TAR Brescia, sez. II, sentenza 2018-11-29, n. 201801132
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Pubblicato il 29/11/2018
N. 01132/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00433/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 433 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
F C, L R, G B, F B e L Z, rappresentati e difesi dagli avvocati V S, S B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio V S in Brescia, via XX Settembre n. 8;
contro
Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, rappresentata e difesao dall'avvocato M E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
A R, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo :
- della delibera n, 90 del 23 novembre 2017, di approvazione del progetto di soppressione dei passaggi a livello posti ai km. 40+887 e 41+339 della linea ferroviaria Cremona-Treviglio;
per quanto riguarda il ricorso per motivi aggiunti :
- del decreto di occupazione d’urgenza 051/2018, notificato in data 9 maggio 2018, ai sensi dell’art. 22 bis del d.p.r. 327/2001 e di tutti gli atti connessi e presupposti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti C e R sono proprietari dei terreni in c.c. di Crema, identificati dai mappali n. 72, 185, 76 e 33 del foglio 39 e i sig.ri Boselli e Zanini dei mappali 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 22,23, 147, 243 e 355 del foglio n. 40, raggiungibili esclusivamente con la strada vicinale della Colombera, che gli stessi asseriscono essere di loro proprietà.
RFI, volendo procedere alla soppressione di una serie di passaggi a livello, tra cui quelli posti ai km. 40+887 e 41+339 della linea ferroviaria Cremona-Treviglio, ha notificato ai sig.ri C/R, l’avvio del procedimento preordinato alla dichiarazione di pubblica utilità relativa alla realizzazione di una viabilità alternativa, strumentale a garantire l’accesso alle proprietà che risulterebbero intercluse dalla eliminazione di uno di tali passaggi a livello. Ciò mediante l’utilizzo della già esistente strada vicinale della Colombera (secondo i ricorrenti definita erroneamente come “strada pubblica” nella relazione e nel progetto depositati da RFI spa), nonchè, in estremo lato sud dei mappali 33 e 76 di proprietà dei sig.ri C – R, per il tramite di un intervento diretto a convertire un sentiero agricolo (formatosi naturalmente col semplice passaggio dei trattori) in strada veicolare: il tutto, con costituzione coattiva di transito su detta realizzanda strada in favore di tutti i terreni posti a sud.
Ritenuto che la strada vicinale in questione non fosse affatto pubblica, né gravata da servitù pubblica, ma di proprietà dei sig.ri C/R e B (nemmeno interessati dalla comunicazione), i primi hanno presentato osservazioni al progetto, rappresentando la reale situazione proprietaria, nonché le difficoltà tecniche di realizzare la strada in questione, il grave danno che deriverebbe alla proprietà dalla trasformazione in strada di una trazzera e la percorribilità di una soluzione alternativa e meno invasiva. Tali osservazioni, inviate il 15 settembre 2017 (e, dunque, entro il termine di trenta giorni che sarebbe scaduto il 16, avendo gli interessati ricevuto la comunicazione il 17 agosto) sono state ricevute da RFI il 19 settembre 2017.
Il 16 febbraio 2018, RFI ha trasmesso ai sig.ri C/R (che l’hanno ricevuta il 5 marzo 2018), copia della delibera n. 90, adottata il 23 novembre 2017, con cui è stato approvato il progetto definitivo dell’opera e dichiarata la pubblica utilità della stessa. Tale delibera non riporta alcuna risposta alle osservazioni, che è contenuta esclusivamente nella nota accompagnatoria, nella quale, oltre a contestare la proprietà privata della strada vicinale, chiedendo di dimostrarne la titolarità, si rappresenta che la soluzione proposta non ha trovato spazio, in quanto avrebbe potuto creare disagio nel centro abitato e inoltre sarebbe risultata in contrasto con quanto disposto dalla legge 315/69, art. 1, comma 2, secondo cui: “In caso di interclusione di fondi, l'Azienda dovrà o ricostituire, a proprie spese, in convenienti condizioni di comodità e sicurezza, le comunicazioni soppresse, ovvero deviarle su strade pubbliche o private, anche con attraversamento di fondi intermedi”.
