TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-12-07, n. 202013160
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Pubblicato il 07/12/2020
N. 13160/2020 REG.PROV.COLL.
N. 09696/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9696 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G P e G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, corso del Rinascimento n.11;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione Esaminatrice del Concorso a 300 Posti di notaio indetto con D.D. 2.10.2017, non costituita in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
A) Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
dell’esclusione del dott. -OMISSIS- dal prosieguo della correzione delle prove scritte concorso a 300 posti di notaio indetto con D.D. 2.10.2017, disposta dalla Commissione esaminatrice;
B) Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 23\7\2020:
del decreto del Ministro della Giustizia del 16 giugno 2020, pubblicato in pari data sul sito internet del Ministero della Giustizia recante l'approvazione della graduatoria dei vincitori del concorso, per esame, a 300 posti di notaio, indetto con decreto dirigenziale 2 ottobre 2017 e della relativa graduatoria.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2020 la dott.ssa R R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente ha partecipato al concorso notarile per 300 posti di notaio indetto dal Ministero della Giustizia con D.D. del 2 ottobre 2017.
2. In esito alla correzione del primo elaborato scritto, costituito dall’ atto mortis causa , egli è stato dichiarato non idoneo, e pertanto non è stato ammesso alla prova orale.
3. Di tale esito il ricorrente è venuto a conoscenza a seguito della pubblicazione sul sito del Ministero dell’elenco dei candidati ammessi alle prove orali.
4. Esercitando l’accesso agli atti, il ricorrente ha ottenuto copia del verbale di correzione relativo ai suoi elaborati (contenuti nella busta n. 970), dal quale ha appreso di essere stato dichiarato non idoneo in esito all’esame del primo elaborato, nel quale la Commissione ha rilevato un errore ostativo rilevante ai sensi dell’art. 11, comma 7, del D. L.vo 166/2006, e due insufficienze, rilevanti invece ai sensi dell’art. 11, comma 6, del Decreto medesimo.
5. Avverso tale giudizio il ricorrente ha proposto ricorso, deducendone, in principalità, l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, ed in subordine anche per violazione dei principi generali di trasparenza ed imparzialità, in relazione al fatto che la Commissione non avrebbe, prima di iniziare la correzione degli elaborati, individuato i criteri di valutazione dei medesimi.
6. Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio, insistendo per la reiezione del ricorso.
7. Alla camera di consiglio dell’11 settembre 2019 il Collegio, su richiesta del ricorrente, ha disposto il rinvio al merito della discussione.
8. Con motivi aggiunti ritualmente notificati, e depositati il 23 luglio 2020, il ricorrente ha esteso l’impugnazione alla graduatoria definitiva del concorso, articolando a sostegno del gravame motivi del tutto analoghi a quelli esposti nel ricorso introduttivo del giudizio.
9. Il ricorso è stato infine chiamato alla pubblica udienza del 7 ottobre 2020, in occasione della quale è stato introitato in decisione.
10. Prima di procedere con la disamina dei motivi di ricorso il Collegio ritiene opportuno rammentare quanto segue in ordine al sistema di correzione degli elaborati scritti vigente per il concorso notarile, così come dei principi giurisprudenziali consolidatisi in materia.
10.1. Secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 7, del D. L.vo n. 166/2006, la Commissione procede alla lettura degli elaborati di ciascun candidato, quindi esprime un giudizio complessivo di idoneità per l’ammissione alla prova orale: tale giudizio viene dunque formulato, di regola, ultimata la lettura di tutti e tre gli elaborati.
10.2. L’art. 34, comma 50, lettera f) del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, come sostituito dalla legge di conversione 17 dicembre 2012, n. 221, ha introdotto modificazioni, stabilendo che l’eventuale giudizio di non idoneità deve essere sinteticamente motivato con ricorso a “formulazioni standard”, che la Commissione deve predisporre contestualmente alla definizione dei criteri cui si atterrà nella correzione dei compiti: ciò al fine di semplificare e snellire il lavoro della Commissione, di rendere omogenea l’applicazione dei criteri prestabiliti e di rendere più semplice la verifica, “ab externo”, della osservanza dei criteri che la Commissione si è data.
