TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-02-11, n. 201502493

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-02-11, n. 201502493
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201502493
Data del deposito : 11 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 13978/2001 REG.RIC.

N. 02493/2015 REG.PROV.COLL.

N. 13978/2001 REG.RIC.

N. 02738/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13978 del 2001, proposto dalla Società CIMA - Colture Idroponiche Meridionali e Affini – s.r.l. in Liquidazione, rappresentata e difesa dall'avv. G T, con domicilio eletto presso lo stesso avv. G T in Roma, v.le G. Mazzini, 11;

contro

INVITALIA – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – S.p.a. (già Sviluppo Italia S.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati S Vnti e Michela Reggio D'Aci, con domicilio eletto presso l’avv. S Vnti in Roma, Via Emilia, 88



sul ricorso numero di registro generale 2738 del 2008, proposto da Società CIMA - Colture Idroponiche Meridionali e Affini – s.r.l. in Liquidazione, rappresentata e difesa dall'avv. G T, con domicilio eletto presso lo stesso avv. G T in Roma, v.le G. Mazzini, 11;

contro

INVITALIA – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – S.p.a. (già Sviluppo Italia S.p.a.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Antonio Grieco, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, Via Piemonte, 39;

per l'annullamento

a) quanto al ricorso n. RG. 13978 del 2001:

- della determinazione adottata in data 3.8.2001 e comunicata in data 21.9.2001, di revoca delle agevolazioni concesse ai sensi della legge 28.2.1986, n. 44, in seguito sostituita dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, sul progetto n. 0799 presentato dalla ricorrente in data 19.1.1987 per la realizzazione di un’iniziativa riguardante la coltivazione in idroponica di fiori in serra;

- di ogni atto comunque connesso a quelli espressamente impugnati;

b) quanto al ricorso n. RG. 2738 / 2008:

- per l’accertamento dell’obbligo e la condanna dell’Agenzia Nazionale per l’attrazione e lo sviluppo d’impresa – INVITALIA – S.p.a. (già Sviluppo Italia S.p.a. e, precedentemente Società per l’Imprenditoria Giovanile S.p.a.) al pagamento della somma di euro 135.724,87 (originarie lire 262.800.000) pari alla prima “tranche” del contributo dovuto a seguito dell’ammissione alle agevolazioni finanziarie della legge n. 44 /1986 del progetto n. 0799 presentato dalla ricorrente in data 19.1.1987 e relativo alla coltivazione in idroponica di fiori in serra;

- nonché per la condanna della medesima Agenzia al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 7 legge 6.12.1971 n. 1034 e degli artt. 33, 34 e 35 D.Lgs. n. 80 del 1998 (come novellati dall’art. 7, comma 1, legge n. 205 del 2000), oggi sostituiti dall’art. 30 c.p.a., da liquidarsi, a seconda del diverso criterio risarcitorio che si riterrà di adottare, nella somma di Euro 908.964, 14 ovvero di Euro 831.495,60 ovvero di Euro 497.347,99 o comunque della diversa somma ritenuta di giustizia, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate fino all’effettivo soddisfo;


Visti i ricorsi nn. 13978 del 2001 e 2738 del 2008 e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione, in entrambi i giudizi nn. 13978 del 2001 e 2738 del 2008, della Sviluppo Italia Spa e di Invitalia S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause nn. 13978 del 2001 e 2738 del 2008;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2014 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso inviato a notifica il 14.3.2008 e ricevuto lo stesso giorno da Invitalia S.p.a., la CIMA ha proseguito dinanzi a questo Tribunale amministrativo, reiterando i medesima “petita” ivi proposti, il giudizio già instaurato dinnanzi al Tribunale ordinario di Roma al quale chiedeva la condanna della convenuta Società per l’Imprenditoria Giovanile (IG) S.p.a. (oggi, Invitalia S.p.a.) al pagamento della somma di Euro 135.724,876 (pari ad originarie Lire 262.800.000) per il contributo dovuto e non versato dall’ente finanziatore sul primo SAL presentato dalla ricorrente e, in ogni caso, la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali da essa subiti da liquidarsi secondo gli alternativi criteri proposti nell’atto introduttivo, a seconda della fattispecie risarcitoria che il Giudice adito avesse ritenuto di accertare (vedi pagg. 44 e ss. del ricorso).

Dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 16297 del 24.7.2007, con la proposizione del ricorso in esame la ricorrente ha ritenuto di fare salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda invano proposta dinnanzi al G.O., attraverso la notifica del gravame entro sei mesi dalla comunicazione della medesima sentenza della Cassazione, in applicazione analogica dell’art. 367 comma 2 e dell’art. 50 c.p.c. secondo i principi a suo tempo affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 12.3.2007 e dalla pronuncia della Corte di Cassazione, SS.UU., n. 4109 del 22.2.2007 (prima della introduzione nell’ordinamento positivo dell’istituto della “perpetuatio jurisdictionis” ad opera dell’art. 59 della L. n. 69 del 2009).

2. Nel corso della suddetta vicenda processuale, in data 21.9.2001, la CIMA S.r.l. riceveva la comunicazione della determinazione del 3.8.2001 dell’amministratore delegato di Sviluppo Italia S.p.a. (società subentrata per incorporazione in tutti i rapporti attivi e passivi già facenti capo a Società per l’Imprenditoria Giovanile S.p.a. ed a Progetto Italia S.p.a.) con cui veniva revocato il finanziamento al progetto sopra richiamato e disposto il disimpegno della somma a suo tempo stanziata a favore della società odierna ricorrente (v. doc. 9 ric. del 2001).

Con il ricorso n. 13978 / 2001, la Società impugnava dinnanzi a questo TAR il provvedimento di revoca chiedendone l’annullamento in quanto illegittimo. Risulta pertanto dalla superiore sintesi che le due impugnative in epigrafe si riferiscono a due distinte fasi della medesima vicenda procedimentale, il che ne rende assolutamente opportuna la trattazione congiunta.

3. I fatti rappresentati dai due gravami connessi possono essere sintetizzati come segue (da segnalare che i numeri identificativi dei documenti di seguito richiamati sono quelli relativi al fascicolo della causa n. 13978 /2001):

- in data 19.1.1987 la CIMA – Colture Idroponiche Meridionali e Affini – S.r.l. presentava domanda di ammissione alle agevolazioni previste dalla legge 28.2.1986, n. 44 dirette, ai sensi dell’art. 1, a “favorire lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nel Mezzogiorno e l’ampliamento della base produttiva e occupazionale attraverso la promozione, l’organizzazione e la finalizzazione di energie imprenditoriali, alle cooperative di produzione e lavoro, nonché alle società (…) che si impegnano a realizzare progetti, da esse predisposti, per la produzione di beni nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato e dell’industria (…)”;

- il compito di valutare la fattibilità e di gestire i progetti di finanziamento era affidato ad un apposito Comitato costituto presso il Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (oggi soppresso);

- in data 20.11.1990 il predetto Ministero emanava il decreto di ammissione alle agevolazioni in favore della CIMA S.r.l. (doc. 2 ric.);

- nel febbraio del 1991 perveniva alla ricorrente, da parte del promittente venditore, l’atto di citazione per la risoluzione del preliminare di compravendita a suo tempo stipulato relativamente al terreno sul quale avrebbe dovuto realizzarsi, secondo l’originario progetto, l’iniziativa oggetto di finanziamento;
l’azione giudiziale della parte promittente alienante verso CIMA S.r.l. era motivata, a dire della ricorrente, dal lungo intervallo di tempo intercorso (circa quattro anni) prima della definizione dell’istanza di agevolazione, circostanza che avrebbe impedito di addivenire nei termini convenuti alla compravendita definitiva ed “esasperato” la parte promittente venditrice;

- la CIMA, pertanto, sarebbe stata costretta a reperire un diverso terreno, con caratteristiche analoghe a quello inizialmente indicato nel progetto presentato, il quale veniva in effetti acquistato in data 30.5.1991;

- nel corso del medesimo anno (1991) sopravvenivano le dimissioni di due soci (De Grenet e Amato) a cui seguiva l’ingresso di due nuovi soggetti comunque in possesso dei requisiti soggettivi necessari per ottenere il finanziamento (art. 1, comma quater, L. 44/86);

- in data 6.6.1991 il legale rappresentante della Società ricorrente sottoscriveva l’atto di adesione e d’obbligo relativo alle condizioni di erogazione e restituzione del mutuo, che sarebbe stato erogato dalla Cassa depositi e prestiti (doc. 2 Invitalia) mentre in data 9.7.1991 la società sottoscriveva l’atto di consenso all’iscrizione ipotecaria sul fondo nelle more acquistato, a garanzia della restituzione del finanziamento (doc. 3 Invitalia);

