TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-07-17, n. 202414591

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-07-17, n. 202414591
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202414591
Data del deposito : 17 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/07/2024

N. 14591/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00353/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 353 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto del Ministero dell'interno (prot. n.-OMISSIS-) del 12.08.2020, notificato il 17.10.2020, avente per oggetto il rifiuto della domanda di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma 1 lett. f) della legge 91/1992


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 6 gennaio 2016.

II. - Esperita l’istruttoria di rito, l’Amministrazione ha respinto la domanda con DM del 12 agosto 2020, ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza, visto che sul conto dello stesso sono emersi, sulla base del rapporto informativo della Questura di Pisa, i seguenti elementi pregiudizievoli di carattere penale:

- 7 febbraio 2014: comunicazione di notizia di reato per violazione dell’art. 116, comma 15, del Codice della Strada (guida senza aver conseguito la patente o con patente revocata );

- 4 aprile 2006: comunicazione di notizia di reato per violazione dell’art. 640 bis c.p. ( truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche ).

III. – Avverso il diniego adottato insorge il ricorrente, chiedendone l’annullamento dell’efficacia con il presente mezzo di gravame, affidato ai motivi di censura che seguono:

I – VIOLAZIONE DEGLI ARTT.LI 97 E 24 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 10 bis legge 07.08.1990 n. 241;
art. 6 L. 241/1990). ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO;

II – VIOLAZIONE DI LEGGE (art. 3 legge 07.08.1990 n. 241) ed ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE INSUFFICIENTE E CARENZA DI ISTRUTTORIA, PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO, ILLOGICITÀ MANIFESTA. VIOLAZIONE E/O ERRONEA APPLICAZIONE DI LEGGE (art. 9 comma 1 lett. f legge 05.02.1992 n. 91).

IV. – Il Ministero dell’interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato.

VII. – All’udienza pubblica del 15 maggio 2024, in vista della quale parte ricorrente ha depositato sia una memoria di replica, insistendo sulla lesione delle garanzie procedimentali e sulla mancata valutazione dell’attualità della situazione, sia una memoria conclusionale in cui ribadisce le domande formulate con l’atto introduttivo, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. - Il ricorso è infondato.

II. – Con il primo motivo di ricorso la parte lamenta la violazione del principio di buona amministrazione nonché delle prerogative partecipative e del diritto di difesa, in ragion del ritenuto mancato invio del preavviso di rigetto ex art. 10- bis della legge n. 241/1990.

La doglianza deve essere disattesa, visto che il preavviso di rigetto è stato legittimamente effettuato con comunicazione telematica nell’area riservata del portale del Ministero dell’Interno, istituito per una più rapida gestione dei fascicoli dei richiedenti la naturalizzazione italiana, in attuazione dell’art. 33, comma 2- bis del decreto-legge n. 69/2013, convertito nella legge n. 98/2013 (a tenore del quale “ entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza acquisiscono e trasmettono dati e documenti attraverso gli strumenti informatici ”). Detta comunicazione, ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale, d. lgs. n. 82/2005, art. 3- bis , rappresenta una modalità ordinaria di comunicazione delle pubbliche amministrazioni con il privato, quindi valida da un punto di vista giuridico.

Detto in altri termini, la piattaforma informatica, sebbene istituita ai sensi del richiamato art. 33 per consentire agli uffici pubblici coinvolti nei procedimenti di rilascio della cittadinanza, l'acquisizione e la trasmissione di dati e documenti in via esclusivamente informatica, viene utilizzata anche per interagire con gli istanti ai sensi delle norme generali dettate dal d. lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale).

A tal proposito, si consideri che, stanti le esigenze rappresentate dalla p.a. di tipo organizzativo - che hanno imposto l’adozione di soluzioni che, a fronte dell’esponenziale aumento delle istanze di cittadinanza, garantissero progressivamente una maggiore efficienza, implementando l’informatizzazione del procedimento –, dal 18 giugno 2015 l’unica modalità di presentazione delle istanze ammessa è costituita dalla compilazione e dall’invio della domanda in modalità telematica attraverso l’apposito sito internet dal quale le domande, così acquisite, confluiscono in un applicativo informatico che ne consente la trattazione in formato esclusivamente digitale.

