TAR Brescia, sez. I, sentenza 2020-10-19, n. 202000712

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2020-10-19, n. 202000712
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202000712
Data del deposito : 19 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/10/2020

N. 00712/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00791/2019 REG.RIC.

N. 00934/2019 REG.RIC.

N. 00048/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 791 del 2019, proposto da R B, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Cremona, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

P M S, non costituito in giudizio ;

sul ricorso numero di registro generale 934 del 2019, proposto da R B, rappresentato e difeso dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Cremona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Ufficio elettorale della Provincia di Cremona, non costituito in giudizio;

nei confronti

P M S, rappresentato e difeso dall'avvocato Paola Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso numero di registro generale 48 del 2020, proposto da S S, rappresentata e difesa dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

P M S, non costituito in giudizio;

nei confronti

Provincia di Cremona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Tribunale di Cremona, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

Quanto al ricorso n. 791 del 2019 :

della deliberazione n. 130 di data 11.10.2019 del Vicepresidente della Provincia di Cremona di indizione dei comizi elettorali per l’elezione del Presidente della Provincia di Cremona fissate per il 23 novembre 2019;

nonché di tutti gli atti e provvedimenti finalizzati alla indizione delle citate elezioni e di tutti gli atti presupposti, conseguenti, successivi o comunque assunti ivi compresa la deliberazione presidenziale di nomina del Vicepresidente di data 30.9.2019 n.123;

delle ulteriori deliberazioni del Presidente assunte dal Soroni specificatamente n. 106, 110, 112, 120, 126, 127, 128, 129, 132, rispettivamente di data 29.8.2019, 6.9.2019, 13.9.2019, 25.9.2019, 30.9.2019, 2.10.2019 (126 e 127), 9.10.2019 (128 e 129), 11.10.2019;

delle delibere del consiglio provinciale 26.9.2019, 12.9.2019 e 10.10.2019 e della condotta tutta assunta dal Soroni nella veste di candidato e successivamente di Presidente della Provincia di Cremona, in violazione di norme;

del provvedimento avente natura di sostanziale diniego di autotutela comunicato al ricorrente in data 31.10.2019 a firma del Vicesegretario Generale in risposta all’atto di diffida di data 8.10.2019, nonché di tutti gli atti pregressi conseguenti o comunque connessi, con riserva di motivi aggiunti;

Quanto al ricorso n. 934 del 2019 :

del verbale dell’ufficio elettorale del 23.11.2019 con cui S P M veniva proclamato Presidente della Provincia di Cremona e degli atti precedenti e connessi ed in particolare della dichiarazione di presentazione della candidatura per la carica di Presidente della Provincia di Cremona;

della dichiarazione di accettazione della candidatura per la carica di Presidente della Provincia di Cremona del 30.10.2019 comprensiva della dichiarazione circa l’assenza di situazioni di incandidabilità e ineleggibilità;

della deliberazione del consiglio provinciale n. 29 del 6.12.2019 di convalida del Presidente della Provincia;

dei verbali delle operazioni elettorali nonché di tutti gli atti e provvedimenti finalizzati alla indizione e svolgimento delle citate elezioni nonché di tutti gli atti presupposti, conseguenti, successivi medio tempore assunti;

della condotta tutta assunta dal Soroni nella veste di candidato e successivamente di Presidente della Provincia di Cremona, in violazione di norme;

di tutti gli atti pregressi, tra cui la deliberazione n. 130 del 11.10.2019 del Vicepresidente della Provincia di Cremona di indizione dei comizi elettorali per l’elezione del Presidente della Provincia di Cremona fissate per il 23 novembre 2019 già oggetto di impugnazione nel precedente ricorso N.R.G. 791/2019, e conseguenti o comunque connessi, ivi compresi per quanto connessi o pregiudiziali quelli relativi alle elezioni del 25 agosto 2019, con riserva di motivi aggiunti;

Quanto al ricorso n. 48 del 2020 :

in parte qua dei provvedimenti tutti relativi alla partecipazione, all’ammissione, alla proclamazione di S P M alla carica di Presidente della Provincia di Cremona, cosi come tutti prodotti e sottoposti all’esame del giudice ordinario nel procedimento avanti al Tribunale di Cremona con ogni conseguente provvedimento ed in particolare: “ proposta di candidatura del dott. S P M;
e atti di proclamazione degli eletti;
dichiarazione di accettazione della candidatura e l'insussistenza delle condizioni di ineleggibilità del dottor S P M;
verbali delle operazioni elettorali;
decreto di nomina n. 150 del 24.11.2017 Presidente Provincia di Cremona tutti relativamente alla sua elezione e proclamazione con la conseguente conservazione degli atti elettorali per tutto ciò che non riguarda il candidato ineleggibile e la sostituzione ex art 22 e declaratoria di elezione del sig. R B alla carica di Presidente della Provincia di Cremona con ogni provvedimento di legge derivante dalla ineleggibilità anche relativamente a provvedimenti conseguenti e comunque connessi
”.

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Cremona e di S P M;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2020 la dott.ssa E G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I tre ricorsi indicati in epigrafe attengono alle elezioni del Presidente della Provincia di Cremona tenutesi nell’anno 2019.

I FATTI DI CAUSA

Le elezioni si svolgevano il 25 agosto 2019 e vedevano la partecipazione di due soli candidati: R B e P M S. Quest’ultimo risultava vincitore e lo stesso giorno veniva proclamato Presidente dall’Ufficio elettorale costituito per la consultazione.

Dopo la proclamazione il Segretario generale della Provincia rilevava peraltro che l’eletto, pur avendo dichiarato all’atto di accettazione della candidatura (1 agosto 2019) di non trovarsi in alcuna delle condizioni di incandidabilità previste dall'articolo 10 del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 e, altresì, in alcuna situazione ostativa di cui all'articolo 60 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, già alla data di presentazione della candidatura (5 agosto 2019) e di svolgimento delle elezioni versava -invece- in una possibile situazione non solo di incompatibilità, ma anche di ineleggibilità, in quanto componente del Cda nonché vicepresidente dell’ATO di Cremona, azienda a totale partecipazione pubblica e a maggioranza partecipata dalla Provincia di Cremona, laddove l'articolo 60 d.lgs. 267/2000 citato prevede che: “ non sono eleggibili alla carica di Presidente della Provincia “gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune o dalla Provincia ”.

Il Segretario generale il 9 settembre 2019 chiedeva quindi spiegazioni all’interessato e, a fronte del mancato riscontro, si rivolgeva direttamente all’ATO;
avuta conferma delle cariche rivestite dal neo-eletto Presidente in seno a detto ente, il successivo 18 settembre procedeva alla formale contestazione, diretta a lui e a tutti i consiglieri, delle rilevate situazioni di ineleggibilità e incompatibilità.

Dette condizioni non venivano mai esaminate dal Consiglio provinciale come previsto dall’articolo 41 del d.lgs. 267/2000 (Adempimenti della prima seduta), secondo cui “ Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69 ”, perché all’ordine del giorno di tale organo – pur convocato- non veniva mai iscritta la citata verifica;
il Soroni peraltro prestava giuramento avanti all’organo assembleare il 12 settembre 2019.

Quindi il neo-eletto:

- il 18 settembre 2019 rassegnava le sue dimissioni dalla carica di Vicepresidente dell’ATO;

- il 30 settembre 2019 nominava Vicepresidente della Provincia il signor A Rosolino;

- il 3 ottobre 2019 si dimetteva dalla carica di Presidente della Provincia.

Il Vicesegretario generale della Provincia, sulla scorta di due pareri legali acquisiti dall’ente, in un primo momento invitava il Presidente ad astenersi dall’esercizio della funzione, indicando come legale rappresentante dell’ente il consigliere anziano, quindi, a fronte del suo rifiuto, il 10 ottobre 2019 rappresentava al Prefetto e ai consiglieri provinciali che, in assenza di verifica ad opera del Consiglio provinciale a termini dell’articolo 41 TUEL, le dimissioni del Soroni dovevano qualificarsi come rinuncia e che tale circostanza comportava la conseguente proclamazione, da parte dell’Ufficio elettorale, del signor R B, quale candidato subentrante al dimissionario.

Tale soluzione veniva peraltro ben presto superata.

L’odierno ricorrente, nella medesima data, diffidava la Provincia e l’Ufficio elettorale ad annullare in autotutela in parte qua i provvedimenti che vedevano il Soroni proclamato Presidente, reclamando di essergli surrogato.

A riscontro di tale richiesta il 31 ottobre il Vicesegretario dell’ente gli comunicava di aver convocato i componenti dell’Ufficio elettorale, proponendo il suo subentro al Presidente già dimessosi, ma tutti avevano rappresentato che l’Ufficio, costituito per le elezioni del 25 agosto 2019, aveva cessato le proprie funzioni con la proclamazione e che, pertanto, essi non avevano alcun titolo ad assumere ulteriori decisioni in materia di elezioni ed eventi conseguenti.

Nel frattempo, l’11 ottobre 2019 il Vicepresidente della Provincia indiceva le nuove elezioni del Presidente per il 23 novembre 2019 ai sensi dell'art. 53 T.U.E.L.

All’esito delle nuove consultazioni veniva nuovamente proclamato eletto Presidente il Soroni, unico candidato.

Il ricorso N.R.G. 791/2019

Il Sor B il 5 novembre 2019 depositava un primo ricorso, con il quale chiedeva l’annullamento della delibera con cui il Soroni aveva nominato il Vicepresidente della Provincia, della delibera con cui questi aveva indetto le elezioni del 23 novembre 2019, del diniego opposto il 31 ottobre 2019 alla sua istanza di annullamento in autotutela, nonché di tutte le deliberazioni indicate in epigrafe, assunte dal Soroni e –dopo le sue dimissioni- dal Vicepresidente A.

Lamentava l’esponente che il Soroni in sede di presentazione della candidatura aveva falsamente dichiarato l’assenza di cause ostative all’assunzione della carica, pur trovandosi in una situazione di ineleggibilità e incompatibilità, e che non aveva mai convocato la prima riunione del Consiglio deputata alla verifica dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità.

