TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-12-18, n. 201514282

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2015-12-18, n. 201514282
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201514282
Data del deposito : 18 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06841/2015 REG.RIC.

N. 14282/2015 REG.PROV.COLL.

N. 06841/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6841 del 2015, proposto da:
Unipolsai Assicurazioni Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti S B, M S, F C, L N ed E C, elettivamente domiciliata in Roma, piazza di Spagna, 15, presso lo studio dell’avv. M S;

contro

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Compagnia Trasporti Pubblici Spa, Asstra Associazione trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Massimo Malena, Bruno Bitetti, elettivamente domiciliate in Roma, Via Ovidio, 32, presso lo studio legale Malena &
Associati;
Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Anselmo Carlevaro e Francesca Dealessi, elettivamente domiciliata in Roma, Via G.G.Porro, 8, presso lo studio dell’avv. Francesca Dealessi;
Generali Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Luciano Di Via e Aristide Police, elettivamente domiciliata in Roma, Via di Villa Sacchetti, 11, presso lo studio dell’avv. Aristide Police;
Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici, Ania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Angelo Raffaele Cassano e Marcello Clarich, presso il cui studio in Roma, viale Liegi, 32, è elettivamente domiciliata;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Azienda e Mobilità Trasporti Bari, Azienda Metropolitana Trasporti Catania s.p.a., Azienda Trasporti per l’area metropolitana di Reggio Calabria, s.p.a., Azienda Trasporti Messina, Tiemme s.p.a., Autoservizi Irpini s.p.a., A.P.S. Holding s.p.a., F.T.V. s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Massimo Malena, Bruno Bitetti, elettivamente domiciliate in Roma, Via Ovidio, 32, presso lo studio legale Malena &
Associati;

per l'annullamento

- del provvedimento n. 25382, adottato dall'Autorità in data 25.03.2015 a conclusione del procedimento I744, nonché di ogni altro atto connesso o presupposto, conseguente o antecedente a quello indicato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, della Compagnia Trasporti Pubblici Spa, della Generali Italia Spa, della Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, di Asstra Associazione trasporti e dell’Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2015 la dott.ssa R C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

E’ impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in avanti anche Autorità o AGCM) ha ritenuto la sussistenza di una intesa tra la ricorrente, Unipolsai Assicurazioni Spa, e la Generali Italia Spa, ed ha irrogato nei confronti della ricorrente una sanzione pari a 16.930.031 euro.

L’intesa avrebbe avuto ad oggetto “ il coordinamento per la non partecipazione alle procedure indette dalle aziende di trasporto pubblico locale … per l’affidamento del servizio assicurativo responsabilità civile auto … al fine di fornire il servizio esclusivamente alle aziende già clienti, tramite procedure di affidamento meno rigide e senza confronto concorrenziale ”.

Con il primo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE;
eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, travisamento dei fatti, incompletezza e difetto di istruttoria, nonché illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza e insufficienza della motivazione, in relazione alla definizione del mercato rilevante e alla valutazione delle condotte delle parti.

La ricorrente censura il modo in cui l’Autorità ha individuato il mercato rilevante sul quale l’intesa avrebbe prodotto i suoi effetti.

In particolare, rappresenta come a tale definizione si sia pervenuti senza fare ricorso a valutazioni di carattere economico e sulla base di un ragionamento circolare, nel quale l’individuazione del mercato non è stata successiva alla verifica della sussistenza dell’intesa, ma è avvenuta selezionando, tra le tante, alcune specifiche gare individuate in maniera strumentale, finalizzata alla dimostrazione di un assunto privo di riscontri economici e fattuali.

Con il secondo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE;
violazione dell'art. 6, paragrafo 2, della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo;
violazione dell'art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241;
violazione dell'art. 48 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea;
eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, incompletezza e difetto di istruttoria, carenza e, comunque, manifesta insufficienza della motivazione, in relazione all'accertamento dell'intesa restrittiva contestata alle parti.

Il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso in palese assenza dei necessari presupposti fattuali e giuridici.

In particolare il provvedimento non farebbe emergere, con sufficiente valenza probatoria, la sussistenza degli indici dai quali deve essere desunta la ricorrenza di una “pratica concordata” e consistenti:

nel parallelismo delle condotte tra le varie imprese partecipanti all’intesa;

nella sussistenza di una concertazione;

nella non ravvisabilità di una spiegazione alternativa delle condotte tenute rispetto allo scopo anticoncorrenziale.

L’Autorità, in sintesi, non avrebbe assolto agli oneri probatori su di essa gravanti ai sensi dell’art.2 del regolamento CE n. 1/2003 (recte1/2002), modus procedendi che, per costante giurisprudenza comunitaria e nazionale, determina l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio.

