TAR Firenze, sez. III, sentenza 2014-05-02, n. 201400675
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N. 00675/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01972/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1972 del 2009, proposto da:
A A, rappresentato e difeso dagli avv. S C, F B, con domicilio eletto presso Domenico Benussi in Firenze, piazza dell'Indipendenza 10;
contro
Comune di Fucecchio, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. G C, ed elettivamente domiciliato presso la stessa in Firenze, via Fra' D Bonvicini 17;
Comune di Fucecchio, in persona del Dirigente p.t. del Settore 4 Assetto del Territorio e Ambiente, non costituito;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
A) dell’Ordinanza n. 304 del 21.09.2009 emessa dal Dirigente del Settore 4 - Assetto del Territorio e Ambiente del Comune di Fucecchio e notificata in data 24.09.2009, avente ad oggetto “via del Perugino, 12 – Proprietà Adamo Angelo. Procedimento in materia edilizia n. 11/2009. Denuncia di Inizio dell’Attività (DIA) n. 237/07 del 18.05.2007 – Atto abilitativo formatosi a seguito della presentazione della DIA e del decorso del termine di 20 giorni – Annullamento” , con la quale è stato disposto l'annullamento dell’atto abilitativo formatosi a seguito della presentazione della denuncia di inizio dell’attività 237/07 e del decorso del termine di 20 giorni;
B) dell’Ordinanza n. 305 del 21.09.2009 di rimessa in pristino dello stato dei luoghi emessa dal Dirigente del Settore 4 - Assetto del Territorio e Ambiente del Comune di Fucecchio e notificata in data 24.09.2009, con la quale è stato ordinato di provvedere, entro 90 giorni, al ripristino dello stato dei luoghi rispetto al progetto asseverato con la D.I.A. n. 404/05 e variante;
C) dell’art. 17 del Regolamento Edilizio del Comune di Fucecchio, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 32 del 25.05.1998, integrata con deliberazione del Consiglio Comunale n. 36 del 08.06.1998, esecutiva il 04.07.1998, e modificato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 14 del 11.02.2000, esecutiva il 17.03.2000;
D) dell’Atto Prot. 34409 del 28.10.2009 emesso dal Dirigente del Settore 4 - Assetto del Territorio e Ambiente del Comune di Fucecchio e notificato in data 30.10.2009, avente ad oggetto “Istanza del 16.10.2009 e successive integrazioni – Risposta” ;
E) dell’Ordinanza n. 240 del 16.07.2009 di rimessa in pristino dello stato dei luoghi emessa dal Dirigente del Settore 4 - Assetto del Territorio e Ambiente del Comune di Fucecchio e notificata in data 21.07.2009, con la quale è stato ordinato di provvedere, entro 90 giorni, al ripristino dello stato dei luoghi rispetto al progetto asseverato con la D.I.A. n. 237/07;
F) di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché non conosciuto, per quanto lesivo dei propri diritti ed interessi;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Fucecchio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 la dott.ssa E D S e uditi per le parti i difensori F B e G C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La vertenza in esame ha per oggetto un fabbricato, di proprietà del Sig. A A, odierno ricorrente, che si configurava inizialmente come costruzione interamente abusiva, e che veniva poi legittimato in forza del permesso di costruire in sanatoria n. 1956 del 23 settembre 2005, rilasciato ai sensi della legge n. 47/1985 ( “condono edilizio” ). La destinazione d’uso dell’intero immobile era quella di annesso agricolo (due locali ad uso “rimessa” ).
Con la DIA n. 404/05 del 10 agosto 2005 e variante “Ristrutturazione edilizia (riattamento materiali)” la distribuzione interna dei vani veniva modificata, creando due locali sgombero, disimpegno e wc.
Con la DIA n. 237/07 del 18 maggio 2007 “Cambio d’uso da manufatto agricolo a civile abitazione e realizzazione di ampliamento per addizioni funzionali” il fabbricato veniva trasformato in abitazione e ampliato attraverso la realizzazione di un piano interrato da adibire ad autorimessa macchinari agricoli, cantina e volume tecnico, e rialzando la copertura per creare un sottotetto accessibile tramite scala a chiocciola, avente altezza massima nel colmo di m. 2,25.
In data 20 settembre 2007 veniva comunicata la “fine lavori” di cui alla suddetta DIA n. 237/07.
In data 5 ottobre 2007 veniva depositata presso il Comune di Fucecchio l’attestazione di abitabilità (prot. 30879) con i relativi allegati (collaudo strutturale ecc.).
Con verbale del 20 marzo 2009 la Polizia Municipale riferiva gli esiti di un sopralluogo effettuato in data 11 marzo 2009 presso l’immobile in questione, dai quali era emerso che, in difformità dalla tavola n.2 stato di progetto della DIA n. 237/07
a) a fianco del piano interrato rappresentato nella DIA con destinazione “cantina-autorimessa per macchinari agricoli - volume tecnico” era stato realizzato un vano ad esso collegato tramite un’apertura;
b) nel piano interrato rappresentato nella DIA con destinazione “cantina-autorimessa per macchinari agricoli - volume tecnico” non erano state realizzate le tramezzature interne ed era stata chiusa l’apertura in corrispondenza del vano “autorimessa per macchinari agricoli 15,84 mq” .
