TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-10-10, n. 202314973

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-10-10, n. 202314973
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202314973
Data del deposito : 10 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/10/2023

N. 14973/2023 REG.PROV.COLL.

N. 09613/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9613 del 2017, proposto da
Generali Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A L, G S e E S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. A L in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 20;

contro

Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E G, S S e D A M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via del Quirinale, n. 21;

nei confronti

Concessionaria servizi assicurativi pubblici s.p.a., non costituita in giudizio;

per l’annullamento

a) dell’ordinanza ingiunzione Ivass prot. n. 0122067/17 del 21 giugno 2017 (notificata a mezzo posta in data 27 giugno 2017) con la quale è stato ingiunto a Generali Italia s.p.a. di pagare, quale sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 319, comma 1, d.lgs. 209/2005, la somma di € 504.167,00, oltre ai diritti di notifica e spese di procedimento di competenza dell’Ivass per € 30,70, e quindi complessivi € 504.197,70;

b) nonché di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, presupposto, conseguente e/o, comunque, connesso, ancorché allo stato non conosciuto;

e, in via subordinata ,

per la rideterminazione ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), c.p.a., della sanzione irrogata.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 6 ottobre 2023 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente impugna l’ordinanza con cui l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), a seguito dei reclami proposti da alcuni consumatori, accertata la violazione dell’art. 183, comma 1, lett. a) d.lgs. 9 settembre 2005, n. 209 (c.a.p.) in ragione di una pluralità di ritardi nella liquidazione delle polizze vita, irrogava una sanzione amministrativa pecuniaria di € 504.197,00, ai sensi dell’art. 319, comma 1 c.a.p.

2. L’Ivass, costituito in giudizio, ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

3. Le parti si scambiavano memorie e repliche in vista dell’udienza pubblica del 6 ottobre 2023, all’esito della quale il Collegio tratteneva la causa per la decisione di merito.

4. Terminata l’illustrazione dello sviluppo del processo, è possibile illustrare le singole censure spiegate nel ricorso.

4.1. Con il primo motivo si evidenzia la diligenza profusa dalla società nella liquidazione delle polizze, essendo il pagamento intervenuto entro il termine di 30 giorni decorrente dalla ricezione della documentazione necessaria alla liquidazione (e non dalla richiesta). Inoltre, si osserva come in ogni caso la sanzione sarebbe illegittima per assoluta genericità del precetto, ponendosi cosí in conflitto con le regole generali che governano il potere sanzionatorio (art. 1 l. 24 novembre 1981 n. 689 e art. 25 Cost.): in particolare si deduce il contrasto con i corollarî del principio di legalità in materia penale, quali la tassatività e la determinatezza della fattispecie.

4.2. A mezzo della seconda doglianza, parte ricorrente asserisce l’illegittimità della sanzione atteso che l’art. 183, comma 1, lett. a) c.a.p. porrebbe unicamente obblighi nella fase anteriore alla conclusione del contratto;
viceversa, per il momento esecutivo rileverebbe unicamente la disposizione di cui al successivo art. 183, comma 1, lett. d) c.a.p. che prescrive alle imprese di « adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati ».

4.3. La terza censura, invece, è articolata su tre punti, mirando ad evidenziare il cattivo governo del potere di determinazione dell’importo della sanzione amministrativa pecuniaria.

5. Il ricorso è infondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

6. Preliminarmente, quanto all’asserita indeterminatezza della disciplina di cui all’articolo 183, comma 1, lett. a) c.p.a., è sufficiente evidenziare come la disposizione contenga elementi normativi di stretta natura giuridica richiamanti i parametri della diligenza, correttezza e trasparenza che trovano il proprio fondamento normativo negli artt. 1176, 1218, 1337 e 1375 c.c. Pertanto, le norme giuridiche sono individuabili senza incertezze, con il conseguente indubbio rispetto dei principî di tassatività e di sufficiente determinatezza (cosí Cons. Stato, sez. VI, 18 settembre 2020, n. 5468).

6.1. Quella riportata è la posizione della giurisprudenza amministrativa, ormai consolidata e dalla quale non vi è ragione di discostarsi: d’altro canto, appare innegabile che un professionista quale l’impresa di assicurazione sia in grado di cogliere il precetto al quale è collegata la sanzione, anche in assenza delle ulteriori precisazioni poste mediante i regolamenti Ivass di cui al secondo comma. Invero, l’utilizzo, nel testo di legge, di elementi non rigidi (diligenza, correttezza e trasparenza), non contrasta con il principio di legalità né con i suoi corollarî in tema di tassatività e precisione: difatti, trattasi di una tecnica redazionale che consente di sintetizzare con un vocabolo condotte che altrimenti avrebbero richiesto lunghi elenchi (cosí, Tar Lazio, sez. II, 4 novembre 2022, n. 14388).

