TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-10-24, n. 202201818

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2022-10-24, n. 202201818
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 202201818
Data del deposito : 24 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/10/2022

N. 01818/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00901/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 901 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, domiciliato preso gli uffici di questo, in Catanzaro, alla via G. da Fiore, n. 34;

per l'annullamento

del decreto del Questore della Provincia di Crotone del -OMISSIS-, categoria -OMISSIS-Prot. -OMISSIS-, con il quale è stata rigettata l’istanza presentata dal ricorrente intesa ad ottenere il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, nonché di ogni atto presupposto, conseguenziale e comunque connesso a quello impugnato e di tutti gli atti istruttori, se ed in quanto ostativi all’accoglimento del ricorso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis c.p.a.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 ottobre 2022 il dott. F T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento, meglio specificato in epigrafe, con cui il Questore di Crotone gli ha negato il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia.

In diniego si basa su una serie di vicende penali in cui l’istante è rimasto coinvolto.

In particolare:

- nel 1999 è stato sottoposto a procedimento penale per truffa aggravata ai sensi degli artt. 640- bis , 476 e 468 c.p.;

- nel 2004 è stato sottoposto a procedimento penale per truffa all’AlMA, ai sensi degli artt. artt. 616 e 640 c.p.;

- nel 2006 è stato deferito per frode nell’esercizio del commercio, reato poi dichiarato estinto per prescrizione con sentenza del 2015;

- nel 2007 è stato sottoposto a procedimento penale per truffa aggravata ai sensi degli artt. 640, 640- bis e 110 c.p., poi archiviato nel 2008 per mancanza di condizioni;

- nel 2009 e nel 2012 è stato deferito per tre volte per violazione degli obblighi familiari di cui all’art. 570 c.p., procedimenti conclusi con una sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce reato e con due decreti di archiviazioni;

- nel 2012 è stato deferito in due occasioni per minaccia, ingiuria e violenza privata, di cui agli artt. 594, 582 e 612 c.p., reati dai quali era stato poi prosciolto per difetto di querela.

L’amministrazione ha dato precipuo rilievo ai due procedimenti penali per minaccia, ingiuria e violenza privata, in quanto gli esiti di proscioglimento “non cancellano nel merito le vicende cui l’interessato comunque è rimasto coinvolto, facendo dubitare circa la sua affidabilità a detenere armi” .

2. – L’interessato si è rivolto a questo Tribunale Amministrativo Regionale, chiedendo l’annullamento del provvedimento negativo con quattro motivi di ricorso, strettamente connessi tra di loro, con i quali ha evidenziato che:

1) i procedimenti penali a cui si riferisce il decreto non sono pendenti, si sono conclusi tutti favorevolmente, quelli più rilevanti sono sorti nel contesto di una situazione di litigiosità familiare e si sono conclusi senza l’accertamento della veridicità dei fatti denunciati dal coniuge;
vi sarebbe, quindi, un evidente difetto di motivazione circa le ragioni del diniego;

2) i fatti erano comunque già stati valutati dall’amministrazione al momento del precedente rinnovo, sicché l’attuale diniego di rinnovo si appaleserebbe contraddittorio;

3) l’amministrazione non avrebbe valutato l’apporto difensivo in sede endoprocedimentale;

4) in ogni caso, la motivazione sarebbe superficiale, limitandosi a riportare i fatti e la giurisprudenza elaborata in materia.

3. – L’amministrazione si è costituita con comparsa formale, accompagnata dalla relazione della Questura di Crotone.

4. – Il ricorso, dopo che con ordinanza del -OMISSIS-, l’istanza cautelare è stata rigettata per difetto di periculum in mora , è stato trattato nel merito e spedito in decisione all’udienza straordinaria del 14 ottobre 2022.