10.3. L’art. 11, comma 7, del D. L.vo 166/2006, stabilisce, ancora, che “ Nel caso in cui dalla lettura del primo o del secondo elaborato emergano nullità o gravi insufficienze, secondo i criteri definiti dalla Commissione, ai sensi dell’art. 10, comma 2, la Sottocommissione dichiara non idoneo il candidato, senza procedere alla lettura degli elaborati successivi .”.
10.4. Tale norma evidenzia, in primo luogo, che nel caso in cui la Commissione rilevi, nella correzione del primo o del secondo elaborato, delle anomalìe, queste non sempre determinano un immediato giudizio di inidoneità, conseguendo esso solo al rilievo di cause di nullità dell’atto negoziale oggetto di prova, ovvero alla presenza di “gravi insufficienze”;va considerato, allora, che la riforma del concorso notarile attuata con il D. L.vo n. 166/2006 ha “ radicalmente innovato il meccanismo di valutazione degli elaborati nell'ambito del concorso notarile, prevedendosi la regola della valutazione globale e complessiva degli stessi al fine di addivenire ad un giudizio di idoneità o meno del candidato….., la pur consentita possibilità di escludere un candidato dalla partecipazione alle prove orali, nel caso in cui dal primo o dal secondo elaborato emergano "nullità" o "gravi insufficienze", postula, con ogni evidenza, che siffatte categorie vengano adeguatamente precisate mediante l'individuazione delle tipologie di carenze suscettibili di essere ricondotte nell'ambito della generica declaratoria di legge…” (C.d.S., Sez. IV, 25/10/2016, n. 4459;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 02/12/2013, n.10349;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 09/04/2013, n.3570 ;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 08/05/2012, n.4118). Consegue da ciò che “ Alla declaratoria generale dei criteri di valutazione dei candidati al concorso notarile accede l'ulteriore onere della specificazione contenutistica della fattispecie della nullità e della grave insufficienza che, ai sensi del comma 7 dell'art. 11, d.lg. n. 166 del 2006, consentono di non procedere alla lettura dei successivi elaborati, ovvero di quegli elementi che, in ragione della insuperabile, ovvero accentuatamente grave, presenza di errori o incompletezze, consentano di disporre senz'altro l'esclusione del candidato dalla procedura selettiva senza dover procedere alla valutazione complessiva degli elaborati .” (ibidem).
10.5. Le cause di nullità e le “gravi insufficienze”, prefigurate dall’art. 11, comma 7, sono dunque idonee a precludere l’ulteriore corso della correzione degli elaborati di un candidato e la successiva attività valutativa della commissione, evidentemente in quanto indici di gravi lacune nella preparazione del candidato;essi sono perciò definiti anche come “errori ostativi.
10.6. Sul fronte della giurisprudenza, deve rammentarsi che la individuazione dei c.d. “errori ostativi” nell’ambito del concorso notarile, così come la correzione degli elaborati, è espressione di discrezionalità tecnica della Commissione, sindacabile solo nei limiti del tradizionale sindacato di legittimità, e quindi solo nei limiti del macroscopico travisamento e della manifesta irrazionalità: infatti la giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha più volte affermato che “ L’attività di determinazione dei criteri di valutazione rientra nell'ampia discrezionalità della Commissione esaminatrice ed è pertanto sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo nel merito dell'azione amministrativa, salvo che non sia "ictu oculi” inficiata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ” (TAR Lazio, Sez. I, 11 gennaio 2018, n. 306;Cons. Stato, Sez. IV, n. 5862 del 2008;8.6.07, n. 3012;11.4.07, n. 1643;nonché TAR Lazio, Sez. I, nn. 3560 e 2900 del 2012 e n. 35387 del 2010), e tale principio è stato ancora recentemente ribadito dal Consiglio di Stato, che ha appunto affermato che “ In tema di concorso notarile, le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppure qualificabili quali analisi di fatti (correzione dell'elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l'espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l'idoneità tecnica e/o culturale, ovvero attitudinale, dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne uno sviamento logico od un errore di fatto, o ancora una contraddittorietà ictus oculi rilevabile;in altri termini il giudicante non può ingerirsi negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell'organo valutatore (e quindi sostituire il proprio giudizio a quello della Commissione), ma deve limitarsi al riscontro delle eventuali ipotesi liminari sopra richiamate .” (Consiglio di Stato, sez. IV, 18/06/2019, n.4127).
