TAR Firenze, sez. I, sentenza breve 2023-04-12, n. 202300389

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. I, sentenza breve 2023-04-12, n. 202300389
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202300389
Data del deposito : 12 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2023

N. 00389/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00266/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 266 del 2023, proposto da
Myes Firenze s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G M, A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Istruzione e del Merito, Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Toscana, USR - Ufficio Scolastico Regionale per Toscana, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Firenze, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

per l'annullamento

- del provvedimento dell'Agenzia delle Entrate Direzione Regionale della Toscana prot. n. 911 648/2022 del 19.01.2023 (ENTRATE|AGEDRTOS|REGISTRO UFFICIALE |3471|19-01-2023 246853102 – 239027753), comunicato via pec in data 19.01.2023, con il quale è stata respinta la richiesta della Società ricorrente di riconoscimento dell'esenzione dall'IVA delle prestazioni didattiche;

- del parere dell'Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana prot. n. 20202 del 23.12.2022 (protocollo Agenzia delle Entrate n. 75144 del 23.12.2022), mai comunicato alla ricorrente e riportato letteralmente nel provvedimento di diniego impugnato;

-di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, anche se incognito.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e del Merito e di Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Toscana e di USR - Ufficio Scolastico Regionale per Toscana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2023 il dott. Luigi Viola e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente esercita attività di formazione ed insegnamento della lingua inglese, attraverso lo svolgimento di corsi diurni e serali presso varie unità locali dislocate su tutto il territorio nazionale, rivolti a studenti dei tradizionali cicli scolastici (elementari e scuole medie superiori di primo e secondo grado), nonché a studenti universitari e clienti aziendali.

Con l’atto impugnato, la Direzione Regionale della Toscana dell’Agenzia delle Entrate (competente in ragione delle sede della società ricorrente) respingeva la richiesta di esenzione dal pagamento dell’I.V.A. presentata dalla ricorrente con riferimento all’unità locale sita in Roma, via Oderisi da Gubbio, n. 175 e motivata con riferimento alla previsione di cui all’art. 10, 1° comma n. 20 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (che esenta dall’imposta le “prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale”);
in particolare, si tratta di richiesta di esenzione che risulta essere stata accolta in precedenti occasioni (con riferimento ad altre unità locali della ricorrente presenti sul territorio nazionale) e che, questa volta, è stata rigettata, sulla base del parere negativo reso dall’U.S.R. per la Toscana, con la nota 20 giugno 2022, prot. n. 39196 (del pari impugnata con il ricorso).

Sulla fattispecie dedotta in giudizio deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo della Corte di giustizia tributaria di primo grado.

Pur in un contesto caratterizzato da una qualche difficoltà di sistematizzazione (non essendo possibile riportare la fattispecie, per una pacifica prospettazione della resistente non contrastata dalla ricorrente in alcun modo, al diritto di interpello di cui all’art. 11 della l. 27 luglio 2000, n. 212), risulta evidente come la fattispecie dedotta in giudizio si risolva in un diniego di applicazione del regime di esenzione di cui all’art. 10, 1° comma n. 20 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto).

Siamo pertanto in presenza di uno di quei “dinieghi di agevolazione” con riferimento ai quali la giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione, interpretando in senso estensivo il vecchio principio della tassatività degli atti impugnabili avanti alla giurisdizione tributaria, ha affermato la giurisdizione del Giudice tributario: “l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, - come effetto della riforma della giurisdizione tributaria in esito alla novella del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, in materia di giurisdizione tributaria della L. 28 dicembre 2001, n. 448, ex art. 12, comma 2, - pur avendo natura tassativa, non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche (Cass., Sez. VI, 6 ottobre 2017, n. 23469;
Cass., Sez. V, 27 settembre 2017, n. 22497;
Cass., Sez. V, 25 febbraio 2009, n. 4513);
sicchè si afferma il principio secondo cui la tassatività dell'elencazione contenuta nel D.Lgs. cit., art. 19, deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono astrattamente riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con nomen iuris diversi da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici (Cass., Sez. V, 23 marzo 2016, n. 5723;
Cass., Sez. VI, 1 luglio 2015, n. 13548;
Cass., Sez. V, 6 novembre 2013, n. 24916), tanto che sono stati ritenuti impugnabili anche alcuni atti prodromici di atti impositivi (Cass., Sez. U., 19 giugno 2015, n. 12759)” (Cass. civ. sez. trib., 30 gennaio 2020, n. 2144;
tra le tante, si vedano anche Comm. trib. reg. Veneto, sez. III, 19 febbraio 2019, n. 88;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 9 luglio 2014, n. 1799;
Cass. civ., sez. un., 5 maggio 2011, n. 9841).

Alla luce della rilettura in senso estensivo del riferimento al “diniego o … (alla) revoca di agevolazioni” di cui all’art. 19, 1° comma lett. h) del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 operata dalla Corte di Cassazione (e dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo e tributario sopra richiamata), la fattispecie dedotta in giudizio rientra pertanto sicuramente nell’ambito delle attribuzioni giurisdizionali del Giudice tributario e non del Giudice amministrativo.

Del resto, ove non si dovesse concludere per il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, il ricorso dovrebbe essere comunque dichiarato inammissibile per difetto di interesse, come sostanzialmente prospettato dall’Avvocatura dello Stato;
ove dovesse optarsi per la necessità di riportare la fattispecie al diritto di interpello di cui all’art. 11 della l. 27 luglio 2000, n. 212 (possibilità che alla Sezione non sembra essere caratterizzata da effettivi ostacoli sistematici), il difetto di interesse all’impugnazione deriverebbe, infatti, pianamente dalla previsione di cui all’art. 6, 1° comma del 24 settembre 2015, n. 156 (che espressamente esclude l’impugnabilità delle risposte negative alle istanze di interpello non riferite ai comportamenti elusivi di cui al secondo comma della disposizione generale di cui all’art. 11 della l. 212/2000);
ove, al contrario, dovesse optarsi per una considerazione autonoma dell’atipico “diritto di interpello” in questione, il difetto di interesse all’impugnazione deriverebbe comunque dalla rilevazione in ordine alla non impegnatività dell’interpretazione in questione nei confronti dell’Amministrazione tributaria, che risulta inserita in apertura dell’atto e che la ricorrente non ha assolutamente contestato con appositi motivi di ricorso (se, del caso, prospettando la necessità di riportare la previsione al più generale istituto dell’interpello di cui all’art. 11 della l. 27 luglio 2000, n. 212 che, come ampiamente noto, risulta essere caratterizzato dalla vincolatività per l’Amministrazione finanziaria).

In definitiva, deve pertanto essere dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo nei confronti della Corte di giustizia tributaria di primo grado;
in virtù dell’art. 11, 2° comma del c.p.a. restano salvi gli effetti sostanziali e processuali del ricorso in epigrafe, qualora il processo venga riproposto innanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi