TAR Trento, sez. I, sentenza 2011-04-26, n. 201100128
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Testo completo
N. 00128/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00246/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento
(Sezione Unica)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 246 del 2010, proposto da:
Panorama Srl, rappresentata e difesa dall'avv. M C, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via S.Maria Maddalena N. 12;
contro
Comune di Pergine Valsugana in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via Paradisi N. 15/5;
per l'annullamento
della nota di data 24 giugno 2010 prot. n. 2010-22286 della Direzione Servizi ai Cittadini e alle Imprese-Ufficio Edilizia Privata del Comune di Pergine Valsugana, successivamente comunicata alla Panorama srl ed avente ad oggetto: "DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA': VARIANTE IN CORSO D'OPERA per realizzazione abitazioni in p.ed. 663 C.C. Pergine ANNULLAMENTO TITOLO ABILITATIVO DERIVANTE DALLA PRESENTAZIONE DI D.I.A.", nonchè di tutti gli atti con il precedente connessi, presupposto o derivati, ivi compresi, per quanto occorrer possa, la nota di data 19 marzo 2010 prot. n. 2010-09682, della Direzione Servizi ai Cittadini e alle Imprese-Ufficio Edilizia Privata del Comune di Pergine Valsugana, con il seguente oggetto: " DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA'. VARIANTE IN CORSO D'OPERA per realizzazione abitazioni in p.ed. 663 C.C. Pergine I COMUNICAZIONE AVVIO DEL PROCEDIMENTO PER ANNULLAMENTO D.I.A.", nonchè la nota di data 26 aprile 2010 prot. n. 2010-14501 della Direzione Servizi ai Cittadini e alle Imprese-Ufficio Edilizia Privata del Comune di Pergine Valsugana ed agente il seguente oggetto: "DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA': VARIANTE IN CORSO D'OPERA per realizzazione abitazioni in p.ed. 663 C.C. PERGINE I ANNULLAMENTO TITOLO ABILITATIVO DERIVANTE DALLA PRESENTAZIONE DI D.I.A. ", la nota di data 6 maggio 2010 prot. n. 2010-15843 della Direzione Servizi ai Cittadini e alle Imprese-Ufficio Edilizia Privata del Comune di Pergine Valsugana ed avente il seguente oggetto: 2DENUNCIA DI INIZIO DI ATTIVITA': VARIANTE IN CORSO D'OPERA per realizzazione abitazioni in p.ed. 663 C.C. PERGINE I COMUNICAZIONE AVVIO DEL PROCEDIMENTO PER ANNULLAMENTO D.I.A.".
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Pergine Valsugana in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2011 il Presidente Armando Pozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Premette la società ricorrente di aver realizzato – in virtù di concessione edilizia n. 69/2006, del 3.7.2006 - una palazzina residenziale in comune di Pergine Valsugana, loc. Maso Osler.
L’area di sedime era inserita in zona B2, di integrazione e completamento.
Nel corso dei lavori, iniziati nel luglio 2006 e terminati il 6.7.2009, in data 6.6.2008 veniva presentata al comune una DIA per l’esecuzione di lavori in difformità dal progetto iniziale.
Con nota in data 19.3.2010 il comune preannunciava l’annullamento della proposta DIA per contrasto con gli indici di zona e per aumento della SUL ( superficie utile lorda ).
Acquisite le osservazioni del privato, nelle quali si evidenziava, tra l’altro, il rispetto dei limiti dell’altezza media ponderale di m. 2,20, l’amministrazione annullava la predetta DIA con provvedimento del 6-4-2010.
Seguiva nuova comunicazione di avvio del procedimento per annullamento della stessa DIA, in data 6.5.2010, stavolta per un motivo diverso dal precedente: la realizzazione di due unità abitative al piano terreno, in luogo delle tre originariamente previste nel progetto iniziale.
Con provvedimento del 24.6.2010 il comune comunicava che il presunto contrasto con la disciplina relativa alle altezze ed alla SUL doveva ritenersi superato, ma contestualmente annullava la DIA per la modifica del numero delle unità immobiliari ( come detto, da due a tre ).
Avverso il predetto annullamento la società propone i seguenti motivi:
1 - Violazione artt. 86 e 83 L.P. n. 22/1991, artt. 55, 56 e 58 NTA di PRG, art. 21 octies e nonies L. n. 241 del 1990. Eccesso di potere sotto molteplici profili.
In sintesi, parte ricorrente lamenta che:
1 – il comune non poteva procedere ad un annullamento parziale del titolo abilitativo, che avrebbe comportato un’inammissibile rielaborazione del progettato intervento in variante rispetto all’originaria c.e., con conseguente invasione, da parte del comune, della sfera riservata all’autonomia privata;
2 - l’art. 86 della L.P. n. 22/1991 consente la DIA per variazioni di lieve entità che non comportino mutamenti di destinazione d’uso, “ nonché “ il numero delle singole unità abitative: quindi la legge provinciale pone due requisiti concorrenti e non alternativi, come confermato anche dall’art. 107 della L. P. n. 1 del 2008, il quale ha sostituito l’avverbio “ nonché” con la congiunzione “e”;
3 - difetto di istruttoria e di motivazione ( tanto più necessarie in relazione al lungo tempo trascorso ), connesso alla mancata esecuzione di sopralluoghi e verifiche, tanto che l’amministrazione ha inizialmente contestato asserite violazioni, dimostratesi poi insussistenti per stessa ammissione dell’amministrazione medesima;
4 - l’amministrazione, per i denunciati interventi in variante alla c.e., avrebbe ritenuto necessaria altra concessione edilizia, che tuttavia la citata legge provinciale, art. 83, richiede per i mutamenti non solo del numero, ma anche delle dimensioni e struttura delle unità immobiliari;in ogni caso, una semplice irregolarità formale ( presentazione di DIA invece di conc. edil. ) non avrebbe mai potuto comportare l’annullamento del titolo, ai sensi dell’art. 21 octies L. n. 241 del 1990 ;
5 - l’intero procedimento sarebbe affetto da numerose illegittimità, quali: il mancato rispetto del termine dilatorio di trenta giorni per le osservazioni del privato, la mancata acquisizione della prova dell’avvenuta ricezione della comunicazione da parte del privato, la mancata revoca del precedente annullamento della DIA.
In via interlocutoria parte ricorrente chiede disporsi CTU in ordine alla natura e consistenza delle opere realizzate con DIA.
Il Comune ha contestato la fondatezza del ricorso ( richiamando, tra l’atro, l’art. 86 della LP n. 22/1991 ) con ampia memoria, cui ha replicato parte ricorrente.
La ricorrente ha replicato a sua volta alle difese dell’amministrazione con apposita memoria.
Alla pubblica udienza del 21 aprile 2011 la causa, sentiti gli avvocati come da verbale d’udienza, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1 - Come già accennato in fatto, oggetto del contendere è l’autoannullamento del titolo abilitativo ( tale espressamente qualificato dall’amministrazione resistente ) conseguente alla presentazione di DIA al comune di Pergine Valsugana in data 9.6.2008, per lavori di variante in corso d’opera connessi alla concessione edilizia n. 69/2006 del 3.7.2006, per la costruzione di una palazzina residenziale in località Maso Osler dello stesso comune di Pergine Valsugana.
In particolare, la DIA, secondo quanto riportato nel ricorso, concerneva alcune opere interne che si intendeva realizzare in difformità dal progetto originario, quali : scale, tramezze, aperture, modifiche nei solai, altezza del piano garage e realizzazione al piano terra dell’edificio di due soli appartamenti al posto dei tre inizialmente previsti.
2 - Come dedotto con il primo motivo di ricorso, il presupposto sulla base del quale l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento di autoannullamento qui impugnato è stata unicamente la riduzione delle unità immobiliari da tre a due a piano terra.
Ciò premesso e posto che in sede di autotutela non si può – secondo parte ricorrente - procedere ad un annullamento parziale dei titoli edilizi in ossequio ad un principio di non frazionabilità, diverso avrebbe dovuto essere, in ipotesi, il provvedimento che l’amministrazione avrebbe potuto adottare.
Il motivo è doppiamente inammissibile, per genericità ( non essendo dato capire quale avrebbe dovuto essere il provvedimento “ in ipotesi “ adottabile dal comune resistente ) e per conseguente e connesso difetto di interesse.