11. Nella specie risulta dal verbale del 9 gennaio 2019 n. 383, e dal punto 9 del relativo l’allegato A), che la Commissione concorsuale ha effettuato l’esame del solo elaborato mortis causa del ricorrente, (busta n. 970) dichiarandolo non idoneo riscontrando la presenza di un “errore ostativo” ai sensi dell’art 11, comma 7°, d.lgs. 166/2006, e precisamente:
“…l’elaborato è gravemente insufficiente per la sussistenza di errori di diritto nella motivazione o nella parte teorico-espositiva, consistenti “nella immotivata attribuzione di un effetto ipso iure all’istituto dell’indegnità a succedere, avendo il candidato affermato che C <<in quanto indegno ex art. 463 co. 1 n. 1 c.c. è ex lege già escluso dalla successione>> ”.
12. E’ opportuno riportare la traccia dell’atto mortis causa , che si leggeva come segue:
“ T, cittadino italiano, residente da anni negli Stati Uniti d’America, che, a causa di un incidente, ha perduto pressoché completamente il senso dell’udito, è sposato con L, cittadina americana. Egli è proprietario di beni immobili in Italia e di depositi bancari nella città di residenza. Volendo disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo alla sua morte, si reca da G R, titolare della sede notarile di Roma, e con studio in via Aurelia n. 1, esprimendo verbalmente le sue intenzioni.
T vuole lasciare alla moglie L: le disponibilità bancarie da lui detenute nella città di residenza;una vecchia casa di famiglia in Velletri, con divieto di alienazione;un fondo rustico in Taormina.
Con riferimento al fondo rustico, da tempo curato dal dipendente Cornelio, T vuole che quest’ultimo continui a lavorarvi.
T vuole inoltre lasciare al nipote Mevio, figlio del fratello, la collezione di quadri e la biblioteca che si trovano nella casa di Velletri, purché lo stesso Mevio consegua la laurea in ingegneria entro l’ordinario tempo accademico.
Per scrupolo di coscienza, T vuole riconoscere quale proprio figlio C, avuto da una precedente relazione e già condannato in via definitiva per tentato omicidio in suo danno e non intende farlo partecipare alla successione.
Del pari, T vuole escludere dalla successione suo padre Sempronio, cui rimprovera comportamenti anaffettivi e di abbandono tenuti in suo danno, fin dalla prima infanzia.
T vuole che ogni sua odierna disposizione non venga contestata in giudizio dalla moglie L e che in caso contrario ella sia esclusa dalla successione.
Il candidato, assunte le vesti di G R, rediga in data 13 aprile 2018 l’atto richiesto, adeguandolo alle norme inde di legge ed esercitando le sue funzioni di consiglio.
In parte teorica, il candidato motivi le soluzioni adottate e tratti dei seguenti istituti giuridici: criteri di collegamento nella individuazione della legge applicabile alla successione testamentaria;disposizioni sanzionatorie e destitutive nel testamento, aspetti comuni e differenziali con l’indegnità a succedere;legato di contratto di lavoro subordinato e differenze con il legato di posizione contrattuale;disposizioni testamentarie a contenuto non patrimoniale ”.
13. Nella scheda testamentaria predisposta dal ricorrente si prevede, con riferimento a C: “ Dichiaro di riconoscere che il bambino nato a … il … e che fu iscritto nei Registri dello Stato Civile del Comune di … con il nome di C … (generalità) è mio figlio .”.
13.1. Nella “motivazione” il ricorrente ha precisato:
“ Come richiesto dal testatore, si è proceduto al riconoscimento del figlio naturale C. Per l’analisi dell’istituto si rinvia alla parte teorica. Non si è proceduto ad alcuna diseredazione nei suoi confronti, vuoi perché trattasi di legittimario, vuoi, soprattutto, perché non necessaria. C, in quanto indegno ex art. 463, co. 1, n. 1, c.c. è ex lege già escluso dalla sua successione .”
13.2. Nella parte teorica il ricorrente ha ulteriormente precisato:
“ -3 – DISPOSIZIONI SANZIONATORIE E DESTITUTIVE NEL TESTAMENTO. ASPETTI COMUNI E DIFFERENZIALI CON L’INDEGNITÀ A SUCCEDERE.