Evidenziava, inoltre:

- che risultava pendente presso il Tribunale di Cremona, un ricorso ex art. 702 bis, presentato dall’elettrice Sommi Simona per la declaratoria di ineleggibilità e incompatibilità del Soroni;

- che, ove all’esito di tale giudizio fosse stata accertata la dedotta condizione di ineleggibilità, ciò avrebbe comportato la nullità assoluta in parte qua della partecipazione alla consultazione e di elezione del candidato in questione, nonché la nullità o annullabilità - per invalidità derivata - di tutti gli atti conseguenti alla proclamazione, nonché l’illegittimità dello svolgimento di nuove elezioni.

Assumeva, in particolare, che i provvedimenti impugnati fossero illegittimi per violazione di legge ed eccesso di potere, deducendo che l’Ufficio elettorale avrebbe dovuto rilevare la sussistenza delle cause ostative all’assunzione della carica e disporre l’esclusione del candidato dalla competizione e che, comunque, il Presidente Soroni non aveva mai legittimamente assunto la carica. Chiedeva, quindi, la sospensione degli atti impugnati.

Si costituiva per resistere al ricorso la Provincia di Cremona, eccependo in via preliminare la tardività dell’intero gravame perché l’illegittimità degli atti impugnati era dedotta in via derivata da quella dell’atto di proclamazione dell’eletto del 25 agosto 2019, che però non era stato impugnato e per il quale era oramai spirato il termine decadenziale;
l’inammissibilità del sindacato giurisdizionale sul decreto di indizione dei comizi elettorali, in quanto atto politico sottratto al vaglio del giudice amministrativo;
l’inammissibilità del ricorso rispetto a tutti gli atti e i provvedimenti ivi indicati in modo generico e, nel merito, la sua infondatezza.

Con decreti n. 400 del 7 novembre 2019 e n. 413 del 21 novembre 2011 il Presidente si pronunciava sull’istanza di misure cautelari monocratiche, evidenziando che:

- il gravame, pur proposto secondo il rito elettorale, andava soggetto al rito ordinario, non rispettando il disposto dell’articolo 130 comma 1 c.p.a., secondo cui il ricorso “ contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali ” è ammesso “ soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti ” ed essendo altresì diretto all’annullamento di una serie di provvedimenti palesemente estranei al procedimento elettorale;

- l’istanza era inammissibile ex art. 56, comma 2 c.p.a. per difetto di prova della notificazione del ricorso al controinteressato;

Il ricorso N.R.G. 934/2019

In data 23 dicembre 2019 il B presentava un secondo ricorso elettorale ai sensi dell’articolo 130 c.p.a., impugnando il verbale di proclamazione dell’Ufficio elettorale del 23.11.2019, con cui - all’esito delle nuove elezioni – il sig. S P M era stato nuovamente proclamato eletto Presidente della Provincia di Cremona, nonché gli atti del procedimento elettorale, la deliberazione di convalida del Consiglio provinciale del 6.12.2019 n. 29, oltre a tutti gli atti pregressi già oggetto di impugnazione nel precedente ricorso N.R.G. n. 791/2019.

Rppresentava il ricorrente:

- che l’illegittima elezione del Soroni nella consultazione del 25 agosto 2019 non comportava, come sostenuto dalla difesa dell’amministrazione resistente, la mera decadenza dell’eletto, stante la lettera dell’articolo 22 dello Statuto della Provincia di Cremona, che collega la decadenza alle sole ipotesi di reiterata ingiustificata assenza dei consiglieri dalle sedute del Consiglio, bensì l’illegittimità in parte qua di tutti gli atti della procedura elettorale relativi al candidato ineleggibile;

- che il Soroni aveva rassegnato le dimissioni solo dalla carica di Vicepresidente e non di componente del Cda dell’ATO, persistendo quindi, anche in occasione della seconda consultazione, la situazione di ostatività all’assunzione della carica di Presidente;

- che la nuova proclamazione era quindi illegittima non solo per invalidità derivata ma anche per vizio proprio, derivante dalla mancata verifica delle condizioni di eleggibilità e compatibilità da parte dell’Ufficio elettorale, che avrebbe dovuto contestare al candidato la condizione di incompatibilità originaria e preesistente.

Si costituivano per resistere al ricorso la Provincia di Cremona e il controinteressato Soroni.

Con analoghe memorie di costituzione le parti resistenti eccepivano in via preliminare la necessità di estromettere dal giudizio l’Ufficio elettorale della Provincia di Cremona, evidenziando che la legittimazione passiva va attribuita esclusivamente all'Amministrazione provinciale, alla quale vanno giuridicamente imputati i risultati della consultazione elettorale oggetto della lite. Deducevano, inoltre, l’inammissibilità del ricorso per mancanza di specificità dei motivi e la sua improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione delle dimissioni del Soroni dalla carica di Presidente della Provincia intervenute in data 3 ottobre 2019. Nel merito denunciavano l’infondatezza del ricorso, sottolineando la differenza tra le ipotesi di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità e ribadendo che, anche ove in relazione alla prima delle due elezioni fosse stata sussistente una causa di ineleggibilità, l’unica conseguenza era la decadenza dalla carica, senza ulteriori effetti invalidanti.

Deducendo la palese insostenibilità delle tesi del ricorrente, ne chiedevano -quindi- anche la condanna al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c. e dell’art.26, comma 2, c.p.a.

Entrambi i ricorsi venivano chiamati alla Camera di Consiglio del 4 febbraio 2020.

Con ordinanza n. 106/2020 il Collegio ne disponeva la riunione, dati i profili di stretta connessione, nonché l’applicazione ai sensi dell’art. 32 c.p.a. del rito ordinario in relazione alle domande soggette a riti diversi, dando atto del contenzioso pendente avanti al giudice ordinario e del suo rilievo – in punto di ammissibilità - anche sul giudizio amministrativo, e fissando ex articolo 55, comma 10 c.p.a. l’udienza pubblica di discussione per il giorno 23 settembre 2020.

Il giudizio civile

La Sora S S, elettrice della provincia di Cremona, in data 26 settembre 2019 presentava avanti al Tribunale Ordinario di Cremona azione popolare per l’accertamento e la declaratoria di ineleggibilità e/o incompatibilità del dott. S P M a Presidente della Provincia di Cremona e la revoca in parte qua di tutti i provvedimenti assunti per l’elezione del 25 agosto 2019, tra cui l’ammissione della candidatura, le operazioni elettorali relative allo spoglio e all’attribuzione di voti in suo favore, la proclamazione.

Il Tribunale ordinario di Cremona con ordinanza ex art. 702 ter c.p.a. di data 30 dicembre 2019:

- accertava e dichiarava l’esistenza, al momento della candidatura di Mirko Paolo Soroni per le “prime” elezioni del 25 agosto 2019, di una condizione di ineleggibilità ex art. 60, comma 1, n. 11 del d.lgs. 267/2000 in ragione della titolarità della carica di consigliere di amministrazione e vicepresidente dell’ATO;

- rigettava le ulteriori domande formulate, per due ragioni:

“- la prima, di ordine generale, è che la giurisdizione sull’annullamento, la validità e la legittimità degli atti e delle deliberazioni assunte in seno ad un ente pubblico spetta al Giudice amministrativo, così come la decisione su profili di illegittimità o invalidità del procedimento elettorale diversi da quello concernenti il diritto (soggettivo) di elettorato passivo.

Nel caso di specie, infatti, si verterebbe in ipotesi di provvedimenti assunti in assenza di potere in concreto, tema inequivocabilmente rientrante nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo e non dell’Autorità giudiziaria ordinaria ;

- la seconda, che attiene alla carica assunta dal Soroni, è che la normativa speciale sugli enti locali dispone semplicemente che l’accertamento della perdita delle condizioni di ineleggibilità determina la decadenza dell’interessato dalla carica di Presidente dell’ente elettivo, senza che vi sia la possibilità per il Tribunale di incidere sulla volontà popolare disponendo la sostituzione del candidato dichiarato ineleggibile con quello che è giunto secondo nella competizione elettorale.

Ciò determina l’impossibilità, per il Tribunale, di andare oltre alla mera declaratoria di accertamento dell’esistenza, al momento della candidatura e sino alla presentazione delle dimissioni dalla carica, di una condizione d’ineleggibilità in capo a Soroni Mirko Paolo .”

Nell’ordinanza, quindi, il giudice originariamente adito dichiarava “ carenza di giurisdizione in relazione alle domande proposte dalla parte ricorrente Sommi Simona di annullamento di atti assunti da S P M nella sua carica di Presidente della Provincia, nonché della regolarità del resto del procedimento elettorale, essendo competente il Giudice Amministrativo ”.

Con riferimento alla domanda di surroga, invece, non declinava la giurisdizione, ma dichiarava di non poterla accogliere, rilevando che l’accertamento della perdita delle condizioni di eleggibilità determina la mera decadenza dall’interessato dalla carica di Presidente dell’ente elettivo, senza che vi sia la possibilità per il Tribunale di disporre la sostituzione con il candidato giunto secondo nella competizione elettorale.

L’ordinanza del Tribunale veniva impugnata dal signor G G, nella sua qualità di Consigliere comunale del Comune di Cremona e, pertanto, di elettore della Provincia, oltre che di consigliere provinciale, con conseguente applicazione dell’art. 22, comma 8, del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 secondo cui " l'efficacia esecutiva dell'ordinanza pronunciata dal Tribunale è sospesa in pendenza di appello ".

Il ricorso N.R.G. 48/2020

A seguito dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. pubblicata il 30 dicembre 2019 R.g. n. 2325/2019 la signora S S, con ricorso in riassunzione depositato in data 24 gennaio 2020, riproponeva avanti a questo giudice le questioni per le quali il Tribunale civile aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.

L’esponente, pur dichiarando di non condividere la ricostruzione operata dall’A.G.O., instava per l’annullamento – da parte del giudice amministrativo – di tutti i provvedimenti impugnati e per la sostituzione dei candidati prevista dall’articolo 22, comma 12 del d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150, secondo cui “ Il giudice, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo .”.