Con l’ordinanza n. 156 del 20 maggio 2009, il Comune di Fucecchio, dopo aver dato atto che il fabbricato de quo era stato legittimato come annesso agricolo con concessione in sanatoria ai sensi della legge n. 47/85 ed era stato successivamente, con la DIA n. 237/07, trasformato in abitazione con la contestuale realizzazione di vani interrati e sottotetto, e dopo aver rilevato (attraverso l’esame della documentazione fotografica allegata al suddetto verbale della Polizia Municipale) che, nonostante fossero state presentate la comunicazione di fine lavori (in data 20 settembre 2007) e l’attestazione di abitabilità del fabbricato (in data 5 ottobre 2007), i lavori non erano ancora stati completati, ordinava alla luce delle difformità evidenziate dalla Polizia Municipale rispetto allo stato di progetto asseverato con la DIA n. 237/07, l’immediata sospensione dei lavori.
Con ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009 – essendo stato accertato che le opere segnalate dalla Polizia Municipale, consistenti, sostanzialmente, nella realizzazione, a fianco del piano interrato rappresentato nella DIA n. 237/07 (con destinazione cantina, autorimessa per macchinari agricoli e volume tecnico), di un vano ad esso collegato tramite un’apertura, si identificavano come variazioni essenziali rispetto al titolo abilitativo in ragione degli aumenti di superficie eccedenti i limiti normativamente consentiti - si ingiungeva di provvedere entro 90 giorni dalla notifica, avvenuta il 21 luglio 2009 - e cioè entro il 19 ottobre 2009 - al ripristino dello stato dei luoghi rispetto al progetto asseverato con la DIA n. 237/07, ed in particolare al riempimento del nuovo vano interrato non previsto nella DIA n. 237/07 per un’altezza di circa mt. 2,00, con chiusura di tutte le aperture con setti in cemento armato dello stesso spessore delle pareti interessate.
Con ordinanza n. 304 del 21 settembre 2009 si procedeva all’autoannullamento della DIA n. 237/07, ritenendo che gli interventi oggetto della stessa non fossero ammissibili, in quanto la legittimità iniziale del manufatto derivava da sanatoria straordinaria ai sensi della legge 47/85 per costruzione di fabbricato interamente in assenza di titolo, e pertanto soggetto alle limitazioni di cui all’articolo 17 del regolamento edilizio comunale, ancorché già interessato dal precedente intervento di ristrutturazione oggetto della DIA 404/05;si riteneva, cioè, che il progetto asseverato con la DIA 237/07 si ponesse in contrasto con l’art. 17 del vigente Regolamento Edilizio Comunale, che disponeva sostanzialmente che i manufatti legittimati con concessione a sanatoria ai sensi della legge n. 47/1985 o della legge n. 724/1994 potevano essere ristrutturati soltanto “mantenendo inalterata la destinazione d’uso, le superfici, i volumi” ;si riteneva, inoltre, che l’intervento edilizio asseverato con la DIA 237/07 contrastasse con l’art. 45 della L.R.T. n. 1/2005 – il quale dispone che la perdita di destinazione agricola degli edifici rurali è consentita solo “previa sottoscrizione di convenzione o atto d’obbligo unilaterale da registrare” con individuazione delle aree di pertinenza degli edifici e relative distinte prescrizioni, rispettivamente per il caso di aree inferiori ad 1 ettaro e per l’ipotesi di aree di dimensioni superiori ad 1 ettaro - e con il Piano Strutturale (adottato in data 29 luglio 2008 e approvato in data 15 aprile 2009) in ordine alla risorsa “paesaggio e territorio rurale” , ricadendo l’immobile all’interno di invarianti strutturali individuate dal Piano stesso;si evidenziava che il fabbricato in esame “si colloca in zona urbanisticamente classificata dal vigente P.R.G. come ‘E3 zona agricola di valore ambientale’ regolata dall’art. 61 e segg. delle Norme Tecniche di Attuazione al P.R.G.” ; si individuavano, infine, le ragioni di interesse pubblico giustificatritici dell’autoannullamento della DIA n. 237/07 in quelle stesse ragioni che avevano determinato la previsione del richiamato art. 17, da ritenersi prevalenti “rispetto all’eventuale affidamento maturato dai privati e all’interesse degli stessi alla conservazione dello stato attuale, entrambi fondati e realizzati sulla base di una attestazione di conformità agli strumenti urbanistico edilizi non corrispondente al vero (per contrasto con il Regolamento Edilizio Comunale, in assoluta carenza dei presupposti per realizzare il cambio di destinazione d’uso)” .
Con ordinanza n. 305 del 21 settembre 2009, considerato che, a seguito del suddetto annullamento d’ufficio dell’atto abilitativo formatosi a seguito della presentazione della DIA 237/07, gli interventi ivi previsti erano da considerarsi realizzati in assenza di titolo, si ordinava al Sig. A A di provvedere, entro 90 giorni, al ripristino dello stato dei luoghi rispetto al progetto asseverato con la DIA n. 405/05 e variante, provvedendo, in particolare, in primo luogo, a riempire di terreno i locali interrati (rappresentati nel progetto asseverato con la DIA n. 237/07 e adiacenti a quelli realizzati in difformità da essa, già oggetto di ordinanza di ripristino n. 240/09) per un’altezza di circa metri 2,00 e di chiudere tutte le aperture con setti in cemento armato dello stesso spessore delle pareti interessate;in secondo luogo, a demolire la copertura e le murature del sottotetto fino a ripristinare la conformazione e la quota di imposta della copertura medesima di cui alla DIA 405/05;in terzo luogo, a rimuovere l’impianto termico e quello elettrico, la scala a chiocciola, eventuali rivestimenti delle pareti della cucina e tutto quanto non strettamente indispensabile per l’uso di rimessa agricola del fabbricato;infine, a ripristinare le aperture esterne ed il rinterro sul lato tergale del fabbricato come precedentemente previsto nella DIA n. 404/05;si avvertiva, inoltre, che trascorso il termine innanzi fissato, qualora fosse stata accertata l’inottemperanza all’ordine impartito, si sarebbe proceduto, ai sensi dell’art. 134 della L.R.T. n 1/2005 all’esecuzione d’ufficio a spese dei responsabili dell’abuso.