Con il terzo motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE;
violazione degli artt. 2, 18 e 39 della Costituzione;
violazione dell'art. 12 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea;
violazione dell'art. 11 della Carta Europea dei Diritti dell'Uomo;
eccesso di potere per incompletezza e contraddittorietà, irragionevolezza e illogicità intrinseca del Provvedimento nella parte in cui censura le funzioni e le modalità operative di ANIA, sia con riferimento al GdL, che alla formulazione del parere sull'obbligo a contrarre.

Nell’articolare la motivazione del provvedimento gravato, l’Autorità avrebbe, in assenza di prove e senza sentire l’interessata, dichiarato contra legem le attività istituzionali tipiche di una associazione di categoria (l’ANIA).

Con il quarto motivo di doglianza la ricorrente ha lamentato, in via subordinata, illegittimità e iniquità della sanzione e del suo ammontare, violazione dell'art. 15 della legge n. 287/1990 e dell'art. 11 della legge n. 689/1981;
eccesso di potere per travisamento dei fatti, mancata/erronea valutazione delle risultanze istruttorie, illogicità e contraddittorietà manifeste, carenza di motivazione e violazione del principio di proporzionalità in relazione all'imposizione di una sanzione a UnipolSai e alla determinazione del suo ammontare.

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche in punto di determinazione della sanzione, sia con riferimento alla ritenuta gravità dei fatti, sia con riferimento alla durata dell’intesa, sia, infine, con riferimento all’attività di quantificazione.

Si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Si sono costituiti Compagnia Trasporti Pubblici Spa, Asstra Associazione trasporti e il Gruppo Torinese Trasporti Gtt. Spa, che hanno chiesto la reiezione del ricorso, le pure costituite Generali Italia Spa e Ania, Associazione nazionale per le imprese assicuratrici, ne hanno chiesto l’accoglimento.

Azienda e Mobilità Trasporti Bari, Azienda Metropolitana Trasporti Catania s.p.a., Azienda Trasporti per l’area metropolitana di Reggio Calabria, s.p.a., Azienda Trasporti Messina, Tiemme s.p.a., Autoservizi Irpini s.p.a., A.P.S. Holding s.p.a. e F.T.V. s.p.a., sono intervenute ad opponendum.

Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Come visto nella narrazione in fatto, il provvedimento impugnato, adottato in esito ad un procedimento attivato su denuncia di alcune aziende di trasporto pubblico locale, ha ritenuto la sussistenza di una intesa tra Generali Italia Spa e Unipolsai Assicurazioni Spa, che si sarebbe realizzata nel settore merceologico dei servizi assicurativi per la responsabilità civile degli autoveicoli nello specifico ambito dei trasporti pubblici locali.

Il provvedimento ha evidenziato come per l’acquisizione di tali servizi le aziende sono obbligate a utilizzare procedure di evidenza pubblica, essendo il ricorso all’affidamento diretto consentito in ipotesi eccezionali, tra le quali, per quanto qui rileva, il caso di gara in cui tutte le offerte presentate siano irregolari o inammissibili o il caso in cui non venga presentata alcuna offerta.

La concertazione censurata avrebbe avuto ad oggetto proprio la mancata partecipazione alle gare, tale da consentire l’affidamento all’unico offerente o, in caso di gara deserta, l’affidamento all’impresa fornitore storico, a seguito di una contrattazione bilaterale e con l’ottenimento di condizioni migliori di quelle previste dal bando.

Le procedure di affidamento oggetto dell’intesa sarebbero state 58, bandite da 15 aziende di trasporto pubblico locale, di cui 56 andate deserte e 29 aggiudicate alla compagnia storica in quanto unica offerente.

Ai § 34 e 35 del provvedimento impugnato vengono sinteticamente descritte le emergenze istruttorie sulla cui base è stata ritenuta sussistenza dell’intesa, più diffusamente esposte, poi, nel prosieguo dell’atto.

Esse sono costituite da:

a) analisi dei documenti e degli andamenti delle procedure bandite dalle aziende TPL coinvolte nel procedimento;

b) documenti interni alle compagnie e dichiarazioni rese in audizione che illustrano la politica assuntiva delle stessa;

c) esistenza di un gruppo di lavoro sul TPL istituito presso Ania all’interno del quale le parti si sarebbero scambiate informazioni sensibili al fine di coordinarsi sul mercato;

d) altri contatti orizzontali.

Esaminate le risultanze istruttorie acquisite, al § 176 e ss. il provvedimento afferma la sussistenza di un intesa unica e complessa, che avrebbe avuto inizio quantomeno nel 2010, sarebbe durata fino al 29 maggio 2014 ed avrebbe avuto “ ad oggetto la non partecipazione a procedure di affidamento del servizio assicurativo RC Auto bandite da aziende TPL al fine di fornire il servizio esclusivamente alle aziende già in portafoglio, attraverso modalità di affidamento meno rigide e senza confronto concorrenziale ”.

L’intesa avrebbe avuto gradi di partecipazione variabile, assumendo, comunque, nel suo insieme le caratteristiche della pratica concordata, presentando altresì dei momenti in cui la condotta delle parti, pur inserita in un contesto collusivo più ampio, avrebbe integrato gli estremi di un vero e proprio accordo anticoncorrenziale.

Sotto entrambi i profili si sarebbero conclusivamente realizzati tra le due imprese concorrenti quei contatti diretti o indiretti tali da far venir meno l’autonomia degli stessi nelle decisioni commerciali, alterando in tal modo le condizioni di concorrenza normali sul mercato di riferimento.

Il provvedimento poi, richiamate, al § 180, le pronunce giurisprudenziali secondo cui la prova dell’intesa può avere anche una natura indiziaria, ritiene provata la sussistenza dell’intesa in considerazione della ricorrenza di: a) un parallelismo di comportamenti;
b) numerosi contatti tra le imprese, avvenuti principalmente nell’ambito del gruppo di lavoro ANIA sul TPL, c) l’assenza di giustificazioni economicamente fondate circa la razionalità delle parti.

Venendo all’esame delle censure articolate dalla ricorrente conviene procedere dal secondo motivo di ricorso con il quale Unipol ha sostenuto la non ricorrenza, nel caso di specie, di idonei indici rivelatori della asserita concertazione, la cui sussistenza sarebbe stata ritenuta dall’Autorità senza adempiere agli oneri probatori su di essa gravanti in base ai precetti normativi applicabili in materia e alla costante interpretazione che di quei principi hanno dato la giurisprudenza comunitaria e quella nazionale.

La ricorrente ricorda come l’art. 101 TFUE vieti le intese sotto forma di accordo, pratica concordata o decisione di associazione di imprese che abbia per oggetto e per effetto quello di restringere la concorrenza in modo significativo.

Richiama poi le definizioni giurisprudenziali secondo cui mentre l’accordo richiede un incontro di volontà provenienti da più operatori economici indipendenti, la pratica concordata costituisce una concertazione meno compiuta, tale, in ogni caso, da integrare una consapevole collusione tra imprese indipendenti.

Sottolinea quindi come, in assenza di tale elemento intenzionale, l’adozione di comportamenti identici da parte di più imprese vada invece ricondotta ad una legittima reazione intelligente ai comportamenti noti o presunti dei concorrenti.

Rappresenta ancora come l’onere della prova in ordine alla sussistenza dell’intesa gravi sull’Autorità antitrust, la cui ipotesi ricostruttiva, anche alla luce delle pronunce giurisprudenziali in materia, deve soddisfare un criterio di congruenza narrativa “ in virtù del quale l’ipotesi sorretta da plurimi indizi concordanti può essere fatta propria nella decisione giudiziale quando sia l’unica a dare un senso accettabile alla storia che si propone per la ricostruzione dell’intesa illecita … o sia comunque nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente ”.

Da ultimo la ricorrente sottolinea come le idonee prove documentali debbano riguardare non un qualsiasi contatto tra le imprese, ma solo contatti illeciti relativi all’intesa contestata , con la conseguente irrilevanza di prove che attestino la mera esistenza di riunioni tra le imprese.

Ciò premesso, rileva la ricorrente come, nel caso in esame, l’Autorità non avrebbe fornito la prova dell’esistenza di uno scambio di informazione tra le parti, del parallelismo di comportamento tra le stesse e dell’assenza di razionalità economica di tale parallelismo, non riuscendo neppure a dimostrare la non plausibilità di una spiegazione del suddetto parallelismo sulla base di giustificazioni alternative all’ipotesi collusiva.

Con riferimento ai contatti tra le parti, Unipol rappresenta, in primo luogo, come alla fine del 2010, a seguito di richiesta di ASSTRA, l’IVASS si era fatto promotore di un tavolo di confronto ANIA/ASSTRA finalizzato allo studio delle cause strutturali a base del fenomeno nelle gare deserte nel trasporto pubblico locale, al fine di individuare convergenze e situazioni condivise.

Per agevolare i lavori del tavolo, IVASS aveva poi chiesto ad ASSTRA e ANIA di limitare le rispettive rappresentanze ad un numero contenuti di soggetto, ciò che era avvenuto a mezzo dell’istituzione di un gruppo di lavoro.

Tale modalità operativa, rientrante da statuto nell’organizzazione di ANIA, aveva composizione variabile, facendone sempre parte un funzionario di ANIA e mutando, invece, i rappresentanti delle imprese assicuratrici.

Considera quindi la ricorrente come il provvedimento gravato abbia indicato, quali prove di contatto, sei incontri del gruppo di lavoro, a nessuno dei quali avrebbero preso parte le sole società considerate parte dell’intesa, invero presenti simultaneamente in due sole sedute e, comunque, sempre contemporaneamente ad altri soggetti, così che, oltre a non esservi prova diretta di eventuali scambi di informazioni, gli stessi non potrebbero essere neppure ipotizzati in via presuntiva.

Medesima genericità e assertività affliggerebbero il riferimento agli ulteriori contatti dei quali viene citata la sola occasione di incontro, senza nulla dire in ordine al contenuto dell’incontro medesimo.

Quanto poi al parere ANIA nel quale è stata affermata l’insussistenza di un obbligo di contrarre in materia di servizi assicurativi prestati ad aziende di trasporto pubblico locale, nel redigere il quale l’associazione si sarebbe piegata, secondo la prospettazione di AGCM, ai desiderata di Generali e Unipol, la ricorrente osserva come l’affermazione, oltre ad essere priva di supporti documentali, è anche irragionevole, in considerazione del fatto che del gruppo consultivo dell’associazione, oltre che degli esperti di ANIA, facevano parte almeno quindici compagnie assicurative.

Del resto l’insussistenza di un obbligo di contrattare in materia sarebbe confermata dall’inesistenza di provvedimenti IVASS sanzionatori della mancata partecipazione alle gare d’appalto indette da aziende di trasporto pubblico locale, ciò che confermerebbe la ragionevolezza del parere incriminato, peraltro emesso con riferimento ad un contesto normativo di indubbia difficoltà interpretativa.

Quanto poi all’affermata sussistenza di un parallelismo tra le condotte delle parti, rileva la ricorrente, come il provvedimento ne abbia assertivamente affermato la sussistenza sulla base di un ragionamento capzioso e circolare.

Nello specifico, premette Unipol, va considerato che nel mercato di riferimento la scelta del fornitore storico è statisticamente ricorrente in ragione delle specifiche caratteristiche del prodotto, la cui peculiarità genera una rilevante asimmetria informativa tra il fornitore uscente ed i suoi concorrenti, come risulta da ampia letteratura in materia.

Né in concreto ricorrerebbe l’identità di condotte operative tenute dalle concorrenti asseritamente partecipanti all’intesa, atteso che ciascuna delle imprese ha tenuto una politica assolutamente diversa, se non addirittura opposta, in punto di acquisizione di nuovi clienti in materia di TPL.

Sotto il profilo degli effetti della presunta intesa, poi, andrebbe pure considerato che per nessuna delle imprese interessate il 2010 risulta essere stato un anno di svolta.

Assolutamente irragionevole sarebbe poi la ritenuta irrilevanza dell’identica condotta tenute dalle ulteriori compagnie presenti sul mercato – che, al pari di Generali e Unipol, non hanno partecipato alle gare di cui si tratta – nonché la qualificazione del fenomeno in termini di “ frangia competitiva ”, nozione economica riferibile a fenomeni marginali e incompatibile con il numero delle imprese interessate e con la quota di mercato dalle stesse detenute.

Ulteriori incongruenze logiche e metodologiche atterrebbero poi alle considerazioni economiche operate dall’Autorità, sia per quanto attiene all’individuazione delle gare profittevoli, ancorato ad un indice S/P inferiore a 100, che non tiene in alcun conto le ulteriori voci di costo incidenti sulle compagnie né contiene una puntuale contestazioni della argomentazioni prospettate dalle parti, sia per quanto attiene alle giustificazioni alternative da queste presentate, superficialmente liquidate con argomentazioni generali e non riferite alle singole gare.

In conclusione le argomentazioni dell’Autorità in punto di prova sarebbero, ciascuna per specifici vizi motivazionali e probatori, insufficienti a provare l’assunto accusatorio.

La prospettazione deve essere condivisa.

Come noto l’art. 101 del T.F.U.E. (così come l’art. 2 della legge n. 287/1990) stabilisce che sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni d’imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno.

La funzione della disposizione è quella di tutelare la concorrenza sul mercato al fine di garantire il benessere dei consumatori e un’allocazione efficiente delle risorse.