L’annullamento parziale del provvedimento implicito ( questa è la configurazione qualificativa data dall’amministrazione ) derivante dalla presentazione della DIA comporta il mantenimento di tutte le altre opere realizzate diverse dal mutamento del numero delle unità abitative, alla cui conservazione parte ricorrente dichiara giustamente di avere interesse. Ora, poiché l’alternativa alla caducazione solo parziale avrebbe dovuto essere – secondo una finalità di repressione di abusi edilizi dichiarata e perseguita dal comune - un atto di autotutela integrale, non si comprende quale utilità ricaverebbe parte ricorrente da un annullamento giurisdizionale, i cui effetti potrebbero causare ancor maggiori oneri demolitori, nella riedizione del potere repressivo degli abusi.
3 - In ogni caso – e quel che più rileva – il motivo è infondato in punto di diritto.
Per sostenere il proprio assunto l’interessata richiama un isolato indirizzo ( le altre due sentenze inspiegabilmente invocate non sono conferenti trattando esse di materia del tutto diversa da quella in esame ), secondo il quale in sede di autotutela, l'Amministrazione non avrebbe la possibilità di disporre l'annullamento parziale di un permesso di costruire volto alla realizzazione di un complesso immobiliare comprendente più corpi di fabbrica diversi e funzionalmente collegati, non avendo alcun potere di rielaborare il complesso assetto progettuale scelto dall’interessato, trattandosi di valutazioni e di scelte rimesse in via esclusiva all'autonomia privata.
Questo precedente non può fare stato nel presente giudizio, lì trattandosi di un intervento edilizio assai articolato e non scindibile, rispetto al quale non si capiva in qual modo l'Autorità amministrativa avrebbe potuto arrogarsi il potere di procedere ad una vera e propria rielaborazione del progetto, espungendo di propria iniziativa alcune previsioni progettuali da ritenersi attribuite in via esclusiva al soggetto interessato ( Cons. Stato , sez. IV, 31 luglio 2007 , n. 4256 ).
4 - Diverso è il caso di specie, in cui si tratta di una DIA presentata in corso d’opera in variante rispetto a quanto già assentito con la precedente concessione edilizia del 2006; sicché, l’annullamento parziale della previsione di due appartamenti, lungi dal comportare l’ingerenza dell’amministrazione nelle scelte progettuali del privato, si limitava a far rivivere le indicazioni iniziali del medesimo interessato.
Vero è, invece e a differenza di quanto sostenuto con il primo motivo, che l’istituto dell’annullamento parziale del provvedimento amministrativo ha carattere generale, in quanto ispirato ai principi di economicità e non aggravamento e non può essere escluso per l’attività di autotutela, la quale, essendo manifestazione di potestà amministrativa di secondo grado, ricava i suoi contenuti da quelli del provvedimento di primo grado. Pertanto, se quest’ultimo sia solo parzialmente illegittimo, esso non potrà che essere annullato d’ufficio soltanto per la parte illegittima e non già per intero.
I titoli edilizi, per il loro contenuto plurimo, ben possono essere affetti da illegittimità parziale e perciò essere oggetto di annullamento parziale.
Così come il D.P.R. 6-6-2001 n. 380 recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, prevede, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, la loro demolizione “ per la parte non conforme al titolo edilizio ( art. 34 TUED; art. 122, comma 6, L.P. Trento 5-9-1991 n. 22, all’epoca dei fatti ancora vigente ), parallelamente ed analogamente l’articolo 38, per gli interventi eseguiti in base a permesso annullato, prevede l’applicazione delle sanzioni pecuniarie per l’intera opera o per le sue “ parti abusivamente eseguite “, con ciò presupponendo un annullamento parziale del titolo edilizio.
5 - Con un secondo, meno formalistico e più sostanziale, profilo di censura, parte ricorrente assume che nella specie la norma di cui all’art. 86 della l.p. di Trento n. 22/91 non sarebbe stata affatto violata, in quanto essa consente di assoggettare a D,I.A. le variazioni di lieve entità “...purché non modifichino la destinazione d’uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, nonché il loro numero. ..“.
In base alla riportata legislazione provinciale dovrebbero quindi concorrere – secondo parte ricorrente - entrambi i requisiti : modificazione della destinazione d’uso e modifica del numero delle unità immobiliari;nel caso di specie, invece , la destinazione d’uso rimane la stessa e pertanto le norme di piano sarebbero state perfettamente osservate.
