TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2017-11-28, n. 201705608
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Pubblicato il 28/11/2017
N. 05608/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00133/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 133 del 2016, proposto da:
A A, R G, M G, F I, G D C, G B, A I, C C, A P C, M A S, M V, U G e A G, tutti rappresentati e difesi dall’avv. P V, con domicilio presso la Segreteria del Tribunale;
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria
ex lege
;
per l’ottemperanza
al decreto decisorio (r.g. n. 2447/2011) reso in data 22 marzo 2012 dalla Corte di Appello di Napoli, III Sez. civ., e depositato il 18 luglio 2012, in accoglimento della domanda di equa riparazione proposta dai ricorrenti ai sensi dell’art. 2 della legge n. 89/2001.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 22 novembre 2017 il dott. Italo Caso e uditi, per le parti, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il decreto decisorio reso in data 22 marzo 2012 e depositato il 18 luglio 2012 (r.g. n. 2447/2011) la Corte di Appello di Napoli, III Sez. civ., condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla corresponsione a ciascuno dei ricorrenti della “… somma di euro 11.831,00 … oltre gli interessi al tasso legale dalla domanda al saldo …”. Detto decreto è divenuto definitivo per non essere stata proposta impugnazione, e a tutt’oggi non è stato effettuato il pagamento dovuto.
A fronte di tale situazione i ricorrenti hanno proposto ricorso per ottemperanza nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, chiedendo a questo tribunale di disporre l’esecuzione del decreto, con declaratoria dell’obbligo di provvedere al pagamento in loro favore della relativa somma, e con nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, di un Commissario ad acta che provveda al pagamento, a cura e spese dell’Amministrazione.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, opponendosi all’accoglimento del ricorso.
Alla camera di consiglio del 22 novembre 2017, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni e nei termini che seguono.
Il Collegio rileva come nel caso di specie ricorrano tutti i presupposti necessari per l’accoglimento, essendo il decreto in questione divenuto definitivo, in seguito alla mancata proposizione di impugnazione avverso lo stesso (come da certificazione della competente cancelleria prodotta in giudizio), ed essendo decorso il termine di centoventi giorni dalla data della notifica del decreto decisorio, ai sensi dell’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669 del 1996 (convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30), senza che l’Amministrazione abbia provato di avere dato esecuzione al dictum del giudice civile. In tal senso, l’art. 112, comma 2, cod.proc.amm. ha codificato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il decreto di condanna ex art. 3 della legge n. 89 del 2001 ha natura decisoria in materia di diritti soggettivi, ed è, sotto tale profilo, equiparato al giudicato, con conseguente idoneità a fungere da titolo per l’azione di ottemperanza (v. Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2012 n. 1484).
Nelle more della presente decisione è, tuttavia, sopravvenuta la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cosiddetta legge di stabilità 2016), che, nel comma 777, in vigore dal 1° gennaio 2016, “ al fine di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione del termine di ragionevole durata dei processi ”, ha provveduto ad inserire l’art. 5- sexies (Modalità di pagamento) nella legge 24 marzo 2001, n. 89. Detta normativa ha mutato le modalità di pagamento delle somme dovute per condanne ai sensi della stessa legge Pinto, introducendo delle disposizioni che incidono anche sulla proponibilità dei processi di esecuzione di tali pronunce, e, pertanto, anche dei giudizi di ottemperanza;viene, infatti, richiesto al creditore di rilasciare una dichiarazione di autocertificazione e sostitutiva di notorietà, attestante la non avvenuta riscossione di quanto dovuto e altri dati e documenti inerenti al pagamento, pena l’impossibilità di ottenere dalla p.A. debitrice il pagamento e di agire in via esecutiva.
Nello specifico, ai sensi del comma 1 dell’indicato art. 5- sexies , al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate, il creditore deve rilasciare “ all’amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ”, nonché deve trasmettere “ la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3 ”. L’indicato comma 3, prevede che “ con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze e del Ministero della giustizia, da emanare entro il 30 ottobre 2016, sono approvati i modelli di dichiarazione di cui al comma 1 ed è individuata la documentazione da trasmettere all’amministrazione debitrice… Le amministrazioni pubblicano nei propri siti istituzionali la modulistica di cui al periodo precedente ”. La dichiarazione in questione ha validità semestrale e deve essere rinnovata a richiesta della pubblica Amministrazione (comma 2). Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti, l’ordine di pagamento non può essere emesso (comma 4). L’Amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione ovvero della documentazione indicata (comma 5). La norma dispone, ancora, che prima del decorso di quest’ultimo termine, i creditori non possono procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, né proporre ricorso per l’ottemperanza del provvedimento (comma 7). Per quanto riguarda i processi di ottemperanza già instaurati alla data dell’1 gennaio 2016 – momento di entrata in vigore della legge di stabilità 2016 – la disposizione del comma 11 dell’indicato art. 5- sexies disciplina i termini di applicabilità della normativa in questione, mentre il comma 12 dello stesso articolo risolve la problematica del contenuto degli obblighi ( rectius oneri) di comunicazione anche nelle more di adozione dei decreti ministeriali che approveranno i modelli di dichiarazione. Il comma 11 prevede, infatti, che “ nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non può essere disposto il pagamento di somme o l’assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta ”. Il riferimento al commissario ad acta comporta la sicura applicabilità della norma in questione anche al giudizio di ottemperanza (oltre che alle esecuzioni processualcivilistiche). Il comma 12 del medesimo art. 5- sexies risolve la “questione” dell’immediata operatività degli obblighi di comunicazione anche in assenza dei decreti attuativi, prevedendo che “ i creditori di provvedimenti notificati anteriormente all’emanazione dei decreti di cui al comma 3 (quelli del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Giustizia che approveranno i modelli di dichiarazione) trasmettono la dichiarazione e la documentazione di cui ai commi precedenti avvalendosi della modulistica presente nei siti istituzionali delle amministrazioni. Le dichiarazioni complete e regolari, già trasmesse alla data di entrata in vigore del presente articolo, conservano validità anche in deroga al disposto dei commi 9 e 10 ”. La disposizione in questione stabilisce, quindi, l’immediata operatività degli obblighi di comunicazione trattati e indica quali sono i modelli, presenti sui siti dei Ministeri, a cui fare temporaneo riferimento in attesa dei decreti ministeriali di approvazione dei decreti sulla modulistica “finale” (previsti entro il 30.10.2016), ammettendo la validità delle dichiarazioni trasmesse prima dell’entrata della legge in esame e conformi ai requisiti previsti.
Orbene, ritiene il Collegio che la normativa in esame non precluda la decisione sulla domanda di ottemperanza. Non introduce, infatti, profili di inammissibilità della domanda giudiziaria per carenza dei presupposti – in quanto per questi ultimi si deve fare riferimento al regime vigente al momento della sua proposizione (nella fattispecie il ricorso è stato notificato all’Amministrazione il 29 dicembre 2015 e tale circostanza è decisiva per sottrarlo al nuovo regime) – né una condizione sopravvenuta di improcedibilità. Le disposizioni in questione, tuttavia, comportano l’esigenza che il pagamento intervenga solo a seguito della verifica, da parte dell’Amministrazione compulsata o del commissario ad acta , dell’intervenuta esecuzione degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. In particolare, tenendosi conto delle disposizioni di cui al comma 11 dell’emendato art. 5- sexies della legge Pinto, la domanda di ottemperanza proposta prima dell’entrata in vigore della novella legislativa – e tale va considerata la domanda giudiziale in esame perché notificata all’Amministrazione in data 29 dicembre 2015 (dagli artt. 41 e 114 cod.proc.amm. si evince che per “proposizione del ricorso” si intende solo la sua notificazione e non anche il successivo deposito) – può essere accolta, ma l’ordine giudiziale susseguente, volto a disporre le misure necessarie ad assicurare l’esecuzione del giudicato, deve essere emesso nel rispetto delle modalità legali attualmente vigenti, ovverosia considerando il comma 11 che, per i processi di esecuzione in corso, prevede l’assolvimento degli obblighi di comunicazione, e cioè il rilascio da parte dei creditori, anche in assenza dei decreti attuativi, di una “ dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito, l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la modalità di riscossione prescelta ai sensi del comma 9 del presente articolo… ”. Il Collegio ritiene, inoltre, che, per le esecuzioni in corso, come quella del caso di specie, il riferimento all’assolvimento degli obblighi di comunicazione sia riferibile solo alla presentazione della dichiarazione e non anche al decorso dei sei mesi. Quest’ultimo termine dilatorio esula del tutto dagli obblighi di comunicazione imposti al creditore.