Il 16 ottobre 2009, il Signor A A presentava richiesta di rilascio di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’articolo 140 della L.R.T. n. 1/2005 e dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, successivamente integrata con ulteriori elaborati grafici e relativa relazione tecnica, concernente innanzitutto il mantenimento del locale interrato realizzato in difformità dalla DIA n. 237/07 e di cui l’Amministrazione, con l’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009, aveva disposto il riempimento con terreno, locale che avrebbe avuto la funzione di un’intercapedine areata, resa inaccessibile e assolutamente inutilizzabile per altri usi, tramite muratura delle aperture e collocazione di griglie di areazione, giustificata, in primo luogo, dalla necessità, a fronte di rilevati fenomeni di umidità della zona e dello stesso fabbricato, di assicurare un’idonea aerazione del soprastante piano terra, e, in secondo luogo, da ragioni igienico-sanitarie e di buona tecnica costruttiva connesse alla realizzazione delle fondazioni. Tale istanza, inoltre, era volta, attraverso modifiche interne, al ripristino del vano interrato come da progetto asseverato con la DIA n. 237/07, nonché ad effettuare modifiche prospettiche (ripristino delle dimensioni delle finestre e ripristino della posizione delle finestre sottotetto). Infine, nella relazione tecnica si evidenziava che le opere oggetto di richiesta di sanatoria erano senz’altro sanabili non potendo essere in alcun modo considerate di rilevanza ai fini urbanistici e non essendo in contrasto con gli strumenti urbanistici.
Con atto prot. 34409 del 28 ottobre 2009, l’Amministrazione comunale rilevava che l’istanza presentata in data 16 ottobre 2009 non possedeva “i requisiti tipici per potersi configurare come domanda di sanatoria ai sensi dell’articolo 140 L.R. 1/2005, se non rispetto al precedente punto 5, relativo alle sole dimensioni delle gronde” . L’Amministrazione comunicava, quindi, in primo luogo, che l’istanza sarebbe stata valutata come richiesta di sanatoria solo della parte afferente le dimensioni delle gronde;in secondo luogo, che il procedimento sanzionatorio di cui all’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 240/07 sarebbe stato “sospeso solo nella parte ad esse relativo” , mentre, per quanto riguarda tutte le altre opere accertate in difformità dalla DIA n. 237/07 (compresa l’intercapedine areata), esso non sarebbe stato “sospeso” e sarebbe dunque proseguito “con sopralluogo della Polizia Municipale per l’accertamento dell’ottemperanza all’ordinanza stessa” ;infine, che la proposta dell’interdizione dell’uso della parte interrata non prevista nella predetta DIA anziché tramite riempimento di terreno, come indicato nell’ordinanza, tramite muratura delle aperture e collocazione di griglie di areazione, motivata con la necessità di mantenere un intercapedine areata sotto l’edificio per preservarlo dall’umidità, non era accoglibile.
1.1. Con il ricorso in esame, il signor A A ha quindi impugnato gli atti indicati in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di doglianza a sostegno del gravante:
A) con riferimento all’ordinanza n. 304 del 21 settembre 2009, all’ordinanza n. 305 del 21 settembre 2009 e all’art. 17 del Regolamento Edilizio del Comune di Fucecchio:
1) l’Amministrazione comunale avrebbe erroneamente ed illegittimamente ravvisato, dopo oltre due anni dalla presentazione della DIA n. 237/07 i presupposti di fatto e di diritto per procedere all’annullamento d’ufficio “dell’atto abilitativo formatosi a seguito della presentazione della denuncia di inizio attività 237/07, e del decorso del termine di 20 giorni” , identificando il presupposto della carenza delle condizioni legittimati, vale a dire il presupposto dell’illegittimità del predetto atto abilitativo, esclusivamente nel contrasto del “progetto di ampliamento e cambio di destinazione d’uso rispetto allo stato di condono” - relativo all’immobile in questione (precedentemente legittimato con permesso di costruire in sanatoria n. 1965 del 23 settembre 2005 ai sensi della L. n. 47/1985 con destinazione d’uso di annesso agricolo) e asseverato con la DIA n. 237/07 - con il disposto dell’articolo 17 del Regolamento Edilizio, che vieta sostanzialmente di effettuare su immobili condonati, quale quello de quo, una serie di interventi compreso - per quanto interessa in questa sede - il cambio di destinazione d’uso;peraltro, il citato art. 17 sarebbe illegittimo per violazione degli artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione sotto i seguenti profili:
a) irragionevole duplicità di regime tra fabbricati originariamente legittimi e fabbricati condonati, che potrebbe essere considerata come una forma surrettizia di sanzione non prevista dalla legge, e irrazionalità della disposizione regolamentare rispetto alla legislazione statale;
b) compromissione irragionevole dell’esercizio dell’iniziativa economica, in relazione alla proprietà privata;
e pertanto, vista l’illegittimità dell’art. 17 citato, non sussisterebbe il presupposto della carenza delle condizioni legittimanti, vale a dire il presupposto dell’illegittimità del titolo abilitativo edilizio de quo, richiesto per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio, e di conseguenza l’ordinanza n. 304 del 21 settembre 2009 di annullamento della DIA sarebbe illegittima;ne discenderebbe che anche la separata ordinanza n. 305 del 21 settembre 2009 di rimessa in pristino dello stato dei luoghi - conseguente, appunto, al predetto annullamento d’ufficio - sarebbe parimenti illegittima, in quanto viziata da illegittimità derivata;inoltre, l’ordinanza n. 305 del 21 settembre 2009 di rimessa in pristino dello stato dei luoghi sarebbe anche viziata da vizi propri, laddove ordina di rimuovere “l’impianto termico e quello elettrico” ;non si rinverrebbe, infatti, alcuna norma (statale, regionale o del regolamento edilizio comunale) che vieti l’impianto termico e, soprattutto, l’impianto elettrico dei manufatti ad uso agricolo o dalla quale, comunque, debba necessariamente desumersi l’incompatibilità assoluta di tali impianti con la suddetta destinazione;un tale ordine sarebbe dunque illegittimo non solo per violazione del fondamentale principio di legalità, ma anche perché palesemente viziato da eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza e per ingiustizia;
2) anche a prescindere dalla sopra denunciata mancanza del presupposto della “carenza delle condizioni legittimanti” , le ordinanze n. 304 e n. 305 del 21 settembre 2009 sarebbero illegittime per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, e dell’art. 21- nonies della legge n. 241/90 sotto altri profili, nonché per eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto nei provvedimenti impugnati non verrebbe dato conto della sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo abilitativo edilizio de quo, limitandosi l’Amministrazione comunale a ravvisare ragioni di interesse pubblico nel mero contrasto con l’articolo 17 del Regolamento Edilizio Comunale (peraltro illegittimo, per tutte le ragioni già ampiamente esposte) e legando così la motivazione dell’annullamento al semplice ripristino della legalità;tale interesse pubblico sarebbe stato, infatti, ravvisato nel “mantenimento delle situazioni legittimate attraverso un istituto di carattere eccezionale, non consentendone la successiva evoluzione in organismi di tutt’altro genere e consistenza” e fatto dunque praticamente coincidere con il contenuto sanzionatorio stesso della disposizione regolamentare sopra citata, senza specificare in che modo il cambio di destinazione d’uso da annesso agricolo a civile abitazione avrebbe inciso negativamente sull’ambiente e sull’assetto urbanistico del territorio, senza svolgere un’attenta disamina e valutazione della situazione di fatto concernente l’area in questione, dove si trovano già attualmente vari fabbricati con destinazione a civile abitazione;vi sarebbe in realtà un malcelato intento sanzionatorio, volto a colpire indiscriminatamente tutti manufatti condonati, impedendone il cambio di destinazione d’uso in civile abitazione anche in palese assenza, come nel caso di specie, di pregiudizi effettivi per l’ambiente e per l’assetto urbanistico del territorio;l’interesse pubblico, infatti non può coincidere con il mero ripristino di una situazione conforme alle previsioni urbanistiche ed edilizie vigenti, specialmente se l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio avviene, come nel caso di specie, non nell’immediato, ma a distanza di oltre due anni dalla DIA e dall’esecuzione dei lavori, quando era stato ingenerato nel ricorrente un legittimo affidamento sull’ammissibilità dell’intervento;l’Amministrazione comunale, viceversa avrebbe completamente omesso di considerare e valutare il notevole lasso di tempo ormai trascorso dal momento della formazione del titolo abilitativo;anche gli interessi del destinatario dell’atto di annullamento sarebbero stati totalmente ignorati nel provvedimento impugnato, mentre avrebbero dovuto essere adeguatamente bilanciati con l’interesse pubblico, ove sussistente, all’annullamento del titolo abilitativo edilizio formatosi ormai da molto tempo;l’Amministrazione comunale, inoltre, non avrebbe preso in minima considerazione il fatto che le opere di cui alla predetta DIA erano già state realizzate, con notevoli oneri economici per il ricorrente;
B) con riferimento all’atto prot. 34409 del 28 ottobre 2009 e all’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009:
3) l’atto prot. 34409 del 28 ottobre 2009, emesso a seguito dell’avvenuta presentazione di un’istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 140 della L.R.T. n. 1/2005, sarebbe illegittimo per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10- bis della L. n. 241/90, in quanto non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della predetta istanza (cd. preavviso di rigetto);
