TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-11-14, n. 201810997

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-11-14, n. 201810997
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201810997
Data del deposito : 14 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2018

N. 10997/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00864/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 864 del 2018, proposto da
Pricewaterhousecoopers S.p.A. e Pricewaterhousecoopers Advisory S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati A D N, Marco Dell'Antonia, M B, L D V, A P e P L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio degli ultimi tre in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Consip S.p.A., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

della decisione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato del 18 ottobre 2017 n. 26815, notificata in data 7 novembre 2017 con cui è stata irrogata in solido a PwC S.p.A. e PwC Advisory s.p.a. una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 1.516.218 €, per violazione dell'art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la relativa documentazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 119 c.p.a.;

Relatore nell'udienza pubblica del 17 ottobre 2018 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso a questo Tribunale, ritualmente notificato e depositato, le società in epigrafe chiedevano l’annullamento del provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM” o “Autorità”), a conclusione del relativo procedimento istruttorio I796, aveva ritenuto che le Parti - quali le società KPMG s.p.a. (KPMG),

KPMG

Advisory s.p.a. (KPMGA), Deloitte Consulting s.r.l. (Deloitte), Deloitte &
Touche S.p.a. (D&T), Ernst &
Young s.p.a. (EY o E&Y), Ernst&Young Financial Business Advisors s.p.a. (EYFBA), PricewaterhouseCoopers s.p.a. (PWC), PricewaterhouseCoopers Advisory s.p.a. (PCWA) - secondo uno schema comune indicativo di dinamiche concertative, avevano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara bandita dalla Consip S.p.A. (“Consip”) per l’affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica per l’esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e “audit” dei programmi cofinanziati dall’Unione europea (gara “AdA”), attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti relativi.

Il relativo provvedimento, quindi, disponeva inibitoria a porre in essere futuri comportamenti analoghi e applicava la relativa sanzione pecuniaria, ammontante per le ricorrenti in solido a € 1.516.218.

Il procedimento istruttorio, su iniziativa della stessa AGCM, prendeva avvio nei confronti delle su indicate società nel marzo 2016 - tranne KPMGA, Deloitte e EYFBA alle quali era poi esteso nell’agosto 2016 – evidenziando che, dalla documentazione acquisita, era emerso come le Parti, coordinandosi a livello di “network”, avessero presentato delle offerte economiche differenziate per i vari lotti in gara, secondo uno schema comune che appariva indicativo di dinamiche concertative, dato che, pur presentando sostanzialmente sempre un’offerta tecnica equivalente tra i diversi lotti, avevano dato luogo, in alcuni, a offerte economiche con ribassi tra il 30 e il 35%, mentre in altri le offerte erano risultate decisamente inferiori (con ribassi del 10-15% circa).

L’AGCM riteneva particolarmente significativa la circostanza per la quale le offerte con sconti più elevati di tali soggetti non si erano mai sovrapposte, per cui tale differenziazione delle offerte economiche non era spiegabile se non nell’ottica di un disegno “spartitorio”, finalizzato ad annullare tra tali soggetti il confronto concorrenziale per ciascun lotto di interesse.

Illustrando l’attività istruttoria svolta, descrivendo il settore merceologico di riferimento, richiamando la qualifica di “big four network” riconoscibile alle quattro principali entità attive a livello mondiale nella revisione contabile e nella consulenza, quali E&Y, KPMG, D&T e PWC, tutte con articolazioni in Italia tramite le indicate compagini societarie di diritto nazionale, riportando dettagliatamente le risultanze istruttorie e le argomentazioni delle parti, motivatamente confutate laddove orientate a escludere loro responsabilità o la sussistenza stessa di un’intesa anticoncorrenziale, l’Autorità perveniva alle relative conclusioni che si vanno a sintetizzare:

1) era stata posta in essere un’intesa avente per oggetto, tramite partecipazione coordinata, la ripartizione dei lotti nella gara “AdA”, in violazione dell’art. 101 TFUE, con riscontrati effetti sul mercato perché risultavano influenzati gli esiti dell’intera procedura di gara, determinando l’aggiudicazione dei lotti di interesse di ciascuna impresa a condizioni nel complesso peggiori di quelle che si sarebbero verificate in un contesto pienamente competitivo;

2) l’ambito merceologico nel quale si era verificata l’intesa era costituito dai servizi di assistenza tecnica ad “AdA” (Autorità di Audit) e “AdG-AdC” (Autorità di Gestione e Autorità di Certificazione, oggetto di diversa e successiva procedura di gara non in valutazione);

3) oggetto dell’intesa era il condizionamento dell’esito della gara attraverso la ripartizione dei lotti e la mancata corrispondenza delle modalità partecipative alla gara ad autonome scelte imprenditoriali, che avevano frustrato il corretto esplicarsi delle dinamiche concorrenziali;

4) la condotta contestata risultava anticompetitiva “per oggetto”, determinando perciò l’irrilevanza, ai fini della valutazione di illiceità, della produzione di eventuali effetti restrittivi, in quanto le Parti, quali maggiori “players” del mercato con esperienza e capacità economica di gran lunga superiore a quella degli altri operatori del settore, avevano eliminato il rischio del reciproco confronto concorrenziale, ripartendosi lotti posti a gara;

5) irrilevante, in quest’ottica, era il fatto che il complesso disegno collusivo non avesse condotto agli esiti sperati con riferimento a tutti i lotti, perché ciò era avvenuto in ragione di elementi del tutto imprevedibili, quali la partecipazione di un’impresa “outsider” che aveva ottenuto in un lotto un elevato punteggio tecnico e il basso punteggio tecnico inaspettatamente ottenuto da E&Y;

6) l’intesa era stata posta in essere anche dalle società Deloitte, EYFBA, PWCA e KPMGA, che, all’interno dei rispettivi “network”, svolgevano l’attività di consulenza, potevano astrattamente partecipare alla gara “AdA” e avevano preso parte, insieme alle “consorelle”, alla strategia collusiva che aveva determinato la ripartizione dei lotti di tale gara, tenendo conto delle rispettive competenze e dei vari interessi in gioco, anche alla luce di possibili incompatibilità tra le attività di revisione e le attività di consulenza;

7) tutte le società parti del procedimento appartenenti ai medesimi “network” si erano mosse sul mercato in maniera coordinata alla stregua di un’unica entità economica, partecipando attivamente alla scelta delle strategie della specifica gara in esame e collaborando nella redazione dell’offerta, in quanto era emerso che ciascun “network” era composto da società identificate dallo stesso marchio, che utilizzavano in comune risorse professionali e strutturali, presentandosi al mercato quale unico soggetto e condividendo varie funzioni aziendali, tra cui l’”ufficio gare”;

8) la qualificazione, ai fini “antitrust”, dei “network” sopra richiamati come uniche entità economiche che operano a livello italiano con modalità condivise si fondava su precisi e circostanziati elementi valutati in una prospettiva prettamente concorrenziale, per cui, all’interno dei “network” così individuati, ciascuna società aveva contribuito con la propria condotta alla realizzazione dell’intesa, secondo molteplici elementi “esogeni” richiamati, fermo restando che società che non avevano partecipato formalmente alla gara avevano avuto in ogni caso anche un ruolo attivo nel coordinamento tra i diversi “network”.

Per l’Autorità, l’esistenza dell’intesa era poi fondata sui seguenti elementi:

a) l’anomalia della condotta delle Parti, che avevano partecipato alla gara “AdA”, formulando, a livello di “network”, tutte offerte “incredibilmente” alternate e ricomprese in due “range” ben definiti (sconto medio 30-35% per lotti di interesse e sconto medio 10-15% per lotti non di interesse);

b) l’evidenza di numerosi contatti aventi ad oggetto la gara “AdA” nonché il ritrovamento di un documento che anticipava la suddivisione dei lotti posta in essere;

c) l’incongruità e manifesta infondatezza delle giustificazioni “alternative” alla ricostruzione dell’intesa addotte dalle Parti.

In particolare, per quanto riguardava il profilo sub a), le offerte delle Parti, pur avendo ciascuna partecipato a diversi lotti, erano articolate in modo tale che gli sconti più consistenti presentati da ciascuna di esse - compresi per tutte tra il 30% e il 32,3% - non si sovrapponevano mai, e questo in relazione a tutti i nove lotti;
lo schema comune aveva interessato anche il livello degli sconti: tutte le offerte riconducibili alle “big four” si posizionavano intorno a due valori “pivotali” (30-32 e 10-15) e ciò costituiva un ulteriore profilo di anomalia, atteso che era del tutto implausibile che quattro imprese, asseritamente in concorrenza fra loro, avessero presentato esattamente lo stesso livello di sconto, sia nei lotti in cui avevano interesse (30-32%) sia nei lotti in cui avevano dimostrato di non averne.

Inoltre, il meccanismo ripartitorio era stato supportato anche dalla formulazione di offerte d’appoggio, finalizzate, da un lato, a celare il cartello e, dall’altro, a sfruttare al meglio il meccanismo di calcolo dell’attribuzione del punteggio economico, secondo la formula utilizzata dalla stazione appaltante per l’attribuzione di quest’ultimo. Ciò perché, grazie ad offerte d’appoggio con sconti minimi, che abbassavano la media nella formula, la società che doveva fare l’offerta vincente avrebbe ottenuto o il punteggio economico massimo (nel caso in cui nessun soggetto estraneo al cartello avesse presentato offerta su quel lotto) o un punteggio economico comunque molto vicino al punteggio economico massimo eventualmente attribuito ad un “outsider”.

Per l’AGCM, quindi, con la sicurezza di ottenere un alto punteggio tecnico, l’obiettivo che le Parti avevano condiviso era stato quello di ripartirsi i lotti cercando di aggiudicarseli al riparo dalla concorrenza reciproca con uno sconto massimo del 30-35% e, per proteggersi da eventuali offerte aggressive di potenziali concorrenti estranei al cartello, attraverso l’abbassamento della media degli sconti, presentando offerte d’appoggio particolarmente basse sui lotti per i quali non erano assegnatarie sulla base della ripartizione concordata.

La modifica “in concreto” del prefigurato scenario era derivata solo da due fattori, del tutto inaspettati e imprevedibili, legati alla valutazione dell’offerta tecnica fatta da Consip che, da un lato, aveva assegnato un punteggio relativamente basso ad EY e, dall’altro, assegnato un punteggio elevato a un’impresa terza.

Le stesse società non avevano peraltro differenziato le proprie offerte tecniche nei vari lotti di partecipazione, dato che (fatta eccezione per tre casi riferiti al diverso punteggio ottenuto nel lotto 9), tutti i soggetti offerenti avevano sostanzialmente sempre ottenuto lo stesso punteggio in tutti i lotti per cui avevano concorso e sarebbe stato, in questa prospettiva, del tutto inutile e inefficiente coordinarsi anche sull’offerta tecnica, presentando offerte differenziate sui lotti a seconda dello schema ripartitorio condiviso. Ciò anche in considerazione dell’aspetto reputazionale, legato alla presentazione di offerte tecniche insufficienti.

La stranezza intrinseca del comportamento adottato dalle Parti emergeva ancor di più – per l’Autorità - in raffronto a quello adottato nell’ambito della successiva e collegata gara Consip “AdG-AdC”, ove gli sconti presentati dalle Parti stesse erano molto più elevati rispetto a quelli della gara “AdA” e le offerte con sconti elevati delle “big four” si sovrapponevano in più lotti, in alcuni casi superando anche il limite di aggiudicazione (quattro lotti) previsto nel disciplinare, per cui emergeva chiaro che le società avevano in quella gara adottato strategie diverse (alcune presentando sempre lo stesso sconto in tutti i lotti mentre altre differenziando la propria offerta), con sconti distribuiti uniformemente da un minimo del 32% fino ad oltre il 55%, senza che fosse possibile, quindi, individuare i due livelli “fissi” invece propri della gara “AdA”.

Richiamando, poi, i numerosi elementi riscontrati in sede ispettiva a sostegno di tale conclusione e a confutazione delle tesi delle Parti, l’Autorità sottolineava anche che le strategie di partecipazione alla gara “AdG-AdC” erano state elaborate avendo presente proprio la precedente gara “AdA” e che le due gare erano certamente confrontabili, perché entrambe aventi ad oggetto servizi di assistenza tecnica alla P.A. su fondi comunitari, entrambe con lotti individuati in base a medesimi criteri geografici, entrambe con limiti di aggiudicazione massima, entrambe con la clausola di incompatibilità, entrambe con tariffe simili dei professionisti incaricati di assistenza tecnica.

L’Autorità indicava anche i principali elementi “esogeni” da cui aveva dedotto l’esistenza dell’intesa, quali:

a) a fine ottobre 2014, le “big four”, incontratesi in sede Assirevi, avevano deciso di reincontrarsi presso la sede di una di loro, per discutere della imminente gara “AdA”;
seguivano una serie di “e-mail”, tra cui quella con la quale il socio di Deloitte organizzava il successivo incontro, avvenuto il 10.12.14, a cui partecipavano tutte le “big four”;

b) nella sede di EY era stata reperita una mail inviata a EYFBA il 19.3.2015 in cui EYFBA comunicava la pubblicazione della gara AdA e scriveva a EY sulla necessità di fare a breve una “riunione di coordinamento e decidere strategie sui lotti ed alleanze”;

c) il rilievo di alcune “e-mail” successive che avevano ad oggetto i risultati della gara, in cui si faceva riferimento a equilibrio alterato e condivisione di strategia.

In ordine a tali “contatti orizzontali”, l’AGCM rilevava che, dalle evidenze agli atti, emergeva come le scelte strategiche sulla partecipazione alla gara “AdA” fossero state condivise all’interno dei rispettivi “network”, in quanto entrambe le società di revisione e consulenza dei medesimi (ad eccezione di PWC S.p.A. per l’incontro del dicembre 2014) erano state coinvolte negli incontri preliminari alla gara e tutte le società parti del procedimento appartenenti ai medesimi “network” condividevano l’”ufficio gare”. Inoltre, la decisione di partecipare o meno ad una determinata gara era assunta “a livello di network”, tenendo conto delle rispettive competenze e dei vari interessi in gioco, anche alla luce di possibili incompatibilità tra le attività di revisione e le attività di consulenza.

Ciò era confermato:

- per EY ed EYFBA, dallo scambio interno di “e-mail” posto in evidenza;

- per KPMG e KPMGA, dalla circostanza per cui le strategie di gara in materia di fondi europei erano definite dalla stessa persona fisica, ossia l’allora socio di KPMGA che ricopriva anche incarichi in KPMG, come confermato anche in sede ispettiva:

- per PWC e PWCA, da una “e-mail” del 21.3.15 in cui i soci sia di PWC che di PWCA decidevano se e come partecipare alla gara “AdA”, facendo riferimento alla ricerca di alleanze, e da altra “e-mail” in cui si riferiva che la configurazione di partecipazione doveva essere unica e identica su tutti i lotti;

- per il “network” Deloitte, dal fatto che era stata proprio Deloitte a promuovere l’incontro del 10.12.14, che risultava documentazione per la quale la strategia di gara era stata condivisa con D&T e che Deloitte aveva collaborato fattivamente alla redazione dell’offerta tecnica, fermo restando che, sia pure successivamente alla gara, le due società avevano formalizzato uno specifico accordo - ricognitivo, però, di una prassi precedente - avente ad oggetto le modalità di partecipazione di entrambe alle gare di assistenza tecnica, prevedendo quote di partecipazione in base all’oggetto della gara stessa (sia stata essa per “AdA”, “AdG” o “AdC”).

Ulteriore elemento “esogeno”, per l’Autorità, era costituito da un documento reperito presso EY, antecedente alla data di presentazione delle offerte, identificato come “Simulazione preliminare alla gara AdA”, nel quale, per ciascuno dei nove lotti, era stato riportato a fianco della colonna con il valore del lotto un’altra colonna intitolata “competenza” e riportante per ciascuno dei lotti le sigle delle “big four”. In un’altra tabella dello stesso documento, sempre a fianco dei nove lotti della gara, era indicata una colonna denominata “interesse”, anche in questo caso riportante per ciascuno dei lotti le sigle delle “big four”. La data di tale documento, che nel corso dell’ispezione era stata fissata da EY “novembre-dicembre 2014”, nella memoria presentata da quest’ultima era stata poi posticipata al marzo-aprile 2015.

L’AGCM osservava che i risultati della colonna “interesse” combaciavano per sei lotti su nove con quelli effettivi. Allegate a tale documento si trovavano, inoltre, alcune simulazioni di offerta, relative al lotto 7, in cui si ipotizzavano le offerte di EY, KPMG e PWC, nonché di un ipotetico concorrente denominato “alfa” e ciò combaciava con il fatto che proprio per il “lotto 7” non risultavano offerte di D&T.

Risultavano, poi, varie “e-mail”, posteriori alla gara e riconducibili alle Parti, in cui si dava atto dell’”aggressività” futura di EY per la gara “AdG/AdC”, ritenute dall’AGCM ulteriori prove “esogene” in merito alla condivisa strategia di partecipazione in quella “AdA”.

Una volta elencati e illustrati tali singoli elementi di prova “esogeni” riscontrati in sede ispettiva ed emersi comunque nel corso dell’istruttoria, l’AGCM si soffermava sulle deduzioni difensive delle Parti.

L’AGCM rilevava, in primo luogo, che non si riscontrava – come sostenuto dalle Parti – che gli incontri tra le società in questione fossero orientati solo al profilo dell’incompatibilità per la partecipazione alle due gare. Era, poi, evidenziata la prevedibilità della struttura di gara, dato che, essendo unico il servizio richiesto, i lotti non potevano essere merceologici, bensì solo territoriali, e che appariva inoltre singolare come, se tutte le Parti avevano avuto dei dubbi sul tema dell’incompatibilità, nessuna di esse, all’indomani della pubblicazione del bando della “gara AdA”, avesse formulato una specifica richiesta di chiarimenti sul tema alla Consip stessa, la quale aveva comunque rappresentato di non aver percepito che il tema dell’incompatibilità fosse una seria preoccupazione delle Parti e fermo restando – proseguiva l’Autorità – che il tema dell’incompatibilità, affrontato congiuntamente dai principali “competitors” in relazione a una specifica gara, soprattutto quando lo stesso era stato discusso, come testualmente riscontrato, a “livello di business” e con i “contratti alla mano”, non poteva che aver comportato la condivisione delle reciproche intenzioni di partecipazione alla gara stessa in relazione agli interessi dei rispettivi “network”.

L’Autorità si soffermava sull’illustrazione delle simulazioni pre-gara rinvenute in sede ispettiva, replicando alle varie osservazioni delle Parti proposte nel corso del procedimento, e precisava che per la “gara AdA”, prima del suo genere, l’aver rinvenuto commenti tra di esse (in “e-mail”), a valle della gara stessa, su un’alterazione dell’equilibrio, confermava l’ipotesi di una previa intesa tra le “big four”, anche se questa aveva solo in parte dato l’esito sperato a causa dell’”exploit” di un terzo “competitor” e della bassa qualificazione dell’offerta tecnica di EY.

Era poi dedicato un intero paragrafo alle motivazioni per le quali l’AGCM riteneva l’infondatezza delle singole giustificazioni alternative alla configurazione di un’intesa anticompetitiva, come addotte dalle Parti.

Il provvedimento impugnato, infine, si soffermava sugli “effetti” dell’intesa come riscontrati – intesa avente un chiaro oggetto anticompetitivo, perché mirata precipuamente a condizionare l’esito della gara “AdA” attraverso la ripartizione dei lotti - pur non essendo necessario, alla luce della qualificazione come restrittiva “per oggetto”, dimostrare l’esistenza di questi per configurare una violazione dell’art. 101 TFUE.

L’Autorità, quindi, perveniva alle relative conclusioni, affermando che, dalle varie risultanze, emergeva un disegno collusivo segreto con la finalità di spartirsi, tra i rispettivi “network”, i lotti posti a gara, evitando di competere, presentando ognuno sconti più elevati solo nei lotti “pre-assegnati”, senza mai sovrapporsi e, con riferimento ai lotti di interesse delle altre “big four”, non presentando proprio un’offerta o presentando offerte di appoggio del tutto inidonee ad aggiudicarsi il lotto.

L’intesa in esame, avente ad oggetto il coordinamento dei comportamenti delle parti nell’ambito di una gara, rientrava tra le più gravi violazioni del diritto della concorrenza ed era stata pienamente attuata, influenzando gli esiti della procedura con riguardo a tutti i nove lotti. Ciò perché se, infatti, le strategie partecipative di tutti i soggetti coinvolti nell’intesa fossero state assunte autonomamente e, dunque, guidate da logiche di confronto competitivo, si sarebbe assistito a risultati differenti, maggiormente favorevoli per la stazione appaltante, sia da un punto di vista economico sia con riferimento al servizio tecnico ricevuto.

L’intesa, poi, era stata valutata ai sensi dell’articolo 101 TFUE perché i servizi oggetto della gara interessavano l’intero territorio nazionale e richiedevano anche la partecipazione di imprese aventi vocazione internazionale.

Tale intesa era valutata con il requisito della “gravità”, quale intesa orizzontale e segreta mirante a condizionare la dinamica della riferita gara così da neutralizzare il confronto competitivo per l’aggiudicazione delle commesse. Tale comportamento era da considerare tra le violazioni più gravi della normativa “antitrust” in quanto, per sua stessa connotazione, appariva idoneo e destinato ad alterare, in caso di aggiudicazione della gara – come poi avvenuto – per tutta la durata dell’affidamento, il normale gioco della concorrenza.

Seguiva, da ultimo, la quantificazione delle sanzioni per ciascuna impresa e la relativa condanna “in solido” delle parti facenti capo al medesimo “network” (KPMG e KPMGA, D&T e Deloitte, E&Y e EYFBA, PWC e PWCA).

Con la relativa impugnativa, quindi, le società ricorrenti, riassumendo anch’esse i presupposti di fatto ora sintetizzati, lamentavano, in sintesi, quanto segue.

I) VIOLAZIONE (ANCHE IN FORMA DI FALSA APPLICAZIONE) DEGLI ARTT. 101 TFUE, 2 R. 1/2003, 6.2

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