TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-05-22, n. 201706069

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2017-05-22, n. 201706069
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201706069
Data del deposito : 22 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2017

N. 06069/2017 REG.PROV.COLL.

N. 06349/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6349 del 2013, proposto da:
P Z, rappresentato e difeso dagli avvocati F G S e M C S, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via G. Paisiello, 55;

contro

Ministero della giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

R S e Niccolo' Massella Ducci Teri, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

dei seguenti atti:

a) verbale n. 261 del 17 gennaio 2013 con cui la commissione ha espresso la valutazione di grave insufficienza, ai sensi dell’art. 11, comma 7, d. lgs. n. 166/2010, del primo elaborato (atto inter vivos ) redatto dal ricorrente, con conseguente mancata valutazione degli altri elaborati e non ammissione alla prova orale;

b) elenco degli idonei a sostenere la prova orale, pubblicato il 15 aprile 2013, nella parte in cui non comprende il ricorrente;

c) verbale n. 15 del 6 marzo 2012 con cui la commissione ha fissato i criteri di correzione degli elaborati scritti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare n. 3389/2013;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2017 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, premesso di aver partecipato al concorso, per esame a 200 posti di notaio, indetto con decreto del Direttore Generale della Giustizia Civile del 27 dicembre 2010, ha impugnato, tra gli altri, il provvedimento di mancata ammissione alle prove orali del concorso medesimo.

Espone, in fatto, di essere stato dichiarato “non idoneo” dalla Commissione esaminatrice per asseriti errori riscontrati nella correzione del primo elaborato (atto inter vivos ) e conseguentemente non è stato ammesso a sostenere le prove orali senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.

2. Ciò premesso, deduce le seguenti censure:

I – Violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. 24 aprile 2006, n. 166. Violazione dell’art. 3, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento e della carenza di motivazione e di istruttoria, della illogicità, della ingiustizia manifesta e della disparità di trattamento.

La circostanza che parte dell’elaborato del ricorrente sia stato redatto utilizzando una matita non costituisce un elemento anomalo e non può ritenersi un indebito segno di riconoscimento.

Quanto al giudizio negativo che la Commissione esaminatrice ha espresso, esso è incoerente con il contenuto effettivo dell’elaborato del ricorrente, donde non è giustificata la decisione della commissione di non procedere oltre nella correzione degli altri elaborati.

II – Violazione dei principi di trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 166/2006. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell’arbitrarietà.

Il giudizio di inidoneità del ricorrente è inficiato anche dall'illegittimità del verbale n. 15 del 6 marzo 2012 della Commissione, che fissa criteri di correzione generici e non “parametrati” sulle singole prove sottoposte ai candidati.

3. Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, e ne ha domandato la reiezione nel merito anche attraverso il deposito di memorie difensive.

4. Con ordinanza n. 3389 del 29 agosto 2013, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

5. In vista dell’udienza di trattazione del ricorso, le parti hanno depositato ulteriori memorie: il Ministero resistente ha, in particolare, chiesto che sia dichiarata l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione della successiva graduatoria finale della prova concorsuale oggetto di controversia.

5. Alla pubblica udienza del 10 maggio 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, il ricorrente non è stato ammesso a sostenere le prove orali del concorso notarile per essere stato dichiarato non idoneo a conclusione della disamina della prima delle tre prove scritte (atto inter vivos );
conseguentemente non è stato ammesso a sostenere le prove orali senza che si procedesse alla lettura anche del secondo e del terzo elaborato.

2. Il Collegio osserva preliminarmente che è possibile prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dal Ministero resistente, attesa l’infondatezza del ricorso nel merito.

3. Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente censura il richiamo contenuto nel verbale impugnato all’utilizzo della matita per la redazione di parti del proprio elaborato.

In primo luogo, non colgono nel segno quelle doglianze volte a dimostrare che l’utilizzo della matita non costituirebbe un “segno di riconoscimento” invalidante la prova, poiché la commissione valutatrice ha espressamente dichiarato che la valutazione negativa espressa prescindeva da una simile qualificazione. La commissione ha, invece, correttamente ritenuto non conforme alla simulazione della stesura di un atto pubblico la sua parziale redazione tramite uno strumento non adatto a garantirne la conservazione nel tempo, esprimendo così un giudizio di natura tecnica non illogico e coerente con la disciplina normativa che regola la materia.

4. Attraverso ulteriori censure contenute nel primo motivo di impugnazione, il ricorrente contesta la valutazione di “gravemente insufficiente” che del suo elaborato è stata operata dalla Commissione, in quanto asseritamente affetta da travisamento dei fatti e da profili di illogicità e irragionevolezza.

