TAR Lecce, sez. I, sentenza 2018-05-07, n. 201800763

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Lecce, sez. I, sentenza 2018-05-07, n. 201800763
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Lecce
Numero : 201800763
Data del deposito : 7 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/05/2018

N. 00763/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00205/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 205 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M L N, C S.r.l., rappresentati e difesi dall'avvocato V P, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;

contro

Comune di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, c/o Municipio;

per l'annullamento

della deliberazione CC n. 6 del 25.1.2011 del Comune di Lecce;

della deliberazione CC n. 87 del 21.10.2011, nonchè della deliberazione CC n. 29 del 21.3.2011;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

nonchè visti i motivi aggiunti:

della deliberazione CC n. 23 del 16.4.2013 del Comune di Lecce, nonchè della precedente deliberazione CC n. 64 del 18.9.2012 di adozione;

di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale ivi compresa la nota prot. n. 6318 del 17.1.2013 del Comune di Lecce e la successiva nota 13.5.2013 prot. n. 53358;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 4 aprile 2018 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso all’esame, CEDICO srl e la sig.ra M L N hanno richiesto l’annullamento della delib. 25/01/2011 n. 6, con cui il Consiglio Comunale di Lecce ha disposto la proroga dell’efficacia del PEEP, approvato con delibera di CC 151/92 relativamente al comparto F (Vie Monteroni e Vecchia Carmiano), la delib. CC 21/3/2011 n. 29 con cui è stato chiarito il contenuto della precedente delibera di CC n. 6/2011 quanto alla decorrenza dell’efficacia dell’originario PEEP e quindi al termine finale della proroga (7/04/13), la delib. CC. 21/10/2011 n. 87 di approvazione della variante al PEEP confermativa delle previsioni ablatorie a carico dell’intera proprietà di CEDICO e di gran parte delle aree pertinenziali alla villa ottocentesca di proprietà N.

Questi i motivi a sostegno del ricorso:

1.Violazione di giudicato – assoluta erroneità dei presupposti – violazione dell’art.9 della L. 167/1962 come modificato dall’art.1 della L. 457/78 – assoluta carenza di potere – difetto assoluto di motivazione – travisamento dei presupposti di fatto e diritto – violazione dell’art.7 L. 241/1990.

2.Violazione del giudicato sotto altro profilo – erroneità dei presupposti – violazione dell’art.8 u.c. L.167/1962 – eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto.

3. Violazione del giudicato sotto diverso e ulteriore profilo – eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà.

Il ricorso è stato successivamente implementato da motivi aggiunti, proposti dalla sola CEDICO srl, per l’annullamento della successiva delib. CC 16/4/2013 n. 23, con cui il Comune di Lecce ha definitivamente approvato la variante di assestamento del nuovo PEEP, della precedente delib. CC 18/09/2012 n. 64 di adozione della variante medesima, della nota 17/01/2013 prot. n. 6318 con cui alla sola CEDICO srl è stato comunicato l’avvio del procedimento espropriativo;
con gli atti citati sono state, altresì, accolte le osservazioni proposte dalla ricorrente Sig.ra M L N (e non anche di quelle di CEDICO srl) all’esito delle quali è stata a più riprese accordata una complessiva satisfattiva tutela alla villa ottocentesca in proprietà ed alle relative aree e manufatti di pertinenza non più oggetto di alcuna previsione ablatoria.

Con atto depositato in data 14.3.2018, la sig.ra N ha rilevato che l’interesse fatto valere in giudizio, per la tutela della villa ottocentesca e delle sue pertinenze, è stato interamente soddisfatto dalle successive varianti adottate ed approvate, rispettivamente con le deliberazioni CC n. 64/12 e 23/13, con conseguente cessazione della materia del contendere.

All’udienza del 4 aprile 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.

In primo luogo, deve darsi atto della intervenuta cessazione della materia del contendere con riferimento alla posizione della ricorrente M L N, come dichiarato dalla stessa nella memoria depositata in data 14.3.2018.

Il ricorso è invece infondato con riferimento ai motivi di ricorso proposti da C srl.

Con un primo ordine di censure, la società ricorrente deduce la illegittimità degli atti impugnati stante l’impossibilità per gli stessi di prorogare un Piano annullato, nella sua interezza, dal Consiglio di Stato con la sentenza 3364/2008, come integrata dalla successiva sentenza n.2229/2009 espressa sul ricorso per revocazione.

L’assunto non convince.

La sentenza n.3364/2008 citata definisce l’ambito del giudizio rilevando che: “ Le parti controvertono in ordine alla legittimità delle delibere di approvazione del nuovo P.E.E.P. di Lecce, nella parte in cui viene compresa nel suo ambito anche la villa ottocentesca di proprietà dei ricorrenti.

