TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-12-27, n. 201712682

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-12-27, n. 201712682
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201712682
Data del deposito : 27 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2017

N. 12682/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02930/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2930 del 2016, proposto da:
A D G, rappresentata e difesa dall'avvocato S P, presso il cui studio in Roma, via F. Ozanam, 69, è elettivamente domiciliata;

contro

Il Ministero della Giustizia, il Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

A P, rappresentata e difesa dall'avvocato L I, elettivamente domiciliata in Roma, via Sardegna, 50, presso lo studio dell’avv. Marco Amore;

per l'annullamento

della determina del 9 marzo 2016, con cui veniva deliberato di conferire l'ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Sorveglianza alla controinteressata;

della proposta di deliberazione della V Commissione del CS;
- conferimento incarichi direttivi – e relativi verbali con cui veniva formulata, per la dott.ssa A P la proposta di conferimento dell’ufficio direttivo di Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli;

del concerto espresso dal Ministro della Giustizia nei confronti della indicata proposta della V Commissione del CSM di conferimento del predetto ufficio direttivo alla dott.ssa Pangia;

di ogni altro atto a questi antecedente, susseguente e, comunque, annesso, connesso, e/o consequenziale, anche se, allo stato, non conosciuto, ivi compreso, ove intervenuto, il D.P.R. di nomina della dott.ssa A P a Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, in recepimento della indicata delibera del Plenum del CSM.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Consiglio Superiore della Magistratura e di A P;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2017 la dott.ssa Roberta Cicchese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Espone la ricorrente di aver partecipato al concorso per il conferimento dell’incarico direttivo di Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, vacante dall’1 gennaio 2016.

Rappresenta poi come il Consiglio Superiore della Magistratura l’abbia ritenuta non legittimata a concorrere per l’ufficio in esame, atteso che proprio da quell’incarico ella era stata dichiarata decaduta, nel 2009, a seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni in materia di temporaneità degli incarichi direttivi, per superamento del termine massimo di permanenza nella funzione.

La delibera di nomina della controinteressata, unitamente agli atti presupposti, è l’oggetto del presente gravame.

Avverso i provvedimenti impugnati la ricorrente articola i seguenti motivi di doglianza:

I. Violazione del principio del giusto procedimento, ai sensi della l. n. 241 1990;
violazione e falsa applicazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 160/2006.

La delibera con la quale il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto che essa ricorrente non fosse legittimata a partecipare al concorso per il conferimento dell’incarico direttivo di Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli sarebbe in palese contraddizione con il dato letterale della legge.

Infatti, a giudizio della ricorrente, l’interpretazione dell’art. 45 accolta dall’organo di autogoverno favorirebbe il magistrato che, già titolare di un incarico direttivo, abbia subito una valutazione negativa, comprimendo, invece, la legittima aspettativa del magistrato che ha ricoperto l’incarico con merito.

Né a giustificare l’interpretazione restrittiva prescelta dal CSM varrebbe il richiamo che la delibera opera al contenuto dell’art. 19 del d.lgs. 160/2006.

Illegittimamente, poi, il provvedimento avrebbe omesso di valutare il suo curriculum , benché si trattasse della candidata più titolata, senza che la scelta di non porla in comparazione con gli altri candidati sia stata sufficientemente motivata.

II. Grave eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, travisamento di fatti e presupposti;
eccesso di potere e violazione di legge per insufficienza e/o erroneità della motivazione;
grave eccesso di potere per sviamento e violazione del principio di imparzialità;
violazione di legge per eccesso di potere per omessa motivazione.

La ricorrente contesta le affermazioni contenute nella delibera gravata con le quali l’organo di autogoverno ha individuato la ratio della disciplina contenuta nell’art. 45 del d.lgs. 107/2006 e riporta, in maniera, dettagliata il suo curriculum professionale.

Il Consiglio Superiore della Magistratura e la controinteressata, costituiti in giudizio, hanno chiesto il rigetto del ricorso.

All’udienza del 20 dicembre 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Prima di procedere allo scrutinio dei motivi di ricorso, il Collegio ritiene opportuno effettuare un sintetico esame del quadro normativo all'interno del quale s’iscrive la delibera impugnata.

Come noto, con gli articoli 45 e 46 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160, il legislatore ha introdotto, in materia di ordinamento giudiziario, il c.d. principio della temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi.

