TAR Catania, sez. I, sentenza 2009-02-19, n. 200900382

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. I, sentenza 2009-02-19, n. 200900382
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 200900382
Data del deposito : 19 febbraio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02016/2008 REG.RIC.

N. 00382/2009 REG.SEN.

N. 02016/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2016 del 2008, proposto da:
T S A, rappresentato e difeso dall'avv. A E B, con domicilio eletto presso avv. A E B in Catania, via Ventimiglia, 145;

contro

B A, rappresentato e difeso dall'avv. Svo Zappala', con domicilio eletto presso avv. Svo Zappala' in Catania, via Umberto, 184;

nei confronti di

Provincia Regionale di Catania, non costituita in giudizio;

Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Catania, Ministero Interno, Ufficio Elettorale Provinciale, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

per l'annullamento

1) del verbale dell’Ufficio Elettorale Provinciale di Catania del 17/06-07/2008, relativo alle operazioni elettorali e di proclamazione degli eletti al Consiglio Provinciale di Catania, nella parte in cui proclama eletto il candidato della lista “Sicilia Forte e Libera”, sig. B A, riconoscendogli ed attribuendogli illegittimamente n.

2.548 voti (e non 2.127), nonché nella parte in cui non riconosce ed attribuisce n.

2.293 voti di preferenza al ricorrente (e non anche 2.308), attribuendogli quindi, l’unico seggio disponibile;

2) dei verbali degli uffici elettorali sezionali del Comune di Zafferana e delle relative tabelle di scrutinio, nelle parti in cui riconoscono ed attribuiscono n. 36 voti di preferenza al ricorrente (e non anche 56), e nella parte in cui attribuiscono n.

2.018 voti al sig. B A (e non 1.597);

3) del prospetto dei voti di preferenza ottenuti da ciascun candidato in tutte le sezioni elettorali del Comune di Zafferana, relativamente alla lista n. 5, avente contrassegno “Sicilia Forte e Libera”, nella parte in cui riconosce ed attribuisce n. 36 voti di preferenza al ricorrente (e non anche 51), e nella parte in cui attribuisce n.

2.018 voti al sig. B A (e non 1.597);

4) di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente.

e la declaratoria

del diritto del ricorrente ad essere allocato primo nella lista n. 5, avente contrassegno “Sicilia Forte e Libera”, con conseguente elezione a consigliere della Provincia Regionale di Catania.

Visto il ricorso ed il ricorso incidentale con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Catania;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero Interno;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di B A;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ufficio Elettorale Provinciale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29/01/2009 il dott. P M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Il 15 ed il 16 giugno 2008 si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Catania.

La lista n. 5 con contrassegno “Sicilia Forte e Libera” ha conseguito 2.121 voti nel Collegio di Zafferana (anche se i dati comunicati subito dopo la chiusura delle operazioni elettorali indicavano 1.567 voti), ottenendo un solo seggio per la rappresentanza nel Consiglio provinciale.

A fronte dei 2.293 voti di preferenza riportati dal sig. T, il sig. B, così come trascritto nel verbale dell’Ufficio Elettorale Provinciale di Catania del 17/06-07/2008, ha riportato 2.548 voti di preferenza;
pertanto, è risultato il primo della lista e, conseguentemente, gli è stato attribuito l’unico seggio a disposizione nel Consiglio provinciale.

Con ricorso depositato il 5.9.2008, passato per la notifica il 20.9.2008 con in calce il Decreto Presidenziale di fissazione d’udienza e ridepositato il 30.9.2008, il ricorrente ha impugnato il richiamato verbale e gli atti in epigrafe indicati.

In somma sintesi, il ricorrente ritiene che i dati sopra rappresentati deriverebbero da irregolarità nelle operazioni svolte dagli uffici elettorali sezionali del Comune di Zafferana Etnea, dove molteplici schede, riportanti voti nulli, sarebbero state attribuite al sig. B A (candidato locale), ed altre schede, invece, nonostante riportassero voti di preferenza validi per il ricorrente, sarebbero state valutate quali voti nulli o, in altri casi, considerate solo come voti validi di lista o voti validi per il controinteressato.

In dipendenza dalle sopra riferite premesse, il ricorrente ha chiesto la correzione del risultato elettorale, con conseguente conseguimento della posizione utile per risultare eletto al Consiglio provinciale.