Tra le diverse censure indirizzate alle predette determinazioni gli appellanti avevano dedotto l’illogicità dell’inclusione del loro edificio nel comparto del P.E.E.P., in quanto il suo assoggettamento al vincolo espropriativo risultava contrastante con il disposto dell’art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167, lesivo della peculiare tutela conservativa riservata allo stesso, e, infine, ingiustificato e sproporzionato, a fronte dello stralcio dal piano dei volumi degli edifici abusivi, ove condonati.

L’inclusione della villa ottocentesca nell’ambito del P.E.E.P. si rivela, anzitutto, contrastante con il disposto dell’art. 3, comma 3, l. n. 167/62, là dove consente l’estensione del piano anche alle aree sulle quali insistono immobili, solo nei casi in cui la demolizione o la trasformazione di questi ultimi “sia richiesta da ragioni igienico-sanitarie ovvero sia ritenuta necessaria per la realizzazione del piano.

La disposizione, per come formulata, dev’essere intesa ed applicata nel senso che l’inclusione di immobili entro il perimetro del P.E.E.P. è legittimata solo dalla ricorrenza delle condizioni ivi espressamente stabilite (si ripete: ragioni igienico-sanitarie e funzionalità alla realizzazione del piano), con la conseguenza che, in difetto di quei presupposti o, comunque, di adeguata illustrazione, nelle delibere approvative del piano, degli elementi che integrano le pertinenti esigenze, l’assoggettamento di costruzioni esistenti al vincolo espropriativo connesso al piano stesso deve intendersi illegittimo, siccome non autorizzato, o, meglio, vietato, dalla norma di legge che ne regola (esplicitamente e chiaramente) i requisiti.

Non solo, ma, anche prescindendo dal rilievo (peraltro assorbente) del riscontrato vizio di violazione di legge, la contestata inclusione dell’edificio dei ricorrenti entro i confini del P.E.E.P. si rivela anche affetta dal vizio di eccesso di potere per illogicità e per violazione del principio di proporzionalità.

Premesso, infatti, che le costruzioni abusive risultano espressamente stralciate dal piano, nel senso (pare di capire) che, ove condonati, i relativi volumi non possono essere computati nella cubatura complessiva realizzabile nel comparto, l’inserimento della villa dei ricorrenti, legittimamente edificata e meritevole, comunque, (a prescindere da una specifica e puntuale forma di tutela conservativa) di salvaguardia, per il suo carattere storico, necessitava di una puntuale giustificazione e di una dettagliata esplicitazione delle ragioni per le quali il Comune aveva diversamente trattato due situazioni tra loro eterogenee che, al contrario di quanto deliberato, avrebbero imposto un diverso grado di protezione, ma in favore dell’edificio dei ricorrenti (e non di quelli realizzati senza titolo).

L’assenza di ogni motivazione sulla comparazione degli effetti dell’approvazione del P.E.E.P. sulle costruzioni abusive e sulla villa dei ricorrenti rivela, in definitiva, un difetto, per un verso, di razionalità, nella deliberazione di un diverso grado di tutela delle due tipologie di immobili, per un altro, di istruttoria, nell’omesso apprezzamento della differente situazione di legalità delle stesse, e, per un altro ancora, di proporzionalità, nella misura eccessivamente gravosa del sacrificio imposto ai diritti dei ricorrenti (a fronte di opzioni alternative altrettanto, se non maggiormente, idonee a soddisfare le esigenze di realizzazione di edilizia residenziale pubblica).

Né vale, di contro, obiettare che la villa dei ricorrenti non sarà verosimilmente espropriata (si veda pag. 6 della memoria del comune in data 19 marzo 2008), trattandosi di argomento che si risolve in una manifestazione (peraltro generica) di un intento indebitamente formulato dall’amministrazione in uno scritto difensivo (e non formalizzato in un provvedimento amministrativo contrario a quello impositivo del vincolo), ma che non esclude la sussistenza della contestata e formale destinazione a verde pubblico (e, perciò, espropriativa) impressa a carico dell’immobile (sulla legittimità della quale, finché efficace, deve appuntarsi il giudizio di legittimità della pertinente delibera) .”

Con altro ricorso 9/2006, i ricorrenti nel frattempo impugnavano, nei limiti del proprio interesse, la

delibera 27.11.03 n. 156, con la quale il C.C. di Lecce approvava il P.P.A. cittadino;
i decreti di

occupazione d’urgenza n. 835 e 836 del 18.10.06;
l’avviso di immissione in possesso n. 110292.

