TAR Milano, sez. II, sentenza 2017-06-07, n. 201701288
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Testo completo
Pubblicato il 07/06/2017
N. 01288/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00855/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 855 del 2016, proposto da:
Immobiliare Carducci s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati T S e B S, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Galleria del Corso, 2
contro
Comune di Cabiate, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M Z, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Dante, 16
nei confronti di
A M, rappresentata e difesa dagli avvocati A V e M M, con domicilio eletto in Milano, Via Pier Luigi Da Palestrina, 6
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 1 del 21 marzo 2016, emessa dal responsabile dell’area tecnica ed edilizia privata del Comune di Cabiate, con la quale è stato ingiunto alla ricorrente di provvedere, entro il termine di 90 giorni dalla notifica, “ alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi, in modo tale che nella superficie da recuperare ai fini abitativi venga esclusa la superficie dello sporto di gronda, in quanto la stessa non poteva essere considerata come volume di sottotetto esistente e pertanto esclusa dal conteggio dello stesso ”, con espresso avviso che “ in caso di mancata ottemperanza, anche parziale, della presente ordinanza, si procederà all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 31, commi 3-4-5, del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cabiate e della sig.ra A M;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente proposto la società Immobiliare Carducci s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 1 del 21 marzo 2016, emessa dal responsabile dell’area tecnica ed edilizia privata del Comune di Cabiate, con la quale è stato ingiunto alla ricorrente di provvedere, entro il termine di 90 giorni dalla notifica, “ alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi, in modo tale che nella superficie da recuperare ai fini abitativi venga esclusa la superficie dello sporto di gronda, in quanto la stessa non poteva essere considerata come volume di sottotetto esistente e pertanto esclusa dal conteggio dello stesso ”, con espresso avviso che “ in caso di mancata ottemperanza, anche parziale, della presente ordinanza, si procederà all'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 31, commi 3-4-5, del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ”.
La ricorrente ha premesso di essere “ proprietaria dell’immobile sito in Comune di Cabiate, Via Trento, n. 16, censito in Catasto al foglio 4, mappale 381, sub 2 e 3, realizzato sul finire degli anni sessanta in virtù di regolari licenze edilizie e di successive varianti. In data 27 ottobre 2011 l’odierna proprietaria presentava la DIA n. 79/2011 (prot. n. 8992), per procedere con un intervento di ristrutturazione edilizia e recupero del sottotetto ad uso abitativo; il successivo 10 luglio 2012 veniva presentata la comunicazione di avvio dei lavori e in data 28 agosto 2014 veniva depositata la proroga del termine di fine lavori ” (cfr. pag. 2).
Ha soggiunto che “ durante la fase di esecuzione dei lavori l'ufficio tecnico comunale ha effettuato diversi sopralluoghi di verifica – a volte anche con la partecipazione di agenti della Polizia locale – in particolare, uno di essi veniva effettuato in data 22 luglio 2014. Nel corso di tali sopralluoghi sono stati disposti rilievi della struttura, anche quella inerente il sottotetto che era già stato realizzato, delle superfici e delle altezze, e non sono mai stati evidenziati vizi della DIA n. 79/2011 né è mai stata riscontrata alcuna difformità esecutiva ” (cfr. pag. 3).
È, però, accaduto che in data 1.10.2015 l’Amministrazione ha emesso un’ordinanza di sospensione dei lavori oggetto della DIA n. 79/2001, motivata sull’assunto che “ a seguito di un riesame della stessa si è riscontrata un’anomalia progettuale negli elaborati grafici allegati alla precitata DIA n. 79/2011, che hanno determinato una maggior superficie di sottotetto recuperata ai fini abitativi ”, cui è seguita – dopo che “ nel termine di sospensione lavori nessun ulteriore atto e comunicazione interveniva da parte del Comune, che è rimasto inerte per ben sei mesi ” (cfr. pag. 4) – l’impugnata ordinanza, con cui si è, in particolare, contestato che “ nel progetto depositato con la precitata D.I.A. n. 79/2011, veniva recuperata una porzione di superficie, che nella fattispecie, così come previsto dal su richiamato art. 63, comma 1 bis della L.R. 12/2005, per le sue caratteristiche strutturali dell’edificio stesso non poteva essere considerato come “volume” del sottotetto esistente e pertanto da escludersi dal conteggio della superficie finalizzata al recupero del sottotetto a fini abitativi ”: segnatamente che “ lo sporto di gronda non poteva di fatto rientrare nel calcolo del volume esistente, e recuperato come superficie finalizzata al recupero del sottotetto ”.
A fondamento del ricorso sono stati dedotti i seguenti motivi:
1°) eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; violazione degli artt. 22 e 31 del DPR 380/2001.
La ricorrente ha evidenziato che “ il Comune, (…), che pure ordina la demolizione delle opere, trascura che la DIA sulla base delle quale sono stati realizzati i lavori: risulta in tutto valida ed efficace, in quanto tale DIA non è stata inibita, dopo la sua presentazione, entro il termine di legge; è stata anzi verificata in sede di istruttoria e lo sono stati anche i lavori edilizi, nel corso dei diversi sopralluoghi svolti, che hanno attestato la piena conformità tra opere realizzate e titolo; neppure successivamente la DIA ha costituito oggetto di annullamento in autotutela da parte del Comune, così che, come anticipato, essa risulta oggi in tutto valida ed efficace. Questo, come noto, rappresenta l’unico strumento di cui l’Amministrazione dispone ove voglia contestare il titolo edilizio ritualmente formatosi e consolidatosi, una volta decorso il termine di legge. Ed è altrettanto noto che il potere di annullamento in autotutela soggiace anch’esso a precisi limiti temporali – nel caso decorsi – e può essere esercitato solo laddove ricorrano i presupposti di legge ” (cfr. pag. 6).
La legittimità delle opere, desumibile dall’efficacia della DIA, precluderebbe l’applicazione dell’art. 31 del DPR 380/2001, non ricorrendo, ad avviso della ricorrente, “ nessuno dei presupposti di legge che legittimano l’esercizio del potere sanzionatorio, che è stato perciò arbitrariamente esercitato ” (cfr. pag. 8).
2°) Violazione degli artt. 19, comma 6 e 21 nonies della legge 241/1990; eccesso di potere per travisamento, difetto d’istruttoria e arbitrarietà.
La ricorrente ha, inoltre, dedotto che “ nell’ordinanza di sospensione lavori si faceva riferimento al fatto che – in sede di riesame dopo cinque anni (…) della DIA, il che implica esplicita ammissione che un primo esame era stato fatto – era stata riscontrata un’anomalia progettuale negli elaborati grafici allegati alla precitata DIA n. 79/2011, che hanno determinato una maggior superficie di sottotetto