…Le predette figure si differenziano profondamente dall’istituto dell’indegnità a succedere, la quale consiste in una sanzione che la legge commina ad un soggetto (esclusione dalla successione) in conseguenza della condotta riprovevole tenuta da tale soggetto nei confronti del de cuius. È indubbio che entrambe le fattispecie abbiano carattere sanzionatorio e che in entrambi i casi si tratta di sanzioni di carattere privatistico. Diverso, tuttavia è il fondamento (e, per tale via) la fonte di tali sanzioni. Il fondamento dell’indegnità è di carattere pubblicistico e risiede nella riprovazione sociale e legislativa del fatto commesso dallo indegno. Al contrario, il fondamento delle disposizioni testamentarie sanzionatorie e destitutive risiede nella mera volontà del de cuius. Un’ulteriore differenza risiede nella necessaria tipicità dei casi di indegnità e nella totale autonomia del testatore in ossequio al principio di libertà e personalità testamentaria .”
14. Il ricorrente contesta la valutazione della Commissione sul presupposto che non emergerebbe, dall’elaborato del ricorrente, che questi abbia inteso attribuire << alcun effetto “ipso iure” >>, essendosi limitato a dare atto che, sussistendone i presupposti, l’indegnità è causa “ ex lege ” di esclusione dalla successione. Secondo il ricorrente, la traccia sul punto non forniva elementi univoci, in quanto da un lato menzionava una condanna definitiva per l’ipotesi di indegnità di cui al n. 1 dell’art. 463, co. 1 cc, e dall’altro evidenziava che il testatore non intendeva far partecipare C alla successione.
14.1. Secondo il ricorrente, la condanna penale cui allude la traccia conterrebbe ex lege anche la dichiarazione di indegnità, come si evincerebbe dall’ 537 bis codice procedura penale, il quale stabilisce che “ Quando pronuncia sentenza di condanna per uno dei fatti previsti dall’art. 463 del codice civile, il giudice dichiara l’indegnità dell’imputato a succedere ”);e dal momento che dalla traccia emergeva la volontà del testatore contraria ad una “riabilitazione” di C, il ricorrente si sarebbe correttamente limitato al riconoscimento della paternità tenendo fuori C dalla successione;correlativamente, nella motivazione il ricorrente avrebbe correttamente evidenziato come non fosse necessaria una diseredazione di C, in quanto, appunto, “ ex lege ” escluso dalla successione ai sensi dell’art. 463 c. 1 n. 1 cc.;la Commissione avrebbe inoltre confuso gli effetti “ ex lege ” con gli effetti “ ipso jure ”, ai quali ultimi l’elaborato del ricorrente non fa alcun cenno.
14.1. L’Avvocatura dello Stato ha osservato che secondo la giurisprudenza, l'indegnità a succedere, derivante da uno dei fatti di cui all'art. 463 c.c., per essere operante doveva essere dichiarata con sentenza costitutiva emessa dal giudice civile su domanda del soggetto interessato (Cass. Sez. II, 05/03/2009, n. 5402;Cass. Sez. II, 29/03/2006, n. 7266;Cass. Sez. II, 23/11/1962, n. 3171), non potendosi pertanto escludere dalla successione il soggetto condannato per uno dei fatti anzidetti fino alla pronuncia di tale sentenza costitutiva. Ha inoltre rilevato che nell’elaborato concorsuale il ricorrente non ha fatto alcun riferimento all’art. 537 bis c.p.p., e che, peraltro, quest’ultimo, nel testo richiamato nel ricorso introduttivo del giudizio, risulta vigente dal 16 febbraio 2018, quando è entrata in vigore la legge n. 4 dell'11 gennaio 2018, che ha modificato anche l’art. 463 bis c.c., innovando la materia.