Si costituiva per resistere al ricorso la Provincia di Cremona, eccependone in rito l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse in ragione delle intervenute dimissioni del Soroni dalla carica di Vicepresidente dell’ATO e, successivamente, anche dalla carica di Presidente della Provincia, e allegando la conseguente compiuta soddisfazione della pretesa sostanziale azionata dall’esponente, anche in considerazione del successivo svolgimento di nuove consultazioni in data 23 novembre 2019. Nel merito deduceva l’insussistenza della denunciata condizione di ineleggibilità del Soroni, la legittimità degli atti dallo stesso assunti, nonché l’infondatezza della pretesa della surroga all’eletto del candidato B.

I tre ricorsi in epigrafe venivano chiamati tutti all’udienza pubblica del 23 settembre 2020 e ivi trattenuti in decisione.

DIRITTO

QUESTIONI PRELIMINARI

In via preliminare va scrutinata la richiesta di rinvio formulata dalle parti resistenti negli scritti depositati in vista dell’udienza pubblica del 23 settembre 2020 e motivata dalla pendenza, avanti al giudice civile, del giudizio di appello sull’ordinanza che ha riconosciuto sussistente la denunciata condizione di ineleggibilità dell’odierno controinteressato in occasione delle elezioni del 25 agosto 2019.

Va ribadito al riguardo che, ancorché le parti interessate abbiano facoltà di illustrare le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, la decisione finale spetta al giudice, che è tenuto a concedere il rinvio o la cancellazione dal ruolo solo in presenza di particolari situazioni direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti.

L’istanza deve essere in specie disattesa, atteso che le riunite controversie possono essere decise senza attendere la definitività della statuizione in sede civile e senza necessità per il Collegio di pronunciarsi, nemmeno incidenter tantum , sulla dedotta condizione di ineleggibilità, come di seguito illustrato.

In accoglimento della richiesta formulata dalle parti resistenti deve essere, invece, accertato il difetto di legittimazione passiva dell'Ufficio Elettorale, evocato nel giudizio di cui al N.R.G. 934/2019, trattandosi di organo straordinario e temporaneo, privo di interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 18 gennaio 2013, n. 185, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 19 luglio 2010, n. 1740): in parte qua , pertanto, il ricorso è inammissibile.

I due ricorsi promossi dal B (già riuniti con ordinanza 106 di data 6 febbraio 2020) e quello proposto in riassunzione della signora S S vanno -quindi- riuniti ex articolo 70 c.p.a. per ragioni di evidente connessione oggettiva e soggettiva.

Gli elementi costitutivi su cui tali gravami si fondano risultano -infatti- i medesimi, essendo tutti i ricorsi collegati all’antefatto logico dell’asserita illegittima candidatura e proclamazione del Sig. P M S alla carica di Presidente della Provincia nelle consultazioni tenutesi il 25 agosto 2019 e del diritto di surroga del B.

L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA

Tanto premesso, bisogna anzitutto evidenziare che l’elezione del Presidente della Provincia, secondo la disciplina prevista dalla legge 7 aprile 2014, n. 56 ( Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni ), è di “secondo grado”, ovvero indiretta.

La consultazione non coinvolge -infatti- l’intero corpo elettorale, in quanto il diritto di voto è attribuito ai sindaci e ai consiglieri dei comuni della provincia, mentre sono eleggibili solo i sindaci dei comuni della provincia, il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data delle elezioni: elettorato attivo e passivo, quindi, non coincidono.

L’elezione del Presidente della Provincia, inoltre, è autonoma rispetto a quella del Consiglio provinciale. I candidati alla carica di Presidente non hanno -infatti- alcun apparentamento ovvero collegamento con le liste presentate per l’elezione dei candidati alla carica di Consigliere provinciale ed i due organi hanno differente durata (4 anni il Presidente, 2 il Consiglio);
pertanto le elezioni per il loro rinnovo non sono necessariamente contestuali.

LA GIURISDIZIONE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

Occorre ribadire, anche al fine di delimitare i confini del presente giudizio rispetto a quello già incardinato avanti al giudice ordinario, il criterio di riparto della giurisdizione in materia elettorale.

In materia di elezioni amministrative la giurisdizione amministrativa non è esclusiva;
pertanto la cognizione delle controversie spetta, secondo i generali criteri di riparto, all’uno ovvero all’altro ordine giurisdizionale in ragione della consistenza della situazione giuridica dedotta in giudizio (cd. doppio binario).

Sono devolute, quindi, al giudice ordinario le controversie concernenti diritti, come quelle afferenti il diritto di elettorato attivo o passivo, mentre sono riservate al giudice amministrativo le questioni attinenti la regolarità delle operazioni elettorali, in quanto relative a posizioni di interesse legittimo. Ai sensi dell’articolo 126 c.p.a., “ Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione di membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia ”.

Si tratta di un principio consolidato sia nella giurisprudenza della Corte di Cassazione sia in quella amministrativa (Cass. S.U. ord 26 maggio 2017, n. 13403, Cass. Civ. ord. n. 11131/2015;
Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 2019, n. 990;
Cons. Stato, Sez. V, 15 luglio 2013, n. 3826;
TAR Umbria, sez. I, 5 novembre 2018, n. 578;
Tar Lazio, sez. II ter, 7 settembre 2005, n. 6608).