4) l’atto prot. 34409 del 28 ottobre 2009 sarebbe illegittimo, laddove, pur a fronte di un’istanza di sanatoria tempestivamente presentata a seguito dell’ordinanza di rimessa in pristino n. 240 del 16 luglio 2009, notificata il 21 luglio del 2009, si è affermato che “il procedimento sanzionatorio non è sospeso, e proseguirà con un sopralluogo della Polizia Municipale per l’accertamento dell’ottemperanza all’ordinanza stessa, che avverrà in data da comunicare con successiva nota” ;tale illegittimità risulterebbe ancora più evidente se si considera che nel giorno in cui il predetto atto veniva emesso dall’Amministrazione (28 ottobre 2009) erano già addirittura trascorsi più di 90 giorni (precisamente, 99 giorni) dalla notifica dell’ordinanza in esso richiamata, con la conseguenza che l’inottemperanza all’ordinanza di rimessa in pristino entro 90 giorni dalla sua notifica diventava automatica proprio in virtù dell’arbitraria ed illegittima valutazione dell’Amministrazione di inidoneità dell’istanza tempestivamente presentata il 16 ottobre 2009 a produrre gli effetti tipici della domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 140 della L.R.T. n. 1/2005 (inefficacia del precedente provvedimento sanzionatorio);nel merito, il suddetto atto sarebbe illegittimo per violazione delle norme sopra richiamate, in quanto le opere sarebbero sanabili: in particolare, il mantenimento dell’intercapedine areata sarebbe - come affermato dal tecnico della relazione allegata all’ istanza di sanatoria - privo di rilevanza e fini urbanistici e conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia;in ordine alle considerazioni svolte dall’Amministrazione, nella parte finale del suddetto atto, relativamente alla predetta intercapedine areata, il cui mantenimento è stato richiesto per preservare l’edificio dall’umidità nonché per ragioni igienico sanitarie e di buona tecnica costruttiva connesse alla realizzazione delle fondazioni, il ricorrente avrebbe inteso richiedere sostanzialmente una sanatoria dell’esistente “con prescrizioni” o, più esattamente, con “completamento” di opere (considerando che tale parte dell’opera era ancora in corso di realizzazione), quali la chiusura degli accessi esistenti al predetto vano interrato e l’apposizione di griglie di areazione, in modo da renderlo inaccessibile e/o diversamente utilizzabile e, quindi, come tale, certamente sanabile, mentre l’Amministrazione sembrerebbe aver interpretato l’istanza come una richiesta di poter procedere alla rimessa in pristino con modalità diverse da quelle indicate dal Comune (riempimento di terreno nel locale interrato);
5) l’atto prot. 34409 del 28 ottobre 2009 sarebbe, altresì, viziato da violazione dell’art. 3, ultimo comma, della legge n. 241/90, in quanto non conterrebbe l’indicazione del termine d’impugnazione e dell’autorità cui ricorrere.
Si è costituito in giudizio il Comune di Fucecchio che ha controdedotto, eccependo in via preliminare la tardività del gravame per la parte in cui lo stesso è volto ad impugnare l’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009 e la disposizione di cui all’art. 17 del Regolamento Edilizio Comunale, e l’inammissibilità dello stesso per carenza di interesse nella parte in cui è volto ad impugnare la nota prot. n. 34409 del 28 ottobre 2009, che sarebbe una mera comunicazione interlocutoria volta a definire l’ambito in cui era possibile considerare l’istanza presentata dal ricorrente.
Successivamente alla presentazione del ricorso in esame, in data 2 aprile 2010, a seguito della segnalazione del genio civile, che aveva verificato che l’edificio era stato realizzato in contrasto con la normativa antisismica e che non poteva pertanto essere garantita l’incolumità pubblica e privata, con ordinanza n. 76/10, il Comune – accertato che il ricorrente non aveva ottemperato alle ordinanze n. 240/09 e n. 305/09, e che, pertanto, era stata attivata la procedura per il ripristino dello stato dei luoghi a cura del Comune e a spese dei responsabili dell’abuso, come previsto dall’art. 134 della L.R.T. n. 1/2005 - ordinava al ricorrente di non abitare nei locali in questione, di non accedervi e di non farvi accedere terze persone.
In data 4 maggio 2010, il ricorrente, tenuto conto che l’istanza cautelare indicata in epigrafe non era stata accolta e che era stata attivata la procedura d’ufficio ai sensi dell’art. 134 cit., comunicava l’intenzione di provvedere al ripristino dei luoghi, in ottemperanza all’ordinanza n. 240/09 e successive, n. 305/09 e 76/10, salvo il sottotetto, chiedendo che quest’ultimo fosse considerato, in sanatoria, un volume tecnico.
Ciò detto, è incontestato che il ricorrente abbia, quindi, provveduto, in conformità con quanto preannunciato, al ripristino del vano interrato;mentre, con riferimento ad una porzione del sottotetto, in data 4 maggio 2010 presentava un’istanza di sanatoria che veniva rigettata con diniego espresso n. 528/10 del 17 giugno 2011.
Avverso il suddetto diniego il ricorrente non promuoveva alcun ricorso, ma reiterava, in data 29 luglio 2011, sempre per una porzione del sottotetto, la domanda di sanatoria che veniva rigettata con diniego espresso n. 213/11 del 1° ottobre 2012, non contestato sia in sede giudiziale che in sede amministrativa.
A motivazione del diniego l’Amministrazione adduceva che “la proposta di intervento non risulta ammissibile proceduralmente perché non trattasi di sanatoria. La sanatoria ai sensi dell’articolo 140 della L.R. 03/01/2005 n. 1 prevede la doppia conformità sia al momento della realizzazione dell’opera che al momento della presentazione della domanda” .