Per quanto riguarda gli incarichi direttivi, l'art. 45 del d.lgs. n. 160/2006, nella versione vigente al momento dei fatti di causa, stabilisce che le funzioni direttive di cui all'art. 10, commi da 10 a 16 del medesimo testo normativo, hanno natura temporanea e sono conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, per una sola volta e per altri quattro anni, da parte del CSM, a seguito di valutazione dell'attività svolta e purché tale valutazione non sia negativa (comma 1).

La stessa norma prevede, poi, che alla scadenza del termine suindicato il magistrato già esercitante funzioni direttive, in assenza di domanda per il conferimento di altra funzione, ovvero in ipotesi di reiezione della stessa, è assegnato alle funzioni non direttive nel medesimo ufficio, anche in soprannumero, da riassorbire con la prima vacanza (comma 2) e che, all'atto della presa di possesso da parte del nuovo titolare della funzione direttiva, il magistrato che abbia in precedenza esercitato la medesima funzione, se ancora in servizio presso il medesimo ufficio, resta comunque provvisoriamente assegnato allo stesso, nelle more delle determinazioni del CSM, con funzioni né direttive né semidirettive (comma 3).

Con apposita disposizione transitoria, poi, l'art. 5, comma 3, della legge n. 111 del 2007, ha stabilito che " ... Le disposizioni in materia di temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi di cui agli articoli 45 e 46 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come modificati dall’articolo 2 della presente legge, si applicano a decorrere dal centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge e pertanto, fino al decorso del predetto termine, i magistrati che ricoprono i predetti incarichi mantengono le loro funzioni. Decorso tale periodo, coloro che hanno superato il termine massimo per il conferimento delle funzioni senza che abbiano ottenuto l’assegnazione ad altro incarico o ad altre funzioni decadono dall’incarico restando assegnati con funzioni non direttive né semidirettive nello stesso ufficio, eventualmente anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze, senza variazione dell’organico complessivo della magistratura e senza oneri per lo Stato. Nei restanti casi le nuove regole in materia di limitazione della durata degli incarichi direttivi e semidirettivi si applicano alla scadenza del primo periodo successivo alla data di entrata in vigore della presente legge ".

Con riferimento alla riforma nella sua portata complessiva, si è osservato in giurisprudenza come “ Il principio di temporaneità degli incarichi direttivi, previsto per i magistrati ordinari dall'art. 45, d.l. 5 aprile 2006 n. 160, come sostituito dall'art. 2 comma 9, l. 30 luglio 2007 n. 111, trova la sua legittimazione costituzionale nell'intento del legislatore di considerare tendenzialmente come un munus, piuttosto che come un privilegio, ancorché conseguito all'esito di una carriera positivamente valutata, il ruolo del magistrato chiamato a dirigere un ufficio giudiziario ” (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6610)

A mezzo dell’art. 45, il cui chiaro tenore letterale non lascia spazio a dubbi interpretativi, il legislatore ha dunque stabilito che il termine massimo per il quale un magistrato può esercitare una specifica funzione direttiva nella medesima sede è fissato in otto anni, allo scadere dei quali, in assenza di conferimento di altra funzione (o della medesima funzione in altra sede), lo stesso permarrà nel medesimo ufficio con funzioni non direttive.

L’uso dell’espressione “ per una sola volta ”, riferito alla possibilità della conferma, chiarisce pure come il termine massimo opera in via assoluta, con effetto, pertanto, sull’intera vita professionale del magistrato.

Ne discende che, ove il magistrato abbia superato il limite temporale degli otto anni, l’eventuale periodo di tempo da questi trascorso con assegnazione ad altra funzione non è idoneo a rimuovere il divieto di nuovo conferimento.

Passando all’esame del merito del ricorso deve osservarsi come, in punto di fatto, non è contestato l’avvenuto superamento da parte della ricorrente del termine massimo di svolgimento della funzione di Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, tanto da essere stata dichiarata decaduta, ai sensi della disposizione transitoria prevista dall’art. 5 del d.lgs. 111/2007, con provvedimento che la ricorrente non riferisce di aver utilmente contestato in sede giurisdizionale.

Alla luce di quanto sopra osservato vanno, dunque, respinti i due motivi di doglianza articolati in gravame, con i quali la ricorrente ha censurato la delibera del Consiglio superiore nella parte in cui l’ha ritenuta non legittimata a partecipare alla procedura di conferimento e nella parte in cui ha omesso di valutare la sua esperienza professionale.

