TAR Firenze, sez. I, sentenza 2018-05-17, n. 201800672
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Pubblicato il 17/05/2018
N. 00672/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01626/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1626 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
A B, rappresentata e difesa dall'avvocato O L, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Santo Spirito 15;
contro
Comune di Borgo San Lorenzo, rappresentato e difeso dall'avvocato D I, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via dei Rondinelli 2;
per l'annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Borgo San Lorenzo n. 30 del 9.4.2014, di "approvazione del progetto preliminare per la realizzazione impianto sportivo per ginnastica artistica nell'area "Romanelli" nel capoluogo in deroga ai parametri urbanistici", della deliberazione della Giunta Comunale n. 196 del 15.10.2015, relativa alla "realizzazione di nuova palestra per la ginnastica artistica nell'area "Romanelli" (1° stralcio funzionale - approvazione del progetto definitivo)", e degli atti connessi;
e per l’annullamento, chiesto con motivi aggiunti depositati in giudizio il 28 luglio 2017,
-della delibera della giunta comunale n. 123 del 23.6.2016 e degli atti ivi espressamente richiamati, presupposti e conseguenti;
-della determinazione dirigenziale n. 302 del 24.5.2016, di approvazione del progetto esecutivo (1° lotto) e degli atti connessi;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Borgo San Lorenzo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2018 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il Consiglio comunale di Borgo San Lorenzo, con deliberazione del 9.4.2014, ha approvato il progetto preliminare per la realizzazione di una nuova palestra destinata alla ginnastica artistica, dando atto di un’altezza presumibilmente eccedente i 9 metri e stabilendo perciò che “si potrà derogare, ove necessario, ai parametri urbanistici di zona e in particolare a quello relativo all’altezza massima degli edifici”, in applicazione della possibilità di deroga, concessa dalla L.R. n. 1/2005, agli atti di governo del territorio adottati ai sensi della previgente legge regionale n. 5/1995.
La Giunta comunale, con delibera n. 196 del 15.10.2015, ha approvato il progetto definitivo relativo al primo lotto della suddetta palestra, progetto che prevede un’altezza di metri 11,55, in deroga al limite di 9 metri previsto dal piano regolatore.
Nel giugno 2016 è stato installato un tendone di plastica alto 11,55 metri dal piano di calpestio (12,50 metri è invece l’elevazione dal piano di campagna), di fronte all’abitazione della ricorrente, nell’area verde adiacente.
Stando alla relazione tecnica allegata al ricorso, la maggiore altezza (11,55 anziché 9 metri) riduce la visuale della villetta della ricorrente e amplifica l’aumento di temperatura ed il cattivo odore provocati dal materiale plastico del nuovo manufatto.
Avverso le predette deliberazioni la parte istante è insorta con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto innanzi a questo TAR, deducendo:
1) Violazione del PRG in punto di altezza massime;violazione dell’art. 41 quater della legge n. 1150/1942, dell’art. 16 della legge n. 765/1967 e dell’art. 54 della L.R. n. 1/2005;errata applicazione dell’art. 35 bis della L.R. n. 5/1995;eccesso di potere per difetto di presupposti, travisamento ed errore;eccesso di potere per difetto di motivazione (violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990).
La deliberazione consiliare fa riferimento all’art. 35 bis della L.R. n. 5/1995, che però non era più vigente al momento della deliberazione stessa, vigendo invece il più restrittivo art. 54 della L.R. n. 1/2005, il quale non ammette deroghe allo strumento urbanistico in materia di impianti sportivi.
2) Violazione dei principi generali della legislazione statale e regionale in tema di deroga;violazione della previsione del PRG che consente nella zona in questione un’altezza massima di 9 metri;violazione dell’art. 41 quater e dell’art. 35 bis della L.R. n. 5/1995;eccesso di potere per perplessità, genericità ed indeterminatezza;difetto di presupposto;incompetenza e difetto di motivazione.
Il Consiglio comunale non ha introdotto la deroga allo strumento urbanistico ma ha stabilito che “si potrà derogare, ove necessario”, sul presupposto che la struttura da realizzare avrebbe avuto presumibilmente altezza superiore ai nove metri, in tal modo prevedendo la necessità di una successiva deliberazione di deroga;né al riguardo potrebbe rilevare una delega implicita alla giunta, in quanto le competenze consiliari sono inderogabili e tali da non ammettere deleghe. Pertanto, il potere di deroga è stato esercitato solo dalla giunta comunale, in assenza di una corrispondente delibera consiliare e senza averne la competenza.
3) Violazione dell’art. 14 del d.p.r. n. 380/2001 (sul permesso di costruire in deroga) e dei principi generali in tema di partecipazione alla formazione o alla modifica degli strumenti urbanistici.