La disposizione del comma 11 si richiama, infatti, ai soli obblighi di comunicazione e non all’intera procedura di liquidazione, e il riferimento della disposizione a una fase giudiziaria prettamente esecutiva – quale quella del giudizio di ottemperanza o di esecuzione forzata nel processo civile – fa venir meno l’esigenza di garantire uno spatium deliberandi all’Amministrazione per pagare, mentre fa salva quella di evitare duplicazioni di pagamento e, in ogni caso, di avere una chiara situazione debitoria. Tale interpretazione è, peraltro, conforme all’esigenza che il giudicato trovi pronta esecuzione, in linea con il principio costituzionale di pienezza della tutela giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost., così come con i principi in tema di equità del processo ed effettività della tutela, di cui agli artt. 6 e 13 della Convenzione CEDU. Inoltre, anche in giurisprudenza è stato da tempo affermato che, in sede di giudizio di ottemperanza, le azioni sostitutive poste in essere dal giudice o, per esso, dal commissario ad acta per eseguire il giudicato, possono anche esulare dal rispetto delle ordinarie procedure cui è tenuta l’Amministrazione nell’ambito della sua azione, anche in ipotesi riguardanti il pagamento di somme di denaro (v. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 8 giugno 2015, n. 7987).
La domanda attorea va, quindi, accolta e, per l’effetto, va ordinato all’Amministrazione convenuta di eseguire la statuizione giudiziale innanzi riportata e, quindi, di far luogo al pagamento di quanto dovuto ai ricorrenti, nel termine di trenta giorni dall’assolvimento da parte degli interessati degli obblighi di comunicazione dinanzi indicati, costituenti inderogabile presupposto per potersi conseguire quanto spettante. La circostanza, invero, che tale adempimento sarebbe già intervenuto – come documentato dai ricorrenti in data 13 settembre 2017 – non esonera gli interessati dal ripresentare la dichiarazione e la relativa documentazione, con il successivo decorso del termine indicato.
Per quanto riguarda, poi, le spese successive al decreto azionato, e come tali non liquidate nello stesso, il Collegio specifica che in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione alla parte ricorrente anche delle spese accessorie. Infatti, nel giudizio di ottemperanza le ulteriori somme richieste in relazione a spese diritti e onorari successivi al decreto sono dovute solo in relazione alla pubblicazione, all’esame ed alla notifica del medesimo, oltre alle spese relative ad atti accessori, in quanto hanno titolo nello stesso provvedimento giudiziale;non sono dovute, invece, le eventuali spese non funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, quali quelle di precetto (che riguardano il procedimento di esecuzione forzata disciplinato dagli artt. 474 ss., cod.proc.civ.), o quelle relative a procedure esecutive risultate non satisfattive, poiché l’uso di strumenti di esecuzione diversi dall’ottemperanza al giudicato è imputabile alla libera scelta del creditore (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 11 maggio 2010 n. 699). Ciò in considerazione del fatto che il creditore della p.A. può scegliere liberamente di agire in sede di esecuzione civile ovvero in sede di giudizio di ottemperanza, ma una volta scelta questa seconda via non può chiedere la corresponsione delle spese derivanti dalla eventuale notifica al debitore di uno o più atti di precetto (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 14 luglio 2009, n. 1268). Le spese, i diritti e gli onorari di atti successivi al decreto azionato sono quindi dovuti solo per le voci suindicate e, in quanto funzionali all’introduzione del giudizio di ottemperanza, vengono liquidati, in modo omnicomprensivo, nell’ambito delle spese di lite del presente giudizio come quantificate in dispositivo, fatte salve le eventuali spese di registrazione del titolo azionato il cui importo, qualora dovuto e versato, non può considerarsi ricompreso nella liquidazione omnicomprensiva delle suindicate spese di lite.
L’Amministrazione darà quindi esecuzione al predetto decreto entro trenta giorni dall’integrale adempimento da parte dei ricorrenti degli obblighi di comunicazione suindicati;e ciò a séguito della comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
In caso di inutile decorso del termine di cui sopra, si nomina sin d’ora Commissario ad acta il Dirigente dell’Ufficio X della Direzione dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del Personale e dei Servizi del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla comunicazione dell'inottemperanza (a cura di parte ricorrente) e previa verifica dell’effettivo intervenuto integrale assolvimento degli obblighi di comunicazione, darà corso al pagamento, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente. Il compenso del Commissario ad acta rientra nell’onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti, ai sensi del comma 8 dell’art. 5- sexies della legge n. 89/2001, così come previsto dall’art. 1, comma 777, lett. l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, venendo poste a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e si liquidano come da dispositivo.