La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 18.12.2008 e la Sezione, con Ordinanza n. 26/09, riservata al definitivo ogni determinazione sulle questioni di rito e di merito, ha disposto una verificazione finalizzata ad individuare e prelevare le schede oggetto di contestazione.

Sennonché, il controinteressato, con atto notificato il 23.12.2008, e depositato in pari data, ha rappresentato che la predetta Ordinanza istruttoria non avrebbe tenuto conto della pregiudiziale circostanza, richiamata negli scritti difensivi di costituzione in giudizio, della inammissibilità del ricorso principale, posto che parte ricorrente avrebbe notificato il ricorso principale alla Provincia Regionale, da ritenersi parte necessaria del processo, soltanto presso l’Avvocatura dello Stato.

Il ricorrente, con memoria depositata il 9.1.2009, ha ritenuto irrituale la richiesta di anticipazione del termine e, comunque, ha chiesto di poter integrare il contraddittorio.

Il Presidente del Tribunale, al fine di consentire l’esame della predetta istanza, ha fissato ulteriore discussione all’Udienza pubblica del 29.1.2009.

DIRITTO

I. Con eccezione preliminare, il controinteressato deduce che il ricorso è inammissibile poiché il ricorrente ha omesso di notificarlo in maniera corretta alla provincia regionale, quale parte necessaria del processo.

Il Collegio rileva che, in effetti, il gravame introduttivo è stato notificato a detta Amministrazione presso la sede dell’Avvocatura dello Stato di Catania, senza che questa sia, invero, domiciliataria ex lege.

Il Tribunale deve, quindi stabilire se, così come richiede il ricorrente, vi sia la possibilità di integrare il contraddittorio, o se il ricorso sia ormai irrimediabilmente inammissibile per mancata notifica ad una parte necessaria.

II. Preliminarmente, stante l’evidente intervenuta scadenza dei termini per la notifica ai sensi dell’art. 83/11 del T.U. n. 570/60, occorre stabilire se sia possibile anche nel processo elettorale l’integrazione del contraddittorio.

Il Collegio ritiene di dover condividere la datata giurisprudenza, per altro sempre confermata, secondo la quale <<se è vero che la deroga all’effetto preclusivo che deriva dal decorso del termine è espressamente prevista nell’art. 21 (l. TAR), il quale esplicitamente contempla la possibilità di integrare il contraddittorio quando il ricorso sia stato notificato all’autorità che ha emesso l’atto e ad almeno uno dei controinteressati, è anche vero che l’art. 83/11 della legge elettorale non contiene esplicitamente alcuna disposizione derogativa a tale principio, che appare invece implicitamente richiamato nell’ultimo comma del citato articolo. Tale disposizione infatti richiama, per tutto quanto ivi non previsto sulla disciplina del procedimento, la norma contenuta nel titolo II del R.D. 26 giugno 1924, n. 1058, il quale all’art. 7 prevede espressamente la possibilità di integrazione del contraddittorio>>
(cfr. Consiglio Stato, sez. V, 09 marzo 1979, n. 141).

La precisazione è rilevante, posto che una formale applicazione dell’art. 19 della l 1034/1971, secondo il quale “per i giudizi in materia di operazioni elettorali, previsti dall’art. 6, rimangono ferme le norme procedurali contenute nella legge 23 dicembre 1966, n. 1147”, non consentirebbe, stante l’insussistenza di alcuna riserva (invece presente nell’analoga norma di cui all’art. 82 che regola il processo elettorale presso il Giudice ordinario), l’applicazione delle regole del processo amministrativo a quello elettorale.

Ed invero, l’art. 2 di detta ultima legge, che ha introdotto l’art. 83/11 del T.U. n. 570/1960, certamente non prevede detta integrazione, ma una forma di tassativi termini a pena di decadenza, sicché la soluzione formalmente più corretta sarebbe quella di ritenere che, scaduti questi, nessuna ulteriore evocazione in giudizio sia più possibile.

In ogni caso, la circostanza che l’integrazione sia consentita nel processo di appello, per effetto dell’espresso rinvio operato dall’art. 83/12 del T.U. “al procedimento dinanzi al Consiglio di Stato” delle regole del processo amministrativo ai casi non incompatibili, conforta la tesi che ciò che non è stabilito nella procedura apposita prevista nell’art. 83/11 possa essere integrato, richiamando detta diversa disposizione.

Del resto sarebbe illogico ritenere che l’integrazione, consentita in appello, fosse interdetta in primo grado.