La giunta comunale, con deliberazione n. 123 del 23.6.2016, ha approvato il progetto definitivo riguardante il 2° lotto dell’opera in questione;prima ancora è stato approvato il progetto esecutivo del primo lotto con determina dirigenziale n. 302 del 24.5.2016.
Tali atti sono stati impugnati con motivi aggiunti depositati in giudizio il 28.7.2017, incentrati sugli stessi vizi dedotti con il ricorso principale.
Si è costituito in giudizio il Comune di Borgo San Lorenzo, il quale ha eccepito la tardività del ricorso ( rectius : del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) e dei motivi aggiunti, sull’assunto che il termine d’impugnazione decorreva dalla pubblicazione delle deliberazioni all’albo pretorio, nonché l’inammissibilità per carenza di interesse, sull’assunto della mancata dimostrazione dei danni derivati alla ricorrente dalla maggiore altezza del manufatto de quo.
All’udienza del 18 aprile 2018 la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio ritiene di prescindere dalle eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso, stante la sua infondatezza.
Con la prima censura la ricorrente deduce che l’impugnata deliberazione consiliare fa riferimento all’art. 35 bis della L.R. n. 5/1995, che però non era più vigente al momento della deliberazione stessa, vigendo invece il più restrittivo art. 54 della L.R. n. 1/2005, il quale non ammette deroghe allo strumento urbanistico ai fini della realizzazione di impianti sportivi.
La censura non ha pregio.
La premessa della citata deliberazione consiliare richiama correttamente, alla pagina 4, la parte della legge regionale n. 1 del 2005 che conferisce ai comuni la potestà di deroga agli atti di governo del territorio adottati ai sensi della L.R. n. 5/1995, per le opere pubbliche o di interesse pubblico ricadenti in zone precedentemente destinate a funzioni pubbliche o di interesse pubblico.
In particolare, rileva nel caso di specie l’art. 205 della L.R. n. 1/2005 (“ I comuni esercitano i poteri di deroga agli atti strumenti della pianificazione territoriale e agli atti di governo del territorio adottati ai sensi della L.R. n. 5/1995 da ultimo modificata dalla legge regionale 15 maggio 2001, n. 23, nel rispetto di entrambe le seguenti condizioni: a) per interventi pubblici o d'interesse pubblico da realizzarsi anche a cura dei privati, purché tali interventi siano previsti su zone precedentemente destinate dal piano strutturale a funzioni pubbliche, o di interesse pubblico;b) nel rispetto dei limiti fissati dalle leggi e con esclusivo riferimento ai parametri dimensionali di intervento -altezze, superfici, volumi e distanze- ), di cui l’impugnata delibera costituisce una coerente applicazione. L’opera pubblica in questione (palestra) era già prevista in una precedente variante di piano regolatore generale (conformemente al presupposto di ammissibilità della deroga automatica previsto dall’art. 205, lett. a, della menzionata legge regionale) e il progetto attuale di essa, oggetto dell’impugnata deliberazione consiliare, secondo la formulazione della delibera stessa reca “presumibilmente un’altezza superiore ai 9 metri” previsti nella variante, talché risulta integrato anche l’altro presupposto richiesto dall’art. 205, alla lettera b (deroga operata con esclusivo riferimento ai parametri dimensionali di intervento).
Non è condivisibile il riferimento, espresso nell’impugnativa, all’art. 54 della L.R. n. 1/2005, il quale riguarda la deroga al regolamento urbanistico approvato in forza della stessa legge regionale, mentre invece gli atti impugnati incidono sul piano regolatore generale del Comune di Borgo San Lorenzo che fu approvato dal Consiglio Regionale con deliberazione n. 394 del 28.12.1999 ai sensi della L.R. n. 5/1995, richiamata nella premessa della delibera di approvazione del progetto preliminare.
Privo di pregio è infine il richiamo all’art. 97 della L.R. n. 65/2014 (pagina 10 del ricorso e pagina 6 della memoria di replica depositata in giudizio il 28.3.2018), trattandosi di norma inapplicabile al caso di specie in quanto approvata ed entrata in vigore successivamente alla deliberazione consiliare che ha reso possibile la contestata deroga ai parametri urbanistici di zona.