- il Comitato competente ritardava l’emissione del nulla osta prescritto ai sensi della legge n. 44 /86, relativo alla prima rata da corrispondere previa verifica del primo stato di avanzamento lavori e, in data 18.6.1992, con nota prot. 8743/GEI, comunicava formalmente che non avrebbe autorizzato la prosecuzione delle procedure di erogazione dei finanziamenti non risultando chiarite le ragioni del doppio cambiamento delle tecniche di produzione e del mancato buon fine del preliminare di compravendita presentato in precedenza;
comunicava altresì che la sospensione sarebbe rimasta confermata, a meno che la Società non avesse provveduto a fornire gli ulteriori elementi di valutazione e/o i correttivi opportuni (doc. 4 Invitalia);

- nella corrispondenza inviata al Comitato per lo sviluppo della nuova imprenditorialità giovanile (sia prima che dopo la predetta dichiarazione di sospensione), in più occasioni la Società: - chiariva che, in realtà, il terreno sostitutivo da essa acquistato presentava caratteristiche di estensione e tecnico-agronomiche sostanzialmente coincidenti con quelle del terreno originariamente proposto e non più comprato;
- motivava le ragioni delle varianti produttive introdotte, rispetto all’originario progetto imprenditoriale, evidenziandone la maggiore efficienza;
- manifestava l’impegno a “tornare alla realizzazione di cui al decreto di finanziamento”, stante il parere negativo espresso dal Comitato in ordine alle varianti proposte;
- evidenziava in più occasioni le ragioni del recesso dalla società di due dei soci e la sostituzione degli stessi con due nuovi soci, in possesso dei requisiti di età e professionali richiesti dalla Legge 44 / 86;
- sollecitava lo sblocco del finanziamento non essendovi ragioni, dal suo punto di vista, per ulteriori dilazioni, anche perché il protrarsi della situazione di “stallo” le stava provocando gravi danni patrimoniali (vedi note CIMA in data 23.3.1992;
30.3.1992;
31.5.1993;
atto di invito e significazione notificato a mezzo U.G. in data 3.11.1993, fasc. ric.);

- da parte sua il Comitato ex L. 44 / 86, compiva un’approfondita disamina sul progetto finanziato alla luce degli elementi di novità emersi rispetto agli originari contenuti dell’iniziativa economica;
in particolare, all’interno del Comitato, si manifestavano a più riprese dubbi e perplessità sulla validità tecnica e sulla redditività dell’iniziativa che emergevano nelle sedute del 28.5.1992, 12.11.1992 e 5.3.1993 (doc. 5 Invitalia), quando il Comitato proponeva di incaricare uno studio tecnico (individuato in Agristudio del dott. Accolti Gil) allo scopo di acquisire ulteriori elementi relativi alla professionalità dei soci subentrati, all’adeguatezza del terreno in funzione dell’approvvigionamento idrico, alle tecnologie produttive, alla validità dell’ipotesi pluricolturale prescelta;

- l’esperto prescelto perveniva alle seguenti conclusioni rappresentate al Comitato nella “nota per il Comitato” datata 28.9.1993 (vedi docc. 6 e 7 Invitalia): 1) le competenze dei soci appaiono soddisfacenti sul campo amministrativo-contabile ma non dal punto di vista “produttivo”;
2) la superficie del terreno è sufficiente all’installazione degli impianti ma la società non ha fornito dati qualitativi per poter esprimere un giudizio completo sull’idoneità della risorsa idrica disponibile per gli impieghi previsti dalla società;
3) le tecnologie previste per la produzione in idroponica risultano imprecise e confuse con evidenti errori di impostazione;
4) il mix produttivo proposto viene giudicato “non attuale”, non economico in alcune sue componenti (garofano e rosa): per altre specie non è invece applicabile (oppure risulta antieconomica) la produzione in idroponica;

- nelle more veniva costituita la società ad integrale partecipazione pubblica denominata “Società per l’Imprenditoria Giovanile S.p.a.” (di seguito IG S.p.a.) la quale subentrava nelle funzioni già esercitate dal menzionato Comitato e dalla Cassa Depositi e Prestiti ai sensi della abrogata L. n. 44 del 1986 e nei relativi rapporti giuridici e finanziari (cfr. art. 1, comma 2, D.L. 31 gennaio 1995, n. 26);

- con comunicazione del 10.3.1997 veniva richiesto un incontro con l’intera compagine sociale allo scopo di individuare eventuali azioni per il superamento della situazione di stallo (cfr. doc. 7 Invitalia);

- con atto di citazione notificato in data 14.3.1997 la CIMA S.r.l. conveniva in giudizio dinnanzi al Tribunale civile di Roma la Società per l’Imprenditorialità Giovanile S.p.a. (IG S.p.a.) al fine di sentirla condannare al pagamento del primo SAL presentato ed al risarcimento dei danni subiti a causa della mancata erogazione delle agevolazioni, quantificati in differente misura a seconda della diversa configurazione giuridica riferibile alla responsabilità della convenuta (contrattuale o precontrattuale oppure extracontrattuale): il processo civile si concludeva con la sopra ricordata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 6297/07 del 24.7.2007, la quale dichiarava il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario a favore del Giudice Amministrativo (la causa, come visto, veniva successivamente instaurata dinnanzi a questo TAR con ricorso n. 2738 del 2008);

- nel frattempo la società finanziatrice, pendente il predetto giudizio civile che in primo grado si era concluso con il rigetto delle domande proposte dall’attrice, non avendo ritenuto soddisfacenti i chiarimenti a suo tempo inviati dalla ricorrente ed in considerazione del lungo lasso di tempo decorso, con nota prot. 3474/A1 del 31.1.2000 (doc. 8 res.) comunicava a CIMA S.p.a. l’avvio del procedimento di revoca del decreto di ammissione alle agevolazioni, in ragione di ritenuti “errori di impostazione progettuale…non adeguatamente supportati” e del superamento del progetto “de quo” da considerare ormai obsoleto ed inidoneo a conseguire gli obbiettivi programmati dell’investimento;

- in assenza di deduzioni o osservazioni da parte della CIMA, la Sviluppo Italia S.p.a. (che aveva nelle more incorporato la Società IG S.p.a. a seguito di atto pubblico di fusione a rogito Notaio Paolo Castellini di Roma in data 30.5.2000), comunicava ex art. 7 L. 241 del 1990, con nota del 21.9.2001 prot. 67110 (doc. 9 res.), la determinazione dell’amministratore delegato che disponeva la definitiva revoca del finanziamento al progetto n. 799, già ammesso alle agevolazioni ex L. n. 44 / 1986 ed il disimpegno della somma complessiva già stanziata, provvedimento motivato, in base alla comunicazione, con le seguenti considerazioni:

a) a suo tempo l’esperto nominato dal Comitato competente aveva giudicato il mix produttivo non attuale e non economico in relazione alle varietà prescelte ed al metodo di coltivazione;

b) il progetto risultava ormai radicalmente superato ed obsoleto “quanto agli obbiettivi di investimento, mercato e redditività, ciò facendo venir meno i requisiti oggettivi di fattibilità tecnico-economica dell’iniziativa”;

c) il trascorrere di un così lungo lasso di tempo rispetto al decreto di ammissione (risalente al lontano 1990) aveva determinato “la sostanziale inefficacia del sistema dei vincoli fissati dalla Legge n. 44/86, art. 1 quater e dal regolamento di attuazione…..” relativi all’età (compresa tra i 18 e i 29 anni) ed agli ulteriori requisiti dei soci.

4. Il menzionato provvedimento di revoca del 3.8.2001 (comunicato con nota a.r. inviata in data 21.9.2001, pervenuta al legale rappresentante della CIMA il 27.9.2001, doc. 9 res.) è stato impugnato dinanzi a questo TAR con ricorso n. 13978 del 2001, notificato a Sviluppo Italia S.p.a. in data 21.11.2001 e depositato entro il termine di rito, con il quale se ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di corretto esercizio dei poteri amministrativi;
violazione art. 97 Cost.;
violazione art. 1, comma 4, D.L. 786 del 1985 convertito in Legge n. 4 del 1986;
violazione del’art. 6, comma 2, D. Min. Int. Straord. Mezzogiorno del 3.7.1986: la ricorrente, in particolare, contesta il comportamento (a suo avviso) gravemente dilatorio assunto dalla Società resistente che inoltrava alla società ricorrente una lunga serie di richieste di chiarimenti e documenti, in molti casi ingiustificate in quanto mere ripetizioni di richieste anteriori ed aventi ad oggetto informazioni già fornite dalla CIMA (cfr. corrispondenza allegata al fascicolo di parte ricorrente);
in ultimo dopo una lunga e prolungata inerzia, priva di comunicazioni di sorta, soltanto nel 2001, dopo oltre dieci anni dalla presentazione del primo SAL, la Sviluppo Italia S.p.a. (oggi Invitalia S.p.a.) adottava il provvedimento di revoca per cui è causa;

II. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 7, D.M. 24.11.1994, n. 695 in combinato disposto con l’art. 1 D.L. 31.1.1995 n. 26 e l’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 1 del 1999;
eccesso di potere per manifesta contraddittorietà;
errore sui presupposti: la ricorrente sottolinea l’illegittimità, la contraddittorietà ed il carattere immotivato dell’atto di ritiro adottato da Sviluppo Italia S.p.a. in quanto - stante la pacifica titolarità dei requisiti soggettivi prescritti dall’art. 1 della Legge n. 44 del 1986 ed il “ritorno” della società alle tecniche produttive originariamente programmate a seguito dei rilievi negativi del Comitato sulle innovazioni proposte - l’unica apparente e plausibile ragione a sostegno del provvedimento può essere ravvisata esclusivamente nei “rilievi” dell’esperto incaricato dal Comitato all’epoca competente, relativi all’inadeguatezza produttiva del progetto di coltivazione in idroponica, il che appare contraddittorio in relazione alla precedente determinazione di ammissione al finanziamento che si basava sui medesimi elementi tecnici ed economici poi valutati negativamente dal medesimo Organo, senza addurre alcuna adeguata motivazione al riguardo;
ulteriore elemento di contraddittorietà (sintomatica di eccesso di potere) viene individuato in quanto ammesso dalla Società resistente (vedi doc., 9 res.) quando dichiara che “con lettera in data 15.4.1994 il Presidente del Comitato aveva sottoposto al Ministro dell’Industria la possibilità di annullare il provvedimento di ammissione alle agevolazioni, richiedendo un parere di merito, ove possibile e/o opportuno, del Consiglio di Stato, avendo escluso la revoca del provvedimento medesimo in quanto doveva ritenersi sostenibile solo in presenza di variazioni sostanziali al progetto originario”: né l’avviso ministeriale né il richiesto parere del Consiglio di Stato sono mai intervenuti e, nonostante ciò, Sviluppo Italia S.p.a. è addivenuta alla revoca del finanziamento in mancanza di un elemento valutativo (il parare ministeriale) che l’organo in precedenza competente aveva ritenuto determinante;

III. Eccesso di potere per carenza di istruttoria-carenza di motivazione: l’incentrasi della motivazione sulla “obsolescenza” ed ”inattualità” del progetto non appare supportata da sufficienti e puntuali circostanze di fatto apparendo piuttosto come una nuova valutazione tardiva ed ingiustificata rispetto ad una situazione che, in ogni caso, secondo la ricorrente va addebitata esclusivamente alla colpevole inerzia della Società finanziatrice che, con la propria condotta incerta e dilatoria, ha impedito che il progetto fosse avviato entro un tempo ragionevole (nel rispetto della normativa di riferimento).

5. In data 6.12.2001 si è ritualmente costituita in giudizio la resistente INVITALIA – Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa – S.p.a. (succeduta alla società Progetto Italia S.p.a. ed alla soc. Imprenditoria Giovanile S.p.a.) la quale, con memoria depositata in data 7.11.2013, ha ribadito la legittimità dell’operato dei diversi soggetti pubblici succedutisi nel corso della vicenda che ha condotto alla revoca dell’agevolazione già concessa e contestato la fondatezza di tutti i motivi di ricorso di cui chiede l’integrale rigetto.

6. In vista della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 73 c.p.a. e, quindi, note di replica.

Con la nota del 12.9.2014 in atti, Invitalia S.p.a. ha dichiarato la propria adesione alla istanza della ricorrente (formalizzata con memoria del 16.7.20014) diretta alla riunione del presente giudizio a quello n. 2738 / 2008 già pendente, trattandosi di questioni connesse.