6.2. Quanto alla corretta esecuzione degli obblighi contrattuali e, segnatamente, alla tempestiva liquidazione delle polizze, va rilevato come la ricostruzione operata dall’Ivass non sia infirmata dagli argomenti allegati dalla parte ricorrente. Invero, risulta pacifico che negli oltre ottanta casi esaminati l’impresa abbia liquidato la polizza vita oltre il termine di 30 giorni dalla richiesta del beneficiario. La questione della decorrenza del termine citato va risolta interpretando correttamente le disposizioni contrattuali, tenuto conto di tutte le circostanze del caso. Assume rilievo, in particolare, il criterio ermeneutico posto dall’art. 1370 c.c., atteso che i contratti assicurativi costituiscono pacificamente negozî il cui oggetto è unilateralmente predisposto dal professionista: conseguentemente, la clausola, nel dubbio, deve essere intesa in senso sfavorevole all’assicuratore medesimo (Cass., sez. III, 18 gennaio 2016, n. 668).

6.3. Quanto osservato determina quindi che il termine contrattuale di trenta giorni, per la liquidazione delle prestazioni vita, deve essere riferito alla richiesta di pagamento effettuata dal beneficiario, corredata dalla documentazione prevista: conseguentemente, la tardiva corresponsione delle somme deve essere qualificata alla stregua di un inadempimento agli obblighi contrattuali e violazione dell’art. 183, comma 1, lett. a) c.a.p. A corroborare questa conclusioni possono richiamarsi le numerose osservazioni operate dall’Ivass nell’all. 2 del provvedimento gravato, ove l’Istituto contesta, in punto di fatto, con argomentazioni logiche e coerenti, ogni singola giustificazione allegata dalla compagnia.

6.4. D’altro canto, come pacificamente ammesso dalla stessa parte ricorrente, nel caso in esame la compagnia corrispondeva ai beneficiari anche gli interessi legali: in altre parole, l’impresa, consapevole di aver violato il termine per adempiere, «compensava» (l’impiego del termine è atecnico) i clienti con il pagamento di una somma volta ad emendare il proprio ritardo. Si tratta di un comportamento sostanzialmente confessorio che dimostra ulteriormente la correttezza della valutazione dell’Istituto.

7. Passando alla seconda doglianza va osservato come la violazione degli obblighi fondamentali gravanti sull’impresa assicuratrice rilevi non solo sul piano civilistico ma anche su quello pubblicistico ex art. 183, comma 1, lett. a) c.a.p.: disposizione, quest’ultima, volta ad assicurare il regolare funzionamento del sistema assicurativo nel suo complesso. Invero, la peculiare natura del mercato assicurativo impone l’affiancamento ad una tutela civilistica (realizzata nel caso in esame con la corresponsione degli interessi per il ritardo) di uno strumento repressivo amministrativo, finalizzato a prevenire ed a riequilibrare la posizione negoziale delle parti (sul punto v. Tar Lazio, sez. II- ter , 21 marzo 2022 n. 3221).

8. Infine, anche la terza censura, nelle sue varie articolazioni, è priva di fondamento.

8.1. Con riguardo ai primi due punti (ossia la qualificazione non unitaria dell’illecito e la mancata applicazione della disciplina del cumulo giuridico) giova premettere che l’ordinanza gravata costituisce l’atto finale di un procedimento originato da autonomi episodi violativi degli obblighi contrattuali.

8.2. Tale autonomia strutturale non è sconfessata dall’unitarietà del provvedimento finale: ciò consente di escludere di ritenere integrato un solo illecito, posto che il buon funzionamento del mercato assicurativo è offeso ogni qualvolta gli operatori del settore disattendano, come nel caso di specie, i puntuali obblighi loro posti. Al contempo, va esclusa l’invocabilità del criterio del cumulo giuridico ai fini della quantificazione della sanzione atteso che l’applicazione dell’art. 8, comma 1 l. 689 cit. presuppone un concorso formale di illeciti, ossia plurime violazioni conseguenza di un’unica azione od omissione: circostanza pacificamente esclusa, stante l’evidente eterogeneità delle varie condotte contestate (v. i già citati allegati al provvedimento sanzionatorio). Del pari non appare ipotizzabile la medesimezza del disegno nella commissione delle varie violazioni (art. 8, comma 2 l. 689 cit.), considerata la ridetta differenza nelle azioni ed omissioni.

8.3. In ultimo, quanto alla paventata lesione del principio di proporzionalità, va precisato come la valutazione della gravità delle condotte ai fini della quantificazione della sanzione costituisce espressione di discrezionalità amministrativa (Tar Lazio, sez. II- ter 12 maggio 2023, n. 8187) che nel caso di specie risulta esser stata correttamente esercitata: difatti, alla luce di tutti gli elementi valorizzati nel provvedimento, l’importo comminato risponde ad evidenti ragioni di logicità e coerenza. Sul punto, invero, non può ignorarsi la gravità e la diffusione della pratica, l’incidenza della stessa sulle posizioni degli assicurati e beneficiari e la dimensione economica della compagnia: per di piú, l’importo complessivo tiene altresí in considerazione l’impegno della società a rimuovere gli ostacoli alla corretta e tempestiva liquidazione delle polizze assicurative, riducendo di un sesto l’importo irrogato.

9. Alla luce dell’esposta infondatezza delle doglianze il ricorso, pertanto, il ricorso è definitivamente respinto.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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