TAR Catania, sez. IV, sentenza 2019-07-22, n. 201901857

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2019-07-22, n. 201901857
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201901857
Data del deposito : 22 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2019

N. 01857/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04124/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4124 del 2000, proposto da L R e L C, quali eredi di Casella Giuseppa, elettivamente domiciliati in Messina, via Pippo Romeo n. 4, presso lo studio dell’avv. F M, che li rappresenta e difende;

contro

Inps, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, non costituito in giudizio;

per la condanna

dell’Istituto previdenziale al pagamento degli interessi legali per il tardivo pagamento dell’indennità di buonuscita;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 10 giugno 2019 il dott. G I e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 6 settembre 2000, depositato nella Segreteria del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania il successivo 25 settembre, i signori Romano Leccio e Claudio Leccio hanno esposto

- che la loro dante causa, signora G C, della quale sono eredi, già dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione, quale insegnante di ruolo presso la scuola elementare di Raccuja, è deceduta in data 17 ottobre 1994;

- che con nota del 29 novembre 1994 la Direzione didattica di Raccuja ha inviato al Provveditorato agli Studi di Messina l’istanza degli eredi dell’insegnate deceduta, volta ad ottenere la liquidazione dell’indennità di buonuscita di pertinenza della defunta;

- che in data 24 agosto 1995 è stata liquidata, per il titolo indicato, la somma netta di £ 52.371.440;

- che nessuna somma è stata corrisposta a titolo di interessi legali, dovuti in quanto la liquidazione è avvenuta al di là del 105° successivo al decesso della dipendente, quindi entro il 2 febbraio 1995, secondo quanto disposto dall’art. 26, quinto comma, del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 75, comma modificato dall’art. 7, terzo comma, della legge 20 marzo 1980 n. 75;

- che la Direzione provinciale di Messina dell’I.N.P.DA.P. (Gestione Enpas), con nota pervenuta il 27 settembre 1995, recante prospetto meccanizzato di liquidazione dell’indennità di buonuscita, ha risposto negativamente alla richiesta di pagamento degli interessi legali;

- che la Direzione menzionata ha evidenziato che l’indennità di buonuscita è stata pagata con mandato n. 485 del 9 agosto 1995 e riscossa il successivo 24 agosto, entro i 90 giorni dall’inizio del procedimento instaurato presso l’Istituto previdenziale, decorrente dall’arrivo della documentazione relativa all’indennità di buonuscita, e che l’Istituto stesso non risponde del ritardo con cui l’Amministrazione di appartenenza ha inviato il progetto di liquidazione dell’indennità di buonuscita.

Ciò premesso, i ricorrenti hanno evidenziato che il pagamento degli interessi legali è dovuto ai sensi dell’art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1881 n. 412 e hanno concluso chiedendo che sia riconosciuto il proprio diritto di ricevere gli interessi legali sulla somma pagata dall’I.N.P.D.A.P. a titolo di indennità di buonuscita, con condanna dell’Istituto previdenziale al pagamento delle relative somme e con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese del giudizio, da distrarre in favore del difensore, dichiaratosi antistatario.

L’I.N.P.D.A.P., cui il ricorso è stato notificato sia presso la Sede legale in Roma, sia presso la Direzione provinciale di Messina, non si è costituito in giudizio.

Con decreto n. 5317 del 3 luglio 2017 è stata dichiarata la perenzione del giudizio, ai sensi dell’art. 1, comma 1, delle norme transitorie del codice del processo amministrativo.

A seguito di domanda dei ricorrenti, con decreto n. 2134 del 16 aprile 2018 sono state disposte la revoca del decreto di perenzione e la reiscrizione della causa a ruolo.

I ricorrenti hanno prodotto memoria conclusiva.

Alla pubblica udienza straordinaria per l’abbattimento dell’arretrato del 10 giugno 2019 la causa è stata assegnata in decisione.

Va premesso, che il presente giudizio vede quali attuali parti i ricorrenti, da un lato, e l’I.N.P.S., dall’altro, in quanto tale Istituto previdenziale è subentrato, secondo il disposto di legge, in tutti i rapporti attivi passivi già facenti capo all’I.N.P.D.A.P.

Vale la pena sottolineare che la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di rilevare che l’orientamento secondo cui la soppressione di un ente pubblico dà luogo a un fenomeno di successione a titolo universale e determina interruzione del giudizio ai sensi dell’art. 299 c.p.c. (in tal senso, fra le altre, Cass. civ., sez. I, 30 agosto 2007 n. 18306) non è estensibile a casi come quello della successione dell’I.N.P.S. all’I.N.P.D.AP. In casi del genere, infatti, non si ha successione a titolo universale, bensì successione nel munus , fenomeno di natura pubblicistica, caratterizzato dal passaggio di attribuzioni tra amministrazioni pubbliche, con trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche che dei rapporti amministrativi pendenti, senza una vera soluzione di continuità e, quindi, senza i presupposti dell’evento interruttivo (in questi termini, Cons. Stato, sez. VI, 3 luglio 2014 n. 3369).

Precisato ciò, va rilevata la fondatezza del ricorso.

La giurisprudenza ha univocamente affermato che, secondo il disposto dell’art. 26, commi 3 e 5, del T.U. 29 dicembre 1973 n. 1032, l’I.N.P.D.A.P. deve provvedere a corrispondere l’indennità di buonuscita nel termine di 90 giorni, nel caso in cui la cessazione del servizio sia stata dovuta al raggiungimento del limite di età, e di 105 giorni negli altri casi, tra i quali rientra quello di decesso del dipendente, oggetto del presente giudizio. Si è precisato al riguardo che un eventuale ritardo obbliga l’ente previdenziale alla corresponsione degli interessi nella misura legale e, ricorrendone i presupposti, della rivalutazione indipendentemente dalle cause del ritardo stesso e, quindi, anche se esso sia imputabile all’amministrazione di appartenenza. Fermo restando, in quest’ultimo caso, il diritto di rivalsa dell’ente previdenziale nei confronti dell’amministrazione di appartenenza (in materia, fra le altre, Tar Lazio, sez. III, 2 marzo 2018 n. 2317;
Tar Sicilia, Palermo, sez. I, 7 settembre 2011 n. 1618;
Tar Campania, Salerno, sez. I, 9 dicembre 2008 n. 4072;
Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2008 n. 1927, Tar Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 12 maggio 2005 n. 713).

Per quanto sopra, deve disporsi la condanna dell’I.N.P.S. al pagamento in favore dei ricorrenti degli interessi legali sulla somma liquidata in favore degli stessi a titolo di indennità di buonuscita spettante alla signora G C, dal 106° giorno successivo al decesso di quest’ultima fino al soddisfo.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.

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