5. – Il Tribunale ricorda che, ogni volta che esamina un'istanza di rinnovo di porto d'armi, il Ministero dell'Interno formula una attuale valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle esigenze attuali della salvaguardia dell'ordine pubblico. In altri termini, le esigenze proprie del momento in cui è stato disposto un rinnovo possono essere diverse da quelle successive palesatesi. E se gli organi del Ministero dell'Interno ritengono di valutare con maggiore rigore le istanze (senza attribuire rilievo all'appartenenza ad una categoria), si tratta di una valutazione di merito, insindacabile dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione di legittimità. Ne consegue che il precedente rilascio del titolo di porto d'armi, come deroga al divieto di portare armi, non genera diritti, né legittimi affidamenti sul rinnovo in perpetuo, ma soggiace a un controllo assiduo e continuo, assai penetrante, che si dispiega normalmente proprio all'atto del periodico rinnovo, non solo sull'uso (o non abuso) del titolo, ma solo sul permanere attuale di tutti i requisiti e le condizioni che avevano condotto all'autorizzazione, ma che abilita altresì l'autorità competente a condurre - nonostante i precedenti rinnovi - anche una riconsiderazione discrezionale sulla stessa opportunità del permanere del titolo autorizzatorio, e ciò eventualmente anche alla luce dei mutati indirizzi in materia di sicurezza pubblica. Pertanto, l'autorità di pubblica sicurezza può legittimamente denegare il rinnovo del porto d'arma non solo per la sopravvenuta carenza dei presupposti e dei requisiti di legge, ma anche per un legittimo ripensamento, per una nuova discrezionale valutazione della convenienza e opportunità della scelta originariamente compiuta, anche alla luce dei mutati indirizzi di gestione degli interessi generali di settore (TAR Lombardia – Brescia, Sez. I, 13 giugno 2022, n. 597).

In sostanza, allorché si tratti di formulare un giudizio di affidabilità nell’uso delle armi in caso di richiesta di rinnovo della licenza, la valutazione delle circostanze può mutare, rispetto al passato, in conseguenza di sopravvenute esigenze di interesse pubblico, ovvero sulla base di una rivalutazione di quelle originariamente considerate;
di ciò tuttavia deve sempre darsi adeguato conto. Qualora non si siano modificati i fatti e le condizioni che hanno costituito i presupposti delle precedenti determinazioni dell'amministrazione, è quest'ultima, dunque, che deve fornire prova del mutato interesse pubblico e tale prova deve essere particolarmente incisiva, in modo da salvaguardare il principio di coerenza dell'agire dell'amministrazione, nonché il principio di legittimo affidamento del privato cittadino nei confronti di esso (Cons. Stato, Sez. VI, 22 maggio 2008, n. 2450).

Quindi, il provvedimento di diniego del rinnovo del porto d'armi a soggetto precedentemente autorizzato, è illegittimo per insufficienza della motivazione solo qualora non siano indicate le ragioni della nuova valutazione contrastante con quelle precedenti (TAR Campania – Napoli, Sez. V, 6 febbraio 2020, n. 566).

6. – Nel caso di specie, l’amministrazione ha ampiamento motivato circa il proprio ripensamento, così superando anche le osservazioni rese dall’istante in sede endoprocedimentale, valorizzando i due procedimenti penale a carico del ricorrente per minaccia, ingiuria e violenza privata.

Non irragionevolmente l’amministrazione ha ritenuto che, benché si tratti di accuse non procedibili per difetto di querela, essi minino l’affidabilità del ricorrente nell’uso delle armi.

Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che è legittimo il provvedimento inibitorio dell'uso delle armi considerata la tipologia di reati per i quali il soggetto titolare è stato destinatario dell'informativa (reati di percosse, minacce, violenza privata e atti persecutori) e tenuto conto della funzione preventiva svolta dal provvedimento impugnato, che mira ad evitare, indipendentemente dall'accertamento della responsabilità penale da vagliare con le dovute garanzie di difesa nelle sedi competenti, che le armi restino nella disponibilità di un soggetto accusato di avere tenuto tali comportamenti (TAR Lombardia – Brescia, Sez. II, 12 novembre 2018, n. 1056).

7. – In considerazione delle ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato e le spese di lite debbono essere liquidate secondo il principio della soccombenza.

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