Sicché, ormai, si può dire che la Giurisprudenza è ferma nel ritenere possibile l’integrazione del contraddittorio anche nel processo elettorale, <<in attinenza a quanto stabilito dall'art. 83/11 t.u. 16 maggio 1960 n. 570, che non introduce una modifica alla norma generale presente nell'art. 21 l. 6 dicembre 1971 n. 1034>>
(cfr. Cons.giust.amm. Sicilia , sez. giurisd., 15 febbraio 1999, n. 54).

Detta conclusione, in ultimo, non può essere smentita dalla sussistenza dei termini perentori di cui all’art. 83/11 sopra richiamato, posto che “la perentorietà del termine, entro il quale il ricorso deve essere notificato, non è una caratteristica peculiare del ricorso in materia elettorale, ma è comune ad ogni ipotesi di ricorso amministrativo ai sensi dell’art. 21 della legge n. 1034/1971. Sotto tale profilo quindi la particolare disciplina contenuta nell’art. 83/11 della legge n. 1147/66, richiamato dall’art. 19 ultimo comma della legge n. 1034/1971, nulla aggiunge” (cfr. Cons, Stato n. 141/79, cit.).

II. A questo punto occorre stabilire cosa si debba intendere per “parte necessaria” nel processo elettorale.

In tal senso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha già da tempo sostenuto che <<nei giudizi elettorali, l'individuazione della pubblica amministrazione, cui spetta la qualifica di parte necessaria della lite, deve essere compiuta, tenuto conto della peculiarità del procedimento per la formazione democratica dei consigli degli enti territoriali, non in base al criterio dell'imputazione formale dell'atto di proclamazione degli eletti, ma esclusivamente in base al criterio dell'imputazione sostanziale degli effetti, cioè dei risultati della consultazione popolare;
pertanto, essendo parte indefettibile di tali giudizi l'ente pubblico che si appropria delle scelte derivanti dall'attività politica del proprio corpo elettorale e che risente le conseguenze dell'attività giurisdizionale in ordine alla persistenza, o no, e alle eventuali rettifiche delle scelte, è ammissibile il ricorso non notificato dei presidenti delle sezioni cui, ai sensi dell'art. 47 t.u. reg. sic. 20 agosto 1960 n. 3, è formalmente imputabile l'atto di proclamazione degli eletti>>
(cfr. Consiglio Stato a. plen., 23 febbraio 1979 , n. 7).

Sulla scorta dell’autorevole decisione, la Giurisprudenza ha reiteratamente confermato che <<nel processo amministrativo elettorale è parte necessaria l'amministrazione (nella specie: comune) alla quale vanno imputati i risultati della consultazione elettorale e non l'ufficio centrale elettorale>>
(cfr. Consiglio Stato, sez. V, 03 maggio 1983, n. 136).

Contraddittoriamente, però, la stessa Giurisprudenza, più volte, ha ritenuto che la mancata notifica all’Amministrazione intimata possa essere sanata (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 25 ottobre 1989, n. 673;
Consiglio Stato, sez. V, 07 marzo 1986, n. 158).

Invero, ai sensi dell’art. 21, l’unica integrazione possibile è quella relativa al controinteressato, non già alla parte essenziale del processo, individuata nell’Organo che ha emanato l’atto.

Ritiene il Collegio che siffatto modo di interpretare la normativa in esame vada precisato.

Il processo elettorale si differenzia, in ordine ai notificatari dell'impugnazione, dal procedimento ordinario.

Mentre in quest'ultimo è richiesta la notifica «tanto all'organo che ha emesso l'atto impugnato quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce» (art. 21 L. n. 1034/1971), il ricorso elettorale deve essere notificato «alla parte che può avervi interesse» (così testualmente l'art. 83/11 del D.P.R. n. 570/1960, come aggiunto dall'art. 2 della legge n. 1147/1966, le cui norme procedurali, come chiarito, sono espressamente richiamate dall'art. 19, ultimo comma, della legge n. 1034/1971).

È stato ritenuto, pertanto, per l'ammissibilità del ricorso, che il contraddittorio debba essere validamente costituito nei confronti di almeno uno dei controinteressati (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 03 febbraio 1999 , n. 116;
V Sezione, 31.12.1993, n. 1048;
18 gennaio 1996, n. 72).

Ed in tal senso è stato sostenuto (cfr. Consiglio di stato, sez. V, 08 gennaio 2001, n. 39) che <<il requisito di ammissibilità costituito dalla notifica ad almeno uno dei controinteressati può ritenersi soddisfatto in relazione alla tempestiva notifica alla Amministrazione . . . .

Questa infatti, pur essendo parte necessaria del giudizio elettorale, non è autorità emanante, ma è Amministrazione interessata all'esito del giudizio riguardante la elezione dei propri organi.

La predetta Amministrazione assume pertanto nel giudizio elettorale una posizione peculiare, sostanzialmente equiparabile a quella del controinteressato, in quanto è estranea al procedimento elettorale gestito da altra p.a. e deve essere evocata in giudizio solo in quanto destinataria del risultato del voto (cfr. Consiglio Stato sez. V, 3 febbraio 1999, n. 115).

Sotto profilo diverso da quello qui rilevante, avuto riguardo a detta posizione processuale, si è affermato in giurisprudenza che è consentito integrare nei riguardi dell'Amministrazione interessata il contraddittorio, ove instaurato con la notificazione del ricorso ad un controinteressato ( cfr. Consiglio Stato sez. V, 18 gennaio 1996, n. 72)>>.

Conclude la richiamata decisione del Giudice di seconde cure n. 39/2001, che, <<per quanto detto, appare specularmente rituale anche la ipotesi opposta , qui rilevante: vale a dire la integrazione del contraddittorio nei confronti del candidato controinteressato, ove il ricorso elettorale sia stato tempestivamente notificato alla Amministrazione interessata>>.

Il Collegio ritiene di dover fornire una diversa complessiva chiave di lettura, perché quelle rappresentate sembrano parzialmente contraddittorie.

Occorre rammentare, invero, che il processo elettorale, rispetto a quello ordinario, è caratterizzato dall’inversione e dall’aggravamento dell’onere processuale di introduzione del ricorso nel giudizio.

Sicché, ai sensi del più volte richiamato art. 83/11 del T.U., il ricorso va dapprima depositato e, poi, notificato con in calce il Decreto di fissazione dell’Udienza e di individuazione del relatore, ed infine nuovamente depositato.

E’ chiaro l’intento acceleratorio del processo con termini diversi e tutti più brevi del processo ordinario (per altro in appello i termini sono ridotti alla metà).

Tutti questi adempimenti, inoltre, sono previsti come “perentori e devono essere osservati sotto pena di decadenza”.

Concludere, quindi, che individuato un controinteressato (posto che non sussiste un’autorità emanante cui necessariamante indirizzare la notifica come nel processo ordinario), ove questo sia stato regolarmente notiziato ai sensi della procedura appena descritta, sia possibile una indiscriminata facoltà di integrazione del contraddittorio, non sembra coerente con l’intento acceleratorio, oltre che con la norma espressa dall’art. 21 l.TAR che si intende richiamare.

Sicché, ritiene il Collegio che anche nel processo elettorale vi siano delle parti necessarie, la cui mancata tempestiva introduzione nel giudizio mediante la procedura sopra indicata e nei tempi ristretti dalla stessa regolata determina l’inammissibilità del ricorso.

Dette parti devono essere individuate secondo il principio del petitum.

La norma, infatti, non riferendosi “all’organo che ha emesso l’atto”, ha operato, come chiarito, una valutazione circa gli interessi sostanziali che possono essere “immediatamente” compromessi dall’accoglimento del ricorso.

Ed è per questo che parte sostanziale non è l’Ufficio Elettorale.

Ed invero, detto Ufficio, per restare in tema di Comuni e Province, è un Organo “ibrido”, dove il Presidente viene nominato dal Presidente della Corte d’appello, mentre gli altri membri dal Comune o dalla Provincia.

E’ un organo dotato di assoluta autonomia e non inserito nell’organizzazione di alcuna amministrazione, ma destinato a svolgere una funzione assolutamente imparziale (a dispetto della nomina parzialmente proveniente dallo stesso Ente destinatario dell’attività) e di alto spessore costituzionale, quale lo svolgimento della procedura elettorale.

Inoltre, il previsto intervento correttivo giudiziale, diversamente che nella maggioranza degli altri casi contemplati dal processo ordinario (volendo includere anche le decisioni autoesecutive, meramente annullatorie), non determina un coinvolgimento dell’autorità amministrativa emanante nella rettifica della procedura e del provvedimento finale, ma, ai sensi dell’art. 4 della l. 23.12.1966, n. 1147, e quale espressione di una competenza di merito del G.A., comporta che i Tribunali, “quando accolgono i ricorsi, correggono il risultato delle elezioni e sostituiscono ai candidati illegalmente proclamati, coloro che hanno diritto di esserlo”.

