V° o a maggiore livello retributivo;
in forza presso l'Ufficio per i Servizi Tecnico - Gestionali - VI° settore - Autoparco, risultavano essere impegnati prevalentemente all'interno degli uffici e dei locali garage siti in Via Gregorio VII, in Roma e, quindi, presso gli organismi periferici del settore della motorizzazione della Polizia di Stato.

Nell'ambito di tale incarico svolgevano mansioni di: i) addetti all'amministrazione, governo, carica e pulizia dei mezzi, ii) addetti al lavaggio e sgrassaggio dei veicoli, iii) addetti alla riparazione meccanica ed alla motoristica in genere, iv) autisti di bisarca e di automezzi pesanti, v) capi officina, vice capi officina, collaudatori e motoristi in genere, vi) amministrazione, controllo ed assistenza tecnica con esposizione diretta ai mezzi suddetti, ai gas di scarico, ai vapori delle lavorazioni ed ai locali da questi occupati;
in quanto tali i ricorrenti, quindi, risultavano essere esposti a sostanze ed aggressioni ambientali nocive, tanto che, per espressa disposizione dell’Amministrazione resistente, erano destinatari dell'indennità di rischio prevista dall'art. 4 della legge 15.11.1973, n. 734, così come determinata dall'art. 1 del Regolamento attuativo promulgato con D.P.R. 5.5.1975, n. 146 e dalla Tabella A gruppo IV ivi allegata.

L'ammontare di tale indennità, originariamente fissata nel 1975 in lire 400, non aveva però più subito alcun tipo di incremento a far data dal D.P.R. 9 giugno 1981, n. 310 (che ne ha raddoppiato l’ammontare oggi fissato in £. 800 - euro 0,41), e tantomeno di regolamentazione ad opera della sopraggiunta contrattazione collettiva.

Negli ultimi trenta anni, quindi, era rimasto immutato il compenso previsto per tale indennità, nonostante un incremento medio ISTAT registrato nel 3% annuo ed un quantomeno correlato previsto aumento, nei vari D.P.R. di recepimento degli accordi sindacali, del compenso degli emolumenti retributivi corrisposti con continuità.

L'azione instaurata dai ricorrenti mirava pertanto a far accertare il diritto dei ricorrenti, ex art. 36 Cost., all'adeguamento dell'ammontare dell'indennità di cui all'art. 1 Legge 15.11.1973, previa dichiarazione di illegittimità di tutti i CCNL che non annoveravano tale diritto o che, diversamente, lo escludono, e dei decreti del Presidente della Repubblica di recepimento di tali accordi.

Nell’ordinamento del personale della Polizia di Stato, infatti, il trattamento economico fondamentale ed accessorio era oggetto di contrattazione collettiva e gli accordi raggiunti erano successivamente versati in appositi D.P.R. di "recepimento", dei quali si chiedeva di dichiarare l’illegittimità.

L'indennità di rischio disciplinata dall'art. 4 della legge 15.11.1973, n. 734, così come quantificata dal D.P.R. 05.05.1975, n. 146 e dal D.P.R. 09.06.1981, n. 310, aveva lo scopo di compensare prestazioni di lavoro che comportino continua e diretta esposizione dei pubblici dipendenti a rischi per la salute e l'incolumità personale;
la legge ha previsto che la misura e modalità di corresponsione fossero demandate a successivo atto regolamentare, costituito dal d.P.R. 5.5.1975, n. 146, il cui art. 1 ha istituito l'indennità di rischio giornaliera.

L'indennità di rischio compete per ogni giornata di servizio effettivamente reso ed esclusivamente al personale applicato in modo diretto e continuo in una delle attività lavorative indicate nei gruppi della tabella A allegata al D.P.R. 146/1975 ed è quantificata in originarie £. 400 nell'art. 1 del medesimo regolamento, importo che l'art. 19 d.P.R. 9 giugno 1981, n. 310 ha poi raddoppiato con effetto dal 1° febbraio 1981.

Attualmente, quindi, spettano ai dipendenti della Polizia di Stato euro 0,41 a titolo di indennità di rischio giornaliera.

L’indennità in questione, inoltre, rientrava nella retribuzione del lavoratore ed era pertanto soggetta alle garanzie di cui all’art. 36 Cost..

L’omesso adeguamento, peraltro, aveva riguardato solo i contratti disciplinanti il rapporto di dipendenza del comparto sicurezza essendo stato, invece, oggetto di diverso adeguamento ad opera dei vari contratti collettivi degli altri comparti del pubblico impiego, tra cui le Forze Armate che l’avevano vista accresciuta sino ad euro 2,58 giornaliere.

I ricorrenti chiedevano pertanto che fosse quantificata in modo proporzionato e sufficiente la somma da corrispondere loro a tal titolo, determinando, in mancanza di contratti collettivi che ne quantificassero l'importo, autoritativamente la misura di tale compenso.