7. Con quest’ultimo ricorso, notificato ad Invitalia in data 14.3.2008 e depositato nel termine di rito, CIMA S.r.l. ha riproposto dinanzi a questo Giudice Amministrativo le medesime domande originariamente proposte dinnanzi al Tribunale civile di Roma con la citazione notificata il 13 marzo 1997, che ha dato avvio al processo poi conclusosi con la menzionata declaratoria di difetto di giurisdizione pronunciata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6297 del 2007.

La CIMA S.r.l., premessa la richiesta di riunione del ricorso “de quo” al ricorso n. 13978 / 2001, chiede la condanna della resistente al pagamento della somma di Euro 135.724,876 (pari ad originarie Lire 262.800.000) per il contributo dovuto e non versato dall’ente finanziatore sul primo SAL presentato dalla ricorrente e, in ogni caso, al risarcimento dei danni patrimoniali da essa subiti da liquidarsi alternativamente, a seconda della fattispecie risarcitoria che si riterrà configurabile (vedi pagg. 44 e ss. del ricorso):

A) in Euro 908.964,14 ove si ritenga configurabile una vera e propria responsabilità contrattuale dell’ente finanziatore;

B) ovvero in Euro 831.495,60, ove la responsabilità si configuri come responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. a carico dell’Amministrazione pubblica per non avere emesso il nulla osta dovuto ai fini del pagamento del primo SAL e per l’ingiustificato e protratto ritardo nella definizione dell’interesse pretensivo introdotto dalla Società ricorrente;

C) ovvero in Euro 497.347,99 ove si ricostruisca la responsabilità della p.A. in termini di responsabilità precontrattuale produttiva di danni limitati all’interesse negativo connesso agli inutili esborsi economici inutilmente sostenuti dalla ricorrente, a causa del colpevole ritardo nella definizione del procedimento (di autotutela successivo al decreto di ammissione) e nella esecuzione del provvedimento di ammissione alle agevolazioni. Con riferimento all’omesso versamento dell’importo relativo al primo SAL la CIMA S.r.l. deduce l’illegittimità della condotta tenuta dagli organi preposti ai sensi dell’art. 1, comma 10, L. n. 44 del 1986 (sia prima che dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 275 del 1991) il quale testualmente prescrive che “all’esecuzione del provvedimento di ammissione alle agevolazioni provvedono il Comitato (….) e la Cassa Depositi e Prestiti secondo criteri e modalità fissati dal decreto” (di attuazione): sottolinea la ricorrente che il verbo “provvedono” sta per “devono provvedere”;
si tratta cioè di un dovere normativo che si collega al comma 2 lett. f) del citato articolo laddove si fissa il principio della “necessità di prevedere procedure tali da assicurare la massima celerità nell’erogazione dei contributi”, ciò nell’interesse dell’impresa istante che ha necessità di programmare la propria organizzazione e la propria attività nel rispetto di tempi certi.

Ad avviso della ricorrente, pertanto, in base al combinato disposto degli artt. 1, comma 10 Legge n. 44 del 1986 e 7 del D.M. 3.7.1986, nella fase di esecuzione del provvedimento attributivo del beneficio economico la discrezionalità amministrativa, in capo agli enti ed organi preposti alla gestione del finanziamento pubblico, deve considerarsi ormai esaurita permanendo semplicemente in capo agli stessi “poteri di controllo tecnico” (v. pag. 33 ric.).

Per questa ragione, ad avviso della ricorrente, il mancato versamento della prima rata del contributo ed il grave ritardo più in generale accumulato costituisce inadempimento di un obbligo che è fonte di una vera e propria responsabilità contrattuale, la quale impone alla resistente di provvedere all’integrale risarcimento del danno conseguente subito dalla CIMA, in tutte le sue componenti sia di danno emergente che di lucro cessante.

In ogni caso, anche nella non condivisa ipotesi in cui si ritenesse permanere un certo margine di valutazione discrezionale in capo alle Società pubbliche succedutesi negli anni, nella gestione dei finanziamenti in oggetto, è nei colpevoli ed ingiustificati ritardi da esse accumulati (contrari ai fondamentali principi che regolano l’azione amministrativa in generale ex art. 97 Cost. e, a maggior ragione, nella materia “de quo”) che deve individuarsi la causa dei danni economici enumerati da parte ricorrente, posta - per effetto del provvedimento ministeriale di ammissione all’agevolazione adottato nel 1990 - in una condizione di legittimo affidamento circa il buon esito del finanziamento.