E sono proprio questi candidati eletti, in quanto espressamente individuati dalla legge, le parti necessarie del processo, quelli, cioè, che, in via immediata, dall’accoglimento del ricorso possono ricevere il pregiudizio della perdita dell’”Ufficio” ricoperto.

Sicché, nel caso in esame, se il ricorrente non avesse tempestivamente e nei termini di cui all’art. 83/11 del T.U. notificato il ricorso al controinteressato (recte: alla parte che evidentemente “può avervi interesse”), destinato, in caso di ritenuta fondatezza del ricorso, a cedere il posto in consiglio al ricorrente, il gravame sarebbe stato inammissibile per decorrenza del termine, ritenuto, come chiarito, dalla norma in esame come perentorio.

Posizione di controinteresse, e come tale integrabile, rivestono invece i consiglieri eletti quando, sempre in riferimento al petitum del ricorso, vengano modificate le maggioranze precostituite dall’esito elettorale.

Rimangono detti consiglieri parti sostanziali, qualora il ricorso sia rivolto a demolire l’intera proclamazione degli eletti e, quindi, l’intera perdita dello “ius in officio”.

Invero, rispetto ad essi, potrebbe sorgere un problema diverso, quale quello della rinnovazione della notifica.

In altri termini, è indubbio che nei termini decadenziali il ricorso vada notificato a tutti i consiglieri eletti, salva la possibilità, ex art. 36 R.D. 26/06/1924 n. 1054, di consentire la rinnovazione della notificazione, nei casi di errore che dal Tribunale sia ritenuto scusabile.

Viene in rilievo l’ipotesi, ad esempio, in cui la notifica (da effettuare verso molti soggetti nei tempi rapidissimi del processo elettorale) sia stata effettuata presso la residenza dichiarata in occasione della candidatura, risultata, poi diversa.

Differente è il caso in cui, come premesso, il ricorso debba essere notificato ad un numero limitato di soggetti, posto che, in questo caso, stante l’esiguità dell’accertamento, l’individuazione della corretta residenza avrebbe potuto e dovuto essere accertata prima della notifica stessa (cfr. T.A.R. Catania, I, 13.11.2008, n. 2094).

Conclusivamente, sembra al Collegio che la delineata interpretazione riesca a coniugare l’esigenza di celerità, cui è improntato il processo elettorale, con la concreta possibilità di ottemperare al tempestivo onere di notifica (da effettuarsi in soli dieci giorni dalla comunicazione del Decreto Presidenziale di fissazione dell’udienza susseguente al deposito del ricorso), nel caso in cui il numero delle parti interessate sia effettivamente elevato.

III. Resta da verificare il ruolo dell’Amministrazione per il cui rinnovo degli organi elettivi si é attivata la consultazione elettorale.

Il Collegio, diversamente da quanto sostenuto dalla Giurisprudenza dominante, ritiene che, per dare coerenza al concetto di integrazione del contraddittorio in riferimento all’art. 21 della L. TAR, questo debba essere riferita esclusivamente al controinteressato.

Viene qui in rilievo un interesse “sostanziale indiretto”, che non riguarda, per quanto chiarito, la legittimità del provvedimento impugnato (fosse altro perché in questo caso l’Amministrazione non è Organo emanante), ma l’interesse al funzionamento dell’Organo.

Quindi, mentre i diretti interessati hanno, appunto, un interesse diretto al mantenimento dell’ufficio (sul quale, come si è chiarito, è stato costruito il processo elettorale e, soprattutto, la decisione finale volta alla correzione del risultato elettorale ed alla sostituzione dei candidati eletti illegittimamente con quelli che hanno diritto all’ufficio), l’Amministrazione ha un interesse mediato, ma altrettanto rilevante, che, in quanto più sfumato, la pone in posizione di controinteresse (recte: interesse contrario al ricorrente al mantenimento della proclamazione degli eletti quale presupposto del funzionamento dell’Organo).

In altri termini, l’Amministrazione locale non ha un interesse tutelato ad essere governata da una coalizione piuttosto che un’altra o, ancor più, da un candidato piuttosto che un altro (ed in tal caso avrebbe dovuto assumere la veste di parte essenziale del processo volto alla eventuale sostituzione soggettiva), ma un interesse alla funzione ed all’espletamento dei compiti, pubblici, affidati dalla legge, sicché ciò che qualifica il suo intervento nel processo elettorale è l’interesse al corretto “potenziale” funzionamento dell’organo elettivo e, conseguentemente, al mantenimento della proclamazione degli eletti quale interesse contrario a quello dei ricorrenti.