A seguito del diniego di sanatoria, con successiva ordinanza n. 317 dell’8 ottobre 2012, ai sensi dell’art. 134 della L.R.T. n. 1/2005, il Comune – accertato che il ricorrente aveva ottemperato all’ordinanza n. 305/09, tranne che per la parte concernente la demolizione della copertura e delle murature “del sottotetto fino a ripristinare la conformazione della quota di imposta della copertura medesima di cui alla DIA 404/05” , e che per quanto non ancora ripristinato ed oggetto della richiesta di sanatoria n. 213/11 (respinta il 1° ottobre 2012), le opere erano da considerarsi realizzate in assenza di titolo, rientrando in un intervento di ristrutturazione edilizia, attuato con la DIA n. 237/07, successivamente annullata con ordinanza n. 304 del 21 settembre 2009, e che in applicazione dell’art. 134 della L.R.T. n. 1/2005 doveva essere emessa un’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, sempre con riferimento all’ultimo stato legittimato di cui alla DIA n. 404/2005 del 18 agosto 2005 e variante - ordinava all’odierno ricorrente “di provvedere, entro 90 (novanta) giorni dalla notifica della … ordinanza, alla demolizione della copertura e delle murature del sottotetto dell’edificio, fino a ripristinare la conformazione e la quota di imposta della copertura medesima di cui alla DIA 404/05” .
Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente inoltrava ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato in data 1° febbraio 2013, ancora pendente.
1.2. A seguito di tali eventi successivi alla proposizione del ricorso in esame, l’Amministrazione resistente ha ribadito l’eccezione preliminare di tardività del gravame per la parte in cui questo è volto a censurare l’ordinanza di ripristino n. 240 del 16 luglio 2009, la cui esecuzione, peraltro già completata, ha comportato la demolizione del manufatto appositamente realizzato in ampliamento rispetto a quello originario condonato, cioè la parte interrata.
Ha eccepito, altresì, con riferimento all’impugnativa dell’ordinanza n. 305/09, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che a seguito del rigetto delle istanze di sanatoria, di cui al diniego n. 528/10 e al diniego n. 213/11, il procedimento sanzionatorio è stato rinnovato e definito con l’ordinanza n. 317/12, e pertanto il ricorrente non avrebbe più alcun interesse a coltivare il ricorso avverso i pregressi provvedimenti repressivi, non più produttivi di effetti.
2. Innanzitutto va chiarito che l’immobile per cui è causa è stato oggetto di due distinti procedimenti relativi a due distinte parti del medesimo fabbricato: l’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009, con cui si dispone il ripristino (mediante riempimento) del volume interrato realizzato in difformità dalla DIA n. 237/07, e l’ordinanza n. 305 del 21 settembre 2009 con cui si ordina il ripristino (riempimento del volume interrato, oltre ad altri interventi ripristinatori riguardanti la mutata destinazione d’uso, tra cui la realizzazione del sottotetto) del vano interrato adiacente a quello precedente di cui all’ordinanza n. 240/09, e ciò per effetto dell’annullamento della DIA n. 237/07.
Ciò premesso, per quanto riguarda l’impugnativa dell’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009 - notificata il 21 luglio 2009 - espressamente effettuata dal ricorrente per mero tuziorismo, l’eccezione di tardività sollevata dall’Amministrazione resistente deve ritenersi superata in quanto, a seguito della tempestiva presentazione dell’istanza di sanatoria il 16 ottobre 2009, e cioè prima che il termine scadesse (il 19 ottobre 2009), l’ordinanza di demolizione n. 240/09 ha perso efficacia.
Infatti, secondo l’orientamento giurisprudenziale assolutamente prevalente – dal quale il Collegio non intende discostarsi – a seguito della presentazione di domanda di condono o sanatoria, il provvedimento repressivo perde efficacia in quanto deve essere sostituito o da un provvedimento favorevole alla domanda o, in caso di diniego, da un nuovo provvedimento sanzionatorio, essendo l’Amministrazione tenuta al completo riesame della fattispecie assumendo, ove del caso, nuovi e definitivi provvedimenti sanzionatori, sui quali si sposterà l’interesse alla caducazione giurisdizionale (cfr., ex multis , Cons. St., sez. V, 19 febbraio 1997, n. 165;n. 3659/07).
Ne consegue che, nel caso di specie, essendo stata l’istanza di sanatoria presentata e definita prima della proposizione del ricorso in esame, lo stesso – conformemente ai rilievi mossi dallo stesso ricorrente - deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse nella parte in cui è volto ad impugnare l’ ordinanza-ingiunzione n. 240/09, avendo la stessa perso efficacia nei termini innanzi chiariti già prima che il ricorso venisse presentato;correlativamente, l’interesse sostanziale e processuale del ricorrente si incentra sull’impugnato diniego di sanatoria n. 34409 del 28 ottobre 2009.
Né può fondatamente sostenersi che l’istanza in questione non possa essere considerata come una valida istanza di sanatoria, a prescindere dall’accoglibilità o meno della stessa. Infatti, con tale istanza, come emerge dall’esposizione in fatto, il ricorrente ha chiesto una sanatoria dell’esistente con “completamento” di opere.
Ciò premesso, non può sostenersi che il ricorso sarebbe, per la parte in cui è volto ad impugnare il suindicato diniego di sanatoria, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse per avere il ricorrente provveduto a ripristinare lo status quo ante , e per avere quindi in tal modo prestato acquiescenza: il riempimento del vano interrato è avvenuto, infatti, come si è visto, solo per evitare che venisse effettuato d’ufficio a spese del ricorrente medesimo, ex art. 134 L.R.T. n. 1/2005.
Per analoghe ragioni non può essere accolta l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dall’Amministrazione resistente con riferimento all’ordinanza n. 305/09 e agli atti presupposti sull’assunto che, a seguito del rigetto delle istanze di sanatoria, di cui al diniego n. 528/10 e al diniego n. 213/11, il procedimento sanzionatorio è stato rinnovato e definito con l’ordinanza n. 317/12, e pertanto il ricorrente non avrebbe più alcun interesse a coltivare il ricorso avverso i pregressi provvedimenti repressivi, non più produttivi di effetti.
Infatti, come si è visto, per tutti gli ordini impartiti con l’ordinanza n. 305/09, l’Amministrazione, con la succitata ordinanza n. 317/12, si è sostanzialmente limitata a prendere atto che gli stessi erano stati tutti eseguiti ad eccezione di quello relativo alla demolizione della copertura e delle murature del sottotetto, opere delle quali, peraltro, rilevava l’abusività in quanto eseguite senza titolo abilitativo, stante il diniego n. 213/11 e l’autoannullamento della DIA n. 237/07, e ne ordinava, conseguentemente, la demolizione.
A fronte di tale situazione si deve quindi convenire con il ricorrente nel ritenere che in capo ad esso permanga un interesse a ricorrere, in quanto se venissero annullati i provvedimenti impugnati verrebbero meno i presupposti su cui si fonda l’ordinanza n. 317/12, con conseguente possibilità di veder legittimate le opere realizzate e non ancora demolite ed eventualmente di veder ripristinato in tutto o in parte lo stato dei luoghi conformemente alla situazione esistente prima che il Comune annullasse la DIA n. 237/07.
Va ugualmente respinta, poi, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, nella parte in cui è volto ad impugnare la nota prot. n. 34409 del 28 ottobre 2009 che sarebbe sprovvista di efficacia provvedimentale, in quanto non sembra possa disconoscersi a tale atto valenza di sostanziale rigetto della domanda di permesso in sanatoria rivolta al Comune con l’istanza del 16 ottobre 2009.
Quanto, infine, all’eccezione di tardività del ricorso relativamente all’impugnativa dell’art. 17 del Regolamento Edilizio Comunale, anche tale eccezione risulta destituita di fondamento, in quanto la lesività di tale disposizione si è verificata solo in fase di annullamento d’ufficio del titolo abilitativo, annullamento che è stato fondato dal Comune esclusivamente sul contrasto con tale disposizione.
3. Nel merito il ricorso è fondato nei termini di cui infra .
Dall’esame complessivo dell’ordinanza n. 304/09, con la quale è stata annullata la DIA n. 237/07, emerge chiaramente - e ciò è confermato, ove necessario, dal tenore della comunicazione di avvio del procedimento di autoannullamento prot. n. 20658 del 23 giugno 2009, che non lascia spazio ad equivoci - che il progetto asseverato con la citata DIA è stato ritenuto illegittimo per contrasto con l’articolo 17 del Regolamento Edilizio Comunale.
Il riferimento, infatti, al contrasto con il Piano Strutturale non può rivestire alcuna rilevanza, in quanto si tratta palesemente di previsioni urbanistiche sopravvenute: il Piano Strutturale è stato adottato nel luglio 2008 ed approvato nell’aprile 2009, mentre la DIA annullata risale al maggio 2007.
Quanto, poi, all’assenza della convenzione o dell’atto d’obbligo unilaterale ex art. 45 della L.R.T. n. 1/2005, che avrebbe dovuto accompagnare il cambio di destinazione d’uso, si tratta, come rilevato dal ricorrente, di una irregolarità sanabile, inidonea, quindi, a determinare l’annullamento d’ufficio del titolo abilitativo edilizio in questione.
Il semplice riferimento, infine, contenuto nell’ordinanza in questione, alla circostanza che il fabbricato in esame si collochi in zona urbanisticamente classificata dal vigente P.R.G. come “E3 zona agricola di valore ambientale” , regolata dall’art. 61 e segg. delle Norme Tecniche di Attuazione al P.R.G., che vieta in tali zone nuove costruzioni, non appare da solo sufficiente - in assenza di ulteriori specificazioni – a far ritenere che l’Amministrazione abbia qualificato l’intervento oggetto della DIA n. 237/07 come nuova costruzione e, in quanto tale, vietato.
In realtà, come si è detto, l’Amministrazione ha ritenuto che il progetto oggetto della DIA in questione sia illegittimo esclusivamente in quanto sostanziantesi in un “progetto di ampliamento e cambio di destinazione d’uso rispetto allo stato di condono” in contrasto con il disposto dell’art. 17 del Regolamento Edilizio Comunale che vieta il cambio di destinazione d’uso per gli immobili condonati.