Sicché lo scrutinio delle controversie sull’ineleggibilità, decadenza e incompatibilità dei candidati esula dalla cognizione del giudice amministrativo, che può eventualmente conoscerne solo incidenter tantum ;
vi rientrano invece, nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, i presunti vizi inerenti la validità degli atti successivamente adottati dal candidato proclamato eletto, riconducibili all’ordinario ambito della cognizione di legittimità.

GLI EFFETTI DELL’INELEGGIBILITA’ SUL PROCEDIMENTO ELETTORALE

Occorre distinguere, quanto alla ratio, alla disciplina e agli effetti, gli istituti dell’incandidabilità, dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità.

L’incompatibilità mira ad evitare il conflitto di interessi determinato dalla contemporanea titolarità di due cariche e non ha effetti sulla consultazione elettorale. La decadenza dalla carica elettiva è prevista solo nel caso in cui l’interessato non rimuova la causa ostativa attraverso l’esercizio del diritto di opzione.

L’ineleggibilità trova invece la sua ratio nella possibile influenza sulla libera espressione del voto di una posizione o carica già ricoperta, che potrebbe orientare o condizionare gli elettori, alterando la par condicio tra i candidati;
la mancata rimozione della sua causa prima della presentazione della candidatura ovvero nei termini previsti nell’ambito della procedura di contestazione, nel caso di condizione intervenuta dopo l’elezione, esclude l’esercizio del diritto di elettorato passivo. Pur non comportando l’invalidità del procedimento elettorale, tale condizione determina la decadenza del candidato all’esito della procedura di contestazione di cui all’art. 69 del TUEL.

Tale effetto si determina anche nel caso in cui la condizione di ineleggibilità sia antecedente alle elezioni, come confermato dall’articolo 41 TUEL, che prevede la declaratoria di tale situazione ostativa in sede di verifica avanti al Consiglio.

Infine l’incandidabilità, correlata alla sussistenza di sentenze di condanna per alcuni delitti non colposi di particolare gravità, costituisce una forma di incapacità giuridica che esclude in radice il diritto di elettorato passivo e non soltanto il suo esercizio. Diversamente dall’ineleggibilità e dall’incandidabilità tale condizione non può essere rimossa dall’interessato.

Per la sola incandidabilità, attualmente disciplinata dall’articolo 10 del d.lgs. 31/12/2012, n. 235, la legge (comma 3 dell’articolo 10 cit.) prevede che l'eventuale elezione o nomina è nulla e che “ l'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse .”

Con riferimento alle diverse ipotesi sopra descritte e ai loro differenti effetti “ la giurisprudenza ha fatto osservare che le fattispecie (…) restano distinte sia perché le cause di ineleggibilità e/o incompatibilità sono comunque rimuovibili dall'interessato (cfr. gli artt. 60, comma 2, e 68 del D.Lgs. n. 267 del 2000), sia perché corrispondono a situazioni di minore rilievo sociale, e ha concluso che la mera sussistenza di una condizione di ineleggibilità non inficia né la candidatura dell'interessato né, correlativamente l'ammissione della lista. Il rimedio apprestato dall'ordinamento, nell'ipotesi di elezione di un candidato che non abbia tempestivamente rimosso la causa di ineleggibilità consiste piuttosto nella configurazione di una causa di decadenza. Infatti, ai sensi dell'art. 41 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (così come sostanzialmente prevedeva l'art. 75 del D.P.R. n. 570 del 1960) è il Consiglio comunale (o provinciale), che, nella seduta immediatamente successiva alle elezioni e prima di ogni altra delibera, esamina le condizioni degli eletti e dichiara le eventuali ineleggibilità. ” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 7 settembre 2005, n. 6608).

Sicché per il caso di ineleggibilità, a differenza di quanto accade nelle ipotesi di incandidabilità, non si determina alcuna nullità o annullabilità in parte qua delle elezioni o dell’atto di proclamazione dell’eletto. Tale ricostruzione risulta confermata “ a contrario ” dall’esame della normativa in materia di incandidabilità. Infatti “ altre illegittimità riconducibili alla consultazione elettorale, quale effetto dell’indebita partecipazione di un candidato privo della relativa capacità, risultano (..) chiaramente, sebbene implicitamente, escluse dal legislatore (con scelta certamente meditata nelle sue conseguenze e, perciò, vincolante per l’interprete) laddove, occupandosi di regolare le conseguenze della situazione considerata, ha limitato la sanzione della nullità alla sola elezione del soggetto incandidabile ed ha prescritto all’organo che ne ha deliberato la convalida di provvedere alla sua revoca. (…) l’attribuzione all’organo che ha convalidato l’elezione, ai sensi dell’art. 17 L. n. 108/1968, della persona incandidabile, e cioè allo stesso Consiglio comunale contestualmente eletto, del potere di provvedere alla revoca di quest’ultima, postula indefettibilmente la validità della costituzione dell’organo elettivo, in quanto titolare della competenza assegnatagli dalla norma ed esclude, al contempo, qualsivoglia dubbio circa la configurabilità della nullità di alcune espressioni di voto o delle intere elezioni, posto che, se si ammettesse questa possibilità, la disposizione risulterebbe priva di senso .” (Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2012, n. 3673).