La ricostruzione appena prospettata sembra al Collegio che sia confermata dall’analogo processo previsto dagli artt. 2 e 5 della l. 1147/1966 relativi alle deliberazioni comunale concernenti, rispettivamente, l’eleggibilità e la decadenza o incapacità del consigliere eletto.

In ambedue i casi, il provvedimento è emanato dal Consiglio comunale (e non da un organo straordinario) ed è comunque consentita l’azione popolare.

Gli interessi incisi sono, però, diversi.

In tema di eleggibilità viene in rilievo il c.d. elettorato passivo, quale diritto del cittadino di ricoprire cariche elettive;
nel caso di decadenza, il cittadino ha già conseguito il risultato elettorale utile, sicché il Consiglio comunale, già formato, è chiamato a valutare in concreto la sua permanenza in officio.

Ora, nel primo caso, il ricorso, anch’esso proponibile come azione popolare e certamente riferito ad una fase della formazione del Consiglio comunale, così come nel caso che assume rilievo nel presente giudizio relativo alla corretta proclamazione dell’eletto (soltanto riferita ad una fase immediatamente precedente alla valutazione dell’eleggibilità), va notificato espressamente “agli eletti di cui viene contestata l’elezione”;
nel secondo caso, in cui il consigliere si è incardinato nel consesso collegiale del Comune, la notifica va effettuata “al consigliere ovvero ai consiglieri interessati, nonché al Sindaco quale presidente del Consiglio comunale”.

Sicché, in ambedue i casi in cui il petitum è circoscritto a delle ipotesi specifiche di perdita della carica a consigliere conseguita, è la stessa norma (il che rende coerente quanto sopra ritenuto) che individua i soggetti cui necessariamente notificare il ricorso, individuandoli proprio in coloro che ricevono un pregiudizio diretto.

La corrispondente norma che qui assume rilievo, e relativa a al corretto svolgimento del procedimento elettorale, deve usare un termine più generico (“parte che può avervi interesse”), perché è più ampia la casistica che può occasionare il ricorso, ma certamente non può non riferirsi a coloro che, come nei casi appena prospettati, e coerentemente contemplati, ex art. 4 della l 1147/1966, in sede di correzione della decisione giudiziale, ricevono il diretto pregiudizio.

Nella procedura di cui all’art. 5, però, viene contemplato espressamente, quale parte necessaria, il “sindaco quale presidente del consiglio comunale”.

Detta previsione conferma, ad avviso del Collegio, quanto sopra prospettato, circa la diversa posizione.

Il Consiglio comunale non deve necessariamente essere evocato in giudizio in quanto autorità emanante (poiché, in tal caso, anche nell’ipotesi di eleggibilità avrebbe dovuto essere interpellato giudizialmente), ma diventa parte quando la sua composizione già costituita (e non in via di formazione, come dei casi di cui agli art.. 1 e 2 della l. 1147/1966) viene concretamente intaccata, discutendosi della decadenza di suoi componenti

Solo in quest’ultimo caso di lesione diretta, il Legislatore ha ritenuto di rendere il Comune parte necessaria e, quindi, di rendere obbligatoria l’immediata notifica del ricorso.

In tutti gli altri casi in cui, invece, il Legislatore, non prevedendo espressamente un onere di notifica, ha conclamato che l’Amministrazione subisce un effetto riflesso e, pertanto, può assumere la posizione di mera controinteressata.

IV. Stando così le cose, si ribadisce, il ricorso appare ammissibile, posto che il ricorrente ha notificato il ricorso al diretto interessato ed agli Uffici Elettorali Sezionali, e cioè, ex art. 21 L. 1034/1971, ad almeno una delle amministrazione cui l’atto formalmente si riferisce (non rilevando se, poi, di esse va disposta l’estromissione, per altro, non pacifica in Giurisprudenza) e va accolta la richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti della Provincia Regionale di Catania.

Va per altro confermata, in questa sede, l’Ordinanza n. 26/2009 (e gli adempimenti ivi previsti), che, a cura del ricorrente, unitamente al ricorso principale, verrà notificata alla Provincia Regionale di Catania.

Ogni ulteriore decisione in procedura, nel merito e sulle spese va rinviata al definitivo.

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