Sottolinea peraltro la ricorrente che la mancata erogazione del finanziamento non è giustificata ed è priva dei presupposti in quanto: il terreno “sostitutivo” acquistato in luogo di quello in origine dichiarato poteva assolvere appieno alle funzioni indicate;
i soci receduti dalla società erano stati prontamente sostituiti con altri due soggetti prontamente subentrati, in possesso dei requisiti soggettivi prescritti dalla Legge n. 44 del 1986;
le tecniche produttive, una volta ritirata la proposta innovativa non approvata dal Comitato ex lege n. 44 del 1986, erano state ricondotte nell’alveo dell’originario progetto ammesso al finanziamento.

Peraltro, sostiene la ricorrente, la necessità di acquistare un altro terreno così come i recessi dei soci erano da collegare causalmente al ritardato rilascio del provvedimento di concessione del finanziamento, intervenuto nel 1990, circa quattro anni dopo la produzione dell’istanza di agevolazione.

Si è costitutiva in giudizio Invitalia S.p.a. che, con memoria del 5.11.2014 ha eccepito:

- in via preliminare, in rito:

a) la tardività/inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto il provvedimento di sospensione delle erogazioni del 18.6.1992 ed il successivo mantenimento di tale sospensione per lungo tempo (fino alla definitiva revoca): il termine di sessanta giorni per impugnare tale provvedimento scadeva (tenuto conto del periodo feriale) il 28.9.1992 mentre l’atto introduttivo dinanzi al Tribunale di Roma veniva notificato soltanto il 13.3.1997;

b) la tardività riguarderebbe, inoltre, anche il presente ricorso, ai fini della “translatio judici” dalla sede giurisdizionale ordinaria a quella amministrativa (con la pretesa conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda) in quanto, rispetto alla sentenza della Suprema Corte n. 6297 /07 pubblicata il 24 luglio 2007 il termine di mesi sei (ex art. 50 c.p.c. applicato in via analogica) sarebbe scaduto il 10 marzo 2008 (tenuto conto dei gg. 45 di sospensione feriale dei termini) mentre la notifica è stata eseguita il 14.3.2008;

- nel merito:

c) l’infondatezza del ricorso considerata la correttezza dell’operato dei soggetti pubblici avvicendatisi nella vicenda amministrativa in oggetto che, come già esposto nella superiore narrativa dei fatti, hanno ritenuto di non erogare il pagamento e di disporre le necessarie verifiche, a causa delle variazioni progettuali introdotte dall’impresa rispetto alla situazione rappresentata all’atto della domanda (tecniche produttive, soci, terreno), senza alcuna autorizzazione dell’Amministrazione la quale ha dovuto svolgere un’articolata istruttoria per accertare la persistente validità dell’iniziativa imprenditoriale, con una attività di monitoraggio ed interlocuzione con l’impresa prolungatasi per anni a causa delle risposte inconferenti e non risolutive che la ricorrente, via via forniva.

In vista della pubblica udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 73 c.p.a. e note di replica.

8. All’udienza pubblica del 9 dicembre 2014, uditi i procuratori delle parti costituite, entrambi i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio ritiene di dovere disporre la riunione dei due ricorsi in epigrafe stante la totale connessione soggettiva degli stessi (identiche sono infatti le parti contendenti) e la parziale connessione oggettiva delle domande proposte, le quali si riferiscono a due differenti fasi evolutive della medesima vicenda amministrativa sviluppatasi a seguito del decreto del 20.11.1990 (doc. 1 Invitalia), adottato dall’allora Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, che assegnava alla ricorrente il contributo economico di lire 4.100.397.000, finalizzato al finanziamento del progetto proposto dalla CIMA S.r.l. in data 19.1.1987, avente ad oggetto la produzione di beni in agricoltura (coltivazione di fiori e kiwi).

In particolare, con il ricorso n. 2738 /2008 la ricorrente (oltre a svolgere un’articolata domanda risarcitoria) contestava la mancata corresponsione della prima rata del contributo, da essa rivendicato all’atto della presentazione del primo stato di avanzamento lavori, sulla base delle previsioni del Regolamento attuativo della L. n. 44 /1986 di cui al D.M.

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