TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-09-26, n. 202405105

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2024-09-26, n. 202405105
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202405105
Data del deposito : 26 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/09/2024

N. 05105/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00631/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 631 del 2021, proposto da
-OISSIS-rappresentato e difeso dall'avvocato C D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per l'annullamento

previa sospensiva:

-Del Decreto Prefettizio di divieto di detenzione armi e munizioni ex art. 39 T.U.L.P.S avente nr. Area I (18321/12B16) e protocollo nr. -OISSIS-emesso dalla Prefettura di Napoli in data 03.12.2020, recante il divieto a detenere armi, munizioni e materiale esplodente.

-Di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ancorché ignoti ma comunque lesivi degli interessi del ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 12 settembre 2024 la dott.ssa Rita Luce e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con decreto protocollo nr. 03461920, del 3.12.2020, la Prefettura di Napoli faceva divieto al ricorrente di detenere armi, munizioni e materiale esplodente, ai sensi dell’art. 39TUPLS.

Accadeva, infatti, che in data 1.12.2020, alle ore 12.00 circa, in Agerola (NA), alla-OISSIS-gli

ufficiali della Stazione dei Carabinieri di Agerola, sottoponevano a ordinario controllo il sig.

-OISSIS- padre dell’attuale ricorrente, mentre era alla guida del proprio autoveicolo, rinvenendo, a bordo dell’autovettura:



1. Nr. 1 fucile semiautomatico marca Benelli cal. 12 avente nr. Matricola

carcassa-OISSIS-e matricola canna nr.-OISSIS-;



2. Nr. 17 cartucce da caccia cal. 12;



3. Nr. 3 cartucce da caccia cal. 36;

il fucile, di cui al summenzionato punto 1, risultava essere di proprietà del sig.-OISSIS-.

Veniva, quindi, redatto verbale a carico del-OISSIS-, di alla violazione dell’art. 20 bis della L. 110/75, per omessa custodia di armi e sottoposto a sequestro penale, ex art. 354 c.p.p. il fucile semiautomatico marca Benelli cal. 12 avente nr. Matricola carcassa-OISSIS-e matricola

canna nr.-OISSIS-, nonché le cartucce. Il sequestro veniva convalidato in data 03/12/2020 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata, con decreto di convalida, inserito nel proc. pen. 7554/2020 R.G.R.N., successivamente notificato in data 9/12/2020 dall’uff. a Ag. Di P.G., Aps -OISSIS-

A questo punto, con nota nr. 24/108-2-2020, prot. Ingr. 0343738 del 02/12/2020, gli ufficiali del Comando Stazione dei Carabinieri di Agerola inviavano a al Prefetto della Provincia di Napoli la proposta di adozione del decreto di divieto a detenere armi, munizioni e materiale esplodente, ex art. 39 T.U.L.P.S., nei confronti del sig.-OISSIS-, per l’inadeguata diligenza riscontrata nell’assicurarne la custodia.

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento prefettizio di divieto di detenzione di armi e munizione censurandone l’illegittimità perché non preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e perché posto in essere senza la dovuta partecipazione procedimentale dell’interessato;
non veniva, inoltre, indicata la motivazione del divieto posto che il ricorrente non risultava destinatario di alcuna condanna penale né misura di sicurezza. Non sussisteva, inoltre, alcun pericolo per la pubblica incolumità stante la unicità e occasionalità dell’episodio contestato al ricorrente. Il provvedimento recava, infine, una sanzione irragionevole e sproporzionata rispetto alla non gravità della condotta contestata ed avendo il -OISSIS- padre del ricorrente, di sua iniziativa, sottratto al figlio del tutto arbitrariamente delle chiavi dell’armadietto blindato nel quale erano custodite le armi.

Si costituiva in resistenza la Prefettura di Napoli.

Pervenuta alla udienza pubblica di smaltimento del 12 settembre 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso è infondato.

In continuità con l'orientamento giurisprudenziale consolidato, deve rilevarsi che "Il Prefetto ha un potere ampiamente discrezionale nel valutare con il massimo rigore qualsiasi circostanza circa l'adozione del provvedimento di divieto o di revoca della detenzione dell'arma, in quanto la misura restrittiva persegue la finalità di prevenire la commissione di reati e, più in generale, di fatti lesivi della pubblica sicurezza;
è altrettanto vero, però, che può fare ciò solo sulla base di una istruttoria esaustiva e di una motivazione congrua e coerente che tenga conto dei presupposti che avevano dato luogo al precedente rilascio, evidenziando quale sia il cambiamento intervenuto rispetto alle circostanze di fatto che l'avevano già indotto a rilasciare il suddetto titolo". Consiglio di Stato, Sez. III, 28/03/2022, n. 2229,

"Anche un semplice sospetto di abuso può essere sufficiente a legittimare un provvedimento che impedisca l'utilizzo o la detenzione di armi, a condizione che la valutazione discrezionale rimessa all'Amministrazione (ispirata a finalità preventive e cautelari) investa il complesso della condotta di vita del soggetto interessato e sia frutto di una adeguata istruttoria, tradotta in un’altrettanta adeguata motivazione." (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 02/12/2021, n. 7743).