Il TAR Lecce, con sentenza 1288/99, preso atto della sentenza del Consiglio di Stato, ha ritenuto poi fondata la censura di illegittimità derivata formulata dai ricorrenti relativamente agli atti di

esproprio stante il rapporto di diretta consequenzialità degli atti medesimi rispetto alle

delibere -approvative del nuovo P.E.E.P. di Lecce annullate dal Consiglio di Stato.

Dalla disamina delle pronunce giurisdizionali citate emerge che le stesse abbiano riguardato unicamente l’inserimento della villa ottocentesca, in quanto “legittimamente edificata e meritevole, comunque, (a prescindere da una specifica e puntuale forma di tutela conservativa) di salvaguardia, per il suo carattere storico” con conseguente necessità “di una puntuale giustificazione e di una dettagliata esplicitazione delle ragioni per le quali il Comune aveva diversamente trattato due situazioni tra loro eterogenee che, al contrario di quanto deliberato, avrebbero imposto un diverso grado di protezione, ma in favore dell’edificio dei ricorrenti (e non di quelli realizzati senza titolo)”.

La disamina delle pronunce giurisdizionali citate evidenzia l’assenza di precise statuizioni in ordine agli altri immobili di proprietà della C, ossia i terreni confinanti con la villa di proprietà N, sicchè non sussiste la lamentata violazione del giudicato.

Non risulta neppure condivisibile la censura con la quale la ricorrente deduce la inammissibilità della proroga, in quanto disposta successivamente alla scadenza di vigenza del piano, non potendosi computare la data del positivo controllo del Coreco.

Al contrario, il decorso dei termini in questione deve essere ancorato al momento della "esecutività" della delibera medesima, ossia alla data del parere favorevole del Co.Re.Co incidendo quest’ultimo proprio sulla esecutività ed efficacia del provvedimento.

Inoltre, quanto al rilevato deficit motivazionale, il contenzioso con i proprietari espropriati, costituisce una obiettiva ragione giustificatrice del rallentamento della realizzazione del Peep.

Con altre censure C sostiene che l’impugnata variante avrebbe comportato delle varianti sostanziali al Peep, le quali escludevano il ricorso alla procedura semplificata.

Il motivo non coglie nel segno.

Come correttamente rilevato dalla difesa civica, può invece effettivamente sostenersi che le varianti approvate dall’Amministrazione hanno avuto solo lo scopo di salvaguardare la storicità della villa ottocentesca, istituendo una distanza di salvaguardia dalla stessa pari ad un raggio di ml. 100, tenendo conto altresì che prima dell’approvazione della variante di cui alla delibera di C.C. n. 87/11 si era proceduto ad una puntuale ricognizione di tutti i fabbricati esistenti all’interno del comparto, delle relative aree di pertinenza e della volumetria già insediata sia con le costruzioni abusive condonate, che con le costruzioni attinenti alla preesistente villa ottocentesca, determinando in tal modo, una volumetria totale insediabile nel comparto F da variante pari a mc. 125.684,13 inferiore alla volumetria massima ammissibile da P.R.G. pari a mc. 125.696,00, rispettando il dimensionamento globale dell’intero comparto F .

Peraltro, la delibera in esame ha avuto modo di precisare che le modifiche descritte “ hanno comportato una redistribuzione di alcuni spazi a verde, percorsi pedonali, viabilità e parcheggi, cioè spazi pubblici che assumono una diversa configurazione geometrica e che, per questo motivo, subiscono lievi variazioni in aumento o in diminuzione, senza tuttavia incidere sugli standards da rispettare ”.

In effetti, la superficie totale occupata sia in sede di PEEP vigente, sia in sede di varianti PEEP risulta essere di 143.074,69.

Del pari infondati sono i motivi aggiunti con i quali C ha impugnato la nuova variante al PEEP con delibera n.64 del 18.9.2012, poi definitivamente approvata con atto di C.C.n.23 del 16.4.2013, con la quale è stato eliminato il parcheggio pubblico prospicente la villa ottocentesca (così soddisfacendo integralmente le richieste della ricorrente N), risultando gli stessi affidati alle medesime censure espresse nel ricorso introduttivo del giudizio, sopra esaminati.

Peraltro, le censure autonomamente proposte da C, rispetto alla variante in questione, risultano del tutto generiche e prive di circostanziati rilievi circa il vulnus concretamente subito, tanto più che, come rilevato in precedenza, il giudicato rappresentato dalle sentenze del Consiglio di Stato n. 3364/2008 e del Tar n. 1288/2009 ha riguardato unicamente la villa ottocentesca e non già i terreni confinanti.

In definitiva i provvedimenti impugnati resistono alle censure rassegnate nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti i quali devono quindi essere respinti.

Sussistono nondimeno giustificati motivi (stante la complessità e peculiarità della questione) per disporre la compensazione delle spese di lite.

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