6 - La riportata prospettazione non è condivisibile.
L’art. 83 della LP n. 22/1991 citato dispone(va), con formulazione in parte diversa dall’art. 22 TUED, che “ Sono soggetti a denuncia d'inizio di attività i seguenti interventi: ……………… p) le opere interne alle costruzioni che non comportino modificazioni della sagoma e dei prospetti della costruzione né aumento delle superfici utili e del numero delle unità immobiliari, che non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e rispettino le originarie caratteristiche costruttive degli edifici“.
Questa previsione va tuttavia raccordata, nel caso di specie, con il successivo articolo 86 della stessa legge provinciale, relativo alle varianti in corso d'opera, quali sono state quelle in esame.
A tenore del ricordato articolo “ Sono soggette a denuncia d'inizio di attività le variazioni di lieve entità apportate in corso d'opera al progetto assentito, purché siano conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti ……………e purché non modifichino la destinazione d'uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari, nonché il loro numero “.
La norma prevede dunque una serie di presupposti e requisiti negativi alla possibilità di ricorso alla DIA in alternativa fra loro, nel senso che basta anche la sola sussistenza di uno solo dei motivi ostativi indicati dal legislatore provinciale per impedire il legittimo formarsi del titolo abilitativo implicito in base alla presentazione della denuncia di inizio attività e per giustificare il legittimo esercizio del potere di auto annullamento di quel titolo.
7 - Opinandosi diversamente come pretende il ricorrente e ritenere che per attivare legittimamente il procedimento di DIA occorra la sussistenza contestuale di tutti i requisiti negativi voluti dal legislatore significherebbe dilatare a dismisura un istituto ispirato, sì, a principi di liberalizzazione dell’attività edilizia, ma al fine di sollevare le amministrazioni locali da un peso procedimentale per attività edilizie di minima consistenza altrimenti insostenibile. Né va dimenticato che il procedimento semplificato dalla DIA va ad incidere su interessi generali di rilevanza primaria e perciò sottoposto al permanente potere di vigilanza, controllo e repressivo dell’autorità amministrativa.
Il motivo relativo alla insussistenza dei presupposti per attivare la potestà repressiva nel caso di specie va pertanto respinto.
8 - Con un terzo profilo di doglianza parte ricorrente assume che l’autoannullamento del titolo abilitativo ex DIA sarebbe altresì illegittimo per difetto di istruttoria e di adeguata motivazione connessa anche al fatto del passaggio del tempo tra la formazione del titolo implicito e l’atto di annullamento ( luglio del 2008 – giugno 2010 ), ciò che avrebbe imposto l’emanazione di un provvedimento adeguatamente motivato in ordine all’esistenza dell’interesse pubblico, specifico e concreto, che giustificasse il ricorso all’autotutela. A ciò si aggiunga che l’amministrazione non avrebbe chiarito per quale motivo la riduzione del numero di appartamenti sarebbe illegittima e quale sarebbe il contrasto con la norma di cui all’art. 86 della l.p. 22/91.
9 - Anche tali doglianze non hanno pregio.
Vale anzitutto precisare che nella specie la denuncia di inizio attività è stata depositata presso gli uffici comunali in data 9.6.2008 e, quindi, il titolo abilitativo “ implicito “ – almeno secondo la teoria che configura in tali termini il procedimento della DIA - si è formato dopo quindici giorni dal predetto termine, ai sensi dell’art. 91 bis della LP Trento n. 22/1991. In data 19.3.2010 il comune ha inviato una comunicazione di avvio del procedimento di auto annullamento del titolo ex DIA, seguita da un primo provvedimento definitivo con cui si contestavano violazioni in tema di altezze superfici lorde.
A tale auto annullamento è seguita una nuova comunicazione di avvio del procedimento in data 06.05.2010, questa volta effettuata anche alla società Panorama, a sua volta seguita dall’annullamento del titolo edilizio “ implicito “ in data 24 giugno 2010 per motivi diversi, attinenti unicamente al diverso numero degli appartamenti realizzati al primo piano ( due invece dei tre originariamente assentiti con c..e.);annullamento impugnato con il ricorso introduttivo.