Seguendo lo schema argomentativo utilizzato in ricorso deve, in primo luogo, rilevarsi come il Consiglio Superiore abbia correttamente richiamato e doverosamente applicato il divieto di un nuovo conferimento del medesimo incarico direttivo a un magistrato che aveva già superato il periodo massimo previsto dall’art. 45, comma 1, del d.lgs. 160/2007, la cui illegittima interpretazione è, invero, prospettata in maniera sostanzialmente assertiva.

A inficiare la correttezza della valutazione consiliare non vale il richiamo all’ultima parte del detto comma - a norma del quale il magistrato nei cui confronti sia stata espressa una valutazione negativa non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi per cinque anni - atteso che la disposizione si riferisce a un aspirante che non abbia ottenuto la conferma dell’incarico a seguito di valutazione dell’attività svolta, individuando, nel chiaro presupposto dello svolgimento solo quadriennale della funzione, il termine minimo che deve decorrere perché lo stesso possa presentare una nuova domanda (per quello o per altri incarichi direttivi).

La norma, pertanto, in nulla innova quanto da essa già stabilito in ordine alla determinazione del termine massimo, né configura, come prospettato in gravame, un trattamento più favorevole per il magistrato meno meritevole.

La ricorrente non può essere seguita neppure laddove contesta l’argomentazione, contenuta nella delibera gravata, secondo cui non è applicabile alla fattispecie la delibera consiliare del 13 marzo 2008 - contenente il “ Regolamento in materia di permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio alla luce della modifica introdotta dal Decreto Legislativo 160 del 30 gennaio 2006 come modificato dalla legge 30 luglio 2007, n. 111 ” - il cui art. 4, al comma 2, stabilisce che “ Il magistrato trasferito ai sensi del superamento dei termini massimi di cui all’art. 2 può tornare nella medesima posizione tabellare o nello stesso gruppo di lavoro soltanto dopo che siano trascorsi cinque anni dalla presa di possesso nel nuovo incarico ”, avendo in tal modo il Consiglio opportunamente ribadito la diversa sfera di operatività della previsione di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 160/2006 (riferita alla temporaneità degli incarichi direttivi) e della previsione regolamentare (riferita, anche in forza del richiamo al comma 2 della stessa delibera, alla sola permanenza nelle posizioni tabellari di uffici non direttivi).

Il mero richiamo al dato normativo, la cui chiara portata è stata già riconosciuta dal giudice amministrativo, il quale ha osservato come “ la ratio principale della temporaneità degli incarichi direttivi ai magistrati ordinari va ravvisata nell'esigenza di evitare incrostazioni di potere e personalismi e di conseguenza, lungi dal costituire un argomento di carattere metagiuridico o politico, risulta coerente con la prospettiva di effettiva realizzazione dei valori di autonomia e indipendenza, ai quali la configurazione delle funzioni direttive come incarichi risulta funzionale” (Consiglio di Stato, n. 6610/2011 cit.), integra dunque una motivazione congrua e legittima dell’operato dell’organo di autogoverno.

L'opzione normativa per la temporaneità degli incarichi direttivi, riconducibile, dunque, al legislatore e non all’organo di autogoverno, appare, in ogni caso, in linea anche con una più piena realizzazione dei valori di autonomia e indipendenza della Magistratura, contenuti nell'art. 104 della Costituzione, atteso che “ Tali valori, secondo l'ormai consolidata elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, vanno perseguiti garantendo non solo l'autonomia della magistratura dagli altri poteri dello Stato (cd. indipendenza "esterna"), ma anche l'indipendenza dei singoli magistrati all'interno degli uffici ove operano, nei rapporti con gli altri magistrati e, soprattutto, con quelli che siano titolari di uffici direttivi (cd. indipendenza "interna") (Consiglio di Stato, n. 6610/2011 cit.).

Alla luce della legittimità della valutazione del Consiglio Superiore, secondo cui la ricorrente non poteva presentare domanda per un nuovo incarico presso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, nessuna conseguenza invalidante può essere collegata al mancato esame del curriculum della stessa o alla sua mancata comparazione con la controinteressata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo a favore della sola parte pubblica, mentre sono compensate nei confronti della controinteressata.

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