Né l’illegittimità della procedura elettorale può essere pronunciata -nell’ipotesi di preesistente ineleggibilità- per violazione delle norme che presiedono al suo svolgimento e in particolare, come dedotto dal ricorrente, perché l’Ufficio elettorale avrebbe violato i suoi obblighi di verificare la ricorrenza di una causa ostativa alla carica e di escludere il candidato dalla competizione.

All’Ufficio elettorale è demandata, infatti, esclusivamente la verifica dell’insussistenza, per i candidati alla carica di Presidente, di ipotesi di incandidabilità, nonché del possesso della qualità di sindaco e della scadenza del relativo mandato non prima di 18 mesi dalle elezioni.

Diversamente tale Ufficio non ha alcun compito di verifica in merito alla ricorrenza di eventuali condizioni di incompatibilità o ineleggibilità dei candidati, sulle quali non può in ogni caso pronunciarsi, essendo detta valutazione riservata al Consiglio ovvero, nel caso di contenzioso, all’autorità giudiziaria.

La vigente normativa, quindi, soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni consente di rilevare la sussistenza di cause di ineleggibilità, nonostante l’istituto dell’ineleggibilità sia diretto proprio a garantire la pari opportunità tra i concorrenti. Di tale situazione ha dato atto la stessa Corte costituzionale, rilevando che “ si tratta di una normativa evidentemente incongrua: non assicura la genuinità della competizione elettorale, nel caso in cui l'ineleggibilità sia successivamente accertata;
induce il cittadino a candidarsi violando la norma che, in asserito contrasto con la Costituzione, ne preveda l'ineleggibilità;
non consente che le cause di ineleggibilità emergano, come quelle di incandidabilità, in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali
.” (Corte cost., 3 marzo 2006, n. 84).

D’altro canto, come successivamente dalla stessa Corte nuovamente ribadito, il potere attribuito alla commissione elettorale circondariale dall’art. 58 del TUEL di escludere i soli candidati che si trovino in condizioni di incandidabilità (potere rimesso, nel caso delle elezioni provinciali, all’Ufficio elettorale) “ ha fondamento proprio nella sanzione della nullità, in quanto tende ad evitare, in un’ottica di buon andamento dell’amministrazione, relativa al procedimento elettorale, che si dia luogo ad una consultazione elettorale destinata ad essere travolta . (…) nel bilanciamento fra i principi previsti dagli artt. 51 e 97 Cost., spetta esclusivamente al Parlamento valutare, sulla base della ragionevolezza e con scelte di carattere certamente politico, le diverse ipotesi e, in relazione alla gravità di ciascuna di esse, graduare il trattamento normativo più appropriato e proporzionato ” (Corte cost., 15 luglio 2010, n. 257).

I POTERI DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

L’articolo 134 c.p.a. include i giudizi sulle operazioni elettorali tra quelli in cui la giurisdizione del giudice amministrativa è estesa al merito.

Ai sensi dell’articolo 130, comma 9, c.p.a., il “ tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo .”.

Analogamente l’articolo 22, comma 12 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150, che attribuisce le azioni popolari e le controversie in materia di eleggibilità al rito sommario di cognizione, dispone che “ Il giudice, quando accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo .”.

Si tratta quindi di normative che attribuiscono al giudice civile e al giudice amministrativo, ciascuno in relazione ai giudizi di rispettiva competenza, il potere di correggere il risultato elettorale in caso di accoglimento del ricorso.

Peraltro entrambe le previsioni costituiscono norme processuali che “ non possono da sé modificare il sistema elettorale e le sue regole sostanziali, come delineati dal legislatore ”, sicché il giudice può “ sostituire con il nuovo eletto la proclamazione conclusiva della tornata elettorale, a correzione del risultato iniziale ed affermazione di quello necessario, secondo un potere di incidenza sul risultato stesso: ma, appunto, purché un simile esito sia contemplato dalla legge elettorale applicabile nel caso all'esame ” (Cass. civ. Sez. I, Ord., 29 luglio 2020, n. 16223), circostanza che qui non si verifica.

La legge 54/2016 prevede infatti la surroga per i soli consiglieri provinciali, laddove, all’articolo 1, comma 78, dispone che “ I seggi che rimangono vacanti per qualunque causa, ivi compresa la cessazione dalla carica di sindaco o di consigliere di un comune della provincia, sono attribuiti ai candidati che, nella medesima lista, hanno ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata. Non si considera cessato dalla carica il consigliere eletto o rieletto sindaco o consigliere in un comune della provincia” , mentre per il Presidente della Provincia dispone esclusivamente che questi “decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di sindaco ”.