La descritta modalità di gestione del procedimento permette di coniugare il rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge n. 91/1992 e dai relativi regolamenti esecutivi con i principi in materia di “amministrazione digitale” dettati dal Codice dell’amministrazione digitale, il quale all’art. 41 ( Procedimento e fascicolo informatico ) prevede che “[l] e pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell'informazione e della comunicazione ” e che “[l] a pubblica amministrazione titolare del procedimento raccoglie in un fascicolo informatico gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati ” nonché che detto fascicolo informatico sia “ costituito in modo da garantire l'esercizio in via telematica dei diritti previsti dalla citata legge n. 241 del 1990 e dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, nonché l'immediata conoscibilità .. , sempre per via telematica, dello stato di avanzamento del procedimento, del nominativo e del recapito elettronico del responsabile del procedimento ”.

Né può sostenersi che tale prassi applicativa menomi le esigenze partecipative dell’istante, il quale, edotto delle modalità operative della procedura, è gravato da un ben preciso onere collaborativo, in ossequio al superiore principio di autoresponsabilità e di leale collaborazione tra p.a. ed amministrati (da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, n. 8580/2022).

E, invero, proprio a tutela delle esigenze partecipative dell’istante è previsto altresì che all’utenza sul portale on line sia associato un indirizzo di posta elettronica del richiedente, cui vengono inviate le notifiche di recapito di corrispondenza, consentendone un monitoraggio e una lettura in tempo reale.

Peraltro, circa la rilevanza dell’invio contestuale della mail al fine del perfezionamento della notifica del caricamento di comunicazioni sul portale informatico, deve osservarsi - come è stato precisato nelle circolari del Ministero dell’interno sul procedimento di concessione della cittadinanza che si sono avvicendate - che l’indirizzo di posta elettronica associato all’utenza del richiedente lo status dichiarato al momento di presentazione della domanda costituisce domicilio eletto, ai sensi dell’art. 47 del codice civile.

Quindi, a fronte dell’esistenza del domicilio digitale e del riconoscimento normativo delle comunicazioni in via telematica ai sensi, rispettivamente, dell’artt.

3-bis e 41 del d.lgs. n. 82/2005, sussiste l’onere, nonché l’interesse, del soggetto richiedente di consultazione ed accesso costante al portale per la verifica dello stato di avanzamento della pratica e di monitoraggio e lettura in tempo reale delle notifiche di recapito di corrispondenza sulla mail associata al portale on line (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. V bis, n. 2914/2022), ciò da cui è possibile dedurre che nel caso di specie non solo la notifica, ma anche la piena conoscenza della comunicazione erano da ritenere integrate sin dal momento dell’inserimento sul portale.

Alla luce delle considerazioni che precedono il primo motivo di ricorso deve essere respinto, in quanto infondato.

III. – Con il secondo motivo, parte ricorrente censura il provvedimento, asseritamente fondato su un difetto di istruttoria e su una motivazione non adeguata, non ritenendo sufficiente a sorreggere l’adottato diniego dello status la contestazione di due notizie di reato, rimaste senza conseguenze sul piano processuale penale.

Il Collegio, al riguardo, reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022).

L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “ può ” - e non “ deve ” - essere concessa.

La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).

A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo;
si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999;
sez. IV n. 798/1999;
n. 4460/2000;
n. 195/2005;
sez, I, n. 1796/2008;
sez. VI, n. 3006/2011;
Sez. III, n. 6374/2018;
n. 1390/2019, n. 4121/2021;
TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012;
n. 3920/2013;
4199/2013).

È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.

E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.

In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.

La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: “ concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa ”).

In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis , Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n. 12568/ 2009;
Cons. Stato, sez. III, n. 104/2022;
n. 4121/2021;
n. 7036 e n. 8233 del 2020;
n. 1930, n. 7122 e n. 2131 del 2019;
n. 657/2017;
n. 2601/2015;
sez. VI, n. 3103/2006;
n.798/1999).

Se, dunque, il potere dell’Amministrazione ha natura discrezionale, il sindacato giurisdizionale sulla valutazione dell’effettiva e compiuta integrazione nella comunità nazionale deve essere contenuto entro i ristretti argini del controllo estrinseco e formale, esaurendosi nello scrutinio del vizio di eccesso di potere, nelle particolari figure sintomatiche dell’inadeguatezza del procedimento istruttorio, illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, arbitrarietà, irragionevolezza della scelta adottata o difetto di motivazione, con preclusione di un’autonoma valutazione delle circostanze di fatto e di diritto oggetto del giudizio di idoneità richiesto per l’acquisizione dello status di cui è causa;
il vaglio giurisdizionale non deve sconfinare nell’esame del merito della scelta adottata, riservata all’autonoma valutazione discrezionale dell’Amministrazione ( ex multis , Cons. Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104;
Sez. IV, n. 6473/2021;
Sez. VI, n. 5913/2011;
n. 4862/2010;
n. 3456/2006;
Tar Lazio, Sez. I ter, n. 3226/2021, Sez. II quater, n. 5665/2012).

IV. - Alla luce del quadro ricostruito, è possibile ritenere prive di pregio le censure formulate da parte attrice con il secondo motivo di ricorso, volte a confutare l’operato dell’amministrazione resistente che ha formulato un giudizio di mancata integrazione nella comunità nazionale sulla base degli elementi di controindicazione di carattere penale emersi sul conto del ricorrente e precisamente in ragione di quanto segue:

- 7 febbraio 2014: comunicazione di notizia di reato per violazione dell’art. 116, comma 15 CdS ( guida senza aver conseguito la patente o con patente revocata );

- 4 aprile 2006: comunicazione di notizia di reato per violazione dell’art. 640 bis c.p. ( truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche ).

Nel corso dell’attività istruttoria, è emersa dunque la riconducibilità all’interessato di due notizie di reato, collocate temporalmente nel decennio antecedente la domanda, presentata nel 2016, che, prescindendo dalle conseguenze sul piano penale, hanno finito non irragionevolmente per riflettersi in maniera negativa sul giudizio prognostico di idoneità dell’aspirante cittadino formulato dall’amministrazione, chiamata a contemperare l’interesse pubblico composito da tutelare, come in premessa individuato, e l’interesse vantato dal richiedente, risultato incline a violare le norme poste a fondamento del nostro sistema giuridico.

Come già ripetutamente chiarito da questa Sezione, tale giudizio prognostico è frutto di una valutazione complessa, in cui l’Autorità chiamata a formularlo non si limita a considerare in modo atomistico i singoli precedenti, ma li valuta nel complesso insieme dei loro reciproci rapporti, nella periodicità e reiteratività, nella loro natura: si tratta, appunto, di “indicatori”, cioè di “elementi di fatto” che sono apprezzati, sotto il profilo della loro valenza significativa dell’indole del richiedente, in modo “globale”, trattandosi di esprimere un giudizio “sintetico”, che ha natura di valutazione “d’impatto” (TAR Lazio, sez. V bis, n. n. 3527/2022, 5113/2022, 5348/2022, 6941/22, 7206/22,8206/22, 8127/22, 8131 e 32, 8189/22, 8932/22, 9291/22).

V. - Per cui non appare in grado di offrire elementi a sostegno della posizione del richiedente tale da assumere valore determinante nella formazione del giudizio di idoneità al conseguimento del beneficio richiesto, l’argomento principe della difesa attorea che mira a far leva sulla mancanza di sviluppi sul piano processuale penale dei comportamenti contestati, rimasti allo stadio di notizie di reato, in quanto archiviati.

Il diniego, conseguenza dell’esito negativo del giudizio prognostico di idoneità del richiedente di inserirsi in modo duraturo nella comunità, appare ragionevole ed esente dai vizi formulati nel ricorso, vista l’adozione di comportamenti contrari ai valori fondanti dello Stato non vetusti (anche se non hanno condotto a pronunce di accertamento e condanna in sede penale), rispetto a cui la mancanza di sviluppi processuali non rappresentano elementi in grado di eliderne il disvalore.

La parte peraltro non tiene conto dell’insegnamento costante della giurisprudenza, secondo cui le valutazioni finalizzate all’accertamento di una responsabilità penale si pongono su un piano assolutamente differente ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell’adozione di un provvedimento amministrativo, con possibilità di valutare sfavorevolmente, in sede amministrativa, le risultanze fattuali oggetto delle vicende penali, a prescindere dagli esiti processuali definitivi e anche dall’eventuale intervenuta estinzione e/o riabilitazione.

Ed invero nella vicenda in esame non emerge tanto un giudizio di pericolosità, che potrebbe comportare anche la revoca del titolo di soggiorno, ma una valutazione di non adeguatezza del ricorrente ad uno stabile inserimento nella comunità nazionale, non avendo potuto vantare una condotta irreprensibile, bensì fonte di allarme sociale quale è la ripetuta e grave violazione di norme poste a presidio della tenuta dell’ordinamento.