Ne deriva che, sulla base dei principi comunitari e nazionali in materia di concorrenza, ciascun operatore economico debba determinare in maniera autonoma il suo comportamento economico nel mercato di riferimento.

Nel fare ciò l’operatore terrà lecitamente conto delle scelte imprenditoriali note o presunte dei concorrenti, non essendogli, per contro, consentito instaurare con gli stessi contatti diretti o indiretti aventi per oggetto o per effetto di creare condizioni di concorrenza non corrispondenti alle condizioni normali del mercato.

Tali contatti vietati possono rivestire la forma dell’accordo ovvero quella delle pratiche concordate.

Mentre la fattispecie dell'accordo ricorre quando le imprese abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo, la pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).

L’esistenza di una pratica concordata, considerata l’inesistenza o la estremamente difficile acquisibilità della prova di un accordo espresso tra i concorrenti, viene quindi ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.

In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti.

Sempre in materia probatoria va poi considerata la distinzione tra elementi di prova endogeni afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi esogeni, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni.

La differenza tra le due fattispecie e correlative tipologie di elementi probatori - endogeni e, rispettivamente esogeni - si riflette sul soggetto, sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.

In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, così, di dare una diversa spiegazione dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.

Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere stati frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni in concreto tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2011, n. 2925).

Facendo applicazione di tali principi generali alla fattispecie concreta, ritiene il collegio che il provvedimento sanzionatorio, come prospettato dalla ricorrente, sia effettivamente basato su singole evidenze prive di univoca valenza e di idoneo valore probatorio, che l’Autorità ha inteso rendere significative sulla base di un ragionamento circolare nel quale le argomentazioni utilizzate hanno spesso una struttura presuntiva, alla quale si fa, tuttavia ricorso in assenza dei necessari presupposti logici o fattuali.

In sostanza difetta, nel caso di specie, quella basilare individuazione di dati noti e incontrovertibili, anche solo in punto di richiamo ad una regola logica o economica, che consente il ricorso all’utilizzo della presunzione, cosicché l’intero iter argomentativo utilizzato, nel quale ciascuna presunzione individua il fatto noto in una precedente presunzione, presenta quella struttura tautologica e circolare che la ricorrente ha inteso contestare.

Ed infatti, proprio in materia di utilizzo del ragionamento presuntivo nel procedimento antitrust, la giurisprudenza ha rilevato come “ Ciò che determina l'attendibilità del convincimento sul fatto ignoto (l'intesa illecita) non è la categoria in cui la prova può essere collocata, ma è il contenuto ed il fondamento della regola di inferenza posta a garanzia delle argomentazioni accolte ”, con la conseguenza che la prova indiretta deve fare necessariamente “ applicazione di una regola fondata su criteri universalmente accettati o comunque adeguatamente motivati con argomentazioni non contraddette ” (Consiglio di Stato, sez. VI, 25 marzo 2009, n. 1794).

Né vale osservare, come fa la difesa erariale, che la critica ai provvedimenti antitrust non può essere atomistica, atteso che nel caso in esame la critica di parte non solo investe la totalità degli aspetti motivazionali relativi all’apparato probatorio utilizzato nel provvedimento, ma riguarda anche lo stesso procedimento logico di collegamento tra gli stessi, il quale, come già affermato dal giudice amministrativo, deve individuare una ipotesi ricostruttiva che risponda al criterio della cd. congruenza narrativa, che ricorre quando l’ipotesi proposta dall’Autorità risulti sorretta da plurimi indizi concordanti e sia l'unica a dare un senso accettabile alla “ storia ” che si propone per la ricostruzione della intesa illecita (Consiglio di Stato, sent. 1794/2009, cit).

Del resto la necessaria valutazione globale dell’iter argomentativo dell’atto, criterio interpretativo sicuramente idoneo a determinare l’irrilevanza di contestazioni capziose attinenti a singoli e marginali aspetti della struttura motivazionale dell’atto, non può essere dilatata al punto di tradursi in una sostanziale attenuazione dell’onere probatorio gravante sull’Autorità, dovendo, di conseguenza, ritenersi lecito e necessario verificare la valenza probatoria dei singoli elementi addotti dall’amministrazione a prova dell’intesa, laddove le carenze probatorie lamentate attengano ad elementi essenziali della collusione o laddove, attraverso gli stessi, ci si prefigga di valutare la congruenza della intera ricostruzione.

Peraltro, proprio in forza del medesimo principio di valutazione globale della fattispecie ritenuta meritevole di sanzione, la giurisprudenza ha rilevato come non occorra, nell’esame di un provvedimento sanzionatorio in materia di violazione della concorrenza, una disamina puntuale e analitica di ciascun argomento utilizzato nel provvedimento alla luce delle censure del ricorrente e delle repliche dell’amministrazione, laddove le contestazioni spese dal destinatario dell’atto appaiano corrette “nella loro presenza e misura, nell’insieme cospicua: tale cioè da rendere verosimile, secondo ragionevolezza, la decisione sua e delle altre compagnie” di tenere un determinato comportamento economico (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7 maggio 2014, sent. n. 4731).

Pertanto, seguendo, sinteticamente, lo schema delle argomentazioni utilizzato in ricorso, deve rilevarsi come non possa ritenersi dubbio, sulla base della documentazione versata in atti, che il gruppo di lavoro costituisca una modalità ordinaria di funzionamento dell’ANIA e che nel caso specifico la sua concreta istituzione e attività sia stata posta in essere su sollecitazione dell’IVASS.

In assenza di prove documentali di diverso segno, allora, risulta assolutamente assertiva l’affermazione, contenuta nei § 110 ss del provvedimento, secondo cui i comportamenti economici contestati alle parti sarebbero stati condivisi dalle stesse nell’ambito dell’Associazione Nazionale fra le imprese assicuratrici e che gli elementi acquisisti nel corso delle ispezioni farebbero emergere “ che le parti hanno avuto numerosi contatti nel corso dei quali sono state scambiate informazioni in merito agli andamenti della gare e ai comportamenti e ai comportamenti da assumere in relazione alle stesse ”.

Alla assenza di intrinseca univocità del mero dato dell’esistenza del gruppo di lavoro, va poi aggiunto il dato, pure incontestato nel provvedimento, per cui Unipol e Generali sono state entrambe presenti a due sole riunioni su sei del gruppo di lavoro e che a tali incontri erano sempre presenti soggetti terzi rispetto ai rappresentanti delle due imprese parti del procedimento.

Né può ritenersi, anche qui in assenza di ulteriori elementi concreti, che tali incontri abbiano costituito l’occasione per lo scambio di informazioni riservate, atteso che l’affermazione, per come formulata, appare assolutamente apodittica.

La ricostruzione della ricorrente va pure condivisa nella parte in cui evidenzia l’assenza di documentazione idonea a provare lo scambio di informazioni sensibili dal punto di vista antitrust nell’ambito o in occasione del gruppo di lavoro in ordine a una o più delle 58 gare esaminate.

Emblematica in proposito è la vicenda della gara di Bari, l’unica in relazione alla quale l’Autorità ritiene sussistente una ipotesi di vero e proprio accordo, anziché di pratica concordata.

Ed infatti la prova dello specifico accordo finalizzato al non quotare la gara AMTAB, secondo quanto si legge nei § 231 ss del provvedimento, emergerebbe in uno scambio di mail dal 12 luglio 2011 tra l’agenzia Generali e la Direzione Generale della medesima compagnia in cui si dà conto di una riunione avvenuta presso ATAB in cui Generali e Unipol avrebbero comunemente deciso di non presentare alcuna quotazione in gara.

Questo il contenuto della mail: “ vi informiamo che la spett. AMTAB il giorno 7/07/2011 ha tenuto una riunione presso l’ufficio di Presidenza alla quale, oltre alla scrivente agenzia, hanno partecipato UNIPOL, AON, Insurance &
Reinsurance brokers e MDV brokering. Nel corso di tale riunione e èmersa l’impossibilità per trasparenza procedurale, di ribadire l’immodificabilità dei capitolati. Fatto presente al Presidente l’inconcedibilità dei patti previsti dai capitolati di gara, si è pervenuti all’intesa che il giorno 18/07 sarà presentata una lettera interlocutoria con la quale non si formuleranno offerte, fin quanto non sarà possibile apportare modifiche normative ai capitolati di gara
”.

Appare evidente come, sebbene nel testo compaia la parola “ intesa ”, la mail non presenta affatto l’univoco significato di prova di un accordo ad essa attribuito nell’atto impugnato, atteso che la pretesa concertazione, che peraltro sarebbe avvenuta alla presenza di un operatore dell’azienda autonoma, è letteralmente riferibile altre imprese assicuratrici o a broker, estranee tuttavia, secondo la ricostruzione dell’AGCM, all’intesa vera e propria.

Va poi considerato il fatto che la mancata presentazione delle offerte è, nel medesimo testo, chiaramente motivata con riferimento ad una comune valutazione di rigidità del bando, alla rimozione della quale era temporalmente e finalisticamente ancorata la mancata presentazione dell’offerta.

Ritiene il collegio di osservare sul punto come il letterale significato della mail, oltre a non fornire prova della sussistenza dell’accordo, appaia in sé confermare la ricorrenza, nel provvedimento in esame, di un’impostazione interpretativa nella quale le emergenze istruttorie sono state spesso oggetto di una lettura orientata, coerente con l’impianto accusatorio iniziale.

Passando all’esame della circolare ANIA, va ancora condivisa la contestazione operata in ricorso al rilevante significato probatorio ad essa attribuito nel provvedimento gravato.

La circolare, infatti, è un atto imputabile all’associazione, di cui fanno parte tutte le imprese del settore assicurativo, e il contenuto della stessa - di interesse di tutti gli associati, che hanno indiscutibilmente tenuto, in relazione alle gare contestate, comportamenti coincidenti con quelli delle parti - è stato elaborato dall’ufficio studi della medesima associazione.

Non addentrandosi nel merito della questione della sussistenza o meno di un obbligo di contrarre in materia di gare per l’affidamento dei servizi assicurativi nel trasporto pubblico locale - in quanto estraneo all’oggetto del presente giudizio - va poi rilevato come il contenuto della circolare, sicuramente espresso in ordine ad una fattispecie di estrema complessità, proponeva una interpretazione quantomeno plausibile del dettato normativo, confermato, come rilevato dal ricorrente, dal mancato utilizzo di strumenti sanzionatori da parte della preposta autorità di vigilanza (IVASS), ciò che rende ancora meno verosimile la ritenuta valenza strumentale della circolare e la riferibilità della medesima ai desiderata di due sole imprese del settore.

Analoga assenza di valenza probatoria va poi riferita a tutta la documentazione, ampiamente richiamata nel provvedimento e negli scritti difensivi dell’Autorità, concernente la documentazione infragruppo acquisita nel corso del procedimento.

La stessa, consistente in corrispondenza interna tra diversi livelli operativi appartenenti al medesimo operatore economico, è prova solo della determinazione di ciascun operatore di non partecipare alle gare e può essere plausibilmente letta in termini di automa determinazione economica, anche in considerazione del fatto che i citati documenti non contemplano né menzionano aspetti di coordinamento con altri operatori del settore.

Del pari non probanti, infine, appaiono i documenti citati in relazione alla sussistenza di “ altri contatti ”.

Ulteriori ed ancor più radicali criticità probatorie e argomentative affliggono la parte di provvedimento che rileva la presenza di un parallelismo tra le condotte delle parti.

Sul punto deve, in primo luogo, ricordarsi come la mancata partecipazione alla quasi totalità delle gare prese in esame nel provvedimento abbia riguardato anche le altre imprese operanti nel settore.

Tale dato di fatto, oltre a fornire più che un argomento alla tesi di parte ricorrente, sulla non appetibilità dei contratti di assicurazione con le aziende di trasporto pubblico locale, su cui si tornerà dopo, è in ogni caso indice di una mancanza di peculiarità, e quindi di rilevanza ai fini antitrust, del comportamento tenuto dai due operatori considerati parti dell’intesa.

Ove invece si dovesse ritenere sussistente una profittabilità dei contratti, non si comprende, da un punto di vista logico, in che modo le parti del provvedimento qui impugnato avrebbero concordato una strategia comune tale da individuare, in assenza di una più ampia, ma non contestata, intesa estesa agli altri operatori, una condotta astrattamente idonea a produrre il risultato della conferma del fornitore storico.

Infatti, l’astratta idoneità dell’accordo a conseguire un risultato di alterazione della concorrenza è comunque necessaria, dal punto di vista economico, al fine di configurare un’intesa, anche solo per oggetto.

Pertanto o si ammette che la mancata partecipazione delle altre imprese, spesso invitate alle singole procedure a trattativa privata e comunque non escluse a norma dei bandi di evidenza pubblica, fosse determinata da ragioni di non appetibilità dell’offerta (e allora non si comprende perché analoga valutazione non avrebbe potuto essere lecitamente alla base delle scelte operate da Generali e da Unipol), oppure si deve ritenere che gli ulteriori operatori economici fossero a loro volta parte della pratica concordata, atteso che un accordo tra imprese che non siano, ciascuna per sè o addirittura insieme, tali da non rappresentare una parte significativamente maggioritaria di un settore, è strutturalmente inidoneo a produrre, anche solo in astratto e quindi a livello di mero oggetto, un effetto distorsivo sulla concorrenza.

Con riferimento a tale ultimo profilo, va pure considerato come, in punto di analisi economica, il provvedimento non abbia dato sufficiente peso alla particolare struttura del mercato di riferimento, il quale induce all’instaurazione di un rapporto tendenzialmente di lunga durata, per ragioni ampiamente dedotte della parti nel corso del procedimento ed approfondite in vari scritti, anche di provenienza ASSTRA.