10 - Ciò premesso, anche se l’operato dell’amministrazione non appare del tutto efficiente e diligente, resta il dato oggettivo che lo stesso comune, resosi conto dell’errore del provvedimento iniziale e dell’insussistenza delle ragioni ostative al formarsi del provvedimento tacito formatosi sul decorso del tempo dalla DIA ivi esposte, ha implicitamente annullato il primo atto repressivo dell’attività edilizia ed emesso il secondo, sulla base di una diversa causa impeditiva: la cui ricorrenza fattuale non viene neppure contestata da parte ricorrente, sicché nessun difetto di istruttoria che abbia portato ad un’errata configurazione degli abusi contestati appare utilmente invocabile dalla parte ricorrente.
11 - Quanto al difetto di motivazione ed alla mancata considerazione degli affidamenti ingenerati nel privato a seguito del lungo tempo trascorso, deve osservarsi quanto segue.
Va premesso che sulla configurazione della DIA esistono due diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo uno, il procedimento avviato con la DIA darebbe luogo ad una fattispecie provvedimentale a formazione progressiva e a determinazione implicita ( Cons.Stato, sez. IV, 25 novembre 2008 , n. 5811 ) ed al conseguente formarsi del titolo abilitativo – avverso cui possono insorgere i terzi dallo stesso danneggiati - per effetto del decorso del termine fissato dalla legge ( art. 91 bis LP n. 22/1991, cit. ), entro cui l'Amministrazione può impedire gli effetti della DIA (Cons. di stato, sez. IV, 13 gennaio 2010 , n. 72;cfr., anche, Cons. Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3742;Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2007 , n. 4828;Cons. Stato, sez. VI, 05 aprile 2007 , n. 1550 ; Sez. V n. 172 del 20 gennaio 2003 ). Secondo tale teoria, pertanto, trattandosi di provvedimento ampliativo della sfera giuridica del privato, il suo auto annullamento d’ufficio, non ristretto entro termini di decadenza o prescrizione, deve tuttavia essere opportunamente coordinato con il principio di certezza dei rapporti giuridici e di salvaguardia del legittimo affidamento del privato nei confronti dell'attività amministrativa ( Cons. Stato, sez. IV, 25 novembre 2008 , n. 5811 ).
Secondo altra costruzione, il procedimento connesso alla d.i.a. del privato non dà luogo ad un atto implicito di natura provvedimentale, trattandosi, al contrario, di un atto del privato, come tale non immediatamente impugnabile innanzi al T.a.r., con la conseguenza che l'azione a tutela del terzo che si ritenga leso dall'attività svolta sulla base della d.i.a. non è azione di annullamento, ma l di accertamento dell'inesistenza dei presupposti della d.i.a. Tale azione (che sebbene non espressamente prevista troverebbe il suo fondamento nel principio dell'effettività della tutela giurisdizionale sancito dall'art. 24 Cost.) andrebbe proposta nei confronti del soggetto pubblico che ha il compito di vigilare sulla d.i.a. e verso il quale si produrranno poi gli effetti conformativi derivanti dall'eventuale sentenza di accoglimento, in contraddittorio con il presentatore della d.ia., che assumerebbe la veste di soggetto contro interessato, perché l'eventuale accoglimento della domanda di accertamento andrebbe ad incidere negativamente sulla sua sfera giuridica.
E’ a questo specifico aspetto di situazioni create ed affidamenti indotti che dovrebbe rivolgersi l’obbligo di motivazione, per il resto essendo sufficiente la constatata violazione delle regole edilizie poste in essere dal denunciante (Cons. stato, sez. IV, 13 maggio 2010 , n. 2919 ;sez. VI, 15 aprile 2010 , n. 2139; sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474 ;sez. VI, 9 febbraio 2009 , n. 717, con ampi riferimenti dottrinari e normativi;sez. IV, 19 settembre 2008, n. 4513).
Questo Tribunale si è attestato sulla seconda tesi ricostruttiva dell’istituto, condividendo l'orientamento giurisprudenziale sopra sintetizzato, che ritiene il terzo "legittimato all'instaurazione di un giudizio di cognizione tendente ad ottenere l'accertamento dell'insussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per la libera intrapresa dei lavori a seguito di d.i.a." (