Ciò in linea con le normative elettorali che disciplinano gli altri livello di governo, che recano analoghe previsioni, in quanto “ la regola della surrogazione trova (…) la sua razionale applicazione nell’ambito di quei sistemi elettorali , in cui, essendo i candidati posti all’interno di una stessa lista, è possibile la sostituzione dell’uno o dell’altro, senza che ciò abbia l’effetto di una radicale alterazione della volontà degli elettori, i quali avevano prescelto la lista al momento della manifestazione del voto ex art. 48 Cost .”. (Cass.civ., sez. I, ord. 16233/2020 cit.).

Non è quindi normativamente contemplata l’ipotesi di surroga del Sindaco o del Presidente della Provincia, in quanto la sostituzione di un candidato ad un altro dichiarato decaduto non può ritenersi rispettosa della volontà espressa dall’elettorato. L’inammissibilità di una tale operazione “manipolativa” risulta di assoluta evidenza ove i candidati alla carica di Presidente (o di Sindaco) siano più di due. E’ chiaro, infatti, che in tale evenienza non è dato conoscere quale candidato sarebbe stato preferito dagli elettori ove l’eletto non avesse partecipato alla competizione.

Il medesimo principio vale, peraltro, anche per il caso (come quello qui in esame) in cui i candidati siano solo due, perché la surroga opererebbe anche in questa ipotesi in spregio alla volontà espressa dalla maggioranza del corpo elettorale.

Sicché la prospettazione dei ricorrenti muove da un assunto che non può essere condiviso, ovvero quello che alla decadenza per ineleggibilità dell’eletto alla carica di Presidente della Provincia consegua la declaratoria giudiziale di surroga di altro candidato.

LE CONSEGUENZE SUI RIUNITI RICORSI

L’infondatezza della domanda di annullamento in parte qua delle operazioni elettorali e di surroga del B alla carica di Presidente della Provincia nelle elezioni del 25 agosto 2019, connessa alla denunciata condizione di ineleggibilità del Soroni, che costituisce la causa petendi dei primi due gravami, travolge i presupposti costitutivi dell’interesse ad agire di entrambi i ricorsi promossi dal B, che proprio su tale dedotta illegittimità e sul conseguente preteso subentro traggono il loro fondamento.

L’impossibilità di soddisfare la posizione sostanziale azionata in giudizio priva -infatti- l’esponente di un interesse concreto ed attuale all’annullamento degli atti avversati con i gravami in esame, poiché egli non può trarne alcuna utilità o vantaggio, risultando quindi la sua posizione giuridica assimilabile a quella di qualsiasi altro soggetto terzo e pertanto non tutelabile in sede giurisdizionale.

Ciò in quanto “ l’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunciata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto ” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 5 agosto 2005, n. 10641;
id. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 15 gennaio 2014, n. 289).

Ne consegue la declaratoria in parte di infondatezza e in parte di inammissibilità del ricorso sub. N.R.G. 791/2019 e di improcedibilità per difetto di interesse del ricorso N.R.G. 934/2019.

Per quanto concerne il ricorso N.R.G. 48/2020, proposto in riassunzione dall’elettrice S S, lo stesso va analogamente definito in rito, stante la mancata impugnazione - da parte della ricorrente - degli atti della consultazione elettorale tenutasi il 23 novembre 2019, costituente una modifica nella situazione in fatto che, pur non satisfattiva della specifica pretesa dedotta in giudizio, determina la sopravvenuta carenza di interesse ad una decisione di merito.

L’eventuale accoglimento del ricorso, con il conseguente annullamento delle operazioni elettorali del 25 agosto 2019, non potrebbe infatti soddisfare l'interesse della ricorrente, atteso che la contestata elezione del Presidente della Provincia di Cremona è stata superata e sostituita dalle successive consultazioni e che tale innovata situazione, alla quale la ricorrente non ha esteso il gravame, risulta incompatibile con la realizzazione dell’utilità o della situazione di vantaggio alla quale mira il ricorso giurisdizionale.

Tale statuizione è conforme a consolidata giurisprudenza, che sancisce l’“ improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso elettorale qualora, nelle more del giudizio, sia trascorso il periodo di durata dell'organo elettivo o lo stesso sia stato sciolto per qualsiasi altra causa, anticipatamente, per ragioni differenti dall’annullamento giurisdizionale, venendo meno in tale caso, per i ricorrenti, ogni interesse connesso alla composizione dell’organo, quale derivante dalla tornata elettorale cui si riferisce l’impugnazione (per tutte, C.d.S., Sez. V, n. 741 del 26 giugno 1993;
n. 1544 del 21 dicembre 1992)
” (Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2004, n. 594;
id. T.A.R. Roma, Sez. III, 31 maggio 2006, n.4105).

Infatti, laddove “ per un’intervenuta modificazione dello stato di fatto (come nel caso all’esame) o della situazione di diritto, dalla decisione non possa conseguire per il ricorrente alcuna utilità, viene meno l’interesse dello stesso ad ottenere una pronuncia favorevole e, di conseguenza, il relativo gravame diventa improcedibile ” (Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 1992, n. 1544).

I riuniti ricorsi, per le ragioni esposte, non possono pertanto trovare accoglimento.

Considerata l’assoluta novità e la particolarità delle questioni, sussistono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese, dei diritti e degli onorari di lite.

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