D’altronde la mera archiviazione delle notizie di reato è una circostanza che non è in grado ex se di eliminare la condotta, non conforme alle leggi e alle regole di civile convivenza, riconducibile all'interessato, in mancanza di una sentenza di assoluzione dal reato ascrittogli.

Difatti, sul piano amministrativo, visto che la valutazione che l’Amministrazione è chiamata a compiere per concedere lo status di cittadino ha riguardo principalmente all’interesse pubblico alla tutela dell’ordinamento, la condotta comunque addossata all’istante rileva per il particolare valore sintomatico che può assumere in quel procedimento (Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 1057;
id. 28 maggio 2021, n. 4122;
id., 16 novembre 2020, n. 7036;
id., 23 dicembre 2019, n. 8734;
id., 21 ottobre 2019, n. 7122;
id., 14 maggio 2019, n. 3121;
sez. IV, n. 1788/2009, n. 4862/2010;
T.A.R. Lazio sez. V bis, nn. 2944, 4469 e 4651 del 2022;
sez. II quater, n. 10590/12;
10678/2013), specie se, come nel caso di specie, non è isolata e ricade nel decennio antecedente la domanda.

Invero, il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile, presuppone, altresì, che “ nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda ” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 657;
n. 1390/19;
n. 3121/2019;
n. 7122/19;
n 7036/20;
sez. VI, n. 3106/2006;
TAR Lazio, sez. I ter, n. 5917/2021;
sez. II quater, n. 12568/2009).

Ebbene nel caso che ci occupa, l’emersione di due pregiudizi penale sul conto del ricorrente cronologicamente distanti l’uno dall’altro ma in ogni caso inscrivibili nel c.d. “periodo di osservazione” e quindi prossimi al procedimento concessorio, in cui viene scandagliato il contegno complessivo del richiedente durante la sua permanenza sul territorio nazionale, hanno fornito un quadro personale del ricorrente che non dava garanzia di un suo proficuo stabile inserimento nell’ambito della comunità nazionale, tale da escludere per il futuro inconvenienti o, addirittura, la commissione di fatti di rilievo penale (cfr. Tar Lazio, sez. II quater, n. 12568 del 2009).

È chiaro dunque che, ai fini della valutazione della significatività dei comportamenti addebitati al richiedente ha inciso anche l’elemento del tempus commissi delicti , in quanto collocati nel decennio antecedente la domanda, il frangente temporale rilevante nell’ambito del procedimento concessorio, in cui devono essere maturati e conservati i requisiti per la cittadinanza, ai sensi dell'art. 9 legge n. 91 del 1992, inclusi quelli dell’irreprensibilità della condotta, salvo che ci si trovi al cospetto di fattispecie di particolare gravità che possono essere apprezzate nel loro particolare valore “sintomatico”, in quanto indicative di tendenze caratteriali, anche oltre il decennio) (Consiglio di Stato sez. VI n. 52/2011, Consiglio di Stato sez. III n. 1726/2019, 5271/2019, 4122/2021;
TAR Lazio, sez. II quater, n. 10678/13, 5615/2015, 5917/21;
cfr. TAR Lazio, sez. V bis, n. 2643, 2644, 2945, 2946, 4469, 4618, 4621, 4623, 11286 e 11026 del 2022, nonché, da ultimo, n. 10363/2024: « il requisito della residenza legale da almeno di 10 anni nel territorio della Repubblica prescritto dal comma 1 lett. f) della richiamata disposizione va inteso non solo nel senso “quantitativo” della “durata minima del soggiorno” che legittima la presentazione dell’istanza, in quanto indicativo del “legame” che si è venuto a instaurato con il Paese di accoglienza, ma anche nel senso “qualitativo” del “periodo di osservazione” in cui chi aspira ad essere ammesso in una Comunità politica, per determinarne le sorti, assumendo diritti politici ed esercitato funzioni pubbliche, deve dare prova di saper mantenere – per lo meno nell’arco dell’ultimo decennio - un “comportamento senza mende” in modo da dimostrare di aver conseguito un adeguato grado di assimilazione dei valori fondanti per la nostra Comunità »). A ciò si aggiunga, seguendo l’ormai consolidata giurisprudenza in materia (vedi, in tal senso, già in tempo risalente Cons. Stato, n. 3907/2008, TAR Lazio, II quater, n. 292/2010), che il valore sintomatico che è tanto maggiore quanto più il fatto riprovevole è temporalmente vicino alla presentazione della domanda di cittadinanza [cfr., ex plurimis , Tar Lazio, V bis, sent. n. 9037/2022: “ La prossimità temporale del comportamento antigiuridico … evidenzia invero la mancata acquisizione del senso di consapevolezza e desiderio che deve caratterizzare la richiesta di cittadinanza italiana ”;
sent. n. 8854/2024: “ deve riconoscersi particolare rilevanza alla “prossimità temporale del comportamento antigiuridico” posto in essere “a ridosso” (in pendenza o in prossimità) della presentazione della domanda, dato che il valore sintomatico della condotta “ è tanto maggiore quanto più a ridosso della domanda di cittadinanza ” (Cons. Stato, sez. I par. 305/2023;
TAR Lazio, sez. V bis, n. 6609/2022, 9037/2022, 13766/2022, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2022/2023, 3673/2023;
3919/2023, 4263/2023, 11068/2023;
10883/2023)
”];
e nel caso che ci occupa una delle due condotte illecite contestate all’istante, in particolare quella integrante la fattispecie di guida senza patente , in quanto posta in essere il 7 febbraio 2014, risale a soli due anni prima il momento di presentazione dell’istanza, che ha avuto luogo il 6 gennaio 2016.