Sempre in tema di parallelismo, infine, va rilevata la non plausibilità della qualificazione in termini di frangia competitiva di un numero di operatori tali da rappresentare il 70 – 60 % del mercato, attesa la palese assenza di marginalità del fenomeno.

Da ultimo va considerato come non appare condivisibile quanto affermato nel provvedimento in punto di assenza di giustificazioni alternative al comportamento tenuto dalle parti.

Innanzi tutto, anche alla luce della più volte richiamata mancata partecipazione alle gare delle altre imprese assicuratrici, non è corretto affermare che la dimostrazione, da parte delle imprese, di aver adottato politiche e strategie autonome doveva necessariamente consistere (§ 233) nella formulazione di quotazioni nelle gare ritenute profittevoli e in quelle espletate senza base d’asta.

Quanto infine alla contestazione, da parte dell’Autorità, delle singole giustificazioni addotte dalla parti, risultano sicuramente criticabili le argomentazioni spese in relazione alla ritenuta profittabilità dei contratti a fronte di un rapporto S/P inferiore a 100 (su cui vedi § 237), l’affermazione della irrilevanza della redditività del settore, che invece è sicuramente rilevante, in considerazione di tutte le spese e le scelte organizzative che importa, in ordine alla determinazione di operare o meno in un preciso campo del mercato assicurativo, a prescindere dalla redditività delle singole gare, la non considerazione delle perdite sofferte dalle singole compagnie e dell’incidenza delle criticità economiche coinvolgenti le singole aziende di trasporto pubblico locale.

Alla luce di quanto esposto, di conseguenza, la circostanza per cui all’esito delle gare le sole società facenti capo alle imprese Unipol e Generali abbiano ottenuto l’affidamento del servizio in 29 procedure su 56, appare privo della specifica univocità ritenuta in provvedimento.

Considerato dunque che il provvedimento sanzionatorio si basa, in ultima analisi, sulla semplice coincidenza degli esiti di determinate gare, ritiene il Collegio la ricostruzione fattuale e logica posta a base del provvedimento e secondo cui tali esiti dipenderebbero dalla concertazione di due tra le imprese presenti nel settore di riferimento non sia l'unica plausibile, e che “ l'Autorità non sia stata in grado di superare le spiegazioni alternative al riguardo avanzate dalle imprese originarie ricorrenti - i cui effetti sono, peraltro, da valutare non in modo atomistico, ma in modo unitario e contestuale -, poggiate su un'analisi economica che porta alla conclusione ” che la riscontrata mancata partecipazione alle gare “ sia riconducibile a scelte indipendenti ed autonome delle imprese ” assicuratrici presenti nel mercato in esame (Consiglio di Stato, sent. 4123/2015, cit.)

L’assenza di prove documentali dirette, la presenza di più d’una affermazione apodittica, la ritenuta neutralità di un comportamento identico tenuto da numerosi concorrenti, il ricorso allo strumento della presunzione pur in assenza della gravità degli indizi, le notorie difficoltà del settore economico nel quale si sarebbe realizzata l’impresa, la valenza assolutamente non maggioritaria della porzione di mercato detenuta dalle parti, comportano, in sintesi, che la ricostruzione proposta nel provvedimento impugnato non appaia l'unica plausibile, con la conseguente inconfigurabilità della fattispecie anticoncorrenziale contestata con l'impugnato provvedimento, neppure sotto il profilo della pratica concordata.

I comportamenti posti in essere dalla ricorrente, di conseguenza, possono ragionevolmente essere ricondotti a decisioni unilaterali dell’impresa riconducibili ad una risposta razionale ad input economici di valenza obiettiva e non ad una fattispecie collusiva.

Diversamente opinando l’ipotesi descritta dall’art. 101 TFUE, si risolverebbe “ in una situazione rilevabile attraverso l'accertamento ex post degli effetti oggettivi prodotti dalle condotte autonome lecite degli operatori del mercato, svincolata da qualsiasi elemento di colpevolezza, determinando solo la presenza anche di quest'ultima componente l'illiceità piena di un comportamento anticoncorrenziale ai sensi della disciplina comunitaria e nazionale, che possa dar luogo all'applicazione di sanzioni pecuniarie ” (Consiglio di Stato, sent. 4123/2015, cit.).

In conclusione il ricorso va accolto, con assorbimento di ogni altra censura, e per l’effetto il provvedimento impugnato va annullato.

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della complessità della vicenda.

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