"La natura cautelare e la finalità preventivo-anticipatoria del provvedimento di diniego o revoca del porto d'armi richiedono all'Amministrazione di effettuare una valutazione prognostica sulla personalità del soggetto, dando adeguatamente conto nella motivazione del provvedimento finale di tutte le circostanze dalle quali abbia tratto elementi di segno sfavorevole all'accoglimento delle istanze del privato;
dal provvedimento dovranno emergere con chiarezza le ragioni per le quali la valutazione della personalità complessiva del soggetto, della sua storia di vita pregressa e delle presumibili evoluzioni del suo percorso di vita ha condotto l'autorità a determinarsi nel senso di vietargli la detenzione e l'uso delle armi, avendolo ritenuto allo stato pericoloso o comunque capace di abusarne;
non potrà, invece, ritenersi sufficiente una motivazione scarna, apodittica, fondata su un singolo elemento non corroborato da ulteriori indizi." (T.A.R. Molise, 20/04/2021, n. 153).

Ciò premesso, e passando al caso in esame, le circostanze in fatto evidenziate dalla Prefettura di Napoli, per come diffusamente riportate nello stesso gravame, denotano una evidente inaffidabilità del ricorrente nella custodia delle armi e costituiscono, di per sé, una ragione più che sufficiente per giustificare provvedimento di divieto impugnato.

In particolare, la collocazione del fucile nella autovettura del padre costituiva, oggettivamente, una circostanza indicativa di superficialità e scarsa diligenza nella tenuta e conservazione delle armi, elementi in sé idonei a fondare il giudizio di inaffidabilità.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare, in più occasioni, che "non è illogico far discendere il giudizio sulla scarsa affidabilità del detentore di armi da una situazione di oggettiva negligenza nella custodia delle armi e dalla mancata adozione, a tal fine, di adeguate precauzioni;
il rischio di possibile abuso o di non corretto utilizzo delle armi è infatti ritenuto desumibile anche da comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l'ordinamento impone a chi detenga armi e esplosivi" (T.A.R. Piemonte, n. 657/2019 e n. 499/2016).

Anche il Consiglio di Stato ha ritenuto che incorra in un "abuso il titolare della licenza di porto d'armi che custodisca la propria arma in modo tale che altri possa utilizzarla ovvero con modalità palesemente inadeguate, ad esempio collocandola in una cassapanca, in un cassetto di un mobile sia pure chiuso con un lucchetto, ovvero in un armadio, e cioè con modalità che consentano l'asportazione della stessa arma;
va infatti rispettato il principio per il quale il titolare della licenza deve porre in essere le misure volte a consentire il proprio esclusivo utilizzo dell'arma, con modalità tali da rendere oltremodo difficile che altri ne facciano uso e, comunque, evitare che l'arma possa essere, nella sostanza, liberamente appresa ed utilizzata da altri" (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5271/2016).

L’amministrazione preposta è tenuta infatti a valutare anche il semplice pericolo di abuso delle armi da fuoco e, in questo senso, rilevano anche condotte semplicemente imprudenti, quali la violazione delle prescrizioni sulla custodia delle armi.

Il giudizio di inaffidabilità che ha indotto l'amministrazione ad adottare l’atto qui censurato non si palesa, quindi, irragionevole, bensì suffragato da adeguata motivazione, in relazione agli episodi ivi indicati, che non possono essere sminuiti nella loro oggettiva rilevanza in quanto non occasionati da un evento fortuito e non colposo, trovando invece la propria causa in un comportamento cosciente e volontario direttamente ed esclusivamente imputabile al ricorrente.

Quanto alla natura episodica della vicenda negativamente valutata dall’Amministrazione, giova anche richiamare la giurisprudenza secondo cui è sufficiente il rischio del relativo abuso, che può essere desunto anche da fatti isolati, ma comunque significativi, non necessariamente di rilevanza penale, per evitare che la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili possa agevolare condotte atte a compromettere i beni dell’ordine pubblico e della pubblica e privata incolumità (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6977/2020 e n. 6614/2020).

Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, infine, che avrebbe impedito la partecipazione del ricorrente al procedimento, occorre considerare che non risulta spiegato nel ricorso quale contributo egli avrebbe potuto apportare all’istruttoria per orientarne l’esito in senso a sé favorevole (cfr. TAR Campania, Napoli, n. 210/24).

In proposito la giurisprudenza è ferma nel ritenere che, in mancanza di concrete allegazioni da parte dell’interessato, la censura è irrilevante, ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/1990, non potendosi pretendere dall’amministrazione resistente di provare a contrario che qualsiasi contributo proveniente dal ricorrente non avrebbe determinato un esito diverso del procedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 23/10/2023, n.9143).

Il ricorso va, quindi, respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

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