VI. – Alla luce delle argomentazioni svolte, il provvedimento appare posarsi su un adeguato sostrato istruttorio e motivazionale – ciò che rende l’operato dell’amministrazione immune da censure in questa sede (alla luce delle coordinate sul sindacato di questo organo giudicante tracciate sub III) – vista la contestazione di fatti, posti in essere nel periodo di osservazione, penalmente rilevanti lesivi di interessi fondamentali dell’ordinamento e atteso l’inevitabile negativo riflesso che una simile circostanza finisce per avere nella formulazione del giudizio prognostico di idoneità e di capacità di rispettare le regole di civile convivenza e i valori identitari dello Stato, ad onta, come nel caso di specie, della dedotta avvenuta integrazione dello straniero nella comunità nazionale.

Sul punto questa Sezione, peraltro, ha più volte chiarito che lo stabile inserimento socio-economico non rappresenta un elemento degno di speciale merito, in grado di far venir meno i constatati motivi ostativi alla concessione dello status anelato, esso è solo il prerequisito della richiesta di cittadinanza, in quanto presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale ( ex multis , Tar Lazio, Sez. V bis, nn. 2945 e 4295 del 2022). L’inserimento sociale e professionale del richiedente rappresenta un elemento sintomatico di una raggiunta situazione di normalità che consente la permanenza dello straniero in Italia, ma non consiste in una particolare benemerenza tale da indurre la Pubblica Amministrazione a ritenere l’interesse pubblico ad integrare nella comunità nazionale un elemento se ha dimostrato di non condividerne i fondamentali valori di solidarietà e sicurezza.

In altre parole, si richiede che l’istante sia non solo materialmente in condizioni di effettivo inserimento nella società italiana, ma che sul piano dei valori mostri, indefettibilmente, una convinta adesione ai valori fondamentali dell'ordinamento di cui egli chiede di far parte con il riconoscimento della cittadinanza.

VII. - In ogni caso, a favore della posizione del ricorrente, il Collegio ritiene opportuno rammentare che il diniego della cittadinanza non preclude all’interessato di ripresentare l’istanza nel futuro e che dunque le conseguenze discendenti dal provvedimento negativo sono solo temporanee e non comportano alcuna “ interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente ” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici), dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima.

Quindi, per il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, ha ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, l’irragionevolezza è altresì esclusa alla luce della circostanza che il diniego di cittadinanza provoca il solo svantaggio temporale sopraindicato, il quale risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione di tale status. Da tale punto di vista, infatti, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all’autodeterminazione delle scelte di natura politica.

VIII. - Il Collegio ritiene, alla luce di tutto quanto osservato, il provvedimento impugnato immune dai vizi dedotti dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio.

IX. - In conclusione, per quanto osservato, il Collegio respinge il ricorso.

X. – Sussistono giustificate ragioni, tenuto conto della specificità della fattispecie trattata, per disporre la compensazione delle spese di lite.

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