Si è costituita l’Amministrazione intimata eccependo l’inammissibilità del ricorso e la prescrizione delle somme asseritamente dovute fino all’anno 2005;
nel merito il Ministero dell’Interno ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

All’udienza straordinaria del 9 dicembre 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto proposto collettivamente senza specifico riferimento alle singole posizioni, e di prescrizione di parte delle somme richieste, dovendo il ricorso essere respinto in quanto infondato.

Deve premettersi, al riguardo, che il d.lgs. n. 195 del 12 maggio 1995 contempla una sorta di delegificazione della disciplina del rapporto di impiego del personale, tra l’altro, della Polizia di Stato (a seguito della distinzione tra “organizzazione amministrativa” e “regolazione e gestione del rapporto di lavoro” operata con il d.lgs. n. 29 del 1993, di c.d. “privatizzazione” del rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche, poi confluito nel d.lgs. n. 165 del 2001 – c.d. Testo Unico sul pubblico impiego) di modo che la regolamentazione del trattamento giuridico delle su indicate categorie di lavoratori trae origine da “accordi sindacali” e da “provvedimenti di concertazione”, poi recepiti in D.P.R., specificamente afferenti a precisi e ben definiti periodi temporali.

In particolare, tale normativa ha riconosciuto “oggetto di contrattazione” tutte le materie elencate al successivo art. 3, nel cui ambito figura anche “il trattamento economico fondamentale ed accessorio”, riservando formalmente alla disciplina di legge esclusivamente le materie di cui all’art. 2, comma 4, della legge 6 marzo 1992, n. 216, concernenti l’organizzazione degli uffici, la mobilità e l’impiego del personale, le sanzioni disciplinari, la determinazione delle dotazioni organiche, i modi di conferimento della titolarità degli uffici, l’esercizio delle libertà del personale ed il trattamento accessorio per i servizi prestati all’estero (TAR Lazio, Roma, sentenza n. 12313/2018).

Pertanto, la disciplina dell’indennità in questione rientra in tale sistema, ossia compete alla contrattazione collettiva, la quale ben può introdurre innovazioni rispetto alla disciplina legislativa vigente in precedenza, per poi divenire oggetto di appositi decreti del Presidente della Repubblica (cfr. – a livello di principi - Cass. Civ., Sez. Un., 7 luglio 2010, n. 16038;
Cass. Civ., Sez. Lav., 4 agosto 2008, n. 21062), con conseguente infondatezza delle censure di violazione di legge con riferimento all’omissione dell’aggiornamento di tale indennità nell’ambito della contrattazione collettiva poi recepita nei decreti del Presidente della Repubblica.

Nel caso di specie, infatti, come rilevato dall’Amministrazione resistente, oggetto del richiesto accertamento non è la contrarietà o meno di clausole inserite negli accordi collettivi recepiti mediante d.P.R. a norme imperative, ma il fatto che gli accordi volti a regolamentare quegli aspetti del rapporto di lavoro degli appartenenti alla Polizia di Stato demandati alla negoziazione fra datore di lavoro e organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori da recepirsi in d.P.R. di natura regolamentare non si siano mai occupati della c.d. “indennità di rischio”, non disponendone l’adeguamento.

Tale aspetto, tuttavia, deve ritenersi rimesso all’esplicazione della contrattazione collettiva, non esistendo alcuna norma imperativa che impone di adeguare l’importo del predetto emolumento nel tempo in relazione al variare del potere d’acquisto della moneta dovuto all’aumento dei prezzi al consumo.

La richiesta dei ricorrenti di ottenere in via interpretativa il riconoscimento di siffatta indennità non potrebbe quindi essere accolta, in difetto di disposizioni al riguardo di fonte legislativa o contrattuale.

Né l’adeguamento può ritenersi imposto dal disposto dell’art. 36 della Costituzione, in quanto i criteri di sufficienza e di proporzione posti da tale disposizione non comportano di certo la necessità di automatico adeguamento di ogni emolumento che concorre a determinare il trattamento economico complessivo spettante al singolo in funzione della perdita del potere d’acquisto della moneta, dovendo la proporzionalità e sufficienza della retribuzione devono essere valutate considerando la retribuzione nel suo complesso, non in relazione ai singoli elementi che compongono il trattamento economico (ordinanza n. 368 del 1999;
sentenza n. 15 del 1995).

Peraltro, i ricorrenti non hanno in alcun modo dimostrato che la loro retribuzione complessiva nel tempo a causa dell’invarianza di tale emolumento si è ridotta a tal punto da non potersi più considerare “proporzionata” alla quantità e qualità del lavoro prestato e “sufficiente”, cioè non più in grado di garantire loro un livello di vita libero e dignitoso, non avendo documentato l’incidenza di tale voce stipendiale sul quantum complessivamente dovuto, né l’effettivo periodo di durata di debenza della stessa.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

La peculiarità e novità della questione controversa giustifica, comunque, la compensazione delle spese di lite.

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