Ciò chiarito, quest’ultima disposizione rubricata “concessione a sanatoria ai sensi della L. 47/85” , dispone in particolare, al secondo comma, quanto segue: “gli annessi o gli accessori autonomi che abbiano ottenuto concessione a sanatoria ai sensi della legge 47/85 o della legge 724/94 potranno essere ripristinati o ristrutturati secondo le caratteristiche strutturali del manufatto esistente, con i seguenti prescrizioni: a) Manufatti in muratura: l’intervento edilizio, fatta salva la Normativa di Zona, è ammissibile nelle categorie della manutenzione, ordinaria e straordinaria, nonché nella ristrutturazione se finalizzata al riordino ed alla razionalizzazione di un insieme di manufatti, mantenendo inalterata la destinazione d’uso, le superfici, i volumi. Le caratteristiche di finitura dovranno essere del tutto simili agli edifici circostanti […]” . Tale norma, quindi, vieta sostanzialmente di effettuare su immobili condonati, quale quello de quo, gli interventi, compreso - per quanto interessa in questa sede - il cambio di destinazione d’uso.
Tale disposizione, peraltro, così come dedotto dal ricorrente, è da ritenersi illegittima.
Essa infatti, imponendo un regime differenziato tra fabbricati originariamente legittimi e fabbricati legittimati tramite condono, introduce di fatto, nei confronti di questi ultimi una sanzione che non è prevista dalla legge, vietando in via assolutamente generale, senza alcuna valutazione di compatibilità concreta di alcuni interventi, compreso il cambio di destinazione d’uso, con le esigenze pubbliche di tutela ambientale ed urbanistica, e prescindendo dalla collocazione territoriale dell’immobile interessato (cfr., Corte Costituzionale n. 529 del 1995).
Non sussistono, pertanto, i presupposti di cui all’art. 21 octies della legge n. 241/90 a carico della DIA n. 237/07 per l’emanazione del gravato provvedimento di annullamento in via di autotutela, ai sensi dell’art. 21 nonies della stessa legge.
I rilievi sin qui svolti sarebbero di per sé sufficienti ai fini dell’accoglimento del ricorso in esame per la parte in cui questo è volto ad impugnare l’ordinanza n. 304/09.
Non può, peraltro, sottacersi che, essendo stato il provvedimento impugnato adottato a distanza di più di due anni dalla presentazione della DIA n. 237/07, quando i lavori relativi all’intervento oggetto della stessa erano quanto meno in avanzato stato di esecuzione, e quando era stato ingenerato nel ricorrente un legittimo affidamento sull’ammissibilità dell’intervento, l’Amministrazione avrebbe dovuto dare conto della sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto alla rimozione del titolo abilitativo edilizio de quo che andasse al di là del mero contrasto con l’art. 17 del Regolamento Edilizio Comunale, disposizione che, peraltro, si è rivelata illegittima.
Ne può sostenersi, correlativamente, che nessun legittimo affidamento potrebbe essere maturato in capo al ricorrente a fronte “di una attestazione di conformità agli strumenti urbanistico- edilizi non corrispondente al vero (per contrasto con il Regolamento Edilizio Comunale, in assoluta carenza dei presupposti per realizzare il cambio di destinazione d’uso)” .
L’illegittimità dell’ordinanza n. 304/09 determina, conseguentemente, così come dedotto dal ricorrente, l’illegittimità in via derivata dell’ordinanza n. 305/09, che trova nell’ordinanza n. 304/09 il proprio presupposto.
Per quanto riguarda, poi, l’impugnativa dell’atto prot. n. 34409 del 28 ottobre 2009, cui, come si è visto, va riconosciuta valenza provvedimentale, trattandosi sostanzialmente di un rigetto dell’istanza di sanatoria presentata il 16 ottobre 2009 ai sensi dell’art. 140 della L.R.T. n. 1/2005, il motivo di ricorso concernente l’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, in violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, è fondato e assorbente di ogni altro.
Tale disposizione stabilisce che, nei procedimenti ad istanza di parte, il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda e che, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, questi ha diritto di presentare per iscritto le sue osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
La norma in esame stabilisce, pertanto, un onere procedimentale propedeutico all’adozione di ogni provvedimento finale reiettivo dell’istanza del privato al fine di consentire allo stesso di dedurre tempestivamente, nel procedimento, eventuali circostanze idonee ad influire sul contenuto dell’atto finale così anticipando e prevenendo il contenzioso che potrebbe verificarsi in sede giurisdizionale.
Ambito di applicazione della disposizione sono tutti i procedimenti ad istanza di parte, con la sola esclusione di quelli di natura concorsuale o in materia previdenziale e assistenziale (art. 10 bis , ultima parte): sicché non v’è dubbio che tale disposizione si applichi anche ai procedimenti che, come nella specie, prendono avvio da un’istanza di sanatoria edilizia (cfr., T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 15.02.2006, n. 2116;T.A.R. Valle D’Aosta, 12.07.2006, n. 106;T.A.R. Liguria, I, 31.12.2009, n. 4133;08.06.2011, n. 919).
Né, in una situazione come quella in esame, emergono ragioni tali da conferire al diniego, a prima vista, quella legittimità e inattaccabilità sostanziali che, ove effettivamente riscontrabili, permetterebbero, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, di superare l’omissione del preavviso (cfr., TAR Lombardia, II, 10.12.2008, n. 5746).
3. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile per carenza di interesse nella parte in cui è volto ad impugnare l’ordinanza n. 240 del 16 luglio 2009, mentre va accolto per la restante parte, nei sensi di cui motivazione, con assorbimento dei motivi di doglianza non esaminati, e, per l’effetto, vanno annullati gli altri atti impugnati, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
4. Quanto alle spese di giudizio, le stesse devono essere compensate, tenuto conto della vicenda contenziosa nel suo complesso.