Ritenendo illegittima la dichiarazione di pubblica utilità così adottata, i proprietari interessati all’asservimento hanno notificato il ricorso in esame, affidato alle seguenti censure:
1. violazione degli artt. 9 e 11 del d. lgs. 327/2001, eccesso di potere, difetto di presupposti, sviamento e difetto di istruttoria, per mancanza dell’apposizione del vincolo espropriativo e della pubblica utilità in considerazione del fatto che la strada vicinale in questione non sarebbe pubblica;
2. violazione dell’art. 11 del d. lgs. 327/2001, difetto di istruttoria, eccesso di potere e violazione del principio del buon andamento a causa della mancata risposta alle osservazioni presentate dai ricorrenti;
3. violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 e dei principi del giusto procedimento, nonché degli artt. 143 e 146 del d. lgs. 42/2006, a causa della difformità dei luoghi rispetto a quelli descritti nel progetto, con la conseguenza che non sarebbero state previste le onerose opere necessarie per la realizzazione della strada progettata (eliminazione degli alberi e delle rogge, superamento delle scarpate di 0,65 metri, ecc.). In particolare non sarebbe stato acquisito il parere della Soprintendenza necessario per agire sul reticolo idrico che sarebbe coperto da vincolo paesaggistico e non sarebbe stata considerata la presenza della fascia di rispetto di 150 metri dal reticolo idrico;
4. violazione degli artt. 1, 7, 9 e 10 della legge 241/90, per violazione dei principi generali del procedimento, di pubblicità e trasparenza per la mancata considerazione del fatto che l’accesso in questione potrebbe essere realizzato in modo diverso, più conveniente e senza danno per nessuno (come rappresentato nella perizia prodotta in atti).
Nel frattempo i ricorrenti hanno instaurato presso il Tribunale di Cremona la causa negatoria servitutis nei confronti del Comune di Crema.
Il 23 maggio 2018 i ricorrenti hanno, quindi, notificato un ricorso per motivi aggiunti, corredato dell’istanza cautelare, con cui hanno pedissequamente proposto gli stessi motivi di ricorso anche in relazione al decreto con cui è stata autorizzata l’occupazione d’urgenza (notificato agli stessi il medesimo giorno in cui essi hanno notificato il ricorso introduttivo).
Si è costituita in giudizio RFI, depositando una relazione nella quale si ribadisce ancora che la proprietà della strada non sarebbe stata dimostrata e che la soluzione alternativa proposta nel corso del procedimento era impraticabile per il suo impatto sulla viabilità del centro urbano, mentre l’ulteriore proposta è stata avanzata solo in seguito alla proposizione del ricorso.
Parte ricorrente ha evidenziato come la stessa difesa di RFI abbia messo in luce come tutti gli atti del procedimento posto in essere trovino il loro presupposto nella natura pubblica della strada in questione e per tale ragione dovrebbero essere, stante la plateale esclusione di tale natura pubblica effettuata dallo stesso Comune di Crema, illegittimi e da porre nel nulla.
In punto di fatto è stato dato atto del tentativo di effettuare l’immissione in possesso, il 30 maggio 2018, disattendendo e quasi eludendo il decreto monocratico, sventato solo grazie alla presenza in loco dei proprietari e dei legali degli stessi.
RFI ha depositato un’articolata difesa, nella quale, dopo aver nuovamente ripercorso l’andamento della vicenda, ha evidenziato come la vigente normativa imponga la comunicazione di avvio del procedimento ablatorio solo nei confronti dei proprietari che siano tali in base alle risultanze catastali, senza che, come chiarito dalla giurisprudenza, sia richiesto all’ente espropriante di svolgere ulteriori ricerche per verificare la corrispondenza tra situazione catastale e reale.