Con il secondo motivo l’esponente deduce che il Consiglio Comunale, con la contestata deliberazione, ha stabilito che “per l’attuazione dell’intervento si potrà derogare, ove necessario, ai parametri urbanistici di zona e in particolare a quello relativo all’altezza massima degli edifici” sul presupposto di un’altezza dell’immobile “presumibilmente” eccedente i 9 metri, dando un’indicazione indeterminata e generica e prevedendo la necessità di un’ulteriore deliberazione finalizzata a consentire in concreto la deroga;secondo la ricorrente, inoltre, non risulta che il Consiglio Comunale abbia inteso delegare la Giunta e comunque una siffatta delega violerebbe la competenza consiliare. La parte istante afferma che una potestà di deroga allo strumento urbanistico è stata esercitata dalla Giunta, la quale, in sede di approvazione del progetto definitivo, ha previsto un’altezza della palestra pari a 11,55 metri dal piano di calpestio, invadendo la competenza riservata al Consiglio Comunale;l’interessata aggiunge che un’eventuale delega a favore della Giunta comunale, desunta dalla deliberazione consiliare, sarebbe comunque illegittima, per violazione delle tassative competenze del Consiglio Comunale.
Le censure sono infondate.
La richiamata delibera consiliare, laddove prevede la possibilità di realizzare l’opera (e quindi di approvarne il progetto definitivo e il progetto esecutivo) per un’altezza maggiore dei 9 metri previsti dal PRG, costituisce un’autorizzazione a realizzare l’opera pubblica in deroga allo strumento urbanistico, talché essa si risolve nell’immediata applicazione dell’art. 205 della L.R. n. 1/2005, che prevede l’esercizio del potere di deroga da parte del Comune.
Non vi è quindi stata una delega conferita alla Giunta ai fini dell’esercizio del potere di deroga, come dimostra del resto la stessa formulazione della delibera con cui quest’ultima ha approvato il progetto definitivo, laddove si dà atto della già avvenuta approvazione del progetto preliminare in deroga ai parametri urbanistici di zona.
Il Consiglio Comunale ha ottemperato al precetto di cui al menzionato art. 205 precisando le caratteristiche dell’opera pubblica (indicate nell’approvato progetto preliminare) ed il parametro urbanistico (altezza) al quale viene circoscritta la possibilità di deroga.
Il terzo motivo è incentrato sulla violazione dell’art. 14 del d.p.r. n. 380/2001, il quale stabilisce che il rilascio del permesso di costruire in deroga debba essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
La doglianza non può essere accolta.
Nel caso di specie rileva la deroga allo strumento urbanistico conseguita, in via immediata, all’approvazione del progetto di opera pubblica, che vede coincidere il soggetto autorizzante ed il soggetto autorizzato alla realizzazione (il Comune), talché non è richiesto il rilascio di un permesso di costruire, presupponente un soggetto che autorizza (il Comune) diverso dal soggetto cui è imputabile l’opera, ipotesi quest’ultima che si verifica invece per le opere private di interesse pubblico e non per le opere pubbliche come quella in questione (assentite dalla pubblica amministrazione realizzatrice e intestataria dell’immobile), rispetto alle quali è sufficiente l’approvazione del progetto ai sensi dell’art. 19, comma 2, del d.p.r. n. 327/2001 o, per le opere di interesse regionale, ai sensi dell’art. 205 della L.R. n. 1/2005 (nel caso di specie la palestra è di interesse regionale, come si evince dal concorso della Regione al suo finanziamento, precisato al punto 3 del dispositivo della contestata delibera consiliare, e dalla legge regionale n. 72/2000).
Orbene, né l’art. 19 del d.p.r. n. 327/2001 né l’art. 205 della L.R. n. 1/2005 prevedono la previa comunicazione di avvio del procedimento, in ciò differenziandosi dall’invocato art. 14 del d.p.r. n. 380/2001.
Né, comunque, anche se si facesse leva su quest’ultima norma, la ricorrente avrebbe ragione di lamentarsi dell'omissione della comunicazione dell'avvio del procedimento, in quanto non era destinataria diretta del provvedimento, né risultava preventivamente individuata o, quantomeno, facilmente individuabile come soggetto portatore di un interesse contrario al rilascio del permesso di costruire in deroga. Del resto, secondo una consolidata giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 6 giugno 2012, n. 3343), il proprietario di immobile confinante con quello oggetto della richiesta di permesso di costruire non può essere considerato soggetto direttamente interessato al provvedimento, con la conseguenza che non sussiste alcun obbligo per l'Amministrazione di dargli comunicazione dell'avvio del procedimento preordinato al rilascio del titolo edilizio, fermo restando che ciò non comporta alcuna lesione delle sue facoltà procedimentali, comunque salvaguardate dalla possibilità di intervento volontario nel procedimento di rilascio ai sensi dell'art. 9 della legge n. 241/1990 (TAR Lazio, Roma, II, 5.11.2012, n. 9023;TAR Emilia Romagna, Bologna, I, 2.11.2017, n. 722).
In conclusione, il ricorso è infondato e parimenti infondate sono le censure, incentrate sull’illegittimità derivata, dedotte con i motivi aggiunti.
Pertanto il ricorso principale e i motivi aggiunti devono essere respinti.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, viste la particolarità e la parziale novità delle questioni dedotte.