4.1 Il vaglio giurisdizionale sollecitato con le proposte censure suggerisce di soffermarsi preliminarmente sull’ambito entro il quale lo stesso è consentito, al fine di parametrare specularmente l’ammissibilità delle doglianze sollevate avverso l’esercizio della discrezionalità valutativa, confluito nell’adozione del giudizio gravato.

4.2 In tale direzione, occorre rammentare che, dal momento che il giudizio di legittimità non può trasmodare in un pratico rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, trova espansione il principio per cui l'apprezzamento tecnico della Commissione è sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.

Come più volte affermato in giurisprudenza, anche della Sezione (Tar Lazio, sez. I, n. 2467 del 2012 e n. 26342 del 2010), il giudizio della Commissione, comportando una valutazione essenzialmente qualitativa della preparazione scientifica dei candidati, attiene alla sfera della discrezionalità tecnica, censurabile – unicamente sul piano della legittimità – per evidente superficialità, incompletezza, incongruenza, manifesta disparità, laddove tali profili risultino emergenti dalla stessa documentazione e siano tali da configurare un palese eccesso di potere, senza che, con ciò, il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 172 del 2006;
Tar Lazio, sez. I, 6 settembre 2013, n. 4626).

Il giudizio di legittimità non può, infatti, trasmodare in un rifacimento, ad opera dell'adito organo di giustizia, del giudizio espresso dalla Commissione, con conseguente sostituzione alla stessa, potendo l'apprezzamento tecnico dell’organo collegiale essere sindacabile soltanto ove risulti macroscopicamente viziato da illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà. Deve, pertanto, ritenersi infondata una censura che miri unicamente a proporre una diversa valutazione dell’elaborato, atteso che in tal modo verrebbe a giustapporsi alla valutazione di legittimità dell'operato della Commissione una – preclusa – cognizione del merito della questione.

La mancanza dei connotati della manifesta illogicità e irragionevolezza e l’assenza del “travisamento dei fatti” invocato dal ricorrente preclude, quindi, all’adìto Giudice di sindacare il merito della valutazione effettuata dalla Commissione, valutazione che, peraltro, appare al Collegio, nella sua sinteticità, ben motivata sotto ogni profilo contestato, con riferimento sia ai criteri di valutazione dalla stessa predeterminati sia alla gravità degli errori.

4.3 Il ricorrente non può quindi essere seguito laddove indirizza le sue censure avverso i dirimenti rilievi formulati dalla Commissione sull’elaborato in rassegna, e ciò in quanto, pur denunciando un “travisamento” degli elementi forniti dal candidato, egli viene in realtà a confutare nel merito i rilievi che il predetto Organismo ha sollevato in ordine alla interpretazione della traccia, alle tesi enunciate e alle soluzioni individuate dal candidato medesimo.

Il Collegio non può dunque prendere cognizione delle contestate valutazioni della Commissione, non trattandosi nella fattispecie dell’accertamento di un fatto o del rilievo di una manifesta illogicità valutativa, quanto piuttosto del compimento di un’attività valutativa e comparativa, dell’elaborato del candidato e dei rilievi della Commissione, a tutta evidenza preclusa all’adìto Giudice.

5. Non è fondata, infine, neppure la censura di cui al secondo mezzo di gravame relativa alla mancata esplicita riconduzione delle gravi insufficienze riscontrate nel proprio elaborato rispetto alle figure sintomatiche indicate dalla Commissione centrale attraverso la definizione di appositi criteri valutativi.

Non può essere, infatti, condivisa la tesi di parte ricorrente laddove mira a dimostrare la necessità di una sorta di automatismo nel riscontro di carenze riconducibili a fattispecie predefinite in modo puntuale, non prestandosi la particolare natura della selezione ad un siffatto modus procedendi . Seguendo una simile impostazione, la sotto-commissione sarebbe ingiustificatamente privata della funzione valutativa che le è propria nel parametrare il livello di gravità delle carenze riscontrate al fine di formulare il proprio giudizio nell’ambito di un concorso in cui è richiesta una elevata specializzazione.

In siffatta tipologia di procedura concorsuale, difatti, i criteri di valutazione delle prove scritte non si prestano ad un meccanismo rigido ed automatico basato su meri riscontri tra gli elaborati ed una serie di ipotesi e definizioni predeterminate che guidino il giudizio, né necessitano di particolare analiticità, risolvendosi il giudizio in una verifica essenzialmente qualitativa della preparazione dei candidati, a differenza di altri procedimenti concorsuali, quali quelli ad evidenza pubblica, in cui l’intensità della discrezionalità dell’Amministrazione discende anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente necessità di individuare ed esplicitare analiticamente i criteri cui ancorare il giudizio.

6. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

7. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore del Ministero resistente.

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