15. Il Collegio rileva che ancora recentemente la giurisprudenza si è espressa proprio nel senso indicato nella memoria dell’Avvocatura dello Stato, ad esempio con pronuncia del Tribunale di Palermo, sez. II, del 22/02/2019, che ha affermato:
“ Si deve reputare che l'indegnità, a differenza dell'incapacità a succedere, non impedisca la chiamata, ma comporti unicamente la rimozione dell'acquisto successorio, in ossequio al noto brocardo indignus potest capere sed non potest retinere. In altri termini, essa opera come causa di esclusione dall'eredità e comporta l'esito di impedire la conservazione dei diritti successori acquistati dall'indegno in virtù dell'accettazione. L'indegnità opera, in altri termini, come una sorta di sanzione civile che non si risolve nell'incapacità all'acquisto dell'eredità, ma quale causa di esclusione dalla successione, da dichiararsi con sentenza costitutiva su domanda dell'interessato. Così configurato l'istituto, si reputa che la relativa azione sia soggetta al termine di prescrizione ordinario. Più specificamente, dalla natura costitutiva della sentenza con cui il giudice si pronuncia sull'indegnità del soggetto chiamato all'eredità (da cui discende l'effetto della esclusione dello stesso dalla successione) si ricava il corollario per cui la relativa azione non è imprescrittibile, ma è soggetta al termine di prescrizione ordinaria di cui all'art. 2946 c.c., decorrente dal giorno dell'apertura della successione .”
15.1. Inoltre si deve evidenziare che l’affermazione – che si legge nella motivazione dell’atto – secondo cui la clausola di diseredazione non era necessaria perché “ C, in quanto indegno ex art. 463, co. 1, n. 1, c.c. è ex lege già escluso dalla sua successione ”, considerata unitamente al mancato richiamo, nell’elaborato concorsuale, dell’art. 537 bis c.p.p. e del diverso orientamento giurisprudenziale di cui sopra si è dato conto, non consente di affermare con certezza che il ricorrente avesse chiara la differenza tra impedimento alla chiamata all’eredità ed esclusione dall’eredità. Irrilevante, poi, appare il fatto che la Commissione, nella scheda valutativa, abbia fatto uso della locuzione “ ipso jure ”, che è sostanzialmente equivalente alla locuzione “ ex lege ” utilizzata dal ricorrente e che, pertanto, non può considerarsi frutto di “confusione” e di eccesso di potere da parte della Commissione.
16. Alla luce delle considerazioni che precedono, il giudizio della Commissione non può considerarsi, nella specie, affetto da travisamento o da palesi vizi logici, in particolare da errore di diritto, dovendosi constatare che effettivamente la tesi giuridica esposta dal ricorrente, secondo cui la causa di indegnità opererebbe ex lege , rendendo superflua una clausola di diseredazione, non corrispondeva ad un orientamento della giurisprudenza vigente all’epoca, ragione per cui il ricorrente avrebbe dovuto, nella motivazione o nella parte teorica, quantomeno dare atto del diverso orientamento, spiegando, eventualmente mediante il richiamo al nuovo art. 537 bis c.p.p., nel frattempo entrato in vigore, le ragioni per cui si era determinato a seguire un diverso orientamento.
17. Dalle considerazioni che precedono consegue la legittimità del giudizio di inidoneità espresso dalla Commissione nei confronti del ricorrente, a prescindere dall’esame delle ulteriori doglianze articolate nel ricorso introduttivo, con riferimento ai diversi ed ulteriori errori: come già precisato, infatti, a giustificare il giudizio di inidoneità di un candidato è sufficiente il riscontro di anche un solo “errore ostativo”, ai sensi dell’art. 11, comma 7, del D. L.vo 166/2006, ragione per cui le ulteriori doglianze – afferenti diversi “errori non ostativi” , segnalati al punto 14 della scheda di valutazione della ricorrente, – possono essere assorbite.
18. Occorre, a questo punto, procedere alla disamina dell’ultima doglianza, a mezzo della quale il ricorrente deduce, in via subordinata ed evidentemente facendo valere l’interesse strumentale alla reiterazione del concorso, l’illegittimità dell’operato della Commissione in conseguenza della mancata esplicitazione, prima dell’inizio della correzione degli elaborati, dei criteri di valutazione.
18.1. La censura è generica e indimostrata: infatti il ricorrente si è limitato ad affermare (a pag. 8 del ricorso introduttivo del giudizio) che “ nelle precedenti tornate concorsuali la Commissione ha definito tali criteri (cfr. verbale n. 9 del 13.12.16 che si produce in giudizio);mentre nel caso di specie nel verbale n. 10 del 5.06.2018 se da un lato si afferma di aver riepilogato i criteri da adottare nella valutazione degli elaborati, gli stessi non risultano esplicitati in violazione delle norme innanzi richiamate e del principio, di trasparenza dell’azione amministrativa che impone la preventiva determinazione e verbalizzazione dei criteri e delle modalità di valutazione delle prove concorsuali. I vizi della procedura si riverberano ovviamente sull’esito negativo per il ricorrente .”. Tuttavia, non solo non è stato prodotto in giudizio il verbale n. 9 del 13.12.2016, ma comunque risulta che il 5 giugno 2018 sia stata approvata la scheda delle motivazioni standard che la Commissione ha poi utilizzato anche per la correzione dell’elaborato della ricorrente: il ricorrente avrebbe quindi dovuto indicare in maniera più specifica le motivazioni standard ritenute illegittime per genericità.
18.2 Più in dettaglio le 18 diverse tipologie di motivazioni standard individuate dalla Commissione includono: 11 ipotesi di “grave insufficienza” comportanti l’immediata declaratoria di inidoneità (dalla 1 alla 10 e la n. 18), 4 tipologie di “errori non ostativi” (dalla n 11 alla 14), e 3 ipotesi di annullamento della prova (al n. 15 al n. 17).
18.3. Gli errori più gravi sono stati individuati nel “ travisamento della traccia ”, nella “ incompletezza dell’atto ”, nella “ incongruità delle soluzioni adottate ”, nella “ contraddittorietà intrinseca delle soluzioni adottate rispetto alle motivazioni scelte ”, nella “ omessa trattazione di istituti giuridici attinenti la traccia, con particolare riferimento e quelli di maggior rilievo ”, nella “ sussistenza di errori di diritto ”, nell’atto, nella motivazione o nella parte teorica, nei “ gravi errori commessi nella formazione dell’atto rispetto alla corretta tecnica redazionale notarile ”, ed infine nell’ “ evidente difetto di completezza dell’atto quanto all’atto, alla motivazione e alla illustrazione degli istituti giuridici connessi al tema, poiché nell’elaborato mancano gli elementi minimi richiesti per lo svolgimento della traccia richiesta ”.
18.4. Si può convenire circa il fatto che le anzidette “motivazioni standard” individuano gli “errori ostativi” solo nel genere;tuttavia, come la Sezione ha già avuto modo di chiarire nella sentenza n. 263/2020, ciò non comporta una eccessiva discrezionalità dei commissari incaricati di correggere gli elaborati, dal momento che ogni “genere” di errore è ben individuato. Il fatto che una vasta gamma di errori vi confluisca non implica, poi, l’illegittimità - per irragionevolezza - della suddetta tecnica di individuazione degli “errori ostativi”, essendo l’effetto preclusivo correlato al livello di professionalità che si richiede ai vincitori di un concorso notarile, relativamente ai quali la Commissione deve essere certa che saranno in grado di esercitare la professione notarile in maniera autonoma, senza commettere errori, ma senza alcun tipo di supervisione.
18.5. Il Collegio non apprezza manifesta irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento di fatto nel modo in cui la Commissione ha individuato gli “errori ostativi” e gli “errori non ostativi”: in particolare, proprio la circostanza secondo cui i vincitori di un concorso notarile sono chiamati ad esercitare la professione in totale autonomia, immediatamente dopo la nomina, e ritenuta la inaccettabilità di qualsivoglia tipologia di errore nell’esercizio di detta attività - in considerazione degli aspetti pubblicistici da cui essa è caratterizzata e dell’affidamento che suscita l’atto privato redatto da notaio, in ordine alla rispondenza di esso alle intenzioni delle parti, alla chiarezza espositiva ed alla sua validità ed efficacia -, tutto ciò giustifica la scelta della Commissione di individuare gli “errori ostativi” per categorie generali, in tal modo facendovi confluire un elevato numero di errori.
18.6. Anche il motivo di ricorso subordinato, quindi, va respinto.
19. In conclusione il ricorso in epigrafe indicato, ed i motivi aggiunti, che si fondano su identiche censure, vanno respinti.
20. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.