Nel merito, RTI, respinta l’invocata applicazione dell’art. 11 del DPR 327/2001, applicabile solo in caso di variante urbanistica (mentre, nella fattispecie, il progetto è conforme alle previsioni del PRG e del P.T.C.P., conservando la strada, anche a seguito dell’esecuzione del progetto, la medesima classificazione), ha sostenuto l’infondatezza della tesi della violazione del principio di partecipazione al procedimento, chiarendo che le osservazioni non hanno avuto risposta perché tardive e generiche, esprimendo una preferenza per una soluzione non incidente sulla loro proprietà o, in subordine, l’acquisto dell’area con esproprio. In ogni caso la scelta delle aree da espropriare sarebbe “discrezionale” e quindi sottratta al giudizio di legittimità.
La strada Colombera, inoltre, non sarà oggetto di alcuna modificazione, con la conseguenza che le difficoltà di realizzazione elencate non sussisterebbero.
Quanto alla valutazione del tracciato alternativo proposto con il ricorso, RFI ha chiarito che: “Per sfruttare tale ingresso, occorre interferire con i mezzi direttamente sulla pista ciclopedonale e creare una nuova viabilità (di c.a. 700 mt) a Nord del mappale 185, proseguendo verso Ovest sino alla S.S. 235, per poi proseguire verso Sud per incontrare la vicinale dei Campolesi. Tale opera risulta più complessa di quella proposta da R.F.I., poiché risulta più estesa la strada da realizzare, con maggiori porzioni di terra da togliere a più proprietà rispetto alla soluzione in progetto. Oltre al possibile consolidamento delle opere di attraversamento, l’attraversamento sulla pista ciclopedonale non è compatibile con la segnaletica stradale presente in loco. La striscia che divide i sensi di marcia della carreggiata è, infatti, a linea continua, a differenza della soluzione di R.F.I. che vede contempla il passaggio prima dell’ingresso nella vicinale della Colombera con linea a tratteggio.”.
L’ordinanza con cui questo Tribunale ha disposto il riesame degli atti a cura di Ferrovie, per il rinnovo della dichiarazione di pubblica utilità, ritenuta carente per la mancata inclusione, tra i beni da espropriare, della strada vicinale, è stata riformata dal Consiglio di Stato, che si è limitato a ritenere il ricorso di primo grado non “assistito da sufficiente fumus boni juris, vista la previsione di cui all’art. 3, co. 2, punto 52, e art, 2, co. 6, lett. d) d. lgs. n. 285/1992” e ha ritenuto “prevalente l’interesse pubblico alla regolarità dei trasporti connessa con la tutela della pubblica e privata incolumità (richiamata anche dall’art. 1 l. n. 315/1969), tenuto altresì conto che l’eventuale danno subìto dai ricorrenti in I grado ha prevalente natura patrimoniale e dunque ristorabile”.
Entrambe le parti hanno prodotto memorie e repliche, ribadendo le tesi già più sopra rappresentate.
Alla pubblica udienza del 21 novembre 2018, la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I ricorrenti, proprietari di una porzione di terreno individuata nelle mappe catastali come strada vicinale Colombera e di una capezzagna che R.F.I. vorrebbe destinare a viabilità alternativa per garantire l’accesso ai proprietari dei fondi che risulterebbero interclusi dalla soppressione del vicino passaggio ferroviario, lamentano l’illegittimità del procedimento seguito da R.F.I., sia per la mancata inclusione dell’immobile rappresentato dalla strada vicinale nell’elenco dei beni da espropriare (e la conseguente, mancata, previsione della corresponsione della correlata indennità di espropriazione), sia in ragione dell’omessa valutazione di possibili tracciati alternativi e della mancata apposizione del vincolo espropriativo.
Così sinteticamente ricostruito l’oggetto del contendere, deve essere preliminarmente superata la considerazione in diritto che ha indotto il Consiglio di Stato a riformare l’ordinanza cautelare di questo Tribunale, affermando che la classificazione della strada come vicinale comporterebbe automaticamente la sua natura pubblica, come si dovrebbe desumere dalla disposizione del codice della strada dallo stesso giudice di secondo grado richiamata.
Tale affermazione non può essere condivisa.
La classificazione delle strade ai fini propri del codice della strada (e cioè in relazione alla regolazione del traffico sulle stesse) non può essere utile allo scopo di determinarne il soggetto proprietario. Per comune riconoscimento, sia della giurisprudenza, che della dottrina in argomento, le strade vicinali si possono distinguere in pubbliche e private.
Sono private le vie cosiddette agrarie o vicinali private costituite da passaggi in comunione incidentale tra i proprietari dei fondi latistanti serviti da quei medesimi passaggi. Tra le tante basti ricordare la sentenza del Tribunale Chieti, 15/10/2009, n. 748, nella quale si legge: "La via agraria, cioè la strada privata che i proprietari dei fondi latistanti aprono e mantengono per transitarvi secondo le esigenze della coltivazione, viene formata mediante conferimento di suolo (cd. "collatio agrorum privatorum") o di altro apporto dei vari proprietari, in modo da fondare una comunione ("communio incidens"), per la quale il godimento della strada non è "iure servitutis" ma "iure proprietatis" e, pur avendo di regola, fondi fronteggianti, può essere utilizzata, in relazione alla necessità del tracciato, da più fondi in consecuzione, fermo restando il principio che essa possa servire a tutti i proprietari dei fondi in tutte le direzioni, onde ciascuno ne abbia per tutta la sua lunghezza la proprietà "pro indiviso").
Sono vicinali pubbliche le vie di proprietà privata, soggette a pubblico transito. In concreto, il sedime della vicinale, compresi accessori e pertinenze, è privato, di proprietà dei titolari dei terreni latistanti, mentre l’ente pubblico è titolare di un diritto reale di transito a norma dell’art. 825 c.c..
Tale diritto può essere costituito nei modi più diversi, ossia mediante un titolo negoziale, per usucapione o attraverso gli istituti dell’“immemorabile”, cioè dell’uso della strada da parte della collettività da tempo, appunto, immemorabile o della “ dicatio ad patriam ”, che si configura quando i proprietari mettono a disposizione del pubblico la strada, assoggettandola all’uso collettivo (cfr. Cass. Civ. Sent. n. 12181/1998 "la c.d. Dicatio ad patriam ha come suo indefettibile presupposto, l’asservimento del bene all’uso pubblico nello stato in cui il bene stesso si trovi, e non in quello realizzabile a seguito di manipolazioni quali quelle conseguenti alle irreversibili trasformazioni che caratterizzano il (diverso) istituto dell’accessione invertita".
Al fine di poter stabilire se una strada interpoderale sia pubblica oppure privata, non rileva, dunque, il fatto che la stessa risulti inserita negli elenchi delle strade vicinali, poiché l’iscrizione non ha valore costitutivo, ma soltanto dichiarativo, consentendo soltanto di presumere che la strada sia pubblica, ma senza darne la certezza (TAR Sicilia, Catania, 29 novembre 1996, n. 2124);assunto, questo, sostenuto sia dal dato normativo di cui all’art. 20 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, secondo il quale, la classificazione ufficiale delle strade ha efficacia presuntiva e dichiarativa, ma non costitutiva della pubblicità o meno del passaggio, sia dalla giurisprudenza costante (cfr, tra le tante, Sezione II, Cassazione civile, n. 4938/1992;Sezione III, n. 6337/1994). Il riconoscimento della natura pubblica della strada, dipende, invece, dalla coesistenza effettiva di tre condizioni, quali: